COLOMBO, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)

COLOMBO, Giuseppe

Rita Cambria

Nacque a Milano il 3 dic. 1836 da Carlo, artigiano orafo, e Giacomina Perducchi, ex sarta, che dovettero raggiungere un certo benessere se dal 1845 poté frequentare il liceo S. Alessandro, una prestigiosa scuola pubblica di Milano. Superata brillantemente la maturità nel 1853, s'iscrisse alla facoltà filosofico-matematica di Pavia, dove conobbe professori decisivi per la sua formazione, come F. Brioschi e G. Codazza. Per la stima di quest'ultimo, fu nominato assistente alla cattedra di disegno e geometria delle macchine e di geometria descrittiva, ancor prima della laurea in matematica conseguita il 30 marzo 1857.

Lasciò dopo un anno l'assistentato per trasferirsi a Milano dove, dal 10 dic. 1857. insegnò (fino al 1883) presso la Società di incoraggiamento d'arti e mestieri. Entrò così in contatto con l'aristocrazia e il mondo imprenditoriale lombardo che avevano promosso la scuola, e frequentò il salotto della contessa Maffei. Qui conobbe E. Cornalia, famoso naturalista, frequentandone poi la nipote, Carolina De Luigi, che sposò nel 1868.

Nella Società erano stati di recente creati i primi insegnamenti temici: fino ad allora nelle scuole ufficiali mancavano quasi dei tutto i corsi di meccanica applicata, di tecnologia, di fisica e chimica tecnica, e il C. dovette sperimentare da sé nuove didattiche. Divenuto titolare della scuola di geornetria descrittiva applicata alle arti, si assunse anche l'istruzione pratica di disegno delle macchine, e fece parte della commissione di meccanica. Tornò alla scuola dopo la parentesi garibaldina del 1859, attirando un numero crescente di allievi, anche alle esercitazioni domenicali, prevalentemente artigiani e operai specializzati, ma anche artisti, industriali ed ingegneri. Per il C. era fondamentale la capacità di rappresentare con precisione ed evidenza gli oggetti pensanti: gli esercizi pratici di disegno geometrico e delle macchine non erano concepiti come complemento dell'insegnamento teorico, ma come momento centrale di una formazione complessiva, scientifica, tecnicopratica e artistica ad un tempo. Dal 1863, quando la Società lo incaricò di una relazione sul disegno industriale, dedicò a questo insegnamento alcuni dei suoi articoli più vivi. Seguiva le esperienze fatte in Inghilterra, in Francia, in Germania, dove il diffondersi della grande industria gli appariva fondato su una più completa formazione professionale; vagheggiava così anche per l'Italia la formazione di un operaio non già ripetitivo esecutore, ma consapevole dei principi teorici fondamentali della meccanica e dotato di intelligenza e senso del bello.

Nel 1861 subentrò al prof. G. Susani come supplente di meccanica applicata alle industrie, divenendone titolare nel 1864; dal 1861 al 1863 si occupò di idraulica, dal 1863 al 1866 di termodinamica, corsi che riprese anche negli anni successivi.

Dal 1861 affiancò all'insegnamento professionale quello medio presso l'istituto tecnico "C. Cattaneo", dove ebbe collega L. Luzzatti: dapprima supplente, fu titolare del corso di meccanica industriale dal 1862 al '65, dopo aver ottenuto la patente di ingegnere architetto. Intanto intraprendeva un'intensa attività pubblicistica, attento ad ogni novità nel campo delle macchine e dei procedimenti industriali, esercitando cosi subito una parte primaria tra i protagonisti dell'industrializzazione italiana.

Esordì sul Politecnico nel 1862 con una lunga recensione al trattato di E. Stamm. sui filatoi meccanici. Inviato con una missione di industriali quell'anno dal Consiglio provinciale di Milano a Londra all'Esposizione universale, con le sue relazioni, pubblicate sulla Perseveranza e dalla Società di incoraggiamento, si rivelò osservatore acuto dello sviluppo industriale in atto in Europa e introdusse temi inconsueti nel dibattito delle classi dirigenti italiane, che in quegli anni auspicavano una crescita fondata sull'agricoltura, persuaso che "la prosperità industriale di un popolo" fosse "al pari della libertà uno dei primi elementi della sua indipendenza".

Se all'Esposizione di Londra coglieva il grave ritardo dell'Italia rispetto ai paesi più progrediti, il C. indicava però quei settori, a cominciare dall'agricoltura, in cui il divario poteva essere colmato con un uso migliore della forza motrice idraulica, della manodopera e delle macchine più aggiornate. La mancanza di combustibile e delle principali materie prime non veniva addotta come prova di un destino ineluttabile, giacché l'esempio della Svizzera gli pareva confutare tale tesi allora largamente condivisa; gli forniva invece lo stimolo a verificare di continuo quanto le novità estere rispondessero alle specifiche condizioni italiane.

Alla Esposizione di Parigi del 1867, di cui scrisse sul Politecnico, colse subito l'importanza dello sviluppo industriale sul continente e il relativo declino dell'Inghilterra. La Germania e, in senso contrario, l'Inghilterra, gli fornivano tra l'altro la prova del peso decisivo dell'istruzione tecnica, specie superiore, nella nuova fase di industrializzazione. Da allora lo sforzo per diffondere in Italia una più adeguata istruzione tecnica, a promuovere il progresso economico e civile, restò sempre al centro delle sue iniziative.

Nel 1865 divenne ordinario di meccanica industriale e costruzione di macchine nell'istituto tecnico superiore di Milano, fondato due anni prima dal Brioschi con la collaborazione di eqti e istituzioni fra cui la Società di incoraggiamento. Il C., che già dalla fondazione insegnava agli allievi dell'istituto nei locali della Società divenne l'animatore della sezione per ingegneri meccanici, che costituiva una novità e rimase unica in Italia fino al 1879. Dopo la guerra del 1866 - caporale nel corpo della Guardia nazionale di Valtellina - tornò al Politecnico, dove riprese il corso di meccanica industriale e conduttura delle acque, cui affiancò il corso di disegno delle macchine.

Alla sua scuola si formò un folto gruppo di ingegneri, destinati ad emergere come imprenditori, dirigenti industriali, tecnici della pubblica amministrazione: fra questi G. B. Pirelli, G. Ponzio e C. Saldini, che lo affiancarono anche nell'insegnamento. Col C. gli studenti parteciparono a quelle visite agli impianti industriali e alle più importanti realizzazioni dell'ingegneria italiana di quegli anni, che costituivano una delle innovazioni didattiche dei Politecnico. A causa del debole sviluppo industriale del paese il C. riteneva infatti indispensabile formare ingegneri non esclusivamente specializzati nelle costruzi oni meccaniche: mirava a un insegnamento industriale "di indole più generale", che consentisse di acquisire poi con la pratica la specializzazione desiderata.

L'insegnamento non lo distolse dall'attività di pubblicista e divulgatore, su numerose riviste e vasta gamma di temi. Taluni saggi erano più specialistici, destinati agli ingegneri, come quelli sul Politecnico, di cui divenne poi redattore col Brioschi; altri, editi prevalentemente fino al 1869 sull'Annuario scientifico ed industriale, sirivolgevano ad un pubblico più ampio.

In un'epoca caratterizzata dalla macchina a vapore, il C. ne fu in Italia uno dei più esperti illustratori. Fondamentali furono le conoscenze acquisite all'Esposizione di Parigi, dove rimase colpito dalle macchine degli americani Corliss ed Allen e dai progressi della meccanica francese, di cui fece conoscere la motrice Farcot. In anni in cui la trasmissione della forza a distanza appariva insolubile, si preoccupò delle particolari condizioni dell'industria italiana, costituita prevalentemente da piccole officine sparse, in cui quasi impossibile e molto dispendiosa era l'istallazione delle più diffuse macchine a vapore; si interessò perciò prestissimo ai progetti di piccoli motori a gas e ad aria calda. Dal 1866, attento ai primi dibattiti stranieri sul futuro esaurimento del carbon fossile, e preoccupato dei suoi costi gravosi per l'economia italiana, seguì i primi tentativi di utilizzo dell'energia solare, richiamò l'attenzione sull'uso possibile del petrolio, ma soprattutto diffuse la convinzione che una più estesa industrializzazione fosse realizzabile solo risolvendo la trasmissione della forza a grande distanza. Di qui l'interesse per i primi sistemi allora sperimentati, a funi metalliche e ad acqua compressa.

Dominante anche l'interesse per le comunicazioni ed i trasporti. Nel 1866, sempre sull'Annuario scientifico, illustrò i primi sistemi di telegrafo e le difficoltà nelle trasmissioni transatlantiche mediante cavi. Consapevole dell'importanza per il paese di un sistema ferroviario economico per collegare i numerosi piccoli centri con le linee principali, divulgò più volte dal 1866 i risultati del saggio di A. Cottrau sulle ferrovie comunali e provinciali; dal 1867 poi estese l'attenzione ai progetti di locomozione mista e a scartamento ridotto, valutandone l'applicabilità al sistema stradale italiano e l'effettiva economicità. Con i medesimi fini, badando alla conformazione montuosa che ostacolava l'integrazione economica del paese, promosse dal 1862, quando pubblicò il primo resoconto sugli Atti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, una campagna sul sistema funicolare Agudio per superare le forti pendenze delle strade ferrate. Al tema, attuale per le difficoltà incontrate in quegli anni nei trafori di lunghe gallerie, dedicò fino al 375 studi di notevole rilievo, relazioni di concorsi a premi e articoli divulgativi, sforzandosi di stimolare governo e responsabili dei settore ferroviario. Seguiva, sempre negli stessi anni, sulle pagine dei Politecnico e dell'Annuario, gli apparecchi e i procedimenti proposti all'estero per risolvere il Problema dei trasporti ferroviari montani, illustrando i diversi tipi di locomotive, i mezzi di trazione e di propulsione pneumatica, idraulica o elettrica, anche in vista del trasferimento di merci povere. Né mancò di prestare attenzione ai primi tentativi di locomobili stradali e di automobili a vapore.

Giunse così ad occuparsi dell'aeronautica, in un saggio del 1868 pubblicato sull'Annuario: in contrasto con le opinioni e i tentativi più accreditati, anticipava che la soluzione andasse ricercata in un mezzo più pesante dell'aria, convinto che il peso fosse una delle condizioni per il moto aereo. Egli previde poi che il successo di un velivolo dipendesse prevalentemente dalla leggerezza del motore, intuì la funzione delle superfici alari, suggerì che il motore imprimesse direttamente il movimento agli organi di propulsione, e preconizzò un motore in un materiale forte come l'acciaio ma assai più leggero, con caldaie a vaporizzazione istantanea e focolare a combustibile liquido e di alto potere calorifico.

Negli stessi anni praticò la professione di ingegnere civile di. consulenza. Si vedano il progetto, comparso sul Politecnico del 1866, di un cavalcavia in ferro sul canale Redefossi, antistante la vecchia stazione centrale, o gli articoli, editi sull'Annuario, sui marmi di Carrara e sul sollevamento e trasporto degli edifici realizzato a Chicago. Come membro del R. Istituto lombardo di scienze e lettere dal 1863 partecipò a commissioni per premi e com pilò le relazioni sui progetti prescelti, dando anche per questa via un ulteriore impulso a ricerche originali, come quelle sui revolvers, cui dedicò i suoi primi rendiconti.

Il C. raggiunse vasta popolarità dal 1868 con le conferenze serali presso la Società di incoraggiamento: rimase famosa quella sul moto perpetuo del 1873. Proseguiva intanto i corsi serali.

Dal 1868 al 1870 alternò lezioni di cinematica (con esempi sulle applicazioni all'orologeria e agli strumenti di precisione e di misura) a lezioni sulle ferrovie (spiegazione del materiale. fisso e mobile) e sui processi di filatura nell'industria tessile, cui facevano seguito i consueti corsi sulla termodinamica. Nel, 1876-77 concluse il corso parlando delle macchine impiegate nell'economia domestica e illustrando nuovi modelli. Nel 1874, autodidatta nello studio delle lingue, aveva tradotto dal tedesco per l'editore Hoepli i Principi fondamentali di una teoria generale delle macchine di F. Reuleux, destinati a rivoluzionare l'indirizzo e i metodi della cinematica. L'anno seguente, e ancora nel 1877, ne spiegava i fondamenti agli studenti della Società. Riscosse i consensi più vivi con le tre conferenze, rimaste famose, del 1877, prime di una serie, in cui illustrava la macchina dinamoelettrica di Gramme e le possibili applicazioni all'illuminazione pubblica e privata, gli esperimenti, fra cui quello dell'anno precedente in piazza del Duomo, e le difficoltà a realizzare impianti effettivamente utilizzabili. Lo stesso anno spiegò i principi base della recente invenzione dei telefono, consapevole dell'eccezionalità della scoperta.Affiancava intanto all'insegnamento popolare un'attività al Politecnico sempre più intensa. Non poté però reggere a lungo, e dal 1875 cedette il corso di conduttura delle acque, cominciando a ridurre le ore degli altri.

Dedicava le lezioni di meccanica del I anno alle motrici idrauliche (in particolare alle turbine), alle macchine idrofore e pneumofore, e alle motrici termiche; quelle per il II anno vertevano solitamente sulla costruzione delle macchine a vapore, con riferimento alle locomotive e alle navi. Per il corso di tecnologie meccaniche era solito illustrare, presto coadiuvato dall'assistente Saldini, i procedimenti della filatura (seta, cotone, lana e altre principali fibre), della tessitura meccanica, della fonderia e lavorazione dei metalli, della macinazione dei cereali e brillatura del riso, della fabbricazione della carta, della stampa. L'interesse didattico fu così dominante da fargli rinunciare nel 1878 all'incarico, offertogli da Q. Sella, di direttore del Museo industriale di Torino. Poteva ormai vedere il Politecnico (eretto, dopo l'istituzione del 1875 del biennio propedeutico, in autonoma facoltà universitaria) divenire un centro propulsore dello sviluppo economico e civile della regione.

Continuò a sollecitare l'interesse dei tecnici e degli industriali sull'impiego delle forze idrauliche e la trasmissione a grandi distanze, sulle ferrovie economiche, o anche, come relatore delle commissioni dell'Istituto lombardo, su temi "minori"; fabbricazione della stagnola, di colle e fertilizzanti artificiali, macchine per cucire, scale di salvataggio, pulitura meccanica dei camini. Nel campo, aeronautico incoraggiò gli studi di E. Forlanini, laureatosi con lui nel 1875 e rimastogli sempre amico, che nel i 877 iniziò i primi esperimenti di volo con un mezzo più pesante dell'aria.

Subito fece conoscere, con conferenze e sulle colonne della Perseveranza, la portata dei risultati, convinto che segnassero una svolta. Nel 1879 una sua relazione all'Istituto lombardo fece assegnare al Forlanini un premio per avere costruito il primo elicottero sollevatosi dal suolo con un motore a vapore. Né fu estranea alla sua costante riflessione sui temi del volo la nomina nel 1872 a membro della commissione per l'edizione del Codice atlantico, di cui illustrò nel Saggio sulle opere di Leonardo da Vinci numerosi disegni di macchine, di cui facevano parte i famosi progetti di ali meccaniche. A questo studio giunse anche preparato da una viva passione per l'arte, di cui in seguito diede prova in altri lavori: consigliere dell'Accademia di Brera e membro della Commissione conservatrice dei monumenti di Lombardia, il C. nel 1881 stese una relazione sul progetto di restauro della chiesa di Santa Maria delle Grazie.

L'opera di questo periodo destinata a procurargli una fama duratura fu tuttavia il Manuale dell'ingegnere, pubblicato a Milano nel giugno 1877 presso Hoepli, in una collana di testi di piccolo formato nata per soddisfare l'interesse scientifico di un largo pubblico.

Il C. si propose di colmare una lacuna della pubblicistica tecnica, fornendo agli studenti ed ai professionisti uno strumento di dati matematici e di tabelle compilato con stile "pressocché telegrafico", sì da condensare in piccolo volume "la più grande quantità possibile" delle nozioni indispensabili "nelle operazioni di un ingegnere". Non si limitò tuttavia ad una "compilazione né a ricalcare analoghi testi stranieri, che pure gli fornirono lo spunto, e vi inserì molti elementi della sua esperienza. Da allora, conosciuto da tutti gli ingegneri come" il Colombo", è diventato il testo base per generazioni di tecnici; ampliato ed aggiornato, ha raggiunto fino ad oggi l'ottantesima edizione, senza contare le traduzioni e i compendi.

Il C. non trascurò i viaggi all'estero, che lo ponevano in contatto con scienziati e industriali di spicco e gli fornivano spunti e suggestioni. Se nel 1873 si era recato a Vienna, dove conobbe il Reuleux e ne acquistò la stima, nel 1876 fu tra i primi visitatori dell'Esposizione per il centenario a Filadelfia e nel '78 visitò l'Esposizione universale di Parigi, di cui fece ampi resoconti nelle conferenze alla Società di incoraggiamento, sulla Nuova Antologia e nel volume La meccanica all'esposizione di Parigi, edito da Hoepli.

Da tempo il C. si era più direttamente inserito nelle vicende dell'imprenditorialità lombarda. Nel 1870 aveva consigliato G. B. Pirelli, appena laureato, a recarsi in Germania, Belgio e Francia per studiare l'industria della gomma; l'anno successivo, quando quegli pensava all'industria serica, gli prospettava le possibilità del nuovo settore. L'appoggio del C. poi fu decisivo nel procurargli i finanziamenti nel 1872, quando Pirelli fondò la prima società in Italia per la fabbricazione di prodotti derivati dalla gomma, cui il C. stesso partecipò come socio accomandante, entrando nel primo Consiglio di vigilanza (e restando poi tra i sindaci). Altrettanto decisivo per l'industrializzazione lombarda fu il sodalizio con il cotoniere E. Cantoni. che nel 1872 trasformò la propria ditta nella Società anonima cotonificio Cantoni, di cui il C. sottoscrisse una quota del capitale. Nello stesso periodo infatti fondava quella ditta Cantoni, Colombo, Mackenzie e C. per la progettazione di stabilimenti e l'importazione di macchine dall'estero, che fornì i primi impianti moderni, oltre che al cotonificio, a numerose aziende, dando un impulso alla, ripresa economica dell'inizio del decennio.

Il C. progettò allora stabilimenti metallurgici per la lavorazione dei cascami di seta, tessiture, filande, mulini, cartiere, impianti di turbine idrauliche e caldaie a vapore. L'ufficio di ingegneria industriale assunse la rappresentanza delle più rinomate ditte straniere, facendone conoscere i macchinari: dai più vari tipi di motrici a vapore, a impianti per tintoria., per fabbricazione della carta, per lavorazione del legno; dai lavori metallici per decorazione alle istallazioni igieniche; dagli attrezzi agricoli meccanici agli utensili per l'industria alimentare; dai misuratori per il gas alle macchine per la lavorazione della gomma; dalle pompe aspiranti o centrifughe alle cinghie di trasmissione; e ancora locomobili, singoli pezzi di ricambio, cementi isolanti.

Dal 1871 al 1877 la ditta pubblicò il mensile L'Industriale, che alternava la pubblicità dei prodotti ad articoli tecnici e di informazione. Alla rivista il C. collaborò con saggi come quello sulle turbine del 1872; col 1875 ne assunse la direzione, interessato più agli aspetti scientifici e di promozione che a quelli economici, pubblicando altri saggi sulle macchine a vapore ad alta pressione e sulla distribuzione a cassetta.

Nel 1871 era stato relatore sulla secoiida sezione della Esposizione industriale di Milano, dedicata agli apparecchi di riscaldamento e di illuminazione, e presidente di commissione per la terza, dedicata alla lavorazione dei metalli. Nel 1881 fu fra i promotori della successiva Esposizione, di cui curò con G. Ponzio e C. Saldini la sezione dedicata alle macchine, e che gli fornì l'occasione di riflessioni sull'economia italiana pubblicate nella Nuova Antologia e nel volume sulla manifestazione curato con gli allievi.

L'Esposizione era il coronamento di un ventennio di sforzi per promuovere il progresso industriale. Il C. poteva ora constatare il diffondersi e il consolidarsi dell'industria meccanica in vaste aree, specie del nord, e in settori sempre più differenziati, e rivendicare il ruolo decisivo del Politecnico milanese. Il confronto con i paesi stranieri acuiva la sua attenzione per gli aspetti tipici della società italiana, e lo induceva a preconizzare un tipo di sviluppo industriale in cui le eredità storiche dei paese costituissero le condizioni per una crescita meno traumatica di quella realizzata altrove: uno sviluppo economico fondato sulla piccola industria diffusa, che consentisse una più armonica integrazione con l'agricoltura, temperasse le tendenze all'urbanizzazione di grossi nuclei di un proletariato sradicato, In questa prospettiva, suggerita da preoccupazioni per l'ordine sociale vive fin dai suoi primi viaggi all'estero, quando denunciava i pericoli di forti organizzazioni operaie di resistenza, confluivano ideali di decoro urbano, le antiche speranze di poter formare operai-tecnici abili e colti, gli sforzi di anni per affrontare il problema delle forze motrici. Nel saggio su Milano industriale, pubblicato nel 1881, sottolineava infatti la presenza di una maggioranza di piccole manifatture domestiche per la fabbricazione di oggetti di lusso, atte a soddisfare i bisogni di un più largo benessere e ad alimentare la produzione delle grandi fabbriche: ne prevedeva e auspicava la sopravvivenza, poiché gli parevano consentire uno sviluppo fondato su fattori tipici della cultura italiana quali il buon gusto, su uno scarso consumo di forza motrice, e su un largo impiego di manodopera anche qualificata.

Alla Mostra. internazionale dell'elettricità, tenutasi a Parigi nel 1881, il C. fu colpito, nella sezione curata da T. Edison, da una macchina dinamo elettrica che alimentava numerose lampade. Comprese subito le potenzialità dell'impianto, che garantiva non solo continuità e stabilità di luce, ma soprattutto la possibilità di trasferirla a distanza e utilizzarla quindi su basi industriali. Acquistò una dinamo e altri macchinari e, ritornato a Milano, interessò al suo progetto un gruppo di banchieri, fra cui E. Rava e G. Crespi, con cui istituì un Comitato per le applicazioni dell'elettricità sistema Edison in Italia.

La sera dell'11 febbr. 1881 compì una prova di illuminazione; il 10 luglio stipulò con il rappresentante della Compagnie Continentale Edison il contratto di esclusiva per l'Italia, e subito dopo acquistò lo stabile del vecchio teatro di via Santa Radegonda, che fu la prima centrale elettrica d'Europa. Per acquistare altre due grosse dinamo si imbarcò il 15 agosto per New York, dove poté conoscere Edison, visitare il suo laboratorio di Menlo Park ed assistere, in settembre, all'inaugurazione della prima centrale americana. Lo segui al suo rientro J. W. Lieb, che studiò il progetto per Milano e a cui il C. affiancò altri tecnici italiani, fra cui il futuro direttore A. Bertini e L. De Andreis: poté così effettuare la prima distribuzione di luce ad alcuni negozi di piazza del Duomo il 28 giugno 1883, e nel luglio inaugurare l'illuminazione dei teatro Manzoni. Con l'ampliamento a sei gruppi generatori completò il 26 dicembre quella della Scala, mentre costruiva una prima rete di distribuzione nelle vie adiacenti alla centrale che riforniva principalmente negozi e pubblici esercizi.

Il 16 genn. 1884, sciolto il Comitato, fu costituita la Società generale italiana di elettricità sistema Edison, presieduta da E. Rava, con capitale di 3.000.000 suddiviso in 12.000 azioni da 250 lire; sottoscrissero la Compagnie Continentale, istituti di credito fra cui la Banca generale di Roma, la Banca del credito italiano, il Credito lombardo, la Banca di Milano, il Banco di Roma, e molti privati fra cui C. Erba, F. Buzzi, P. Cavalieri, A. Villa e lo stesso C. per 54.000 lire. Nominato amministratore delegato, con l'emolumento annuo di 12.000 lire, mantenne la carica fino all'8 maggio 1891.

Alle diffidenze verso la nuova illuminazione doveva contrapporre continuità e qualità del servizio: seguiva perciò direttamente gli impianti e il personale, di cui curava la preparazione, e procedeva nell'ampliamento della rete con cauti esperimenti. Fu coinvolto in polemiche giornalistiche e cause giudiziarie dai proprietari degli stabili adiacenti e dalla cittadinanza per temuti danni della centrale ai monumenti pubblici, agli edifici e alla quiete. Il maggior ostacolo era la concorrenza della società Union des Gaz, concessionaria dell'illuminazione pubblica di Milano, chè ridusse dal 1884 le tariffe e iniziò una controversia col Comune sul contratto del 1865, rivendicando la prelazione in caso di adozione dell'illuminazione elettrica. Nel primo anno, chiuso in passivo, le difficoltà finanziarie impedirono al C. l'acquisto del Tecnomasio che doveva evitare l'importazione di materiale elettrico e permettere di ampliare le istallazioni isolate (72 alla fine dell'anno). Dopo i primi impianti fuori città in edifici pubblici e in opifici industriali (fra cui il cotonificio Crespi di Vaprio d'Adda, lo stabilimento Ponti di Solbiate e la ditta Cavalieri di Bologna), su piroscafi privati, e aver ricevuto le prime ordinazioni dalla marina mercantile, il C. puntava infatti su questi tipo di affari. Contava inoltre di assicurarsi l'illuminazione pubblica di grandi città, fra cui Torino, per cui trattò invano nel 1885, e Venezia nel 1887, con risultati anch'essi negativi.

Miglior esito ebbero le trattative coi Comune di Milano - cui attribuiva particolare importanza per le prospettive del piano regolatore-, che nel 1885 affidò alla Edison un esperimento di illuminazione con lampade ad arco Siemens in piazza del Duomo e nelle vicinanze. Perciò il C. non trascurò di assicurare alla società nuove e importanti macchine. Nel 1885 si recò a Budapest per accordarsi con la casa Ganz circa lo sfruttamento del brevetto Zipernowski-Déry, che consentiva il trasporto dell'energia a distanza; ottenutane fa rappresentanza nel 1886, realizzò l'illuminazione del teatro Dal Verme e progettò quella di una zona lontana dalla centrale. Nel 1885 inoltre contattò la casa americana Thomson-Houston per la concessione di un sistema a lampade ad arco in serie alimentate con generatori a corrente d'intensità costante, adottato quando, per la rinuncia nel dicembre 1887 della Union des Gaz al diritto di prelazione, la Edison stipulò una convenzione di cinque anni per l'illuminazione pubblica di Milano. Il C. poté così registrare un miglioramento finanziario della società. che consentì l'aumento del dividendo dalle 4 lire del 1886 alle io del 1888. Poté soprattutto vantare un'estensione progressiva della rete, una delle più vaste e "meglio riuscite" d'Europa, in numerosi quartieri anche periferici, e un aumento dei motori elettrici domestici.

Meno brillanti gli affari con gli impianti isolati; nondimento poté assicurare alla Edison importanti istallazioni industriali, alla Breda e alla Miani, per gli arsenali di La Spezia e di Taranto, per i piroscafi della Società generale di navigazione. Anche quando per gli impegni politici delegò nel 1887 al Bertini numerosi compiti tecnici, continuò a trattare personalmente i maggiori affari: particolarmente impegnativi i rapporti con la Compagnie continentale, con cui negoziò a lungo e invano nel 1886 modifiche nel contratto in vista di un aumento di capitale. Più fruttuoso fu il viaggio a Bruxelles del 1887, per studiare i sistemi di trazione elettrica dei tram, in seguito al quale tentò sperimentazioni e avviò contatti con la Società degli omnibus.

Nel 1889 ottenne dal municipio di Cuneo una concessione idraulica e la gestione della centrale idroelettrica per l'illuminazione della città. Sfuggita nuovamente la concessione dell'illuminazione pubblica di Torino, ebbe successi eseguendo impianti per conto di altre società, come a Livorno nel 1888, a Siracusa, Pordenone, Parma, Arona, Alzano Maggiore nell'89, e si prodigò per stringere contatti con altre aziende con cui realizzare lavori anche per singoli edifici pubblici, come a Napoli. Così a Venezia nel 1889 promosse la fondazione della Società per l'illuminazione elettrica, che gestiva il settore privato, cui la Edison partecipò con metà del capitale iniziale e del cui consiglio d'amministrazione divenne membro. Per fronteggiare nuovi impegni e la concorrenza caldeggiò un accordo con la Allgemeine Deutsche Electricitaet Gesellschaft di Berlino e con le officine Oerlikon di Zurigo, osteggiato da altri membri del consiglio, timorosi per l'indipendenza della Edison. Si giunse però ad. attuare nel 1889 un aumento di capitale da 3 a 6.000.000, poiché era già stato acquistato il terreno in via G. B. Vico a Milano per una nuova centrale, e il C. poté concludere l'acquisto di uno stabilimento per fabbricare accessori e lampade, già della ditta Rivolta, e in produzione dal 1890.

In una conferenza tenuta il 21 ap r. 1890 al Circolo filologico e pubblicata dalla Perseveranza, il C. annunciava prossima la possibilità di realizzare il suo annoso progetto di trasmettere elettricamente a grandissima distanza la forza motrice idraulica, illustrava le realizzazioni già compiute in Italia e all'estero, prevedeva uno sviluppo economico non più ostacolato dal problema del combustibile. In effetti sul finire del 1889 aveva sottoposto alla Edison i calcoli sulla forza idraulica dell'Adda alle rapide di Paderno, aveva ottenuto nel 1890 la concessione dal ministero, e preso contatto con gli ingegneri E. Carli e P. Milani, autori di un primo progetto. Dovette però affrontare la diffidenza dei consiglieri verso una impresa costosa e non di immediato reddito, i problemi tecnici non ancora risolti, gli ostacoli del ministero che esigeva l'inizio dei lavori e dei concorrenti che aspiravano alla concessione. Ma ormai nel 1891 l'azienda versava in difficoltà finanziarie per l'aumento dei costi del carbone, per la crisi industriale che faceva crollare gli utili degli impianti isolati, per la ancora scarsa diffusione dell'illuminazione privata a Milano. Quando il C. si dimise da amministratore delegato per diventare ministro, la crisi era irreversibile: nel dicembre 1892 si sarebbe ridotto il capitale a 3.600.000, svalutando le azioni a lire 150.

Negli anni di più intensa iniziativa imprenditoriale il C. esercitò un ruolo di primo piano anche come pubblico amministratore. Eletto la prima volta consigliere comunale il 19 giugno 1881 nel circondario interno, con 2.184 voti, da allora partecipò assiduamente alle sedute, non ripresentandosi più solo con le elezioni del 10 nov. 1889.

Se talvolta trattò questioni direttamente connesse con la sua attività industriale 0 vantaggi dell'illuminazione elettrica, specie per ragioni di sicurezza, come il 12 genn. 1882 e il 27 ag. 1883), si occupò di solito di altri problemi. Intervenne sulla scuola, interessandosi anche dell'insegnamento della matematica nella elementare e delle lingue straniere nella superiore femminile. Si Occupò, il 28 dic. 1881 e il 29 dic. 1883, di un regolamento edilizio per prevenire le frequenti. disgrazie nei cantieri, esprimendo perplessità su una regolamentazione troppo rigida ma richiedendo una vigilanza competente del Comune, e il 3 genn. 1884 fece parte della relativa commissione. Seguì i problemi della rapida crescita della città, pronto a difendere la libertà degli imprenditori, ma intransigente circa le responsabilità della pubblica amministrazione. Di rilievo la questione dell'Ufficio tecnico municipale (7 ott. 1884, 20 e 21 apr. 1885): al progetto della Giunta contrapponeva la proposta di sottoporre l'Ufficio ad un unico ingegnere versatile e di vasta esperienza, coadiuvato da tecnici capaci, per ridurre al minimo il ricorso all'ingegneria privata. In occasione dell'importante discussione del 1884 sui controversi progetti di raggruppamento delle linee ferroviarie italiane, di cui si era occupato per conto dell'Associazione costituzionale, appoggiò gli argomenti della maggioranza per una divisione trasversale delle ferrovie; espose però i vantaggi della soluzione longitudinale per le province meridionali e avanzò proposte di compromesso. Persuaso che a Milano dovesse essere riservato un ruolo di centro commerciale internazionale piuttosto che di sede della grande industria, si preoccupò di assicurarle un assetto adeguato esteticamente. Prospettò perciò l'espansione urbanistica e la costruzione di nuovi quartieri signorili nella zona tra Foro Bonaparte e Porta Magenta, comprendente la vecchia piazza d'Armi, e partecipò all'apposita commissione nominata il 25 apr. 1884; il 9 marzo 1885 - era stato rieletto con 6.182 voti l'11 gennaio - venne scelto come membro della commissione per il nuovo piano regolatore. La relazione sul progetto Beruto, che accoglieva in parte i suoi criteri, presentata l'8 genn. 1886 e vivacemente discussa, fu difesa dal C., che pure dissentiva sulla sistemazione di piazza del Duomo e che intervenne sullo scorporo dei quartieri periferici, sul regolamento per le costruzioni di Foro Bonaparte e, in più occasioni, sugli oneri ai proprietari fondiari. Appoggiò la richiesta di una commissione per lo studio di un sistema generale di fognature (di cui fece parte dal 13 genn. 1886) e propose di attivare la conduttura dell'acqua potabile; ancora nel marzo 1887 sostenne che il Comune, per evitare monopoli, dovesse intervenire direttamente nella costruzione delle condotte. Interessato alla sistemazione delle acque anche in vista dell'approvvigionamento di forza motrice, si impegnò nella commissione che il 31 marzo 1886 presentò il progetto, accolto dal Consiglio, di sopprimere la navigazione nella Fossa interna e di trasportarla in un canale lungo la futura via di circonvallazione. Fu membro di altre commissioni: quella per l'ospedale dei contagiosi, dal 7 ott. 1883; quella per il dazio consumo, dal 14 luglio 1886; quella per l'ordinamento dell'istruzione superiore, dal 30 dic. 1887. L'8 marzo 1887, decaduto per sorteggio, fu rieletto con 3.073 voti, ma da allora partecipò meno attivamente ai lavori.Fu eletto al Parlamento dal collegio di Milano il 23 maggio 1886 - con i liberali milanesi già sconfitti alle precedenti elezioni dall'Estrema e divisi nell'appoggio al ministero Depretis - col sostegno compatto dei costituzionali sia del Circolo popolare che dell'Associazione costituzionale, dell'Associazione per gli interessi economici, del Circolo operaio Ordine e Progresso e del Circolo operaio nazionale, unico deputato della minoranza moderata, sopravanzando con i suoi 7887 voti l'uscente C. Correnti.

Esordì il 7 dic. 1886, nella discussione sul bilancio della Pubblica Istruzione, con un discorso sull'insegnamento tecnicodi cui ricordava l'importanza per l'economia italiana e denunciava l'inadeguatezza. Ben presto si qualificò come esperto di questioni finanziarie, con l'intervento del 26 genn. 1887sul bilancio dei Lavori Pubblici e quello del 27 maggio per posporre la discussione sui provvedimenti militari a quella finanziaria. Avviòcosì un'ampia critica della politica fiscale dei governi di Sinistra, nucleo dei suoi orientamenti politici successivi.

Da allora denunciò gli eccessivi carichi fiscali sulla terra, sui fabbricati, sulla ricchezza mobile, ostacoli insormontabili per lo sviluppo delle attività produttive, e imputò alla crescita della spesa per gli armamenti e i lavori pubblici, e al conseguente disavanzo statale, le principali difficoltà dell'economia, prima fra tutte la scarsa accumulazione di capitale per investimenti non speculativi. All'indirizzo di A. Magliani contrappose ripetutamente una politica di riduzione della spesa; auspicò perciò economie nell'amministrazione denunciando, specie nel discorso del 3 febbr. 1888, l'estensione della burocrazia statale e chiese una sosta nei lavori pubblici.

Fu indotto così a interessarsi della questione militare e anche di politica estera: benché favorevole a un'espansione coloniale che favorisse le attività produttive, con l'intervento del 17 giugno 1887 il C. criticò le scelte del governo e la crescita delle spese militari. Appoggiò invece la svolta protezionista, criticando però i dazi sulle ghise e sui rottami di ferro, nocivi per l'industria meccanica, e i dazi puramente fiscali, come quelli sulle esportazioni delle sete e degli zolfi. Da allora, pur auspicando il sostegno dello Stato per l'industria e l'agricoltura, denunciò le sperequazioni e le incongruenze dellalegislazione economica e fiscale.

Criticò, come membro della relativa commissione e poi in aula, nel novembre 1887, anche il disegno di legge sui consorzi d'acqua che favoriva solo talune industrie. Chiese ripetutamente nel 1888 una riforma del regime fiscale sugli spiriti e indagò, come relatore dell'apposita commissione, sulle condizioni di tale industria. Suggerì quindi provvedimenti idonei a razionalizzare non solo la riscossione fiscale, che evitassero sperequazioni, evasioni, contrabbando e frodi al consumatore, ma propose anche sgravi che dessero impulso alle distillerie più competitive: criteri non tutti recepiti nel progetto governativo del giugno, che mirava a sostenere i viticuitori in crisi. Nuove polemiche ebbe nel maggio 1889, come relatore dei bilancio del ministero dell'Agricoltura, dopo aver proposto un a riorganizzazione delle scuole professionali, fra cui quelle agrarie.

Continuò l'opposizione anche quando Crispi sostituì Magliani al dicastero finanziario, divenendo portavoce autorevole di orientamenti diffusi fra i moderati milanesi. Raggiunse un prestigio politico nazionale, tra calorosi consensi e critiche pungenti, col discorso del 6 genn. 1889e ancor più, con quello del 23 febbr. 1890, tenuti a Milano presso la Società permanente di Belle arti, con cui propose il programma per un partito conservatore moderno.

Intorno al nucleo della polemica antifiscale, sorretta da una analisi puntuale della crisi economica in atto e delle sue conseguenze sociali, egli articolava considerazioni sul ruolo dello Stato liberale nei tempi nuovi, approdando a richieste di riforme radicali: nel campo amministrativo auspicava un ampio decentramento contro il burocratismo autoritario; nel campo militare ribadiva la richiesta di economia anche mediante la soppressione di due corpi dell'esercito. Finiva col porre in discussione gli indirizzi di politica estera, con cenni di rammarico per i vincoli contratti con la Triplice alleanza; benché concludesse che la scelta era irreversibile, la sua proposta di una politica internazionale di raccoglimento, proporzionata alle risorse dei paese, rappresentò un punto di riferimento per quanti osteggiavano l'espansionismo crispino.

In effetti certi suoi interventi delineavano concetti e programmi di governo alternativi. Criticò così la riforma dell'elettorato amministrativo, nel luglio 1888, paventando il predominio di una sola classe e lo scadimento della politica locale. Denunciò i pericoli di un progressivo intervento dello Stato nella vita economica: il 21 maggio 1889, a proposito della regolamentazione del lavoro dei fanciulli, si oppose a privare l'industria di una essenziale manodopera a buon mercato; il 27 giugno 1890, in occasione della discussione sul servizio telegrafico (era stato relatore l'anno precedente), intervenne contro la gestione diretta dello Stato. Pur mantenendo riserve insuperabili sulle linee di fondo della politica interna, appoggio invece Crispi, dopo averlo esortato a prevenire la degenerazione degli scioperi in disordini e violenze, quando questi, nel maggio 1890, sciolse un congresso democratico. Era una cauta apertura, confermata nelle elezioni politiche del novembre 1890, particolarmente difficili a Milano, dove il governo si impegnò col concorso di tutti i costituzionali per strappare due collegi cittadini ai radicali. Il C. riuscì primo fra gli eletti, ritrovandosi di nuovo al centro dell'attenzione: il 15 dicembre presentò un'interpellanza a sostegno dell'industria meccanica in crisi, e la illustrò il 21 genn. 1891 con l'auspicio di una revisione delle tariffe doganali e con la richiesta di riservare alle aziende nazionali le commesse ferroviarie.

Caduto Crispi, fu nominato ministro delle finanze nel gabinetto Rudinì, che si presentò alla Camera il 14 febbr. 1891 e riscosse ampia fiducia con un programma di economie e l'impegno del pareggio, comprese le spese ferroviarie, senza nuove tasse. Ben presto però il C. dovette affrontare situazioni complesse e compiti imprevisti. Subito sì sforzò di realizzare economie nel suo ministero con provvedimenti come quello, presentato il 28 maggio, sugli emolumenti dei conservatori delle ipoteche, che in seguito si arenò.

Ripetutamente fedele ai suoi criteri, si propose di riformare la riscossione di talune imposte, per incrementarne il gettito ma anche per favorire la produzione o la modernizzazione di taluni settori. Così, a proposito dell'amministrazione dei tabacchi, propose studi e iniziative per migliorarne la coltivazione. Col progetto di modifica alla tariffa doganale sugli oli minerali, completato il 14 aprile, mirava non solo ad aumentare le entrate fiscali ma ad evitare frodi al consumatore. Non evitò tuttavia l'accusa di aver introdotto in realtà nuovi oneri. ripetuta anche a proposito del progetto di riforma sulle polveri piriche, che pure introduceva un più uniforme e sicuro accertamento.

Ad alleggerire la pressione tributaria tentò ogni mezzo per allargare i proventi dell'erario con le economie e le riforme nei metodi di riscossione. Col provvedimento del 15 maggio 1891, ampliato in commissione, modificò la legge sull'alienazione dei beni demaniali per facilitarne la vendita o la permuta. Finalità più ampie si proponeva col progetto del 25 novembre sull'affrancamento dei censi, canoni, livelli e altre prestazioni allo Stato: si trattava non solo di liberare l'amministrazione dagli oneri di gestione e di consentirle la realizzazione del capitale, ma di concedere riscatti accessibili ai proprietari meno agiati. Il problema complesso degli oneri gravanti sulla piccola proprietà fondiaria fu affrontato nel disegno di legge sui beni devoluti, che propose di cedere ai Comuni mentre facilitava il riscatto ai contribuenti morosi. Con questi, e altri disegni di legge minori, sul lotto, sulla vigilanza al confine e sull'ordinamento delle guardie doganali, sui magazzini di rivendita dei generi di privativa, il C. intendeva contribuire con 8.000.000 al pareggio e preparare le condizioni per effettive riforme. Ma sul finire dell'anno i proventi dei principali cespiti risultarono inferiori alle previsionì, e per far fronte al persistente disavanzo il C. fece ricorso a nuovi inasprimenti fiscali (22 novembre).

Difese la decisione dalle aspre critiche, illustrando le modifiche tecniche che aveva introdotto nella riscossione, come nel caso del regime doganale degli zuccheri e delle tare, per impedire le frodi. Alcuni aumenti di dazi di confine, sugli zuccheri o sugli oli di semi, le modifiche alla tassa sugli spiriti, aumentavano la protezione sulla produzione nazionale o colpivano prodotti, come i coloniali e la birra, destinati a un consumo ristretto. Con tali argomenti respinse le accuse di aver gravato su alcuni consumi popolari, come il petrolio, facendo così approvare il progetto. Analoghe resistenze incontrò per gli altri provvedimenti del 25 novembre, che riguardavano gli atti giudiziari e i servizi di cancellefia, le concessioni governative e i conservatori delle ipoteche, gli stipendi, pensioni e assegni pagati dallo Stato: fu approvato solo il progetto che richiamava in vigore le tasse giudiziarie e regolava l'uso della carta da bollo. Assicurava invece maggior protezione a talune industrie prima sacrificate la proposta di modifica alla tariffa generale dei dazi doganali; ne beneficiavano. alcuni settori tessili e meccanici, quello della gomma, e alcuni prodotti agricoli, come la segale e lo strutto. Il progetto rese più gravi le riserve verso il governo dei liberisti, che richiedevano invece una diminuzione del dazio sul grano: in Parlamento, il 18 dicembre, il C. ne difese la funzione insostituibile per tutelare la produzione agricola e l'occupazione, per consentire un ammodernamento delle culture granarie che riducesse il disavanzo della bilancia commerciale.

Il C. non sottovalutava le difficoltà che la crisi economica opponeva alla sua politica finanziaria. Sollecitava perciò anche una riforma della finanza locale, secondo criteri in parte recepiti nei provvedimenti del miniàtro dell'Interno Nicotera, del 14 genn. 1892, e nel progetto per Napoli del 28maggio. I primi prevedevano un'estensione dei compiti dell'autorità tutoria, per limitare gli "effetti oppressivi degli elevati dazi comunali", ma anche una riduzione delle spese nel settore dell'igiene, dei lavori pubblici, della scuola e delle pensioni.

Il 31 marzo 1892, nonostante le difficoltà di bilancio, presentò il progetto da tempo annunciato che aboliva il dazio di uscita sulle sete gregge. Ma ormai i contrasti nel gabinetto sulla politica fiscale erano arrivati a un punto di rottura. Allorché il ministro della Guerra L. Pelloux, sollecitato a nuove economie, ne dimostrò l'impossibilità e propose invece una tassa militare, ottenendo l'appoggio del sovrano, il C. rifiutò di imporre nuovi tributi, persuaso della necessità di limitare le spese con una radicale riforma dell'esercito, e rassegnò le dimissioni il 4 maggio. Queste furono annunciate alla Camera il 14 dal governo, che subito venne battuto; la vicenda lasciò uno strascico di polemiche sulla questione militare che lo coinvolsero a lungo.

D'altra parte il C. doveva affrontare altre difficoltà legate all'approvazione dei trattati commerciali. Aveva avuto una parte di rilievo nella stipulazione (6 dic. 1591) dei nuovi trattati con l'Austria-Ungheria e la Germania: agevolazioni alle esportazioni agricole italiane, specie vinicole, in cambio della riduzione dei dazi d'entrata su alcuni prodotti industriali, tessili e meccanici, che suscitarono malcontento. Nei successivi accordi commerciali con la Svizzera (19 apr. 1892)si era adoperato per ridurre le concessioni sui dazi d'entrata, che colpivano soprattutto l'industria cotoniera e meccanica, ma non aveva potuto evitare le polemiche degli imprenditori.

Salito al potere Giolitti, il C. dapprima si sforzò di frenare i moderati milanesi più avversi al governo, specie in occasione delle elezioni del novembre 1892, in cui fu rieletto. Ma subito riprese l'opposizione alla politica finanziaria del nuovo ministero - come membro della commissione generale del bilancio - inadeguata a suo avviso a fronteggiare il disavanzo.

Dal maggio 1893 partecipò alla discussione sul progetto per le pensioni civili e militari, proponendone il rigetto. Nucleo della sua battaglia divenne però la questione delle economie militari. Convinto della necessità di non indebolire la difesa nazionale e dell'improponibilità dell'abolizione di due corpi d'armata, nel giugno '93ripropose tina riforma dell'esercito fondata sulla riduzione della ferma e sul migliore addestramento e trattamento economico dei quadri.

Ritornato Crispi alla guida del governo il 15 dic. 1891, il C., decaduto dal mandato come deputato-professore nel marzo 1894 e subito rieletto, continuò ad opporsi alle imposte proposte da S. Sonnino (poi, nel successivo gabinetto Crispi del 14 giugno 1894, da P. Boselli) dimostrando la possibilità di ridurre le spese dell'a mministrazione, dell'esercito e anche dell'istruzione superiore. La sua denuncia dell'espansionismo in Africa, la sua proposta di una politica estera di raccoglimento e di amicizia con tutte le nazioni, se suscitavano preoccupazioni fra molti costituzionali, incontravano successo a, Milano, anche fra i democratici e i socialisti, e fecero di lui un leader fra i più autorevoli. Benché non partecipasse alla campagna per la "questione morale", fu fra i deputati che il 16 dic. 1894 si riunirono nella Sala rossa della Camera per protestare contro la proroga della sessione parlamentare. Da allora, nel corso del 1895, alla polemica contro la politica africana affiancò quella contro i metodi del governo, accusato di violare i diritti del Parlamento. La sua rielezione nel II collegio di Milano, il 26 maggio 1895, sancì l'irriducibile opposizione contro Crispi dei moderati milanesi.

Caduto Crispi, il C. fu al centro delle trattative per il nuovo governo e fu nominato ministro del Tesoro nel gabinetto Rudinì del 10 marzo 1896. Dovette subito far fronte alle spese straordinarie per la guerra coloniale, e propose di far ricorso all'emissione di un consolidato al 4,5%. Approvato dal Parlamento un nuovo prestito di 132.000.000, il C., dando atto al predecessore Sonnino dei buoni risultati conseguiti, annunciava una situazione finanziaria abbastanza tranquillizzante. In effetti, sistemato in marzo e aprile il quadro finanziario dei singoli ministeri con corrispettive riduzioni per le spese impreviste, poté liquidare le spese per l'Africa col progetto, del 30, maggio 1896, di pensioni alle famiglie dei caduti. Contemporaneamente affrontò spese notevoli e importanti riforme nel settore dei lavori pubblici: benché, con un progetto del 19 marzo, il ministero proponesse una sosta nella prosecuzione dei lavori stradali, in altri casi acconsentì invece a spese anche rilevanti.

Propose infatti stanziamenti per tronchi di ferrovie meridionali e affrontò la definitiva sistemazione dei fondi di riserva e delle casse per gli aumenti patrimoniali, destinate alla manutenzione e al rinnovamento delle reti ferroviarie: provvedimento modificato in parte dalla Giunta, che respinse la proposta di un nuovo debito, sostituendovi un aumento di alcune tasse sui trasporti. Si provvide anche, con un progetto del 28aprile, alla riorganizzazione e risanamento degli istituti di previdenza per il personale ferroviario, modificato dalla commissione che introdusse tasse leggermente progressive. Minori resistenze il C. incontrò col progetto del 29maggio, che aumentava il massimo della sovvenzione governativa alle ferrovie costruite dai privati, per favorire il completamento di linee secondarie specie nel Mezzogiorno; o con quello che prevedeva i ribassi di alcune tariffe per favorire il commercio di merci povere, dei prodotti agricoli meridionali e dei combustibili.

Riuscì a presentare proposte che gli stavano particolarmente a cuore, come quella del consorzio per il porto di Genova. Il 29 maggio 1896 fu presentato alla Camera il trattato con la Svizzera per la costruzione di una linea ferroviaria attraverso il Sempione: il C., che nel 1894 come perito del Consiglio federale elvetico aveva studiato il progetto, si prodigò per la costruzione dei tronchi di raccordo italiani.

La questione delle spese militari incrinò nuovamente il gabinetto. Il ministro della Guerra Ricotti presentò in giugno un progetto che consentiva economie mediante la riduzione delle unità elementari dell'esercito: approvato dal Senato, il disegno incontrò l'opposizione del sovrano. Dimessosi allora Ricotti, l'11 luglio furono presentate le dimissioni del governo. Il C., che aveva secondato il ministro, fu sostituito nel successivo governo Rudinì da L. Luzzati.

Rieletto deputato nel II collegio di Milano nel luglio 1897, dopo un periodo di silenzio divenne il leader della Destra dissidente, composta prevalentemente da lombardi, gruppo sempre più ostile al govemo.

Il C. qualificò la sua opposizione non solo riaprendo, la discussione sulle spese militari, ma anche con altre prese di posizione. Il 21maggio presentò una mozione con cui invitava all'abbandono dell'Eritrea: pericolosa un'occupazione circoscritta, e infruttuosa economicamente la zona occupata. Invitato a ritornare al governo, quando Rudini compose un nuovo ministero con Zanardelli nel dicembre 1897, ne criticò l'eterogeneità politica e l'incertezza nel programmi, e strinse.rapporti con Sonnino. Nella discussione del febbraio 1898 sull'istituzione di una Cassa di credito comunale e provinciale, il C. si pronunciò contro la municipalizzazione" dei servizi di carattere industriale; poco dopo, l'8marzo, osteggiò il progetto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, oneroso per gli industriali.

Dopo i moti di Milano, con un discorso all'Associazione costituzionale del 17 maggio denunciò le responsabilità delle classi dirigenti incapaci di rimuovere le cause del malessere sociale, e giudicò perciò odiosa la repressione. La vasta eco e il plauso dei democratici non incrinavanoperò i suoi orientamenti sull'ordine. Quando infatti Pelloux sostituì Rudinì a capo del governo (29 giugno 1898) il C. approvò i provvedimenti urgenti e venne eletto il 17 novembre vicepresidente della Camera. Il 22 febbr. 1899 approvò il disegno di legge sulla pubblica sicurezza e sulla stampa. Tenne intanto contatti sempre più stretti con Sonnino ed ebbe parte nella formazione del secondo governo Pelloux (14 maggio 1899), orientato in senso conservatore, nonostante le divergenze sulla politica estera. Il 28 giugno, dopo il decreto-legge del governo con disposizioni ancor più restrittive per evitare l'ostruzionismo che bloccava il precedente disegno di legge, il C. denunciò l'oltraggio al, Parlamento, ma confermò la fiducia.

Presidente della Camera il 15 nov. 1899, con soli 198 voti contro 179, avendo Pelloux ripresentato col nuovo anno le leggi eccezionali, il C. dovette affrontare l'ostruzionismo dell'Estrema.

Poiché questo proseguiva dopo il 22 marzo 1900 contro la mozione Cambray-Digny, che proponeva di affidare alla commissione modifiche restrittive al regolamento della Camera, il C. ripetutamente nei giorni successivi tolse la parola a taluni deputati e sciolse la seduta, divenendo il bersaglio dei democratici. Intervenne, il 29marzo, Pelloux per troncare la discussione e annunciare la votazione sul regolamento: il C. fece votare di sorpresa le dichiarazioni del presidente del Consiglio, che vennero approvate fra i clamori e i tumulti dell'opposizione. Il giorno successivo le grida e le manifestazioni contro di lui impedirono l'inizio dei lavori: il C. allora sciolse la seduta e rassegnò le dimissioni.

Rieletto il 2 apr. 1900 con 265 voti, propose invano a Sonnino di trattare con gli oppositori; ma quando questi, il 3 aprile, abbandonarono l'aula, fece votare le modifiche al regolamento, approvate senza discussioni. Al centro delle polemiche più aspre, era consapevole della gravità della crisi costituzionale e incerto sull'applicabilità dei nuovo regolamento. Alla riapertura della Camera il 15 marzo tentò ancora l'apertura a un compromesso di Giolitti; rifiutato questo da Pelloux, dovette affrontare nuovi tumulti. Troncati i lavori per le manifestazioni dell'Estrema, si rese inevitabile lo scioglimento del Parlamento. Benché sostenuto da tutti i liberali milanesi, nelle elezioni del 3 giugno il C. fu sconfitto nel II collegio dal socialista L. Majno. La vicenda lasciò in lui amarezza e diffidenza per la lotta politica.

Nell'ultimo decennio non aveva lasciato l'attività di insegnante e di industriale. Appena libero dagli impegni parlamentari proseguiva al Politecnico a titolo gratuito i corsi di meccanica industriale e disegno delle macchine. Promotore della sezione elettrotecnica, sorta con l'Istituzione C. Erba e grazie al contributo di industriali milanesi, dal 1889 vi aveva esteso le sue lezioni. Solo dal 1893 diminuì progressivamente l'impegno didattico, mantenendo parte del corso di meccanica industriale e la direzione del relativo gabinetto. Nel 1897, alla morte del Brioschi, gli successe come direttore del Politecnico e come presidente del Consorzio degli istituti superiori di Milano.

Partecipava anche ai lavori del Collegio degli ingegneri edarchitetti di Milano, a cui aveva collaborato solo sporadicamente in passato, e ne, fu eletto presidente nel 1893 e nel 1897. Nel 1897 fu inoltre vicepresidente della Terni, affrontando il problema dell'approvvigionamento di ghisa nazionale e trattando affari con la Marina e il Comune di Milano; ma si dimise nel novembre 1898 per incompatibilità col mandato parlamentare.

Frattanto la Edison superava, le difficoltà e stipulava nel dicembre 1895, col Comune di Milano, una convenzione ventermale per l'esercizio delle tranivie elettriche cittadine. L'accordo garantiva il collocamento dell'energia dell'impianto di Paderno, la cui costruzione venne subito avviata secondo un nuovo progetto, e impegnava la Società a realizzare la nuova centrale termoelettrica di Porta Volta, iniziata nel 1896. Semplice consigliere, il C. seguì le questioni relative a Paderno e alle tranivie e sì batté per evitare la cessione delle i officine per la fabbricazione di lampade nei momenti di crisi. Quando il nuovo presidente G. Pesaro, nel 1895, avviò contatti con la Allgemeine Electricitaet Gesellschaft per un rifinanziamento, ne segui la parte tecnica. Venne però prescelto, per evitare la dipendenza dal capitale straniero, un gruppo italiano composto dalle banche Commerciale italiana, Zaccaria e Pisa, Feltrinelli, Colombo e C.: l'accordo, stipulato il, 3 dic. 1895, prevedeva un aumento di capitale fino a 9.000.000 con l'emissione di 36.000 azioni da lire 150. Alla morte del Pesaro il C. successe alla presidenza (18 sett. 1896) con una situazione finanziaria radicalmente modificata a nuovi fini statutari. Benché la gestione aniministrativa fosse affidata al consigliere delegato C. Esterle, egli ebbe ancora peso nelle scelte specie di carattere tecnico. Concordato col medesimo gruppo un nuovo aumento di capitale nel 1897, poté realizzare l'annoso progetto con l'inaugurazione (28 sett. 1898) del nuovo impianto, cui venne collegato il servizio tramviario. In soli due anni l'estensione della rete tramviaria, l'avviata elettrificazione delle tramvie interprovinciali e il rapido incremento dell'illuminaziope elettrica garantirono il pieno utilizzo delle centrali. Nel marzo 1901 propose quindi di assicurarsi nuove forze idrauliche e di studiare un nuovo impianto per non lasciare spazio alla concorrenza, ma suscitò resistenze insuperabili in alcuni consiglieri e nel vicepresidente G. Feltrinelli. Continuando la politica avviata nel 1897 con la fondazione della Società monzese di elettricità, la Edison promosse allora un complesso intreccio di partecipazioni in altre imprese, fra cui le società Conti e Forze idrauliche di Trezzo sull'Adda, che le garantirono poi notevoli profitti.

Con la nuova generazione di imprenditori nel settore elettrico formata alla sua scuola il C. si impegnò meno nella gestione, benché fosse diventato tra l'altro consigliere anche di industrie, diverse, come la Società anonima Officine Meccaniche. Nominato senatore l'11 nov. 1900, riprese a occuparsi delle finanze statali come membro della relativa commissione permanente.

Più volte nel 1901 e nel 1902 si pronunciò contro sgravi immediati sui consumi, e ancor più decisamente si oppose il 3 genn. 1902 all'aumento delle imposte dirette e all'introduzione di aliquote progressive, nel timore che compromettessero il nuovo slancio economico. Come relatore su alcuni disegni di legge per la costruzione di tronchi ferroviari e sul porto di Genova nel 1901, nel 1903 e nel 1904, richiamò l'attenzione sull'importanza dei collegamenti con la linea internazionale del Sempione. Come relatore sul bilancio del ministero di Agricoltura, tornò a occuparsi dell'insegnamento universitario e secondario, preoccupato dell'inadeguato reclutamento di tecnici valenti. Fu inoltre membro di diverse altre commissioni: dal 29 nov. 1901 partecipò a quella per la vigilanza sulla circolazione e gli istituti di emissione; dal 18 marzo 1903 esaminò il progetto di una stazione radiotelegrafica.

Si schierò nel 1903 in Senato e sulla stampa contro la municipalizzazione dei pubblici servizi giudicava inadatti gli enti locali a gestire imprese industriali, paventava l'assunzione di personale poco qualificato e la formazione di nuclei operai troppo potenti. Altrettanto decisa fu, lo stesso anno, la sua opposizione. in polemica con F. S. Nitti, alla nazionalizzazione delle forze idrauliche, nel timore di un monopolio esercitato con intenti fiscali anziché con criteri imprenditoriali. Per ragioni analoghe, con la nuova legislatura del 1905, criticò, il riscatto delle ferrovie, che pur finì con l'approvare, mentre l'agitazione del personale lo confermava nei timori per l'ordine pubblico.

Diminuivano invece le sue preoccupazioni per il bilancio dello Stato. Il 30 giugno 1905 votò per la prima volta nuovi stanziamenti per l'esercito, e come relatore sui preventivi del ministero delle Finanze e sul progetto di tassa sulle automobili e i velocipedi, nel giugno 1905 e successivamente fino al 1909, propose alcuni sgravi fiscali su generi di consumo popolare come il petrolio e gli zuccheri, mentre esprimeva riserve sull'abolizione del dazio sulle farine. Sollecitò una riorganizzazione dei servizi tecnici dello Stato, specie nel settore dei monopoli, per uniformarli ai criteri industriali, e denunciò le sperequazioni che colpivano settori produttivi e i nuovi sistemi di trasporto, come la tassa sui fabbricati e sui macchinari, sui vari tipi di illuminazione o sulla benzina.

A Milano intanto proseguiva l'attività al. Politecnico, dove promuoveva e presiedeva la scuola di elettrochimica, fondata nel 1902 col contributo della Cassa di risparmio, e la scuola laboratorio di elettrotecnica per gli operai, istituita lo stesso anno presso la Società umanitaria, e continuava regolarmente i corsi fino al 1911, quando fu nominato professore emerito. Rieletto nel luglio 1904, e riconfermato fino al 1907 presidente del Collegio degli ingegneri ed architetti di Milano, si occupò della loro condizione professionale.

Era in discussione alla Camera il progetto De Seta per l'istituzione dell'Ordine, che suscitava fra i professionisti milanesi aderenti al Collegio timori di restrizioni alla libera attività. Nelle trattative condotte in Parlamento il C. si trovò oppositore isolato contro gli altri Collegi italiani, preoccupati invece di limitare gli abusi; propose perciò solo delle modifiche che consentissero un'applicazione facoltativa del regolamento. Nell'aprile 1906 una commissione del Collegio da lui presieduta compilò una serie di emendamenti, che nuravano a garantire la libertà di lavoro anche ai tecnici non iscritti agli albi e agli architetti diplomati presso le Accadernie di Belle Arti. Infruttuosa la lunga trattativa, e approvato dai colleghi nel 1907 il primitivo progetto, il C. continuò a discutere sulla stampa della formazione professionale degli architetti e dei programmi delle future scuole di architettura. Ancora nel 1908 e nel 1911 sul Corriere della sera e sul Politecnico riproponeva l'ordinamento degli studi di ingegneria in un'epoca di continuo arricchimento e specializzazione delle discipline. Per questa competenza fu nominato il 16 nov. 1911 nel Consiglio superiore dell'Istruzione pubblica e nella relativa giunta. Aveva intanto completato il mandato presso il Collegio con iniziative come il convegno delle Associazioni tecniche ed artistiche cittadine, in cui si discussero proposte per la tutela del patrimonio monumentale e per i restauri del duomo e dei palazzo della Ragione.

Il potenziamento dei collegamenti intemazionali come base per l'intensificazione dei traffici fu motivo dominante dei suo pensiero. Già membro nel 1904 di un collegio internazionale di periti, che era incaricato dal Comitato di iniziativa per la costruzione della strada ferrata del Loetschberg di esaminare il progetto da un punto di vista tecnico e commerciale, nel 1910 richiamava l'attenzione, con argomenti prevalentemente economici, sulla necessità di una nuova linea attraverso lo Spluga. Frattanto in Senato suggeriva, in polemica con una politica troppo parsimoniosa e dispersiva, la costruzione di ferrovie direttissime sui principali tronchi italiani.

Presidente nel 1906 della Giuria superiore dell'Esposizione internazionale di Milano, il 22 marzo 1909 era stato nominato presidente del Credito italiano, del cui Consiglio faceva parte dal 1906, carica che tenne fino alla morte. Come presidente della Edison seguiva le vicende dell'azienda in un periodo di rapida espansione, grazie all'estensione dell'illuminazione elettrica anche alle case popolari, all'incremento delle vendite di energia per forza motrice agli opifici, all'intensificazione del traffico trainviario, al moltiplicarsi delle partecipazioni in imprese di sfruttamento delle forze idrauliche, come nel 1907 la fondazione della Società elettrica dell'Adamello.

All'espansione si univano anche nuove difficoltà, nei rapporti col personale dopo i primi scioperi, e con le autorità. Nel settore delle tramvie provinciali, se la Edison si espandeva con la partecipazione nel 1907 alla Società anonima tranivie briantee e nel 1909 alla Società belga tramways interprovinciali, incontrava ostacoli però presso gli amministratori, poi presso il ministero dei Lavori Pubblici, per la concessione di alcune linee. parzialmente risolti nel 1912. Lo stesso anno stipulava un'importante fornitura di energia alla linea Milano-Lecco. Restavano però irrisolte questioni che da anni il C. sottoponeva ai politici e che costituivano le principali rivendicazioni degli elettrici: la riforma della tassa sull'energia elettrica, per cui solo nel dicembre 1911 fu costituita presso il ministero delle Finanze una commissione dal C. presieduta, o la riforma della legge sulle derivazioni e gli usi delle acque pubbliche, di cui sollecitò la discussione in Senato l'8 giugno 1911, e che tuttavia non venne ancora presentata.

A partire dal 1909 il C. partecipò meno intensamente ai lavori del Senato. Presentò le relazioni.nel 1909 su un progetto per la navigazione interna, e nel 1913 Sulle convenzioni pef talune università e istituti culturali, legge da Tui promossa anche come dirigente della Società per lo sviluppo dell'Alta cultura. Benché nel 1911 fosse indicato fra i leaders del nuovo Gruppo industriale parlamentare e fosse interessato al settore assicurativo come presidente della società Reale, rimase però ai margini di iniziative come la campagna contro il monopolio delle assicurazioni. Ancor più saltuari furono, per ragioni di salute, i suoi contributi ai lavori del Senato durante la guerra. Nel 1914 la Edison aveva completato le opere idrauliche del nuovo impianto di Robbiate e poteva perciò affrontare, grazie anche agli scambi di energia con le numerosissime aziende consociate, sia le esigenze belliche aia la municipalizzazione del servizio traniviario del 1916. Maggiori difficoltà sorsero in seguito, oltre che nel settore del combustibile e del'personale, quando si resero necessarie altre centrali, e il ministro Bonomi, per sbloccare la situazione, promulgò il decreto luogotenenziale del 20 nov. 1916 sull'utilizzazione delle acque pubbliche. Il C. si oppose - ma senza l'unanimità degli imprenditori del settore - al provvedimento, perché inadatto a facilitare l'esecuzione di nuovi impianti e privilegiante talune industrie.

Ampie prospettive aveva nel 1916-17 la fondazione del Comitato nazionale scientifico-tecnico per lo sviluppo e l'incremento dell'industria italiana, da lui presieduto e sorto per iniziativa della Società per il progresso delle scienze, di professori, uomini d'affari e associazioni tecniche.

Voleva assicurare la "indipendenza industriale" italiana, minacciata dal predominio tedesco, con vari interventi: una maggiore cooperazione fra scienza, tecnica e industria per ottenere migliori processi di lavorazione. sollecitazioni allo Stato nel campo dell'istruzione professionale di ogni grado; creazione di una "coscienza nazionale" sulle questioni scientifico-industriali; e assistenza e consigli alle nuove iniziative anche agricole. Fra le questioni più urgenti il C. pose quella dei laboratori scientifici universitari fisici e chimici e chiese finanziamenti allo Stato e agli industriali: nell'aprile 1919 il progetto aveva avuto buon esito e potevano esser istituite le prime borse di ricerca, mentre il ministero annunciava una riforma delle scuole di agricoltura da lui sollecitata. Proseguì allora la campagna in favore degli istituti sperimentali biologici e di altri laboratori, e alla fine del 1920 poteva registrare la conclusione di lavori bibliografici, varie attività nel settore della pesca, e avviare iniziative in quella dei combustibili. Il 10 genn. 1921, con la relazione agli industriali contribuenti, poteva dar conto delle ricerche già avviate nei laboratori, mentre, per l'ultima volta, denunciava le difficoltà nel reperire apparecchi e strumenti necessari.

Morì a Milano il 16 genn. 1921.

Insignito di numerose onorificenze italiane e straniere, fu dal 1892 presidente dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, dal 1899 membro dell'Accademia dei Lincei, dei Consiglio del Touring Club Italiano, e presidente dell'Associazione nazionale per il Congresso di navigazione, dal 1910 della Stazione sperimentale per l'industria della carta e lo studio delle fibre tessili, dal 19:ao dell'Istituto sperimentale di meccanica agraria.

Scritti: Le principali opere del C. sono state raccolte dalla Federazione politecnica italiana in 4 voll. complessivi, Scritti e discorsi scientifici, a cura di F. Giordano, e Scritti e discorsi politici, a cura di G. Gallavresi, Milano 1934, con ampie introd. dei curatori e saggi commemorativi. Oltre agli scritti cit. e le relazioni negli Atti parlamentari, si segnalano: G. G. Bernouilli, Vademecum del meccanico, III ed. ital. aumentata per cura di G. C., Milano 1879; Tassa sulla macinazione dei cereali. Comitato permanente per la costruzione ed applicazione dei pesatori. Relazione complementare alla relazione generale 8 nov. 1879, Roma 1880 (C. relatore); Sul restauro al rivestimento marmoreo dei piloni del Duomo di Milano. Relazione della Commissione ministeriale nominata. con decreto 6 sett. 1890, Milano 1893 (C. presidente); G. C. e R. Ferrini, Manuale dell'elettricista, Milano 1891; G. C., L. Loria, A. F. Jorini, Relazione sulla stabilità del ponte tubolare di Mezzanocorte, Milano 1902; G. C., Conclusioni arbitrali sulle divergenze sorte fra i delegati govern. e i . delegati sociali nelle operaz. inerenti alla riconsegna delle Linee ex Adriatiche e alla consegna delle Linee ex Meridionali dalla Società Ital. per le Strade ferrate merid. allo Stato, Milano 1909, pp. 95; Progetti per impianti industriali studiati dagli allievi del terzo corso del R. Istituto Tecnico Superiore di Milano, sezione ingegneri industriali, pubblicazione diretta da G. C., Milano (periodico).

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