FIORELLI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

FIORELLI, Giuseppe

Gianluca Kannes

Nacque a Napoli l'8 giugno 1823, da Teresa Giannettini e da Gaetano Fiorelli. Questi, un ufficiale originario di Lucera destituito dopo i moti del 1821, lo destinò alla carriera forense e lo affidò per gli studi elementari a F. Fuoco e per quelli superiori, dall'età di undici anni, al benedettino F. di Murro. Di famiglia abbastanza agiata (inattendibili gli accenni in Venturi a p. 100 su una sua adolescenza come scugnizzo e "piccolo cambiavalute"), si laureò in giurisprudenza a Napoli nel 1841 e fece pratica presso lo studio dell'avvocato C. Cirillo. Contemporaneamente approfondiva la numismatica con B. Tuzii, collezionista e mercante di monete.

Le sue prime comunicazioni scientifiche comparvero nel 1841 sul Bullettino dell'Instituto di corrispondenza archeologica di Roma (pp. 186-188). La stampa di Osservazioni sopra talune monete rare di città greche (Napoli 1843). seguita da Monete inedite dell'Italia antica descritte (ibid. 1845), gli ottenne la nomina a corrispondente della R. Accademia Ercolanense, della Società degli antiquari del Nord, dell'Instituto di corrispondenza archeologica di Roma, e segnalazioni presso il ministro N. Santangelo, che lo fece assumere nel 1844 come ispettore addetto alla soprintendenza generale degli Scavi di antichità di Napoli. L'allora direttore F.M. Avellino lo impiegò nel riordino del medagliere del R. Museo Borbonico. Ma già nel 1846 le idee politiche liberali, il temperamento energico e ambizioso e i conflitti (pare soprattutto con Avellino e con l'architetto C. Bonucci: cfr. Milanese, p. 185, e la corrispondenza con E. Brunn e W. Henzen presso l'Istituto archeologico germanico) gli crearono difficoltà di carriera. Per reazione, e anche in cerca di alternative di lavoro, decise di partecipare all'VIII congresso degli scienziati in Genova, ove fu vicepresidente della sezione di archeologia.

Rientrato a Napoli, fu designato nel 1847 ispettore dei R. Scavi di Pompei. Si mise in vista nel 1848 organizzando il personale degli scavi in una compagnia di artiglieri che offlì la propria opera alla guardia nazionale del distretto (appello pubblicato su Il Tempo, 10 marzo). Coadiuvò i lavori della Commissione per le riforme del Museo Borbonico, la cui intensa attività portò in pochi mesi ad una contestata riapertura al pubblico del medagliere e a denunce ed esposti per malversazione contro la gestione precedente.

Sospesa la costituzione subì, quindi, come gli altri membri della Commissione, provvedimenti disciplinari sfociati in un processo nel novembre 1849, in nove mesi di detenzione nelle carceri di S. Maria Apparente in Napoli (Sulle imputazioni addebitate a G. F. ... arrestato al 24 aprile 1849, Napoli 1849) e nel licenziamento dall'incarico di ispettore nel gennaio 1850.

Per combattere la corruzione e la mancanza di controllo sulle fonti che contrassegnavano allora l'antiquaria napoletana, il F. insisteva fin da allora su un programma di riordino e rigorosa divulgazione dei dati di scavo. Fin dal 1846 aveva ten, tato di avviare un bollettino, Annali di numismatica, e di accreditarlo al congresso degli scienziati come organo di interscambio fra gli specialisti italiani del settore (Atti della ottava riunione degli scienziati italiani tenuta in Genova, Genova 1847, pp. 723, 737 s.). Alla scarcerazione organizzò una tipografia in proprio; vi promosse la stampa di un secondo volume degli Annali (Napoli 1850), nel quale comparivano gli indici da lui redatti del medagliere borbonico, e, soprattutto, di un Giornale degli Scavi di Pompei, documenti originali con note e appendici, raccolta delle fonti storiche sul concreto procedere, dal Settecento in poi, dei ritrovamenti nella città campana. Gli ostacoli incontrati da questa pubblicazione culminarono, dopo l'uscita del terzo fascicolo (1852), in un sequestro disposto per garantire i privilegi dell'Accademia Ercolanense nell'illustrazione delle scoperte.

La crisi della tipografia che ne seguì aggravò le difficoltà economiche che da tempo rischiavano di emarginare l'attività di studioso del F. e che, nonostante il sostegno di amici della cerchia liberale napoletana (E. Alvino, Fausto e Felice Niccolini), lo avevano costretto a trovare impiego dal 1850 circa come contabile e scritturale presso una ditta di forniture di asfalto. Questa situazione migliorò solo a partire dal 1851 grazie alla protezione di Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa.

La conoscenza di questo con il F., mediata da Fausto Niccolini, prese corpo in margine agli scavi patrocinati dal Borbone a Cuma Sorrento e in altre località campane. Dapprima consulente in materia di archeologia, il F. fu assunto dal conte come segretario e ne divenne fiduciario, consigliere e amico. Egli accompagnò il conte in viaggi nel 1857 a Parigi, in Austria e in Germania; lo convinse a finanziare la fondazione del periodico Giambattista Vico, palestra fra il 1857 e il '58 per il rinnovamento intellettuale nel Regno delle due Sicilie; ne stimolò l'evoluzione politica attraverso contatti con l'emigrazione napoletana in Torino.

Nel 1859 favorì tentativi piemontesi di utilizzare una mediazione del conte di Siracusa per convincere Ferdinando II a non stringere un'alleanza con la casa d'Austria. Il conte, respinto dal sovrano, che morirà pochi mesi dopo, indirizzò pubblicamente al nuovo re Francesco II una lettera (3 apr. 1860), in cui riproponeva il legame con il Piemonte come unico mezzo per assicurare la salvezza della dinastia. Il F., che ne aveva steso la minuta, fu minacciato di arresto e costretto a riparare, dall'aprile al luglio 1860, a Firenze, dove radicalizzò le proprie scelte a favore dell'annessione a contatto con i circoli liberali toscani e la luogotenenza sabauda (Carteggi di C. Cavour, I, ad Indicem).

Profilandosi, dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, la caduta del Regno, patrocinò con S. Pes di Villamarina e con l'ammiraglio C. Persano la candidatura del conte di Siracusa a reggente provvisorio e stese altre due lettere firmate da quest'ultimo il 24 e il 27 ag. 1860, che invitavano Francesco II a cessare la resistenza e a sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà.

Prive di effetti pratici, tali lettere svolsero tuttavia un ruolo nel legittimare, davanti all'opinione pubblica, la necessità del trapasso dei poteri e costituirono per il F. un titolo di merito largamente pubblicizzato, segnalato direttamente a Cavour e Vittorio Emanuele II (ibid., II, p. 39; Massari, p. 121).

Come fiduciario del conte di Siracusa il F. diede agli scavi di Cuma un taglio scientifico allora inusuale in Napoli (De Cesare, II, p. 74), testimoniato dalla regolare stampa nel 1853 di un giornale dei ritrovamenti, Monumenti antichi posseduti da ... il conte di Siracusa, e da scritti più tradizionali in veste tipografica di lusso (Notizia dei vasi dipinti rinvenuti a Cuma nel MDCCCLVI Napoli 1856, primo tentativo rilevante di applicare in Napoli la cromolitografia ad una pubblicazione archeologica). Ma il centro della sua attenzione restava Pompei, dove l'ostilità degli ambienti ufficiali (una proposta per nominarlo membro dell'Accademia Ercolanense era stata scartata, nel 1854, per motivi politici) gli impediva, nonostante l'appoggio del conte di Siracusa, di rientrare efficacemente in campo. Un primo tentativo fu fatto con la stampa dei Monumenta epigraphica Pompeiana ad fident archetyporum expressa. Pars prima. Inscriptionum Oscarum apographa (Napoli 1855), raccolta di facsimili di iscrizioni calcate sugli originali.

Presentata come anticipo di un progetto più completo esteso alle epigrafi greche e latine, questa pubblicazione permette già di cogliere quelli che saranno gli elementi qualificanti della presenza dei F. a Pompei: la tenacia e la volontà di tenere sempre presente un piano generale di largo respiro nonostante la frammentarietà delle occasioni pratiche; la concentrazione sul metodo; il prevalere delle capacità pragmatiche di organizzatore sulla vocazione alla ricerca erudita. Ma centrale è soprattutto una serie di iniziative messe a punto al rientro dal tour europeo del 1857, durante il quale il F. aveva cercato infruttuosamente editori in Germania: la stesura dell'opuscolo Sulle regioni pompeiane e della loro antica distribuzione (Napoli 1858); la stampa lo stesso anno, in sei dispense, di una pianta di Pompei aggiornata alla luce degli scavi più recenti; la pubblicazione di Pompeianarum antiquitatum historia (ibid. 186°-64), in cui trovava forma definitiva la presentazione al pubblico degli antichi giornali di scavo, interrotta un decennio prima dal sequestro. Nell'opuscolo del 1858 il F. affrontava per primo il compito di ricostruire la suddivisione e numerazione originaria della città augustea in regiones e insulae e di fissare coordinate toponomastiche unitarie che potessero venir estese anche all'impianto viario ancora da scoprire. Le fonti antiche erano utilizzate come supporto per la messa a punto di una sorta di piano regolatore per i futuri scavi: un'innovazione subito colta che lo pose in evidenza come la voce di punta dell'archeologia napoletana.

Alla caduta del Regno il F. seguì per breve tempo a Torino il conte di Siracusa, che morirà pochi mesi dopo a Pisa. Rientrato a Napoli, fu nominato professore di archeologia all'università (ottobre 1860) e reintegrato in dicembre nell'incarico di ispettore presso la soprintendenza degli Scavi del Museo nazionale, nuovo nome di quello che era stato, fino ad allora, il R. Museo Borbonico. Il F. si impose rapidamente come capo effettivo sugli altri membri del consiglio di soprintendenza e sullo stesso direttore del Museo nazionale, D. Spinelli principe di Sangiorgio, ormai politicamente isolato. Nel 1863, durante la malattia di quest'ultimo, gli succederà nella firma; in settembre verrà confermato come direttore, prevalendo su altri candidati illustri come P.E. Imbriani e G. Minervini.

Gli anni fra il 1860 e il 1867 segnano l'apice del prestigio del F. a Napoli, dove l'appoggio dei ministri dell'Istruzione Pubblica C. Matteucci, M. Amari e, soprattutto, D. Berti, gli permise di concentrare su di sé i principali incarichi per l'archeologia nel Meridione. Dal 1861 fu preside della facoltà di lettere, consigliere comunale, membro e segretario quasi ininterrottamente fino al 1888 della R. Accademia di archeologia lettere e belle arti. Dal 1866 fu Presidente della Commissione consultiva di belle arti di Napoli; dal 1874 accentrò, come vicepresidente della Commissione per la conservazione dei monumenti municipali di arte e archeologia, anche la corrispondente carica civica. Nel dicembre 1861 fu nominato da T. Mamiani tra i membri della Consulta per le belle arti del Regno, nel 1866 fu designato presidente della Commissione per la preparazione di una legge sulla conservazione degli oggetti d'arte e di antichità, prima iniziativa avviata in tal senso dallo Stato unitario, che farà da presupposto alla proposta ufficialmente presentata nel 1872 dal ministro C. Correnti. Fra gli incarichi svolti a Napoli si segnalano l'attività come commissario regio della Biblioteca Brancacciana; direttore del Collegio asiatico, membro delle commissioni per la riforma delle scuole di belle arti; per la riforma degli educandati femminili; per l'inchiesta sull'Archivio di Stato. L'8 ott. 1865 fu nominato senatore.

Cardine dell'impegno del F. per il rinnovamento dell'archeologia napoletana furono una politica di apertura agli studiosi stranieri, contrapposta alla chiusura corporativa di età borbonica, e la rivendicazione di un'ottica tesa a far coincidere i compiti dello Stato più con l'assunzione di specifiche responsabilità nell'assicurare la corretta e sollecita divulgazione delle relazioni e dei dati di scavo, che non con la promozione di pubblicazioni scientifiche di prestigio.

Poté consolidare legami privilegiati con l'Instituto di corrispondenza archeologica di Roma: particolarmente importante la collaborazione con T. Mommsen, suo sostenitore fin dai primi anni Quaranta, per la collazione dei materiali destinati al Corpus inscriptionum Latinarum. La concentrazione di finanziamenti e mano d'opera disposta dal governo unitario per guadagnare consensi dopo l'annessione del Mezzogiorno contribuì a dare rilievo internazionale alla sua opera per Pompei. Gli scavi furono assunti in proprio dallo Stato e riformati mediante l'imposizione di metodi stratigrafici aggiornati, volti, tramite la progressiva rimozione dall'alto dei livelli orizzontali coevi e la continuità di successione tra le varie insulae, ad evitare il permanere nell'area di cumuli di detriti non rimossi, a ridurre il rischio di crolli, ed a garantire una più accurata ricomposizione delle strutture architettoniche. La messa a punto di un innovativo procedimento per ottenere calchi in gesso dalle impronte lasciate sul terreno vulcanico da materiali deperibili (corpi umani, stoffe, arredi, strutture lignee, ecc.; sui precedenti cfr. Brunn, pp. 88 ss.), accuratamente pubblicizzata fra 1863 e 1868, si impose così all'attenzione pubblica come la punta emergente di una attività di riorganizzazione senza precedenti. Fra gli episodi di maggior risonanza, la costruzione di una ferrovia per il trasporto della terra; l'istituzione di una tassa di ingresso; una rigorosa politica di riforma del personale e dei servizi di accoglienza ai visitatori; l'esecuzione iniziata da G. Padiglione del plastico della città tuttora conservato Presso il Museo nazionale di Napoli; la redazione fra il 1861 e il 1865 di un Giornale degli scavi di Pompei; la creazione nel 1866 di una scuola archeologica italiana in Pompei, ispirata al modello di quella francese in Atene.

Non meno energica l'opera di rinnovamento al Museo nazionale, impostata dal F. fra il 1863 e il '65, attorno ad un programma di preliminare revisione degli inventari al quale corrispose l'edizione di un Bollettino del Museo Nazionale di Napoli. Sospeso quest'ultimo, portò avanti le iniziative più assecondando emergenze occasionali che secondo un disegno coerente, assicurando la stampa dei primi cataloghi (uscirono, fra il 1866 e il 1872, quelli delle medaglie della collezione Santangelo; delle monete greche, romane, medievali e moderne; delle raccolte pornografica, di epigrafia greca e italica e di iscrizioni latine; delle matrici, punzoni e conii; delle armi antiche), una radicale revisione dei criteri espositivi, ed una campagna di riallestimenti e decorazioni delle sale che finirà peraltro con l'attirargli critiche per il "soverchio lusso" (Relazione Mongeri e Morelli al ministro Correnti in data 20 febbr. 1880, Roma, Archivio centr. dello Stato, AABBAA, versamento 186°-1890, b. 170). Solo sul finire della sua permanenza in Napoli gli fu possibile affrontare in modo organico il problema di una decentramento delle raccolte e delle istituzioni che avevano sede nel palazzo degli Studi, favorendo programmi per lo spostamento della Pinacoteca e della Biblioteca nazionale di Napoli presso l'ex convento di S. Chiara o presso uno stabile il cui progetto fu affidato ad E. Alvino (Roma, Arch. centr. dello Stato, AABBAA, versamento 1860-1890, busta 246). Tali programmi si areneranno però di lì a poco in seguito alla caduta della Destra e alle accresciute difficoltà economiche del Comune. Altre iniziative avviate dal F. compresero la fondazione nel 1866 del Museo della Certosa di S. Martino come sezione di storia e documentazione locale del Museo nazionale di Napoli, l'apertura di scavì a Cuma nel 1863 per conto del principe Oddone di Savoia e ad Ercolano fra 1869 e 1875 grazie all'appoggio personale di Vittorio Emanuele II.

Dalla metà degli anni '60 si creò intorno alla figura del F. una vera e propria agiografia, consolidata dalle relazioni affidategli dai ministri della Istruzione Pubblica in occasione delle Esposizioni universali di Parigi del 1867 e di Vienna del '73. A Napolis tuttavia, tale posizione di monopolio gli suscitava contro ostilità e malevolenze. Già nel 1863 il F. era stato costretto a lasciare l'insegnamento universitario per le polemiche suscitate dall'eccessivo cumulo di incarichi. Riuscirà, dopo un infruttuoso tentativo di far cadere la successione su W. Helbig o altri esponenti dell'Instituto archeologico di Roma (Donato, 1993), ad imporre nel 1872 la nomina di G. De Petra, dal 1865 ispettore a Pompei e suo fiduciario. Le critiche si intensificarono, però, proprio alla metà degli anni Sessanta, di fronte al tentativo di fare della Scuola archeologica di Pompei un canale di formazione professionale alternativo all'università e riservato al solo Museo nazionale. Il F. manovrò personalmente col sovrano per escludere l'ateneo dai meccanismi di designazione degli allievi, attirandosi inimicizie potenti (P.Villari, E. Heydemann, gli stessi Settembrini, Lignana e Imbriani suoi precedenti alleati) che contribuiranno a rendere la scuola scarsamente operativa per tutto il primo ventennio e peseranno negativamente sulla sua successiva attività come direttore generale alle Antichità e belle arti.

A mormorazioni sulla sua situazione finanziaria, cronicamente non brillante, si aggiunsero gli effetti di una difficile situazione sul piano personale, determinata dalla relazione con una cameriera, Maria, che gli darà cinque figli: Vittoria, Ortensia, Gisella, Ida e l'unico figlio maschio, Arturo, morto giovanissimo.

Pare che già nel 1865 il F. meditasse di lasciare Napoli e sperasse per questo, all'epoca dei fatti di Mentana, in una prossima annessione di Roma al Regno d'Italia che gli avrebbe aperto la strada per la nomina a capo dei Musei Vaticani. Fra il giugno e l'agosto 1870 fu inserito nella Sottocommissione per la scelta e la classificazione dei monumenti nazionali del Regno. Fra il 1870 e il '73 A. Scialoja e C. Correnti lo convocarono più volte per affiancare i lavori della giunta superiore di belle arti, della giunta consultiva di storia, archeologia e paleografia e per consigli su come riformare la Soprintendenza per gli scavi e i monumenti di Roma, la quale, affidata a P. Rosa, non era mai riuscita ad imporsi nei conflitti con gli organismi civici e vaticani rivali (la Commissione archeologica municipale e quella di archeologia sacra), anche per debolezze nella conduzione scientifica. Proprio la necessità di porre sotto controllo il Rosa e, da parte del F., il desiderio di regolarizzare la propria situazione familiare con un matrimonio che a Napoli, dove la disparità sociale era troppo nota, gli era difficile, svolsero un ruolo importante nell'accelerare il suo trasferimento a Roma, promosso dal Bonghi con la creazione il 28 marzo 1875 di una direzione centrale degli Scavi e musei del Regno, della quale il F. fu posto a capo.

La nuova direzione fu istituita in sede di discussione sull'approvazione del bilancio del ministero della Pubblica Istruzione, rinviando ad un secondo tempo l'emanazione di una legge di tutela che chiarisse obiettivi e competenze. Per evitare conflitti con gli uffici preesistenti, e per vincere l'opposizione ad un accentramento del servizio in Roma, fu mantenuta una suddivisione del territorio in cinque commissariati autonomi (Nord, Centro, Sud Italia, Sardegna e Sicilia). Ma restavano irrisolti sia il rapporto fra questi e la direzione generale, sia l'articolazione di entrambe le strutture a livello periferico, affidata per il momento agli ispettori agli Scavi e musei del Regno, un ruolo onorario creato con lo stesso r.d. 28 marzo 1875 che aveva istituito la direzione centrale, e raccordato solo con r.d. 5 marzo 1876 all'attività delle commissioni di antichità e belle arti, avviate qualche anno prima sotto il ministro G. Cantelli.

Il Bonghi puntava proprio sull'azione personale del F. per creare le premesse per un più organico riassetto futuro dell'istituzione; ma la caduta della Destra storica lasciò il F. esposto alla rivalità dei suoi nemici personali, degli altri funzionari dei ministero e degli stessi commissari a lui sottoposti, mentre la riduzione di finanziamenti e di peso politico rendeva problematico rivendicare, per il servizio archeologico, un ruolo realmente incisivo.

Seguendo la strategia già sperimentata a Napoli, il F. puntò sul sostegno dell'opinione pubblica internazionale e degli istituti stranieri attivi in Roma ponendo in subordine, anche per questo, i tentativi di estendere il controllo statale sugli scavi privati e l'imposizione di divieti alle esportazioni. Avviò inoltre, avvalendosi degli ispettori onorari, un'opera fondamentale di raccolta dati e di sollecitazioni a vasto raggio che si dimostrò risolutiva nell'assicurare la popolarità della direzione centrale e nel garantime la sopravvivenza nel 1877, quando, sotto il nuovo ministro M. Coppino, fu discussa l'ipotesi di una sua soppressione. L'ampio se pure disordinato volume di corrispondenze e iniziative stimolato a livello locale trovò i suoi primi momenti di sintesi nella relazione, firmata dal F., Sullo stato dei musei e degli scavi del Regno nel 1875 (Bollettino ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione, II[1876], pp. 276-292, 352-357), e, soprattutto, con la pubblicazione a partire dal gennaio 1876 del bollettino Notizie degli scavi.

Promosso per sollecitazione di Q. Sella, tale bollettino aveva forma di relazioni mensili presentate all'Accademia dei Lincei, della quale il F., ascritto dal 1875 alla classe di scienze morali, diverrà vicepresidente dopo la morte di T. Mamiani nel 1885. Secondo lo schema delle precedenti iniziative editoriali curate dal F. a Napoli e Pompei, strutturate tutte secondo il duplice indirizzo dell'edizione di giornali di scavo e di documenti di archivio., gli verrà affiancata la pubblicazione di quattro volumi di Documenti inediti per servire alla storia dei musei d'Italia (Firenze-Roma 1878-80), raccolta di inventari e fonti storiche sulle collezioni antiquarie del passato.

Solo a partire dal 1881 il riordino degli organici statali promosso dal Depretis dopo il primo quinquennio di amministrazione della Sinistra permise un'opera più incisiva di consolidamento istituzionale. La direzione agli scavi e musei del Regno, con competenze fino ad allora solo in tema di archeologia, fu sostituita da una direzione alle Antichità e belle arti, estesa anche a parte delle materie (accademie, istituti di belle arti, monumenti artistici posteriori al 462 d.C.) delegate in precedenza alla divisione II del ministero. Quasi contemporaneamente, due r.d. del 13 marzo 1882 sancivano il definitivo passaggio sotto il controllo della direzione di gallerie, musei e pinacoteche annessi alle università, alle accademie e agli istituti di belle arti e del personale dei commissariati.

L'attività del F. si andava tuttavia esaurendo. Il tramonto della Destra storica e la definitiva trasformazione, fra 1885 e 1887, dell'Instituto archeologico di corrispondenza in Istituto germanico lo avevano lasciato in parte privo di punti di riferimento; il clima di crescente nazionalismo e la reazione al trasformismo renderanno, negli anni Ottanta, progressivamente inattuale uno stile di governo che dopo il riformismo moderato degli anni giovanili si era sempre più venuto attestando sulla ricerca di mediazioni, sulla acquiescenza alla volontà dei ministri, su un misto tipicamente napoletano di autoritarismo, bonomia ed equilibrato laissez faire. Già nel 1885 Bonghi lamentava come la carenza di personale tecnico rendesse problematico alla direzione generale mantenere un ruolo di effettivo impulso scientifico (Atti del III Convegno artistico nazionale, in Misc. di storia italiana…, XXV [1887], pp. 80-82). Critiche all'operato del F. cominciavano a farsi strada fra gli stessi collaboratori, che ne lamentavano ora il progressivo disimpegno nei confronti degli ispettori locali, lasciati senza direttive, ora l'eccessiva acquiescenza nei confronti degli istituti stranieri di cultura e dell'autorità politica e i limiti di una preparazione scientifica non più al passo con i tempi.

A partire dal 1887 si faceva evidente il declino dell'autorità del F., rapidamente acceleratosi l'anno successivo a seguito della mancata approvazione della legge di tutela e delle conseguenti dimissioni del ministro Coppino. Tormentato da disavventure familiari (la morte del figlio Arturo) e dalla incombente cecità, il F. non aveva più la forza di garantire la coesione della direzione, scossa da contrasti interni in vista della successione e dalle crescenti difficoltà di assicurare un equilibrio fra ambiti disciplinari in fase di crescente specializzazione, come erano allora l'archeologia, la preistoria, le belle arti, la conservazione dei monumenti architettonici.

Nel giugno 1891 il ministro P. Villari accettava le sue dimissioni, abolendo provvisoriamente la direzione alle Antichità e alle belle arti e sostituendola con due divisioni amministrative, coordinate dal suo capo di gabinetto, C. Fiorilli.

Gli ultimi anni furono di malinconico declino. Ritiratosi a Napoli, il F., incitato da R. De Cesare e dal nipote Alberto Avena, aveva iniziato a scrivere le memorie della propria vita, ma lasciò la narrazione ai primi appunti relativi all'anno 1875 (furono pubblicati col titolo Appunti autobiografici, da A. Avena, Napoli 1939). Morì a Napoli il 29 genn. 1896 e fu sepolto con onoranze solenni a carico del Comune.

Un fratello minore, Rodrigo, morto a Napoli il 1° ott. 1865, fu intimo di Bernardo Celentano a Roma ed è noto fra gli innovatori della pittura di paesaggio affermatisi in occasione della Esposizione nazionale di Firenze del 1861. Dei figli del secondo matrimonio del padre del F. con Concetta de Silva, Clementina sposerà Carlo Avena, cartografo e professore di matematica all'università di Napoli. Figlio dì quest'ultimo sarà AdolfoAvena (1860-1937), ingegnere dal 1886 nel ministero della Pubblica Istruzione, poi divenuto capo dell'Ufficio regionale veneto ai monumenti (cfr. A. Gambardella - C. De Falco, Avena architetto, Napoli 1991).

Fonti e Bibl.: L'epistolario del F., riordinato ai primi del Novecento da D. Bassi e comprendente in prevalenza lettere a lui dirette, è oggi presso la Bibl. nazionale "Vittorio Emanuele III" di Napoli e, per la parte relativa ai rapporti con il conte di Siracusa, presso l'archivio del Museo di S. Martino. Fra gli autografi, dispersi in varie biblioteche ed archivi italiani, è di particolare interesse un fondo di circa un centinaio di lettere conservato nell'archivio dell'Ist. archeol. Germanico di Roma. Il repertorio di A. Palumbo, Catalogo ragionato delle pubblicazioni archeologiche e politiche di G. F., Città di Castello 1913, è tuttora indispensabile per fare il punto su una attività letteraria che la frammentarietà delle occasioni e le tormentate vicende dell'editoria napoletana rendono a tratti complesso ricostruire. Si veda inoltre Esperimento poliglotto che gli alunni dell'Istituto Fuoco consacrano a tutti gli amici dei buoni studi, Napoli 1832, p. 22; Le piaghe del Real Museo Borbonico, Napoli 1860, pp. 25-27; H. Brunn, Gli scavi di Pompei, Cuma e Pesto, in Bull. dell'Instituto di corrispondenza archeologica, 1863, pp. 86-107; A. Romano Manebrini, Documenti sulla rivoluzione di Napoli 1860-62, Napoli 1864, pp. 24 ss., 83 s.; M. Monnier, Pompei et les Pompeiens, Paris 1867, pp. 15-20; L. Romano, Memorie politiche..., a cura di G. Romano, Napoli 1873, pp. 59 s.; C. Persano, Diario privato-politico-militare... nella campagna navale degli anni 1860 e 1861, II, Torino 1870, pp. 18, 20, 40, 42 s., 53; M. Beule, Le drame du Vésuve, Paris 1872, pp. 140-147, 153 s., 182, 185 ss., 195 s., 210, 213, 229-243, 295-297, 309, 355 s.; A. De Gubernatis, Ricordi biografici..., Firenze 1872, pp. 368, 375-379; Id., in Rivista europea, 1° maggio 1873, pp. 541-544; R. De Zerbi, L'archeologia e gli scavi in Italia, in L'Illustrazione universale, II (1875) pp. 166 s.; G. Massari, La vita ed il regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d'Italia, Milano 1878, pp. 115 s., 120 s.; L. Settembrini, Scritti vari di letteratura, politica ed arte, a cura di F. Fiorentino, I, Napoli 1879, pp. 333-337; A. Michaelis, Storia dell'Istituto archeologico germanico 1829-1879, Roma 1879, pp. 130, 135; B. Celentano, Due settenni nella pittura. Notizie e lettere intime pubblicate dal fratello Luigi, Roma 1883, pp. 131, 162, 281, 294, 327, 359, 401, 423, 435, 441, 448 ss., 453, 532, 538, 541, 561-564, 566, 569; L. Pigorini, Il Museo archeol. naz. di Copenaga, in Nuova Antologia, 1° marzo 1886, p. 52; G. Boissier, Promenades archéologiques à Rome et Pompei, Paris 1886, pp. VI, 13, 311-320; N. Nisco, Francesco II re, Napoli 1887, pp. 126-129; L. Romano, Memorie e scritti politici, a cura di G. Romano, Napoli 1894, p. 80; O. 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Venturi, Memorie autobiografiche, Milano s.d. (ma 1927), pp. 68, 76, 98-102, 104; L. Beltrami, Si riparla di G. F., in Il Marzocco, 5 giugno 1927; E. Tea, Giacomo Boni, Milano 1932, I, pp. 43, 139-142, 204, 222, 252, 359, 400, 574; II, p. 28; A. Maiuri, Pompei ed Ercolano fra case e abitanti, Milano 1959, pp. 115-117, 231-234; Carteggi di Camillo Cavour. La liberazione del Mezzogiorno e la formazione del Regno d'Italia, Bologna 1961, I, pp. 71, 181 s., 201-204, 212, 226, 416, 341; II, p. 39; Carteggi di Vittorio Imbriani, I, Gli hegeliani di Napoli, a cura di N. Coppola, Roma 1964, pp. 219-221; 11, Voci di esuli politici meridionali, ibid. 1965, pp. 188, 294, 353; L. Wickert, Theodor Mommsen, eine Biographie, II, Frankfurt am Main 1964, pp. 136 s., 157, 180; IV, ibid. 1980, pp. 211, 268; E.N. Pannuti, Figure di archeologi: G. F., in Antiqua, I (1976), 3, pp. 31-38; F. Zevi, La storia degli scavi e della documentazione, in Pompei 1748-1980. I tempi della documentazione, Roma 1981, pp. 11-21; L.A. Scatozza Horicht, G. F., in La cultura classica a Napoli nell'Ottocento, II, Napoli 1987, pp. 865-880; M. Bencivenni - R. Dalla Negra - P. Grifoni, Monumenti e istituzioni, I, La nascita del servizio di tutela dei monumenti in Italia 1860-1880, Firenze 1987, ad Indicem; II, Il decollo e la riforma del servizio di tutela dei monumenti in Italia 1880-1915, ibid. 1992, ad Indicem; F. Gregorovius, Römische Tagebücher 1859-1889, München 1991, pp. 182, 185, 322, 357, 489; F. Barnabei, Le "Memorie di un archeologo", a cura di M. Barnabei - F. Delpino, Roma 1991, ad Indicem; R.A. Genovese, G. F. e la tutela dei beni culturali dopo l'Unità d'Italia, in Restauro, XXI (1992), pp. 9-146; F. De Angelis, G. F.: la "vecchia" antiquaria di fronte allo scavo, in Ricerche di storia dell'arte, 1993, n. 50, pp. 6-16; M.M. Donato, Archeologia dell'arte; Emanuel Löwy all'università di Roma, ibid., pp. 56-64; M. Musacchio, L'Archivio della Direzione generale delle antichità e belle arti (1860-1890), I, Roma 1994, pp. 60-90 e passim; M. Pagano, Una legge ritrovata: il progetto di legge per riordinamento del R. Museo di Napoli e degli Scavi di antichità del 1848 e il ruolo di G. F., in Arch. stor. per le prov. napoletane, CXII (1994), pp. 351-400; A. Milanese, Il giovane F., il riordino del medagliere..., in Musei tutela e legislazione dei beni culturali a Napoli tra '700 e 800, in Quaderni del Dipartimento di discipline storiche (Univ. "Federico II" di Napoli), I (1995), pp. 173-206.

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