CORRADI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORRADI, Giuseppe

Giuseppe Armocida

Nacque a Bevagna (Perugia), da Innocenzo e da Vincenza Moreschini ambedue originari di Trevi, il 21 ott. 1830. Il padre era un brillante chirurgo che si era segnalato per avere ideato un litotritore modificato per la cura dei calcoli della vescica. Compì studi di filosofia a Jesi e frequentò le scuole degli scolopi a Firenze. Studiò quindi medicina nell'università di Pisa e all'Istituto di studi superiori di Firenze, dove ebbe a maestri, tra gli altri, M. Bufalini, G. Regnoli e A. Ranzi. Si laureò nell'anno accademico 1852-53 e si dedicò precocemente alla pratica della chirurgia. Nel 1854 entrò nella clinica chirurgica di Firenze e divenne poi l'allievo prediletto di C. Burci, che lo ebbe aiuto nelle incombenze della clinica e dell'insegnamento.

Accanto al Burci il C. percorse le tappe della carriera chirurgica e perfezionò le proprie capacità operatorie, dedicandosi allo studio dei campi di indagine prediletti. In quel periodo tenne l'insegnamento della medicina operatoria e della patologia chirurgica, coltivando contemporaneamente gli studi di anatomia patologica ai quali, seguendo l'indirizzo del maestro, si dedicò sempre con particolare interesse. Compi viaggi di aggiornamento a Vienna e a Berlino, per visitare le cliniche dei chirurghi T. Billroth e B. Langenbeck e i laboratori di R. Virkow e K. F. Rokitansky. Nel 1867, costretto da un infortunio a un imprevisto periodo di riposo, attese alla compilazione della memoria sui restringimenti dell'uretra con la quale risultò vincitore al premio d'Argenteuil di Parigi nel 1869. Con un lavoro sullo stesso tema egli vinse nel 1872 il concorso Riberi indetto dall'Accademia di medicina di Torino. Questi successi contribuirono ad ampliare la sua già discreta fama di chirurgo e consolidarono il consenso dell'ambiente accademico intorno alla sua figura scientifica.

Nell'ottobre del 1870 venne chiamato a Roma per dirigervi la prima clinica chirurgica, nell'ospedale S. Giacomo; lavorò accanto a Guido Baccelli che era direttore della prima clinica medica. Nel 1871, in applicazione della legge Casati, venne confermato professore ordinario in Roma. Tuttavia il C. aveva contemporaneamente vinto il concorso per la clinica chirurgica di Firenze e preferì tornare a occupare la cattedra che era stata del Burci e che aveva visto lo svolgimento delle prime tappe della sua carriera. A questa decisione non furono estranee alcune tristi vicende domestiche, quali la morte di un figliolo e l'uccisione del padre.

Nell'ateneo fiorentino, dove appariva l'erede degli indirizzi scientifici del Burci e della tradizione della scuola chirurgica toscana di A. Vaccà Berlinghieri e del Regnoli, il C. fu un insigne maestro di chirurgia. Diede nuovo e personale impulso alla clinica e consolidò la fama della scuola alla quale si formarono, sotto la sua guida, illustri allievi come F. Colzi ed E. Burci, che furono i suoi successori. Si dedicò con impegno e attività incessanti alla riorganizzazione dell'istituto, promuovendo diverse iniziative in favore di un assetto più idoneo; ottenne nuovi locali e reperì i finanziamenti che gli permisero sia di costruire l'anfiteatro anatomico e i nuovi laboratori, sia di dotare la clinica di una aggiornata attrezzatura e di un ricco strumentario chirurgico.

Accanto all'attività clinica e scientifica il C. si dedicò anche alla vita pubblica. Fu presidente del Consiglio provinciale della sanità, membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, presidente del consiglio d'amministrazione dell'ospedale di S. Maria Nuova: in quest'ultimo ufficio ideò importanti lavori per la trasformazione completa dell'ospedale e ne promosse l'inizio.

Si deve poi ricordare la sua partecipazione, tra il 1878 e il 1890, alla direzione della rivista medica Lo Sperimentale, uno tra i più autorevoli periodici scientifici del tempo. Nel 1887 la morte della moglie, Emilia Mercati, che gli era stata sollecita compagna lungo le tappe della sua carriera, fu per lui una dura prova; da allora parve rallentare la sua attività e farsi meno costante negli impegni pubblici e di lavoro. Chiamò presso di sé il suo allievo F. Colzi e si fece affiancare nelle incombenze della clinica; al Colzi delegò la gestione dell'Istituto fino dal 1893, designandolo suo successore, finché nel 1897 lasciò definitivamente la direzione e divenne professore emerito.

L'opera scientifica del C. è oggi ricordata per il suo particolare impegno in alcuni settori specialistici della clinica e per gli originali contributi che egli portò alla disciplina con l'ideazione di numerosi apparecchi e strumenti chirurgici. Fino dai primi anni di carriera dedicò particolare attenzione alla chirurgia delle vie urinarie, seguendo in questo anche gli interessi comuni alla attività del padre, e raccogliendo le esperienze di quanti prima di lui si erano distinti nelle operazioni di litotripsia, di cistotomia e dei restringimenti uretrali.

Il lavoro sui restringimenti uretrali, la cui memoria presentò nel 1869 all'Accademia di medicina di Parigi, ottenne l'ambito premio d'Argenteuil; era un solido studio basato su accurate indagini anatomo-topografiche, fisiologiche e anatomo-patologiche, oltre che su una ricca casistica operatoria (Etudès cliniques sur les rétrécissements de l'urèthre sur la taille et sur les fistules vaginales, Firenze 1870), che si propone ancora oggi come un contributo classico sull'argomento. In esso raccolse i risultati di sue ulteriori ricerche quali la memoria su un metodo speciale di cistotomia, che egli aveva comunicato alla Accademia medico fisica fiorentina nel luglio 1870; delle osservazioni sulle fistole vescico-vaginali, sulla loro classificazione e sui metodi di intervento; e una ricca illustrazione di diversi nuovi strumenti da lui ideati per queste operazioni, tra i quali i ben noti dilatatori ad archetto e a corona. Ottenuto un altro prestigioso riconoscimento per la sua attività scientifica con il premio Riberi di Torino, egli si convinse della necessità di riunire in un volume monografico i risultati di tanti anni di applicazione alla chirurgia delle vie urinarie. Si accinse quindi alla pubblicazione di un Trattato sulle malattie degli organi urinari, di cui apparve il primo volume a Firenze nel 1874; in esso trattò degli argomenti generali, con un ampio capitolo intorno allo strumentario chirurgico; il secondo volume, che avrebbe dovuto trattare della parte speciale e delle tecniche operatorie, non venne pubblicato.

Quasi contemporaneamente aveva intrapreso la pubblicazione di un altro importante lavoro, il Compendio di terapeutica chirurgica, destinato a raccogliere in volume i principali suoi contributi alla clinica e gli indirizzi della sua scuola. L'opera si stampò a dispense, ma se ne pubblicarono solo le prime tre, a Imola, nel 1874, 1875 e 1876. La trattazione si interruppe a metà della parte generale; appare tuttavia interessante perché riassume molte originali osservazioni del C., sulle regole generali da seguirsi nelle operazioni, sullo strumentario chirurgico, sulla anestesia; degna di nota è la descrizione del letto operatorio da lui proposto, che risultava ricco di maggiori movimenti di quanti ne avesse il letto di Langenbeck, che era allora adottato da quasi tutte le cliniche tedesche; è di rilievo anche il grosso capitolo sulla elettroterapia chirurgica, in cui si dimostrò propugnatore della galvanocaustica e descrisse una pila di sua invenzione che avrebbe dovuto essere più semplice ed economica rispetto agli altri apparati esistenti.

Tra gli altri diversi contributi che il C. pubblicò si può ancora ricordare, in tema di chirurgia delle vie urinarie, l'articolo Sui progressi della litotripsia, in Lo Sperimentale, XXXVIII (1884), pp. 5-35, dal quale si comprende come egli sostenesse la litotrizia rapida in alternativa alla litolaplassi alla Bigelow.

Nel Contributo all'arte di curare le ferite e le piaghe, ibid., XL (1886), pp. 401-413, si occupò in particolare del problema della asepsi e diede precise indicazioni per la sterilizzazione degli strumenti mediante una cassetta di rame di sua invenzione da porre in stufe ad alta temperatura. Interessanti anche le sue lezioni su argomenti ortopedici, pubblicate a Firenze nel 1873: Le contratture femorali e le lussazioni coxo-femorali, lezione cattedratica raccolta e compilata da T. Tommasi.

Ritiratosi dalla clinica e dall'insegnamento, il C. trascorse gli ultimi anni di vita in gravi infermità, assistito dal figlio Cesare e dai nipoti, e morì in Firenze il 9 maggio 1907.

Bibl.: Necrol., in La Clinica chirurgica, XV (1907), pp. 812-816; Encicl. Ital., XI, p. 467; I. Fischer, Biog. Lex. d. hervorr. Ärzte, II, pp. 114 s.

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