PAGANELLI, Giuseppe Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PAGANELLI, Giuseppe Antonio

José María Domínguez Rodríguez*

– Compositore e musicista, nacque a Padova il 6 marzo 1710, terzo di sei figli di Paolo (1670-1745) e Laura Maria.

La sua precoce affiliazione all’Accademia dei Dilettanti alias dei Geniali di Padova suggerisce che la famiglia, residente nella parrocchia di S. Clemente, dovette appartenere alla cittadinanza benestante.

Un castrato forlivese di nome Giuseppe Paganelli, documentato in Italia dal 1734 e a Stoccarda dal 1751 al 1775 (cfr. W. Pfeilsticker, Neues Württembergisches Dienerbuch, I, Stuttgart 1957, nn. 906, 926, 963), è stato talvolta erroneamente confuso col compositore padovano.

Poche sono le notizie biografiche riguardanti Paganelli, perlopiù provenienti dalle sue opere musicali o dai libretti dei suoi drammi per musica. Si ipotizza che possa essere stato allievo di Giuseppe Tartini al Santo (un suo concerto giovanile per «clareto», conservato tra le carte tartiniane, reca appunti manoscritti del grande violinista; ed. a cura di Luca Lucchetta, Padova 2005; cfr. Schenk, 1924, pp. 14, 160). Esordì a Padova nel 1731 con l’oratorio Il figliuol prodigo, dato nell’Accademia dei Geniali; l’anno seguente vi furono eseguite le cantate a quattro voci Narciso al fonte (per carnevale, testo di Giambattista Zangarini) e L’apoteosi d’Alcide (per la fiera del Santo). Forse l’esito di queste esecuzioni spinse Paganelli verso Venezia, dove tra fine 1732 e carnevale 1733 fu scritturato nel teatro di S. Angelo: La caduta di Leone, imperatore d’Oriente (testo attribuito a Carlo Pagani-Cesa) andò in scena il 5 dicembre 1732, con dedica al langravio d’Assia-Darmstadt, Filippo, governatore di Mantova e protettore di Vivaldi; Tigrane (dramma di Bartolomeo Vetturi) fu dato in febbraio, con dedica al conte Federico Rossi, grande di Spagna; gli intermezzi Ginestra e Lichetto (testo attribuito a Girolamo Giusti) furono rappresentati tra gli atti dell’Argenide di Baldassare Galuppi.

Alle recite della Caduta di Leone assistette Carlo Ambrogio Spinola, V marchese di Balbases (Selfridge-Field, 2006, p. 434), protettore del compositore padovano Giacomo Facco. Balbases era l’ambasciatore spagnolo in Portogallo che a Lisbona nel gennaio 1728 aveva organizzato il Festeggio armonico, musica di Domenico Scarlatti, per le nozze dei futuri re di Spagna Ferdinando e Maria Barbara di Braganza. Di lì a pochi anni, in un libretto praghese del 1735, Paganelli risulta «all’attuale servizio di S. A. Reale l’Infante di Portogallo» (Freeman, 1992, p. 275; andrà individuato con uno dei cadetti di Giovanni V di Braganza, probabilmente don Antonio, allievo di Scarlatti, o forse don Manuel); e una ventina d’anni più tardi fu – così si presume – il successore di Scarlatti alla corte di Ferdinando VI. Il contatto tra Paganelli e Spinola a Venezia non va dunque sottovalutato.

Dal 1733 Paganelli fu uno dei tanti esponenti della diaspora musicale italiana in Germania, attivo dapprima come clavicembalista nella compagnia operistica di Antonio Maria Peruzzi, ad Augusta nell’inverno-primavera 1733 e a Monaco di Baviera in agosto (con una versione ampliata di Narciso al fonte, ripreso poi nel 1736 ad Amburgo); nella primavera 1735 fu a Praga per inscenare nel teatro del conte Sporck una sua «azione musicale drammatica», La pastorella regnante. Dal 1736 in poi diresse opere a Rheinsberg e a Braunschweig. Dal marzo 1737 al novembre 1738 fece parte della famiglia della margravia di Bayreuth, la giovane Guglielmina di Prussia, musicista ella stessa, alla quale impartì lezioni di canto e fors’anche di composizione: nel carteggio col fratello Federico (il futuro re di Prussia) ella ne dà un ritratto lusinghiero («Il a un très beau goût et compose très bien»; cit. in Henze-Döhring, 2009, p. 146), paragonandolo a Carl Heinrich Graun. Sposò una cantante al servizio della margravia, Giovanna (e insieme percepivano 1450 fiorini; cfr. Hegen, 2018, p. 36 n. 240): il loro figlioletto, Federico Carlo Luigi (nato il 25 giugno 1738), fu tenuto a battesimo dai margravi, secondo il rito evangelico. Claveciniste e Kammer-Kapellmeister alla corte di Bayreuth, indi «compositeur des opéras italiens» dei duchi di Braunschweig-Luneburgo – così si qualifica nei frontespizi delle sue opere 4, 5 e 13 –, Paganelli fornì drammi per musica sia al teatro marchionale di Erlangen (la pastorale Tirsi, tratta dalla Ninfa Apollo di Francesco de Lemene, maggio 1737; Didone del Metastasio, aprile 1738) sia ai teatri dei Braunschweig (la duchessa Filippina Carlotta era sorella minore di Guglielmina): si conservano le partiture del dramma per musica Arrenione (Braunschweig, settembre 1736, libretto di Francesco Silvani; Wolfenbüttel, Niedersächsiches Staatsarchiv, 46 Alt.467-469) e del Narcisso al fonte (Wolfenbüttel o Salzthal, agosto 1738 o 1739; Vienna, Biblioteca Nazionale, Mus. Hs. 16725), e i libretti di Artaserse (inverno ed estate 1737; Metastasio), L’asilo d’amore (agosto 1737; Metastasio), Farnace (estate 1738; Antonio Maria Lucchini) e Didone (inverno ed estate 1739; Metastasio), tutti dati a Braunschweig, nonché del Tirsi (agosto 1737) dato a Wolfenbüttel.

Un’aria dell’Artaserse col nome di Paganelli compare nel ‘pasticcio’ Rosmira allestito da Antonio Vivaldi al teatro di S. Angelo a Venezia nel carnevale 1738 (Torino, Biblioteca Nazionale, Foà, 36). Le cronologie veneziane gli attribuiscono un Artaserse dato nella primavera 1742 nel teatro di S. Salvatore; tra l’autunno e il carnevale successivo lavorò per il S. Cassiano, con i drammi per musica Barsina (rifacimento di un dramma attribuito di Francesco Silvani) ed Engelberta (di Apostolo Zeno e Pietro Pariati), e con la pastorale in due atti La forza del sangue (Bartolomeo Vitturi). Si conservano arie sue a Dresda (Sächsische Landesbibliothek), Karlsruhe (Badische Landesbibliothek), Rostock (Universitätsbibliothek), Uppsala (Universitetsbiblioteket) e San Francisco (State University, Frank V. de Bellis Collection).

Negli anni Quaranta, Paganelli diede alle stampe a Parigi i due soli libri di musica vocale pervenuti, le Q. Horatii Flacci odae sex selectae per soprano e archi op. 8, e il Premier recueil d’ariettes italiennes et françoises avec simphonie op. 9. Le Odae appartengono a un filone erudito invero peculiare, ricollegabile forse al gusto di Federico III, duca di Sassonia-Gotha-Altenburgo, genitore del dedicatario, il principino Federico Luigi.

Paganelli deve aver composto la quasi totalità delle sue sonate a più strumenti nelle corti tedesche, anche se furono pubblicate tutte a Parigi, mentre le sonate per tastiera furono composte probabilmente a Madrid, alla fine del sesto decennio, e pubblicate ad Augusta, Amsterdam e Norimberga.

Vi sono due soli indizi di un impegno del compositore alla corte di Madrid intorno al 1755. Sul frontespizio delle XXX Ariæ pro organo et cembalo, edite ad Augusta nel 1756 (ed. a cura di M. Machella, Padova 2001), Paganelli risulta «Regis Hispaniarum ac Indiarum Cameræ Musices Director»; e nella Raccolta musicale contenente VI Sonate per il cembalo solo d’altretanti celebri compositori italiani … Op. II-IV, edita a Norimberga tra il 1757 e il 1762,  compaiono tre sonate con la dicitura «Giuseppe Antonio Paganelli maestro di camera di Sua Maestà Cattolica etc. etc. in Madrid». Sebbene non sia finora emersa alcuna documentazione d’archivio circa la permanenza di Paganelli a Madrid, non è improbabile che la raccolta di Ariæ del 1756 facesse parte di una strategia del compositore per ottenere mercedi o protezioni dai sovrani spagnoli. Non è forse un caso che il 6 maggio 1757 sia stata dettata un’ordinanza reale che prevedeva la creazione di un nuovo posto di organista per la Real Cappella con l’assegno di 6 reales annui: il posto fu voluto dal monarca medesimo, che desiderava reintegrare «la plaza de cuarto organista que hubo en lo antiguo y se suprimió por la nueva planta y para que no se experimente la menor falta en las muchas funciones a que tienen que asistir los organistas» (Barbieri, 1987, II, p. 163, doc. 270). Se davvero ci fu un nesso tra il bando della nuova carica e la pubblicazione, di poco anteriore, delle XXX Ariae, si spiegherebbe il peso attribuito all’organo nel titolo della raccolta nonché la funzione specifica di queste opere «speciatim sub elevatione producendæ, styloque tam gravi quam suavi elaboratæ». È questa l’unica opera strumentale di Paganelli dove all’organo spetti un ruolo eminente. Non è noto chi abbia infine ottenuto la carica; il nome di Paganelli non compare tra i musicisti della Cappella nella «noticia de los fondos y obligaciones de la Corona en cada un año regulado por el de 1758», dove pure sono citati i nomi di «otros que no sirven en las Casas Reales», come Carlo Broschi, Tomaso Garofalini e Nicola Conforto (doc. 271).

Le opere note di Paganelli rappresentano un anello di congiunzione tra il linguaggio del melodramma e la vocazione cantabile della musica strumentale, agli albori dello stile che fu poi denominato ‘galante’. Torrefranca annovera il musicista nella tipologia ch’egli ha denominato del «cantante cembalista» (1930, p. 396); e Strohm (2001, p. 52) lo associa a giovani musicisti come Fortunato Chelleri, Giovanni Marco Rutini, Pietro Giuseppe Sandoni, Paolo Scalabrini e Giovanni Verocai che a partire dagli anni Venti del Settecento misero in circolazione una quantità crescente di opere strumentali vuoi da tasto vuoi per strumenti solisti vuoi in trio, ovvero musiche di danza e concerti, ouvertures e sinfonie: generi non necessariamente prodotti per il fabbisogno delle corti europee dove costoro erano impiegati, bensì rivolti a un consumo diffuso più ampio.

Tra le sonate da camera di Paganelli, tutte pubblicate a Parigi, si ricordano: quattro raccolte per due violini o due flauti, ognuna contenente sei composizioni (opp. 1, 2, 3 e 7, circa 1740-1742; un’ipotetica op. 10 per lo stesso organico, del 1745, sarebbe andata perduta); 30 duetti per violini o flauti in cinque raccolte (opp. 4, 5, 13, «dernier œuvre», e una raccolta senza numero, apparse tra il 1752 e il 1764), e infine 6 sonate per flauto e continuo (op. 16, 1750 circa); un’ipotetica raccolta di minuetti per violino e basso continuo op. 9 sarebbe andata persa, mentre una raccolta di duetti arrangiati per due strumenti gravi fu pubblicata nel 1760 circa. Per strumento a tastiera, oltre alle Ariæ del 1756 e ai brani inclusi nella citata Raccolta norimberghese, Paganelli pubblicò tra il 1756 e il 1757 due raccolte dal titolo somigliante: il Divertissement musical contenant XXX airs (Augusta, 1756), e nel 1757 i Divertissement de le beau sexe ou Six sonatines (ad Amsterdam e Londra), divisi in più movimenti (almeno dieci dei quali ricalcano quasi alla lettera le XXX Ariæ; cfr. Newman, 1963, pp. 186 s.). Tra la produzione orchestrale sinfonica si annoverano 6 sinfonie a 4 op. 1 (Norimberga, 1758 circa) e le sinfonie manoscritte conservate nella Fürst Thurn und Taxis Hofbibliothek di Ratisbona.

A detta di Newman, sebbene nella strumentazione le sonate di Paganelli si rifacciano a modelli tardosecenteschi, la condotta delle parti piuttosto omofonica, gli spunti di contrappunto apparente, la sovrabbondanza di brevi figure ritmiche, l’uso enfatico delle pause e le piccole progressioni sono indizi del nuovo stile galante. Seppur non manchino le somiglianze con Domenico Scarlatti, nelle sonate degli anni Cinquanta non si ravvisano tracce d’influenze spagnole. Le opere più brevi, come le Sonatines, sono le più seducenti dal punto di vista della struttura, mentre le composizioni più vaste soffrono di un certo scompenso tra l’esilità del materiale tematico e l’ampiezza delle dimensioni.

L’ultima composizione attribuita a Paganelli di cui si abbia notizia certa sono le Six sonates d’un goût agréable et chantant en duo pour les flûtes, violons, hautbois … dernier œuvre apparse a Parigi nel 1764. Lo si può considerare un terminus ad quem per la morte di Paganelli.

Fonti e Bibl.: A. Göhler, Verzeichnis der in den Frankfurter und Leipziger Messkatalogen der Jahre 1564 bis 1759 angezeigten Musikalien, Leipzig 1902, sez. 3, p. 18, n. 349; Friedrich der Große und Wilhelmine von Baireuth, I: Jugendbriefe, 1728-1740, a cura di G.B. Volz, Leipzig 1924, ad ind.; E. Schenk, G. A. P. Sein Leben und seine Werke, nebst Beiträgen zur Musikgeschichte Bayreuths, Salzburg 1928; F. Torrefranca, Le origini italiane del romanticismo musicale: i primitivi della sonata moderna, Torino 1930, ad ind.; W.S. Newman, The Sonata in the Classic Era, Chapel Hill 1963, pp. 45, 65, 175, 184-190; F.A. Barbieri, Legado Barbieri, a cura di E. Casares, II: Documentos sobre música española y Epistolario, Madrid 1988, pp. 163 s.; K. Kindler, Findbuch zum Bestand der Musikalien des herzöglichen Theaters in Braunschweig, Wolfenbüttel 1990, p. 104; D. Freeman, The opera theater of count Franz Anton von Sporck in Prague, Stuyvesant 1992, ad ind.; The New Grove dictionary of opera, London 1992, III, p. 819; The New Grove Dictionary of Music and Musicians, London-New York 2001, XVIII, pp. 885 s.; R. Strohm, Italian operisti north of the Alps (c. 1700-c. 1750), in The eighteenth-century diaspora of Italian music and musicians, a cura di R. Strohm, Turnhout 2001, pp. 43 s., 52 s.; S. Henze-Döhring, Konzeption einer höfischen Musikkultur, in Musik und Theater am Hofe der Bayreuther Markgräfin Wilhelmine, a cura di P. Niedermüller - R. Wiesend, Mainz 2002, pp. 97-118; E. Selfridge-Field, A new chronology of Venetian opera and related genres, 1660-1760, Stanford 2007, pp. 433-435, 457, 477-481; R. Strohm, The operas of Antonio Vivaldi, Firenze 2008, p. 640; S. Henze-Döhring, Markgräfin Wilhelmine und die Bayreuther Hofmusik, Bamberg 2009, pp. 8, 33, 53-61, 145-148; I. Hegen, Die markgräfliche Hofkapelle zu Bayreuth (1661-1769), in Süddeutsche Hofkapellen im 18. Jahrhundert, a cura di S. Leopold, B. Pelker, Heidelberg 2018, pp. 6, 25, 31, 36 s.

*Voce pubblicata nel 2020

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