DAGNINI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

DAGNINI, Giuseppe

Giuseppe Armocida

Nacque a Bologna il 19 maggio 1866 da Callimaco, impiegato governativo, e Rosa Palmieri. A Bologna compì i suoi studi: dopo aver frequentato il liceo Galvani, s'iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia. Già da studente si segnalò per le capacità e per la diligenza nello studio, sotto la guida di eccellenti maestri: fu allievo di A. Murri, che ne apprezzò precocemente le qualità; frequentò come allievo interno l'istituto di P. Albertoni, che aveva organizzato in Bologna una rinomata scuola fisiologica e andava sviluppando in quegli anni alcuni interessanti temi di ricerca. Nel luglio 1891 conseguì, con lode, la laurea, presentando una tesi in fisiologia sul contenuto in cloro della bile.

Dopo la laurea le condizioni economiche della famiglia 16 spinsero a cercare subito un'occupazione; in quella stessa estate fu assunto come assistente all'ospedale Maggiore di Bologna, dove frequentò il reparto medico diretto da I. Cantalamessa, un illustre clinico che si era particolarmente dedicato allo studio di nuovi metodi di indagine diagnostica strumentale. Sotto la sua guida il D. perfezionò la sua attitudine per la semeiotica strumentale, per l'uso degli apparecchi di registrazione e per gli studi grafici che coltivò sempre con interesse durante tutta la sua carriera di ricercatore.

Il D. frequentava solo da qualche mese il reparto del Cantalamessa quando A. Murri, che aveva già potuto apprezzarne le buone qualità di studioso, gli offrì la possibilità di diventare suo assistente: nel gennaio 1892 entrò così alla clinica medica dell'università di Bologna. Rimase in quella sede per circa dieci anni, prima come assistente e poi come aiuto del Murri; fu compagno di lavoro e di studi a E. Boari, S. Bianchini, L. Silvagni, A. Ruffini, F. Vitale. Fu in quegli anni l'allievo prediletto del Murri e affiancò il maestro nel quotidiano insegnamento e nella clinica, maturando un'esperienza preziosa e consolidando le sue doti scientifiche e didattiche. Nel 1895 ottenne in Bologna la libera docenza in patologia speciale medica.

Nel gennaio 1903 accettò la nomina a primario medico dell'ospedale Maggiore di Bologna. Lasciò quindi la carriera universitaria nel momento in cui aveva raggiunto una solida esperienza e un'eccellente preparazione clinica. Si dedicò da allora all'attività ospedaliera, con frequenza e impegno quotidiani; grazie alla buona rinomanza che aveva acquistato, era frequentemente richiesto per visite e consulti. Tuttavia non trascurò i suoi interessi sempre vivi per la ricerca e fece del suo reparto un centro di studi frequentato assiduamente da medici e studenti.

Nel 1911 prese parte, assieme ad altri allievi del Murri, alla pubblicazione di un volume di scritti medici per onorare il maestro nel trentacinquesimo anniversario di insegnamento. Durante gli anni della guerra mondiale, quando due dei suoi figli furono chiamati alle armi, la sua attività scientifica parve sospendersi. Ma già nel 1918, su invito della Società medica chirurgica di Bologna, fu impegnato nello studio della epidemia influenzale che aveva colpito molti paesi d'Europa; di lì a poco comparivano anche i suoi importanti contributi allo studio del doppio tono crurale nell'insufficienza delle valvole aortiche e le osservazioni sulle encefaliti.

Nel 1919 però, all'età di 53 anni, dovette lasciare l'ospedale insieme con altri primari che vennero allontanati per decisione dell'amministrazione. Il D. aveva a quell'epoca oramai consolidato un vastissimo credito scientifico e godeva di una solida notorietà come clinico; continuò pertanto, anche lontano dalle corsie, una intensa attività professionale e non trascurò nemmeno i temi prediletti di studio e di ricerca, mantenendo sempre contatti con gli ambienti scientifici e accademici. Dal 1922 al 1924 fu presidente della Società medica chirurgica di Bologna e ne celebrò in quel periodo il centenario di attività. Ricoprì poi varie cariche pubbliche; fu per qualche anno presidente dell'Opera pia dei vergognosi e fu vicepresidente dell'amministrazione degli ospedali. Fece parte di varie associazioni scientifiche italiane e straniere; nel dicembre del 1925, a riconoscimento dei suoi importanti contributì in neurologia, venne nominato membro corrispondente della Società francese di neurologia. Dal 1899 al 1926 fece parte della commissione per la pubblicazione del Bullettino della Società medica chirurgica di Bologna; futra i collaboratori, e redattore fino dalla sua fondazione, dell'importante rivista Le Malattie del cuore e dei vasi, che mutò poi titolo in Cuore e circolazione.

Il D. aveva maturato le sue prime esperienze nel laboratorio fisiologico di P. Albertoni, dimostrando precocemente una singolare attitudine verso i temi di osservazione sperimentale. Aveva mosso i primi passi nella clinica medica accanto ad A. Murri, abituandosi a indagare i processi morbosi attraverso Posservzzione minuziosa e continua al letto del malato, a fondare lo studio della malattia su una precisa metodica semeiologica nella ricerca incessante dei segni clinici, nell'analisi della loro frequenza e del loro valore, approfondendo sempre i metodi di accertamento. Il breve tirocinio ospedaliero con I. Cantalamessa lo aveva poi indirizzato all'uso di nuovi e originali strumenti di indagine e al metodo di registrazione grafica.

Sviluppò nell'arco della sua operosa carriera molteplici interessi in diversi campi della medicina interna, compendiati in numerose pubblicazioni.

Il settore che lo impegnò maggiormente, fino dai primi anni di attività, può ritenersi quello della cardiologia. I suoi lavori, pubblicati nel volgere di tre decenni, lo fanno riconoscere tra i fondatori della cardiologia moderna; condusse le sue ricerche con l'impiego del metodo grafico, recando così un originale e prezioso contributo alla clinica.

Giovanissimo, nel 1894, pubblicò il contributo Sul polso epatico presistolico (in Il Policlinico, sez. medica, I [1894], pp. 249-65), nel quale propose nuove osservazioni semeiotiche su una pulsazione molto rara e quasi ignota fino ad allora, col corredo di dimostrazioni grafiche. Questo fu il primo di una serie di lavori che il D. dedicò allo studio semeiologico dei circolo venoso, che rappresentò uno dei suoi temi di indagine prediletti e del quale indagò a fondo la fisiologia e la fisiopatologia. Nel 1896pubblicò la sua tesi di docenza, Patogenesi e significato semeiologico del polso venoso (in Il Morgagni, XXXVIII [1896], pp. 141-83, 205-45); anche in questo lavoro, che raccoglieva copioso materiale tratto dalle sue osservazioni cliniche, affrontava il analisi di vari aspetti del circolo venoso. Anche quando, lasciata l'università, proseguì le sue ricerche in ambito ospedaliero, continuò a occuparsi di problemi cardiologici.

Nel 1908le ampie osservazioni della sua casistica gli permisero di tr autorevolmente nel dibattito sulle opposte concezionidelle teorie miogena e neurogena della contrazione cardiaca. Con la comunicazione Analisi di alcune forme di alloritmia cardiaca (in Bull. d. scienze med., LXXIX [1908], pp. 145-201) propose una posizione conciliante tra le due tendenze differenti, rilevando l'importanza del meccanismo d'azione del vago e del simpatico e sottolineando contemporaneamente le proprietà fondamentali delle fibre miocardiache. Nello stesso lavoro si occupò del ritmo periodico del cuore, dei disturbi dei ritmo e di alcuni effetti digitalici. Sullo stesso argomento tornò l'anno seguente con un'altra comunicazione: Funzione Periodica dei centri bulbari del respiro e del cuore (ibid., LXXX [1909], pp. 440-42). Eripetutamente affrontò temi di cardiologia negli anni successivi, con comunicazioni alla Società medica chirurgica di Bologna: Intorno ad un caso di tachicardia nodale (ibid., LXXXII [1911], pp. 520-23); Sopra un caso di bradicardia da dissociazione atrio ventrizolare (ibid., LXXXIV [1913], pp. 507 s.; 535 s.); Sul blocco digitalico dei cuore (ibid., LXXXV [1914], pp. 436 s.).

Studiò anche le malattie congenite del cuore, le valvulopatie acquisite e le miocardiopatie tossinfettive; di rilievo appaiono le sue ricerche sul doppio tono crurale nella insufficienza delle valvole aortiche e gli studi sulle pericarditi adesive o costrittive. Su quest'ultimo argomento tenne nel marzo 1928, poco prima di morire, una comunicazione in collaborazione con il chirurgo C. Gamberini, Pericardiectomia per sinfisi pericardica (ibid., c. [1928], pp. 131-40), in cui metteva in evidenza come le possibilità di buon esito di un intervento chirurgico fossero legate alla precocità della diagnosi e dell'operazione.

Della sua attenzione ai temi cardiologici è testimonianza anche il lavoro Uno sguardo all'opera di J. Mackenzie nel campo della cardiologia (ibid., XCVII [1925], pp. 169-84), in cui analizzava e studiava criticamente il contributo scientifico del grande clinico inglese che era ritenuto tra i maggiori cardiologi di quel tempo.

Altro campo di interessi in cui la figura del D. si segnalò per importanti contributi fu la neurologia. A questa disciplina si era avvicinato sotto la guida del Murri che vi si era ampiamente dedicato, in un'epoca di importanti rinnovamenti e acquisizioni nello studio delle malattie nervose. Il D. legò il suo nome a un importante fenomeno che osservò per primo e che rese noto alla Società medica chirurgica di Bologna, nella seduta del 17 giugno 1908. Nella comunicazione Intorno ad un riflesso provocato in alcuni emiplegici collo stimolo della cornea e colla pressione sul bulbo oculare (ibid., LXXIX [1908], pp. 380 s.), diede la prima nota sul riflesso oculo-cardiaco; aveva analizzato alcuni fenomeni respiratori provocati con la compressione oculare e aveva osservato che in due malate in coma, colpite poco prima da emiplegia, la pressione sui bulbi oculari provocava un rallentamento del polso. L'interpretazione di questo fenomeno confermava l'influenza dello stimolo periférico sul centro del vago cardiaco e avviava lo studio dei riflessi vegetativi. Pochi mesi dopo, nell'ottobre 1908, la stessa annotazione fu compiuta da B. Ascliner (Über einen bisher noch nicht beschriebenen Reflex vom Auge auf Kreislauf und Atmung. Verschwinden des Radialispulses bei Druck auf das Auge, in Wien. Klin. Wochenschr., XXI [1908], pp. 1529 s.); un'inevitabile questione sulla priorità della osservazione ebbe riflessi per qualche tempo sulla definizione del fenomeno, che venne infine ripreso da molti autori come "fenomeno di Aschner-Dagnini" o, più semplicemente, come "riflesso oculocardiaco". Il D. si occupò inoltre del tono e delle funzioni dei muscoli frontali negli emiplegici, della semeiologia dei movimenti oculari, della meningite cerebrospinale, della tabe dorsale; si interessò di oftalmoscopia. Nel 1911 comunicò alla Società di Bologna una nota Sopra un caso di afasia con aprassia vocale, facciale e respiratoria (in Bull. d. scienze. med., LXXXII [1911], pp. 528 ss.); nel 1913 pubblicò l'interessante osservazione Atonia dell'elevatore Palpebrale e del retto interno in un caso di paresi dell'oculomotore comune di origirte tabetica (ibid., LXXXIV [1913], pp. 435 s.); sulla scorta delle sue esperienze ospedaliere presentò poi anche le ben documentate Osservazioni cliniche su alcuni casi di encefalite (ibid., XCI [1920], pp. 196 ss.). Anche negli ultimi anni il suo interesse per questi studi non scemò: nel 1924 pubblicò ancora la nota su L'emispasmo post paralitico del facciale (ibid., XCVI [1924], pp. 322 s.).

Nel 1927 fu autore di due relazioni: Disordini atonici e movimenti asinergici dei muscoli oculari (ibid., XCIX [1927], pp. 130 ss.); Paralisi laterale doppia dello sguardo e sinergia paradossa oculo-cefalica (ibid., pp. 132 ss.). Poco prima di morire, nel giugno 1928, diede la comunicazione Anomalia muscolare ereditaria delle regioni palmari simulante l'atrofia tipo Aran-Duchenne (ibid., c. [1928], pp. 268 ss.). Dei numerosi altri suoi contributi allo studio delle malattie nervose basterà ricordare i lavori sulle neurosi traumatiche, su alcuni fenomeni isterici e sulla encefalomielite epidemica.

Il D. produsse lavori anche in altri campi della nosografia, frutto delle sue sempre precise osservazioni cliniche. Con il Silvagni aveva studiato alcune forme di tubercolosi e il loro trattamento mediante il siero Maragliano. Insieme a E. Boschi pubblicò la ricca casistica relativa alla epidemia influenzale che si diffuse nel primo dopoguerra: Osservazioni cliniche sulla recente epidemia influenzale, (ibid., XC [1919], pp. 249-74). Con A. Busi si occupò di una forma neoplastica del fegato. Si dedicò allo studio e alla pubblicazione delle sue ricerche fino agli ultimi mesi di vita.

Il C. morì a Bologna il 19 ott. 1928.

Due dei suoi figli, Giovanni e Guido, seguirono il suo insegnamento, distinguendosi nella carriera medica e nell'insegnamento universitario.

Bibl.: Necrol. in L'Università ital., XXIV (1928), 11, p. 194; in Il Policlinico, sez. medica, XXXV (1928), pp. 2488 s.; I. Novi, In morte del socio ordinario prof. G. D., in Bull. d. scienze med., C. (1928), pp. 285 s.; L. Silvagni, Commem. Prof. G. D., ibid., CIII (1931), pp. 399-431; G. Dagnini, G. D. cento anni dalla nascita (commem. letta nell'aula dell'ospedale Maggiore per la Società medica chirurgica di Bologna, il 21 novembre 1966), ibid., CXXXVIII (1966), pp. 297-336; I. Fischer, Biogr. Lex. der hervorragenden Ärzte [1880-1930], I, p. 288.

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