GIURISDIZIONALISMO

Enciclopedia Italiana (1933)

GIURISDIZIONALISMO

Arturo Carlo Jemolo

. Con questo nome si suole designare - ispirandosi soprattutto a un'elencazione di tipi di rapporti tra Stato e Chiesa compiuta da P. Hinschius e ampiamente sviluppata da scrittori italiani, come F. Scaduto e D. Schiappoli - un sistema di rapporti fra i due poteri caratterizzato dalla loro distinzione (in contrasto con la teocrazia e col cesaropapismo, sistemi di confusione e di reciproco assorbimento) e dal loro coordinamento (in contrasto col separatismo). Tale coordinamento può essere ispirato a due concetti diversi: può cioè fondarsi sul carattere confessionale dello Stato, il quale eserciti sì dei diritti sulla Chiesa, ma al tempo stesso la protegga; si ha allora la reciproca concessione di particolari facoltà in deroga al diritto comune dello Stato a organi della Chiesa e della Chiesa a organi dello Stato, e una cooperazione delle due potestà al raggiungimento degli stessi fini (giurisdizionalismo confessionista). Gli Stati che non hanno carattere confessionale, e spesso sono ostili alla Chiesa, possono attuare invece un coordinamento di tutt'altro tipo: ritenendo cioè nel proprio interesse che la Chiesa non debba vivere secondo il diritto comune, possono assoggettarla a particolari misure di vigilanza (giurisdizionalismo aconfessionista o laico).

È appena il caso di ricordare il valore molto relativo di questi schemi, ciascuno dei quali dovrebbe poi comprendere realtà storiche di paesi e di tempi diversi: sicché non è a stupire se, per es. quello che per gli uni è tipo di legislazione giurisdizionalista aconfessionista, per gli altri è separatismo spurio.

Nel giurisdizionalismo confessionista la dottrina, insistendo sull'origine divina dello Stato, sul carattere sacro e quasi sacerdotale del sovrano, "vescovo esterno" della Chiesa del suo paese, considerava il ius circa sacra maiestaticum spettante allo Stato di fronte alla Chiesa, che si scindeva in una serie di diritti: il ius reformandi, cioè il potere del sovrano di tutelare l'unità e la purezza della fede; il ius advocatiae o protectionis, diritto di difendere e di proteggere la Chiesa; il ius inspectionis, avente a oggetto la vita esteriore ecclesiastica; il ius cavendi ossia di esercitare nell'interesse statale controllo preventivo su dati atti ecclesiastici, e comprendente in sé il ius placeti, o di placitazione sugli atti pontifici e vescovili e il ius exclusivae relativo alla nomina a uffici ecclesiastici; il ius appellationis o diritto di giudicare in grado di appello contro gli atti di autorità ecclesiastiche lesivi di ecclesiastici o di fedeli, comprendente in sé il recursus ab abusu (appel comme d'abus in Francia) e la facoltà di ordinare i sequestri di temporalità; il ius dominii supremi o eminentis sul patrimonio ecclesiastico; il ius nominandi, nascente da titoli particolari, ma che quasi ogni sovrano possedeva, e avente di solito a oggetto le sedi vescovili.

Le principali aspirazioni della dottrina giurisdizionalista e le sue più salienti attuazioni hanno a oggetto: a) il potere del principe di controllare tutte le comunicazioni tra la Chiesa nazionale e la S. Sede, impedendo talora i ricorsi dei sudditi alla S. Sede, costringendo i vescovi nazionali ad assumere poteri che il papa vorrebbe a sé riservati, ponendo limitazioni al papa allorché voglia esercitare la sua attività sopra organi della Chiesa nazionale e in particolare impedendogli di disporre dei benefici situati nello Stato a vantaggio di stranieri; b) il potere di controllare la nomina degli ecclesiastici, quante volte questa non sia a lui riservata (restando ai superiori ecclesiastici solo la facoltà di dare l'istituzione canonica), nonché di dettare norme che escludano gli stranieri dagli uffici ecclesiastici dello Stato; c) il potere d'introdurre riforme nella vita della Chiesa, particolarmente allo scopo di ridurre il numero degli ecclesiastici, e di mutare la destinazione di certi beni ecclesiastici (ad es. convertendo i lasciti per messe); d) il potere di controllare l'impiego delle armi spirituali da parte della Chiesa; e) il potere di regolare il matrimonio in quanto contratto civile, stabilendo impedimenti dirimenti e dispensando da essi. Connessa a queste aspirazioni è quella di dare un carattere nazionale alla Chiesa e di modificare la costituzione di questa, riducendo la dipendenza dei vescovi dal papa, e bandendo gli ordini religiosi o quanto meno cercando di togliere loro il carattere internazionale e l'immediata dipendenza dal papa per assoggettarli ai vescovi. (Per il giurisdizionalismo nei rapporti fra Chiesa e Stato, v. chiesa, X, p. 47 segg.).

Bibl.: Oltre la letteratura indicata alla voce gallicanismo, M. Goldast, Monarchia S. Romani Imperii sive tractatus de iurisdictione imperiali seu regia, Hannover 1612-14; P. Sarpi, Opere, voll. 8, Verona 1761-1768; Z. B. Van Espen, Tractatus de promulgatione legum ecclesiasticarum, e anche per varî capi Iuris ecclesiastici universi hodiernae disciplinae, in Opera, Lovanio 1732, VI e I-III; Collezione di scritture di regia giurisdizione, s. I. 1770; E. Friedberg, Die Gränzen zwischen Staat und Kirche, Tubinga 1872; B. Cecchetti, La repubblica di Venezia e la Corte di Roma, Venezia 1874; Docum. inediti o rari delle relaz. fra lo Stato e la Chiesa in Italia, Roma 1881; F. Scaduto, Stato e Chiesa sotto Leopoldo I, Firenze 1885; id., Stato e Chiesa nelle Due Sicilie, Palermo 1887; F. Ruffini, Lineamenti storici delle relaz. fra lo Stato e la Chiesa in Italia, in Friedberg-Ruffini, Trattato di diritto eccles., Torino 1893, p. 90 segg.; A. C. Jemolo, Stato e Chiesa negli scritt. ital. del Seicento e del Settecento, Torino 1914.

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