BERTI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

BERTI, Giuseppe

Francesco M. Biscione

Nacque a Napoli il 22 luglio 1901, da Angelo e da Evangelina Fasulo, in una famiglia di classe media, socialista e di confessione valdese. Trascorse la giovinezza a Napoli, poi, trasferitosi a Palermo, frequentò la facoltà di giurisprudenza. Iscritto alla federazione giovanile socialista dal 1918, prese parte alla mobilitazione contro la guerra e all'occupazione delle terre in Sicilia. Collaboratore del Soviet e dei giornale della gioventù socialista L'Avanguardia, nel 1919 con un gruppo di studenti della sinistra socialista diede vita al periodico Clarté. Rivista mensile degli studenti comunisti (della quale uscirono tre numeri), ispirata all'omonimo gruppo francese capeggiato da Henri Barbusse.

Dirigente della gioventù socialista siciliana e già impegnato nella frazione comunista, nel gennaio 1921 fu tra i promotori della scissione che diede vita al Partito comunista d'Italia e fu il primo segretario nazionale della federazione giovanile, membro pertanto dei comitato centrale dei partito. Trasferitosi a Roma nell'ottobre 1921, con lo pseudonimo di Erik fu il responsabile dell'organizzazione illegale del partito, impegnata nel sostenere lo scontro armato con i fascisti. Sul terreno politico, il B. fu vicino in un primo periodo all'orientamento bordighiano, per poi spostarsi repentinamente (col IV congresso dell'Internazionale comunista, Mosca, novembre 1922) sulle posizioni della "destra" di Angelo Tasca a seguito della polemica di Bordiga con, la linea indicata dall'Internazionale sulla fusione con il partito socialista.

Denunciato e arrestato a Milano il 15 maggio 1923 per cospirazione contro lo Stato nella prima battuta anticomunista del regime, nell'ottobre fu assolto e tornò all'attività militante come membro, tra l'altro, del comitato esecutivo dell'Internazionale giovanile comunista. Nel periodo in cui il ricostituito gruppo torinese dell'Ordine nuovo emergeva, attorno ad Antonio Gramsci, come nuovo staff dirigente del partito comunista, il B. si avvicinò alle posizioni della nuova maggioranza. Nel febbraio 1926 fu nuovamente in URSS come delegato della federazione giovanile al VI plenum. dell'Internazionale. Tornato in Italia, dall'estate riprese a Milano il lavoro di redattore dell'Unità.

Arrestato nel novembre 1926 a seguito della promulgazione delle leggi eccezionali, fu condannato a tre anni di confino che scontò a Pantelleria, Ustica e Ponza. Liberato nel novembre 1929, riusci a emigrare in Francia dove il centro del partito lo riammise nel comitato centrale. Su posizioni "centriste" e particolarmente legato a Palmiro Togliatti, il B. vi sarebbe stato confermato anche dal IV congresso dei partito (Colonia, aprile 1931). Nel marzo 1930 una sua relazione (a firma Jacopo) al comitato centrale su Bordiga fu prelusiva all'espulsione dal partito dell'ex segretario comunista. Nell'agosto 1930 fu inviato a Mosca quale rappresentante del Partito comunista italiano presso l'Internazionale (1930-1931), nel periodo decisivo dell'affermazione di Stalin alla testa del Partito comunista dell'URSS.

Nuovamente a Parigi dal 1932, collaborò intensamente (anche con articoli sulle origini del partito comunista) alla rivista teorica Lo Stato operaio ed agli altri organi di stampa dei partito quali La Nostra bandiera e La Voce degli italiani (del quale fu redattore capo). Nella segreteria dei partito, partecipò con Togliatti e Giuseppe Di Vittorio alle trattative con i dirigenti socialisti italiani che avrebbero portato al patto di unità d'azione (1934). Negli anni successivi diresse la delegazione italiana all'Intemazionale e fu responsabile (1934-1937) dei settore italiano della Scuola leninista presso l'Internazionale, dove insegnò economia politica. In quel periodo le sue posizioni erano in stretta sintonia - più di quanto lo fossero quelle di altri dirigenti italiani a Parigi - con quelle del Partito comunista dell'URSS (si veda un suo articolo su Stato operaio del febbraio 1937 dal titolo Un blocco di banditi, relativo agli imputati dei processi di Mosca). Questa sintonia spiega come, con la maturazione della crisi organizzativa e politica della direzione dei partito italiano, accentuata dalle critiche di Mosca, la figura del B. emergesse quale massimo dirigente.

Oltre alla sostanziale inattività della segreteria di Ruggero Gricco, da parte dei Sovietici - e, almeno in parte, di Togliatti - alla direzione italiana veniva addossata la responsabilità della politica di riconciliazione nazionale e dell'apertura ai "fratelli in camicia nera", linea largamente inattuale e superata dopo la guerra di Spagna e le nuove tensioni europee.

Inviato nel 1937 a Parigi per decisione della segreteria dell'Internazionale in viaggio esplorativo, con pieni poteri d'indagine sul metodo con il quale era organizzato il centro esterno e i suoi reali rapporti con l'Italia, il B., nel comitato centrale del marzo 1938, in contrapposizione alla relazione di Grieco e in linea con le posizioni di Mosca (in particolare di Dimitrov e Manuil´skij), prevedendo a breve termine lo scatenamento di un grande conflitto antisovietico, sottolineava le inadempienze della direzione dei Partito comunista italiano che non aveva proposto con sufficiente incisività il problema dell'imperialismo fascista e nazista. Nell'aprile, dopo che erano stati convocati a Mosca alcuni dirigenti del partito italiano ed era stata presa la decisione di sciogliere il comitato centrale, il B. divenne responsabile della sezione quadri e di quella d'organizzazione, assumendo, altresi, con la massima riservatezza - tanto che i documenti ufficiali dei partito non ne fecero menzione -, la carica di segretario generale del partito, in sostituzione di Grieco (che continuò peraltro a collaborare col B.).

Massimo fu l'impegno del B. per salvaguardare la purezza della linea del partito italiano da presunte infiltrazioni trockiste e dalle provocazioni poliziesche, tanto da contribuire fortemente all'estendersi di quel clima di reciproco sospetto caratteristico del movimento comunista internazionale nel periodo della concomitanza di fascismo e stalinismo. Contemporaneamente il B. diede un forte impulso alla riorganizzazione del lavoro in Italia nella prospettiva - secondo lui sempre più attuale - dello scoppio della guerra: tra le altre iniziative, prese contatti con il governo dell'Etiopia, e vi inviò Ilio Barontini per organizzare la guerriglia contro l'occupazione italiana; tentò l'organizzazione della fuga da Ponza di Terracini, Secchia e Scoccimarro, iniziativa fallita per l'allerta della polizia italiana; prese parte, con Grieco e Di Vittorio per i comunisti e Nenni, Saragat e Buozzi per i socialisti alla riunione del comitato di coordinazione dei due partiti del maggio 1939, che decise di rafforzare l'Unione popolare e di fondare l'Alleanza antifascista, ultimo incontro tra i due partiti di sinistra prima che la guerra lacerasse il patto unitario.

Una sua inchiesta dei settembre 1938 sulla situazione del partito in Italia mostra lo sfilacciamento dell'organizzazione clandestina ma anche la diffidenza rispetto ad alcune nuove reclute del partito, quali Eugenio Curiel, sospette di contatti con elementi trockisti. Del resto varie testimonianze narrano della durezza con la quale venivano trattati i neofiti del movimento comunista.

"Al suo arrivo a Parigi - narra Antonio Roasio (p. 152) -, Berti assunse il ruolo dell'inquisitore, del compagno che doveva scoprire tutte le magagne, le deficienze di lavoro, gli errori cospirativi, salvaguardare la purezza ideologica del partito, creando così un clima di caccia al nemico, di vigilanza strenua contro l'opportunismo e il sinistrismo, che frenava ogni iniziativa. Questo modo di lavorare poté attecchire non solo perché era una direttiva che arrivava da Mosca, ma perché trovava un clima adatto, già deteriorato da vecchie polemiche, da dissidi politici che preesistevano fra i compagni più responsabili".

Allo scoppio della guerra ed alla firma del patto Ribbentrop-Molotov, fu il B. che - mediando tra le posizioni assai diverse che erano emerse nel gruppo dirigente dei partito - redasse il documento politico dei PCI nel quale si affermava che "l'aggressione hitleriana alla Polonia e la dichiarazione di guerra dell'Inghilterra e della Francia alla Germania hanno scatenato l'odierno conflitto imperialistico", difendendo di fatto il patto di non aggressione tedesco-sovietico. Comunque, con la guerra e l'invasione tedesca della Francia, veniva sostanzialmente azzerata la possibilità di incidenza del centro del partito a Parigi (lo stesso Togliatti venne arrestato), e ne fú pertanto deciso lo scioglimento: il B. si sarebbe dovuto recare negli Stati Uniti d'America, insieme con Ambrogio Donini, per continuare l'edizione di Stato operaio.

Vi giunse nel febbraio 1940 e a metà marzo uscì a New York il primo numero della nuova serie della rivista, contenente un'innovazione politica sostanziale: vi si affermava infatti la difesa delle democrazie occidentali e si pronosticava un'alleanza con esse dell'URSS, anticipando di alcuni mesi la politica sovietica. Ciononostante questa impostazione fu oggetto degli aspri attacchi di Togliatti, alle prese con la ricostituzione, a Mosca, del gruppo dirigente del partito italiano.

Il B. e i comunisti italiani negli USA costituirono l'Alleanza internazionale Garibaldi, che ebbe rapporti difficili con l'associazione antifascista di ispirazione democratica e liberale Mazzini Society. Il B. fu protagonista inoltre della fondazione del giornale L'Unità del popolo italiano.

Tornato in Italia alla fine del 1945, non sarebbe più stato accolto nella direzione del partito (come scrisse G. Amendola, il B. fu "l'unico dei vecchi dirigenti a non essere pienamente assolto dalla amnistia con cui Togliatti volle mettere, dopo la liberazione, una pietra sopra le vecchie divisioni del periodo illegale", Lettere a Milano, p. 338). La sua milizia politica si espresse pertanto sul terreno culturale e su quello parlamentare: fu redattore, e per vari anni tra i più attivi animatori, della rivista fiorentina Società, presidente dell'Associazione Italia-URSS fino al 1956, deputato nella prima e seconda legislatura e senatore nella terza. Nello stesso periodo il B. effettuò e pubblicò pregevoli ricerche storiche sull'illuminismo, sul Risorgimento, sulla Russia dell'Ottocento e sul pensiero italiano tra Otto e Novecento.

Fu la crisi del 1956, che rimise completamente in discussione lo stalinismo e la tradizione ideologica e politica comunista, a determinare una svolta nella produzione storiografica e nel pensiero del Berti. Da allora, con sempre maggior decisione, la sua attenzione sarebbe stata focalizzata sulla storia del Partito comunista italiano alla cui ricostruzione egli offrì un decisivo contributo soprattutto con la pubblicazione e la cura, per conto dell'Istituto G. Feltrinelli di Milano, delle carte dell'archivio di Angelo Tasca. L'edizione dell'archivio curata dal B., col rivalutare la figura del dirigente comunista escluso dal partito nel 1929 e dando, un'interpretazione originale, eterodossa e discutibile della storia dei comunismo italiano, suscitò diverse polemiche politiche e storiografiche, soprattutto da parte di Amendola (su Rinascita) e di Ernesto Ragionieri.

In una ricostruzione della biografia e della personalità del B., Gianni Isola, sottolineando il carattere fideistico e totalizzante della sua impostazione teorico-pratica, affermava: "non sembrano esserci mezze misure nel vocabolario e nel carattere di Berti: la fedeltà all'Unione Sovietica e ai suoi dirigenti è Piena e convinta, la critica degli avversari è dura e netta, le affermazioni sono sempre apodittiche e definitorie, la posizione subalterna e marginale nei confronti di Togliatti non conosce ripensamenti. Sotto questa luce non deve quindi stupire che le rivelazioni dei XX congresso inneschino un processo di revisione critica, che è altrettanto lineare e monolitico, degli errori e delle contraddizioni dello stalinismo, che non si arresta neppure di fronte alla lacerante confessione delle colpe personali" (G. B. fra memoria e storia, p. 389).

Tra i lavori storiografici del B. ricordiamo: Per uno studio della vita e del pensiero di Antonio Labriola, Roma 1954; Russia e stati italiani nel Risorgimento, Torino 1957; I democratici e l'iniziativa meridionale nel Risorgimento, Milano 1962; Appunti e ricordi 1919-1926, in Annali dell'Ist. G. Feltrinelli, VIII (1966), pp. 8-185, e Introduzione, ibid., X (1968), pp. 1-99 (sono le prefazioni ai volumi che contengono l'archivio Tasca); Problemi di storia del PCI e dell'Internazionale comunista, in Rivista storica italiana, LXXXII (1970), pp. 148-198. I suoi numerosi interventi di carattere storiografico comparvero su diverse riviste: Società, Cronache meridionali, Il Contemporaneo, Rassegna sovietica, Rivista storica italiana, Calendario del popolo, Studi storici e, soprattutto, Rinascita.

Il B. morì a Roma il 16 marzo 1979.

Fonti e Bibl.: Specificamente sul B. si veda: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 558, ad nomen; Arch. del Partito comunista italiano (presso l'Istituto Gramsci di Roma), Biografie, memorie, testimonianze, fasc. G. Berti; Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, I, Roma 1975, ad vocem; G. Boffa, G. B. intellettuale e militante, in l'Unità, 17 marzo 1979; P. Di Pasquale, Ricordo di G. B. in Sicilia, in Rinascita, 23 marzo 1979, p. 40; G. Isola, Evangelina e l'"aradio", in Passato e Presente, I (1982), n. I, pp. 197-206; Id., G. B. fra memoria e storia, in Annali della Fondaz. G. Feltrinelli, XXII (1982), pp. 375-414 (contenente una bibliografia dei suoi scritti e ulteriori indicazioni biobibliografiche). Del B. narra una vasta storiografia e memorialistica relativa alle vicende del comunismo italiano e mondiale. In particolare si vedano: G. Micciché, Riformismo e massimalista nella Sicilia sud-orientale, in Movimento operaio e socialista, XII (1966), p. 152; P. Spriano, Storia dei Partito comunista italiano, I-V, Torino 1967-1975, ad Indices; G. Amendola, Lettere a Milano. Ricordi e documenti 1939-1945, Roma 1973, pp. 5, 11 s., 17 s., 35, 38, 102, 123, 201, 338; B. Corbi, Saluti fraterni, Milano 1975, ad Indicem; B. Tobia, La diffusione in Italia dei movimento "Clarté" di H. Barbusse, in Storia contemporanea, VII (1976), pp. 240-244; A. Roasio, Figlio della classe operaia, Milano 1977, ad Indicem; R. Martinelli, Il Partito comumsta d'Italia 1921-1926. Politica e organizzazione, Roma 1977, ad Indicem; G. Bocca, P. Togliatti, Roma-Bari 1977, ad Indicem; E. Ragionieri, La Terza internazionale e il Partito comunista italiano. Saggi e discussioni, Torino 1978, ad Indicem; Archivio P. Secchia, in Annali della Fondaz. G. Feltrinelli, XIX (1978), ad Indicem; G. Amendola, Storia dei Partito comunista italiano 1921-1943, Roma 1979, ad Indicem; S. Bertelli, Il gruppo. La formazione del gruppo dirigente dei PCI 1936-1948, Milano 1980, ad Indicem; L. Mangoni, "Società": storia e storiografia nel secondo dopoguerra, in Italia contemporanea, 1981, n. 145, pp. 48-53, 55, 57 s.

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