FABRIS BASILISCO, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 43 (1993)

FABRIS BASILISCO, Giuseppe

Sergio Cella

Nacque a Sanvincenti (Istria) il 5 apr. 1837, figlio del possidente Antonio, proveniente dalla Carnia, e di Elisabetta Bradamante. Compì gli studi a Udine e all'università di Padova, dove si laureò in legge nel 1860. Praticante d'avvocatura a Trieste, nel '62 venne condannato a un anno di carcere "per dimostrazione politica" e relegato nella fortezza di Temesvar. Nel '66, alla vigilia della guerra, si sottrasse con la fuga oltre il confine al procedimento penale intentatogli "per alto tradimento". L'amnistia del '67, dopo la pace, estinse l'effetto dell'accusa ed egli ottenne a Venezia la cittadinanza italiana e il diritto d'esercitare l'avvocatura. Alla fine del '78 il barone H. Haymerle, ambasciatore austriaco a Roma, che aveva chiesto informazioni su alcuni emigrati politici, ricevette dal barone F. M.. Pino von Friedenthal luogotenente di Trieste la comunicazione che il F. è "sicuro di essere arrestato e processato se dovesse venirgli in mente di tornare qui".

Infatti, come perseguitato politico, egli godeva della considerazione dei più autorevoli rappresentanti dell'emigrazione giuliana, C. Combi, T. Luciani, G. Baseggio, e del deputato padovano A. Cavalletto. In una successiva circolare di bando e d'arresto diramata dalla luogotenenza di Trieste (gennaio 1879) egli veniva accomunato ai più anziani emigrati politici.

Condusse allora una vita inquieta, tra Milano, Venezia e Roma, rimasto vedovo di Lodovica Orlancich che aveva sposato giovanissimo. Fu un fervido agitatore dell'irredentismo, venne eletto presidente dell'Associazione delle Alpi Giulie, fu più volte firmatario di proteste contro il governo (per il divieto di recare le bandiere dell'Istria e di Trieste alla commemorazione dei martiri di Belfiore nel '78 e ai funerali di Vittorio Emanuele II) e di articoli sul Tempo di Venezia, il cui direttore on. R. Galli era suo amico e sostenitore della causa dell'irredentismo. Peraltro il suo contegno, durante il processo per calunnia intentato ad alcuni emigrati da certo Giacomo Rietti, cittadino italiano residente a Trieste accusato d'essere una spia dell'Austria, parve ambiguo; i querelati, per l'assenza del F., testimone della difesa, vennero condannati per diffamazione, ma successivamente (12 febbr. 1880) in appello la condanna venne loro condonata.

L'atteggiamento insofferente e autoritario del F. non era bene accetto agli emigrati più giovani, ma ciò non basta a spiegare come egli, pressato da necessità finanziarie, si sia indotto a offrire informazioni sull'emigrazione politica alla luogotenenza di Trieste (novembre 1881); chiedeva in cambio di poter rimpatriare e di venir compensato con l'acquisto a prezzo di favore dei suoi terreni di Canfanaro in Istria. Le autorità austriache dubitavano di lui, che pubblicamente si proclamava perseguitato, e solo nell'imminenza del viaggio a Trieste della coppia imperiale accettarono i suoi servizi di confidente dentro l'ambiente del partito d'azione (agosto 1882). Specialmente gli irredenti di Udine e di Venezia venivano attentamente sorvegliati attraverso il F. e l'esule magiaro F. de Gyra.

Essi godevano della piena fiducia dell'avv. A. Salmona e di M. R. Imbriani ed il F., per un compenso di circa 20.000 lire, contribuì in modo decisivo al fallimento dell'attentato a Francesco Giuseppe e alla cattura di G. Oberdan. Decisa infatti il 5 sett. 1882 la missione dell'Oberdan e di D. Ragosa a Trieste, durante una riunione romana cui partecipò il F., questi ebbe l'incarico di precederli per aiutarli a passare il confine. Partendo per Venezia e Udine, egli informò l'incaricato d'affari austroungarico a Roma e poi il console a Venezia e l'informatore F. Appel. Anche l'itinerario dei due congiurati fu comunicato in anticipo dal F. alla polizia austriaca, che poté catturare l'Oberdan a Ronchi, appena passato il confine (16 settembre), mentre il Ragosa fortunosamente si sottrasse all'arresto. Quando la notizia giunse in Italia, il F. era già rientrato a Venezia, dove contribuì all'arresto, chiesto dall'Austria alla polizia italiana, di altri consenzienti all'impresa. Peraltro, per stornare da lui i sospetti, l'ambasciata austriaca provocava una perquisizione domicifiare a suo carico, donde sdegnate proteste del F. per le persecuzioni subite, cui si associarono alcuni sodalizi democratici. Eppure qualche dubbio sulla sua condotta cominciò a serpeggiare, anche se trovò conferma solo dalle posteriori ricerche del Salata negli archivi austriaci (1919).

Il F. rientrò l'anno dopo in Istria, rinnovò offerte d'informazioni e richieste di denaro alla luogotenenza di Trieste, cui denunciò pure nel luglio 1886 un presunto attentato che doveva aver luogo a Pola in occasione della celebrazione della vittoria austriaca di Lissa. Negli anni successivi questo contraddittorio personaggio si isolò del tutto dalla politica, soggiornando alternativamente in Istria e nel Veneto, dove venne a morte all'ospedale di Padova il 4 ag. 1913

Fonti e Bibl.: Necrol. in L'Idea italiana (Rovigno), 14 ag. 1913; Epistolario di Carlo Combi, a cura di G. Quarantotti, Venezia 1960, pp. 113 s.; F. Salata, G. Oberdan secondo gli atti segreti..., Bologna 1924, pp. 92-97, 100-106, 110-115, 199, 307, 521-528; A. Scocchi, G. Oberdan, Trieste 1926, pp. 23 s.; A. Sandonà, L'irredentismo nelle lotte politiche e nelle contese diplomatiche italo-austriache, Bologna 1932-38, I, p. 246; II, pp. 19 s.; III, p. 32; E. Predonzani, Ilcentenario di Ragosa, in Pagine istriane, VIII (1957), 29, pp. 6-12; B. Coceani, Milano centrale segreta dell'irredentismo, Milano 1962, p. 111; C. Miani, L'emigrato istro-carnico F., confidente dell'Austria dal 1878 al 1882, in Pagine istriane, XV (1965), 15-16, pp. 93-127; A. Pontecorvo, Nuovi documenti su G. Oberdan, in La Porta orientale, n. s., IV (1968), pp. 15-44; A. Alexander, L'affare Oberdan, Milano 1978, pp. 68 s., 87, 143, 149 s.; R. De Marzi, Oberdan il terrorista, Udine 1978, pp. 147-152.

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