GIURAMENTO

Enciclopedia Italiana (1933)

GIURAMENTO (lat. iusiurandum, iuramentum, sacramentum; fr. serment; sp. juramento; ted. Eid; ingl. oath)

Maria BALSAMO
Biondo BIONDI
Arnaldo BERTOLA
Pompeo BIONDI
Emilio CROSA
Nicola Turchi

Nel suo valore religioso più generale il giuramento è l'invocazione che si fa di una divinità: 1. come testimone della verità di un'asserzione fatta dal giurante (giuramento assertorio); 2. come mallevadrice o vindice di una promessa o di un voto (giuramento promissorio).

Storia delle religioni. - In origine e presso i popoli primitivi il giuramento ha avuto il valore sacro-magico di un'auto-imprecazione con la quale il giurante chiamava su di sé la punizione della divinità in caso di spergiuro. Il giuramento importa sempre: 1. la menzione esplicita di una data divinità protettrice della famiglia, del clan, della città, ecc. Sovente questa è una divinità del cielo (Giove) o della luce solare (Mitra) in quanto è più atta a scrutare le cose nascoste e a porle in luce. Ma sono spesso invocate anche le divinità infernali, come quelle nelle cui mani cadrà lo spergiuro dopo la morte punitrice. 2. la formulazione della verità che il dio è chiamato a confermare o della promessa o voto che il giurante dichiara di voler compiere; 3. esso suppone sempre una sanzione punitiva che la divinità (prima e indipendentemente dalla giustizia degli uomini) farà cadere sullo spergiuro.

La formula del giuramento è sempre accompagnata da un gesto della mano destra che si rivolge o verso il cielo e il sole, testimoni di tutte le azioni umane, o verso un oggetto (pietra sacra, ecc.) o luogo religioso (tempio, santuario, ecc.) in cui è più immediatamente presente la vita e l'azione della divinità.

In qualche caso più solenne alla formula e al gesto si aggiunge anche il sacrificio di una vittima umana o animale, specialmente nel caso del giuramento promissorio. La santità rituale della vittima immolata lega con un vincolo di valore sacro-magico i congiuranti e prepara più terribili sanzioni contro i violatori della promessa, consacrata dal sangue della vittima. Tipico è a questo proposito il giuramento che, secondo Dione Cassio (XXXVII, 30), Catilina impose ai congiurati dopo aver immolato un fanciullo e averne toccate e fatte toccare da tutti le viscere. Pausania (III, 20, 9) narra che Tindaro re di Sparta, tenendosi in piedi sui visceri di un cavallo da lui sacrificato, fece giurare a tutti i pretendenti alla mano di sua figlia Elena, che avrebbero in ogni caso protetto e difeso la donna e il suo futuro marito. In Roma i Feziali dopo aver formulato i patti dell'alleanza immolavano un porco, con un coltello di pietra tratto dal tempio di Giove Feretrio, invitando Giove stesso (Diespiter) a colpire nello stesso modo il popolo romano qualora avesse per primo violato i patti conclusi.

Lo sviluppo delle idee religiose e morali spoglia il giuramento del suo significato magico-imprecatorio ponendo in primo piano il suo aspetto esclusivamente religioso.

Grecia. - Il giuramento è promessa solenne di adempiere un determinato obbligo, è una forma di garanzia, che chi giura offre agli altri, perché chiamando gli dei a testimonì di quanto afferma o promette, si lega col vincolo più sacro e più temuto e attira la vendetta divina sul suo capo nel caso che sia spergiuro. L'obbligo che si assume col giuramento è assoluto e deve essere adempiuto in ogni caso. La punizione degli dei raggiunge lo spergiuro anche nell'altra vita; se pare che egli rimanga impunito, la pena cade sopra i suoi discendenti. Anche il dio che manchi al giuramento fatto per lo Stige cade in sonno profondo ed è privato della divinità per nove anni.

Il giuramento si fa su un oggetto caro e sacro: i principi in Omero giurano per il loro scettro, gli ospiti per la tavola e il focolare ospitale, il padre per i proprî figli. Il numero e il nome degli dei invocati varia a seconda della diversità delle circostanze di luogo, tempo, età, sesso. In generale si può dire che Ζεύς, specialmente Ζεύς ὅρκιος è il dio invocato più di solito: spesso sono invocati, genericamente, ϑεοὺς πάυτας καὶ πάσας.

Lo stato fissò per giuramenti ufficiali quali fossero gli dei da invocarsi e tale giuramento fu detto ὅρκος νόμιμος. Anche il modo di prestare giuramento corrispondeva al significato religioso e veniva quasi a rendere più immediato il vincolo tra uomo e dio: esso si accompagnava a solenni sacrifici e veniva detto in luoghi sacri: a volte il giuramento è accompagnato da atti, come p. es. il gettare una certa quantità di metallo in mare, che simboleggiano l'impossibilità di violare il giuramento, o da azioni che soltanto con l'aiuto degli dei possono essere compiuie senza che chi giuri ne abbia danno (una specie di giudizio di Dio).

L'antico diritto trae le sue origini dalla religione; e pure religioso è il fondamento della vita della πόλις; quindi nel nome degli dei della sua città il cittadino dà il suo consenso alla legge mediante il giuramento; con il giuramento l'efebo entra nella vita pubblica e prommette di adempiere gli obblighi militari, di ubbidire alle leggi, di onorare gli dei della patria. In tale giuramento sono impliciti tutti gli obblighi particolari che il cittadino giura poi di osservare a mano a mano che assume un pubblico ufficio e come arconte e come stratega e come buleuta e come giudice; ogni magistrato che fosse venuto meno al suo ufficio sarebbe divenuto doppiamente spergiuro, perché rompeva il giuramento fatto all'entrare nella πόλις e l'altro prestato al momento di assumere l'ufficio. Inoltre qualunque dichiarazione importante è rafforzata da giuramento.

Simile garanzia fu introdotta ben presto anche nei tribunali; nei diritti più antichi, come in quello di Gortina, una sola delle due parti prestava il giuramento; in generale, in mancanza di testimoni, l'accusato. Il giudice stabiliva chi fosse ὁεκιώτερος e la formula del giuramento, la cui prestazione decideva il processo, perché in base a esso il giudice pronunciava la sentenza, nel caso che la parte rifiutasse di giurare, perdeva la causa. In alcuni casi è prescritto al giudice di esprimere la sentenza sotto forma di giuramento, allo scopo di convincere col legame sacrale le parti circa la giustizia della sentenza e renderla valida nello stesso tempo. Anche i testimoni prestavano giuramento costituendosi così mallevadori del giuramento prestato dalla parte. A Gortina si ha lo stadio più antico. Mentre in diritti di altri stati (Cuma, Alicarnasso) il giuramento ha ancora un'importanza assai notevole, il diritto attico si è andato emancipando delle forme religiose, le quali rimasero come avanzo di antiche procedure, in istituzioni che per il culto e il rispetto di cui erano circondate avevano subito pochi mutamenti.

Ciò accade precisamente dinanzi all'Areopago dove i testimoni giuravano la colpa dell'accusato nel tribunale del Palladio, in cui l'accusato assolto doveva affermare con giuramento che la sentenza era giusta. Che anche in Atene il giuramento doveva avere avuto un gran valore nella procedura processuale ci è provato da una glossa che attribuiva a Solone l'istituzione di una forma di processo, in cui, in mancanza di testimoni, il giudice doveva decidere in base ai giuramenti delle parti. Anche in Atene i giudici di minor importanza, come i dieteti pubblici, giuravano ἐπὶ λίϑου prima di pronunziare la sentenza. Oltre a queste forme di un diritto più primitivo, in Atene all'inizio del processo é obbligatoria la διωμοσία, il doppio giuramento delle parti per cui l'accusatore giurava la colpa dell'accusato e questi la sua innocenza; il giuramento non è più sentito come tale ed è ridotto a una semplice formula di procedura processuale. La legge però non vieta l'uso del giuramento tra i mezzi di prova; una parte poteva invitare l'altra a giurare o poteva offrirsi di prestare giuramento contro la tesi sostenuta dall'avversario. Questa forma era posta in essere mediante πρόκλησις; il rifiuto di un giuramento offerto non arrecava alcun pregiudizio; il rifiuto invece di un giuramento richiesto, nel caso che mancassero altri mezzi di prova, valeva per confessione o almeno veniva messo agli atti per valere come mezzo di prova contro l'avversario, inoltre chi accettava la richiesta di un giuramento deponeva una cauzione, che perdeva nel caso non volesse più giurare. Forme di minore importanza nel processo attico erano l'ὐπωμοσία (istanza di una dilazione con motivazione addotta con giuramento), l'ἐξωμοσία, con cui il testimone affermava la propria ignoranza; negli altri casi il testimone poteva, con il consenso della parte avversa, rafforzare la propria deposizione con giuramento per ottenere maggior credito, ma con ciò essa non acquistava il valore legale di mezzo di prova. Soltanto si ricorre al giuramento per dare forza di testimonianze alle deposizioni di chi non aveva piena capacità giuridica (donne e stranieri) e anche in casi speciali (affermazioni di relazioni di parentela che venivano, pare, giurate obbligatoriamente).

Concludendo, l'importanza del giuramento nella vita e nel diritto greco fu grandissima nell'età più antica quando più forte era il sentimento religioso e la fede nella potenza degli dei e nel loro intervento nelle cose umane; motivo per cui la punizione dello spergiuro non ha alcuna sanzione legale; in Atene esisteva una δίκη ψενδομαρτυρίων, la quale però punisce lo spergiuro non come tale, ma come falsa testimonianza. Questo decrescere d'importanza del giuramento è dovuto all'affievolirsi del timore degli dei, per cui il giuramento diventa un mezzo da cui si può trarre partito, sottilizzando sulle parole stesse del giuramento, e al pensiero filosofico, per cui il giuramento viene a prendere un valore relativo, in quanto può essere violato innanzi a doveri maggiori. Inoltre con l'affermarsi sempre maggiore dell'autorità dello stato anche il diritto si sviluppa e cerca una base di giustizia che esista in sé e per sé indipendentemente dalle antiche forme religiose. Ed è merito di Atene di aver dato origine a tale evoluzione.

Bibl.: Schömann-Lipsius, Griech. Altert., II, Lipsia 1918, p. 279 segg.; R. Hirzel, Der Eid, Lipsia 1902; E. Ziebarth, De iureiurando in iure graeco quaestiones, Gottinga 1892; id., in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, s. v. Eid.; Th. Thalheim, ibid., I, s. v. αντωμοσια; V, s. v. διωμοσια; VI, s. v. ἐξωμοσία; E. Cuq, in Daremberg e Saglio, Dict., d. antiquités gr. et rom., s. v. iusiurandum; J. H. Lipsius, Das attische Recht und Rechtsverfahren, Lipsia 1915, p. 829 segg.; K. Latte, Heiliges Recht, Tubinga 1920; U. E. Paoli, Legge e giurisdizione in diritto attico, in Riv. di dir. process. civ., III (1926), n. 2, p. 131 segg.; Latte, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, s. v. Meineid; XIV, s. v. Martyria.

Diritto romano. - Il giuramento (iusiurandum), secondo la formula riportata da Polibio (3, 25), consiste nel fatto che il giurante supplica gli dei di essere benigni verso di lui, qualora abbia affermato la verità o mantenuto la promessa giurata, e si sottopone in caso contrario alla vendetta divina. Cicerone dice che il giuramento est affirmatio religiosa, e che per mezzo di essa iratum timemus Iovem. Il giuramento è distinto, in epoca antica, dal sacramentum, il quale è l'atto per cui taluno giurando consacra la sua persona o una cosa alla divinità in caso di falsa dichiarazione o spergiuro: in epoca storica il sacramentum, però con funzione e carattere essenzialmente civile, si trova applicato nel campo giuridico ai militari, i quali all'atto della leva prestano giuramento di fedeltà al capo, e in una forma generale di procedimento civile (cosiddetta legis actio sacramento) che perdura ancora verso la fine dell'epoca repubblicana. Quanto alla terminologia, la parola tecnica latina è iusiurandum; nel linguaggio dell'epoca postclassica e giustinianea si parla anche di iuramentum e di sacramentum, però con significato tutto nuovo e particolare in rapporto alla religione cristiana. La divinità che s'invoca col giuramento è, in epoca pagana, Iupiter, chiamato anche dius Fidius; si giura però anche per Iovem deosque Penateis o genericamente per omnes deos; lo schiavo giura per il genius del suo padrone; e per analogia nell'epoca imperiale si suole giurare per il genius del principe. Il rito del giuramento era regolato con formale minuziosità dalle antiche consuetudini religiose; nei tempi più antichi la cerimonia, perdurata poi nei rapporti internazionali, si svolge nel modo seguente: il giurante, dopo aver pronunziato l'oggetto del giuramento, scaglia a terra un pezzo di silice che tiene in mano, imprecando "si sciens fallo, tum, me Diespiter salva urbe arceque bonis eiciat ut ego hunc lapidem". Successivamente il giuramento si presta poggiando la mano sull'altare della divinità. Nel mondo cristiano si fa per Deum o per la Santissima Trinità, toccando i Vangeli; donde la denominazione di iusiurandum corporaliter praestitum in contrapposto al giuramento soltanto verbale.

Il giuramento poggia sulla forza della fede religiosa e costituisce uno dei punti d'interferenza tra diritto e religione, dimostrando l'originaria indifferenziazione tra ius e fas: è un atto essenzialmente religioso ma è altresì istituto giuridico; ciò spiega come la sua efficienza sia diversa nelle varie epoche, in funzione appunto della diversa intensità della credenza religiosa. Mentre nei tempi primitivi invocare la divinità sembra l'unico modo per dar forza a un'affermazione e obbligatorietà a una promessa, quando si consolida la civitas e il diritto progressivamente si distacca dalla religione, il giuramento, se conserva per necessità tutto il suo valore nel campo internazionale, nell'ambito dei rapporti interni o ha un valore morale, come il giuramento dei pubblici funzionarî, oppure ha riconoscimento giuridico solo in casi limitati, e con funzione tutta particolare. Col decadere del sentimento religioso anche la base del giuramento si sposta: oramai si considera questione di lealtà e di giustizia prestar fede al giuramento. Il giuramento riacquista valore e trova larga applicazione solo nell'epoca cristiana: già nella patristica del sec. IV si fa strada quella tendenza che doveva culminare nella recisa affermazione della Chiesa intorno alla santità del giuramento e all'obbligo di mantenere la promessa giurata: queste idee e tendenze spiegano come l'ordinamento giuridico del Basso Impero e dell'epoca giustinianea abbia esaltato l'istituto del giuramento, fino a considerarlo un mezzo formale e assoluto di prova.

Il giuramento ha numerose applicazioni: nei rapporti internazionali, nel processo, nel diritto privato.

Rapporti internazionali. - I trattati conclusi tra il popolo romano e uno stato straniero erano posti sotto la garanzia della fides, e l'impegno assunto dai rappresentanti era confermato da giuramento reciproco.

Processo. - Bisogna distinguere il giuramento del iudex, dei testimoni, delle parti (iusiurandum in iure, in iudicio, calumniae). A) Giuramento del iudex: il iudex nel processo sia civile sia criminale, prima di conoscere della questione, deve anzitutto giurare di giudicare secondo coscienza e giustizia; qualora in fine del giudizio non riuscisse a formarsi alcun convincimento, può anche non decidere giurando rem sibi non liquere. B) Giuramento dei testes: i testimoni prima della loro deposizione devono giurare; si dubita però se nelle cause civili questo obbligo sia stato introdotto prima di Costantino. C) Maggiore importanza ha il giuramento prestato in giudizio da una delle parti in seguito a delazione dell'altra parte (in iure o in iudicio) o del iudex.1) Iusiurandum in iure. In talune azioni (ad es. nella condictio certae creditae pecuniae, nell'actio de pecunia constituta) l'attore può deferire in iure, cioè innanzi al pretore, il giuramento all'avversario; se questi lo presta, il giudizio non ha più corso, in quanto la prestazione del giuramento ha gli stessi effetti del giudicato; il convenuto può anche esimersi dal giuramento riferendolo all'attore, invitandolo cioè a giurare; anche la prestazione del giuramento dell'attore ha gli stessi effetti del giudicato. Si noti che tali effetti si producono ancorché la parte giuri il falso: la prova contraria al giuramento non è ammessa, come non è ammessa contro il giudicato, a cui talvolta il giuramento è equiparato. Per l'epoca classica sono incerti gli effetti giuridici del rifiuto del convenuto sia di prestare il giuramento sia di riferirlo, o dell'attore di prestare il giuramento riferitogli dall'avversario; l'editto del pretore, riportato non del tutto fedelmente in Dig., XII, 2, de iureiurando, 34, 6, rivolgendosi al convenuto cui è stato deferito il giuramento, dispone solvere aut iurare cogam, ordina cioè o di pagare la somma dovuta o di prestare il giuramento; ma non sappiamo quali fossero i mezzi coercitivi di cui si servisse il pretore. È probabile che in tal caso il processo avesse il suo normale svolgimento, poiché sembra che il giuramento in iure abbia avuto solo la funzione di evitare alle parti il periculum della poena sponsionis, connesso a quelle azioni in cui appunto era possibile deferire il giuramento: in queste, infatti, le parti dovevano reciprocamente prestarsi una sponsio tertiae partis, con cui l'una prometteva all'altra di pagare un terzo del valore della lite nel caso di soccombenza; ciò posto, è verosimile che il giuramento in iure abbia avuto lo scopo di evitare tale rischio; così si spiegherebbe la perfetta coincidenza dei due istituti nel campo di applicazione. Nel diritto giustinianeo, invece, poiché il rifiuto di giurare e di riferire il giuramento, o di prestare il giuramento riferito, s'interpreta come segno manifestae turpitudinis et confessionis (Dig., ibid., 38), si ammette la piena soccombenza della parte che rifiuti. Quindi la parte, a cui è deferito o riferito il giuramento, non è libera di rifiutarlo. Quanto alla natura del giuramento, mentre nell'epoca classica aveva carattere dispositivo e funzione transattiva, nel diritto giustinianeo gli effetti del giuramento si ricollegano al concetto di prova formale, in quanto si ritiene che per mezzo del giuramento il fatto sia provato in modo assoluto. Pertanto, mentre nell'epoca classica il giuramento evita il processo, nel diritto giustinianeo è conglobato nel processo, giacché importa prova formale della circostanza che ne forma l'obietto. 2) Iusiurandum in iudicio è quello deferito ex officio dal iudex; può essere suppletorio o estimatorio: a) il primo, che a torto si è fatto derivare dal diritto intermedio, si trova già ammesso in qualche caso nel diritto giustinianeo; può essere deferito a una delle parti allo scopo di completare o integrare il materiale probatorio; b) il secondo può essere deferito all'attore in talune azioni e in casi particolari allo scopo di concretare la litis aestimatio, per procedere alla condanna, che nell'epoca classica era sempre pecuniaria: il giudice non è tenuto a seguire il risultato del giuramento e può anche prefiggere una taxatio. D) Iusiurandium calumniae: è uno dei mezzi per prevenire e reprimere le liti temerarie; nel diritto giustinianeo devono prestarlo entrambe le parti prima della lite: come l'attore giura di non promuovere la lite in mala fede e allo scopo di vessare l'avversario, così il convenuto giura di tenere una condotta leale nel processo.

Diritto privato. - In questo campo il giuramento può essere volontario, promissorio o confirmatorio, e può formare oggetto di speciale condizione. A) Iusiurandum voluntarium si chiama quello che una persona deferisce a un'altra allo scopo di decidere una lite presente o anche futura tra di loro; differisce dal iusiurandum in iure per il fatto che colui al quale è stato deferito può anche non accettare il giuramento senza alcuna conseguenza svantaggiosa; da ciò la contrapposizione tra iusiurandum necessarium e iusiurandum voluntarium; chi presta il giuramento, conformemente al suo risultato, può avvalersi di un'actio in factum o di una exceptio, secondo che il giurante accampi una pretesa o si difenda da una pretesa altrui. Tanto al iusiurandum voluntarium quanto al iusiurandum necessarium si assegna la funzione di evitare o risolvere una lite, e il carattere quasi di transazione, equiparandolo anche alla res iudicata. B) Giuramento promissorio o confirmatorio si chiama quello che serve rispettivamente a costituire una obbligazione o a confermare una obbligazione inefficace. Dubbia è però la portata di tale giuramento nelle varie epoche del diritto romano; ancora in epoca classica il giuramento dello schiavo di eseguire una prestazione di opere al patrono dopo la manomissione è causa civile di obbligazione, ma si discute se si tratti di eccezione o non piuttosto di residuo storico di un ordinamento primitivo, in cui la promessa giurata avrebbe avuto in generale l'efficacia di costituire qualsiasi rapporto di obbligazione; non mancano infatti autorevoli scrittori che fanno derivare dal giuramento la sponsio, da cui è derivata la stipulatio, che è la fonte tipica di obbligazione nel diritto romano. Dubbio è anche se la c. 1 del Cod., II, 27, si adversus, la quale ammette che con il giuramento si possa confermare l'obbligazione nulla del pupillo, non sia stata modificata da Giustiniano. C) Condicio iurisiurandi è la condizione imposta all'erede o al legatario da parte del testatore di giurare di eseguire una determinata prestazione a favore di un terzo, il giuramento però non aveva efficacia giuridica: l'erede o il legatario era tenuto a giurare per acquistare il lascito, ma non era soggetto ad alcuna coazione giuridica per adempiere la prestazione giurata. Allo scopo però di evitare che persone di poco scrupolo avessero giurato per acquistare la liberalità, trascurando poi di mantenere la promessa, e d'altra parte persone troppo rigide avessero preferito non giurare per evitare possibili inadempimenti della promessa, il pretore faceva la remissione della condicio, in guisa che l'erede o il legatario acquistavano il lascito anche senza giurare.

Bibl.: E. von Lasaulx, Über den Eid bei den Römern, Würzburg 1844; H. A. A. Danz, Der sakrale Schutz im römischen Rechtsverkehr, Jena 1875; C. Bertolini, Il giuramento nel diritto privato romano, Roma 1886; G. Demelius, Schieds-eid und Beweiseid, Lipsia 1887; T. Kiesselbach, Beitrag zur Lehre vom römischen Eide nach den Fragmenten in den Pandekten, in Jhering's Jahrbüher, Jena 1861, IV, p. 321 segg.; A. Geouffre de Lapradelle, L'évolution historique du serment decisoire, Parigi 1894; R. Hirzel, Der Eid, Ein Beitrag zu seiner Geschichte, Lipsia 1902; Fr. Thudicum, Geschichte des Eides, Tubinga 1911; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1907; L. Debray, Contribution à l'étude du serment nécessaire, in Nouvelle Revue historique ecc., XXXI (1908), pp. 125, 344, 437 segg.; L. Wenger, Der Eid in der griechischen Papyruskunde, in Zeitschr. Sav. Stift., XXIII (1902), p. 158 segg.; B. Biondi, Il giuramento decisorio nel processo civile romano, Palermo 1913. - Sul giuramento nel diritto greco cfr. E. Cuq, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités gr. et rom., s. v. insiurandum; sul giuramento nel diritto egizio dell'età tolemaica cfr. E. Seidl, Der Eid im ptolemäischen Recht, Monaco 1929; W. Kunkel, Griechische u. ägyptische Elemente im Eidesrecht der Ptolemäerzeit, in Zeitschr. d. Sav. Stift. f. Rechtsgeschichte, LI (1931), p. 229 segg.

Diritto canonico. - Il giuramento nella teologia morale e nel diritto canonico si definisce invocatio nominis divini in testem veritatis. Si distingue in assertorio e promissorio, a seconda che con esso si attesti o neghi la verità di una circostanza, o si confermi un patto o una promessa. Altre distinzioni del giuramento in solenne e semplice, esplicito e implicito, invocatorio o esecratorio, hanno minore importanza. Il giuramento non si può prestare se non: in veritate, cioè con la conformità dell'asserzione col pensiero e con l'intenzione del giurante: in iudicio, cioè con prudenza e discernimento e non senza necessità o grave causa, e in iustitia, cioè per cosa giusta, lecita e onesta.

Il giuramento promissorio prestato liberamente induce un peculiare obbligo di religione ad adempiere la promessa; non produce obbligazione quello estorto con dolo o per errore intorno a circostanze sostanziali e di grande importanza e la cui cognizione anteriore lo avrebbe impedito. È valido quello estorto con violenza o timore grave, ma può essere sciolto dal superiore ecclesiastico. Il giuramento non obbliga se si riferisca ad atto in danno di altri, o in pregiudizio del pubblico bene o della salute eterna. L'obbligo del giuramento può togliersi con l'irritazione, la dispensa, la commutazione, dalle stesse autorità che hanno potestà di farlo per il voto.

Nella procedura giudiziale canonica, il giuramento oltre a essere richiesto ai membri del tribunale (eccetto il vescovo), ai testi e ai periti, è un mezzo di prova. Si può richiedere alle parti, in determinati casi, de veritate dicenda; può deferirsi poi a una di esse nelle tre forme: suppletorio, per integrare una prova semipiena; estimatorio, per la determinazione del danno quando non possa farsi altrimenti; e decisorio, deferito dall'altra parte per farne dipendere la risoluzione della controversia.

Bibl.: J. B. Ferreres, Compendium theologiae moralis, 14ª ed., I, Barcellona 1928, p. 244 segg.; M. Conte a Coronata, Inst. iuris canonici, II, Torino 1931, p. 231 segg.; e in genere i commenti al Cod. iur. can., III, tit. 19°, cap. 2°, e, per quanto riflette il giuramento giudiziale, al lib. IV, tit. 3°, capp. 9° e 10°.

Diritto intermedio. - Sotto l'influenza del cristianesimo e delle idee germaniche, che attribuivano il massimo rispetto alla fede e alla parola data, il giuramento si trova largamente praticato nel Medioevo. Nelle leggi longobarde è annoverato in prima linea tra le prove in materia sia civile sia criminale, e viene prestato con diverse conseguenze giuridiche dall'attore, dall'accusato, dai testi, dai cosiddetti coniuratores. Il giuramento deferito al convenuto ha carattere decisorio; così pure il giuramento di purificazione deferito all'accusato per liberarsi dall'accusa. La pratica processuale italiana, favorita dai canonisti, allarga i casi e le applicazioni del giuramento che tramandava il diritto romano. Si afferma nettamente la figura del iusiurandum suppletorium o in supplementum probationis, appena adombrato nel diritto giustinianeo, per cui il giudice può deferire d'ufficio il giuramento al convenuto qualora l'attore abbia provato semiplene, soprattutto se modica sia la causa e l'actor honestus; cade però in disuso nel sec. XVII, per risorgere poi in talune legislazioni vigenti. Anche il giuramento confirmatorio si allarga: sorti dei dubbî circa l'interpretazione della c. 1 Cod., II, 27, si adversus, Federico I emanò una celebre costituzione (Auth. Sacramenta puberum) la quale attribuì piena efficacia giuridica al contratto nullo, qualora fosse confermato dal giuramento; il diritto canonico, partendo poi dal principio che ogni patto accompagnato da giuramento dovesse essere rispettato, ammise che il giuramento potesse sanare qualunque vizio dell'atto. Questi concetti sono affermati ancora dai giuristi dei secoli XVI e XVII, i quali però elencano i casi in cui il diritto civile può negare efficacia al giuramento. Sulla scorta della tradizione romanistica si mantiene il iusiurandum necessarium, chiamato anche litis decisorium: può essere deferito sia dalla parte sia dal giudice, e importa relevatio ab onere probandi. A cominciare dal secolo XVIII, s'inizia, però, la reazione contro il giuramento, limitandosene l'applicazione e l'efficacia giuridica. Le costituzioni piemontesi del 1770 vietano il giuramento promissorio, e le legislazioni posteriori quello confirmatorio.

Bibl.: A. Bayer, Betrachtungen über den Eid, Monaco 1829; E. Glasson, Histoire du droit et des inst. de la France, Parigi 1887; A. Bethmann-Hollweg, Civilprozess, Bonn 1864-68, IV, p. 27 segg.; V, p. 160 seg.; R. Löning, Reinigungseid bei Ungerichtsklagen im deutschen Mittelalter, Heidelberg 1880; A. Pertile, Storia del diritto ital., Torino 1896-1903; C. Lessona, Teoria delle prove, II, Firenze 1914; F. Schupfer, Il dir. delle obbligaz. in Italia nell'età del Risorgimento, I, Torino 1921, p. 154 segg.; G. Salvioli, Storia della procedura civile e criminale, Milano 1925, I, p. 252 seg.; II, p. 447 segg.

Diritto vigente. - Giuramento della parte nel processo civile. - L'istituto, con un sintomatico passaggio da prova del rapporto giuridico a prova del fatto, è entrato in alcune legislazioni moderne, come risorsa in caso di carenza assoluta di prove, e come mezzo rapido di chiudere la controversia con una decisione almeno formalmente poggiata sulla prova. Nonostante questa funzione pratica dell'istituto è certo che il giuramento della parte, come prova legale, è connesso, nella moderma concezione e disciplina del processo, con un rigoroso rispetto del principio dispositivo, sicché, cadendo o limitandosi i poteri della parte nel processo civile, è destinato a cadere anche il giuramento. Una delle espressioni più tipiche di questa interdipendenza tra giuramento e principio dispositivo sta nella norma (art. 1375 cod. civ. ital.) che condiziona in modo assoluto all'esistenza di un principio di prova (presentato dalla parte) la delazione d'ufficio del giuramento. Oltreché agli evidenti ma forse esagerati da alcuni scrittori, difetti pratici dell'istituto, si deve alla moderna corrente pubblicistica negli studî processuali l'ostilità di una parte autorevole della dottrina alla forza legale del giuramento come mezzo di prova. Non sembra tuttavia che tale ostilità sia giustificata, allo stato presente della dottrina e della legislazione processuale, se almeno non si risolva in un'ostilità sistematica contro tutte le manifestazioni del principio dispositivo. Dal punto di vista pratico il giuramento rende ancora, come prova legale, servigi utilissimi. Il giuramento è stato mantenuto nel Progetto di riforma del codice di procedura civile (art. 225 segg.).

Il giuramento della parte passò nel diritto moderno come mezzo di prova, e ha del mezzo di prova la caratteristica tipica di mezzo di accertamento del fatto. Parte della dottrina tedesca parla del giuramento come di un "surrogato di prova", ma giuridicamente l'affermazione dev'essere respinta. Non può esservi surrogato di prova, ma, se mai, surrogato di una data prova o di un dato sistema di prova, serbando, in ogni caso, il surrogato intatta la sua sostanza e la sua funzione di prova. Perciò, essendo il giuramento una dichiarazione riproduttiva, deve essere considerato un mezzo di prova, e classificato fra quei casi in cui l'affermazione della parte non è sfruttata dall'ordine giuridico come atto d'impulso processuale o come atto di semplice difesa, ma per il suo obiettivo valore probatorio (di testimonianza della parte). Tuttavia il giuramento, in quanto atto compiuto dalla parte con immediati effetti giuridici, ha certo una sostanza negoziale, ma tale aspetto non può essere preso in considerazione nella dogmatica delle prove (per la quale deve prevalere la funzione specifica dell'istituto rispetto alla decisione). Dovrà invece essere tenuto presente nella generale valutazione giuridica del giuramento, come elemento di altissima importanza. Del pari la delazione del giuramento (scartata la teoria che sia un atto di disposizione del diritto privato) può essere intesa come un negozio giuridico processuale, solo ove si considerino atti di disposizione processuale, non solo la delazione del giuramento, ma ogni altra attività della parte nella formazione della premessa minore del sillogismo. Senza che questa concezione turbi la sistemazione che d'altro lato si faccia dei medesimi istituti nel sistema probatorio.

La legge processuale italiana (articoli 1362 segg. cod. civ.; 220 segg. cod. proc. civ.), distingue due forme di giuramento: a) il giuramento deferito dalla parte (giuramento decisorio); b) il giuramento deferito dal giudice (giuramento suppletorio ed estimatorio). a) Il giuramento decisorio può essere deferito dalla parte alla parte per l'accertamento di un fatto, "per farne dipendere la decisione della controversia". Il giuramento deve essere deferito "sopra un fatto specifico proprio di colui al quale si deferisce, ovvero sulla semplice notizia di un fatto". Il fatto da accertarsi non deve essere delittuoso, né attestato da un atto pubblico come eseguito avanti l'ufficiale pubblico che l'ha ricevuto. Quando il fatto sia comune ad ambedue le parti, la parte cui è deferito il giuramento, se non si sia già dichiarata disposta a giurare, può riferire il giuramento alla controparte. L'effetto del giuramento deferito come del giuramento riferito, è quello di chiudere la controversia: il giudice dovrà solo accertare an iuratum sit. Se il giuramento non è prestato, la parte cui è deferito o riferito, soccombe nella domanda o nell'eccezione. Non è ammessa la prova della falsità del giuramento, se non nel processo penale, ai soli effetti penali. Equipollente al rifiuto di giurare è l'ingiustificata mancanza di comparizione nel giorno fissato per il giuramento, equipollente alla prestazione del giuramento è la dispensa di giurare fatta dalla controparte dopo che l'avversario si dichiarò pronto a giurare. Equipollente alla dichiarazione di voler giurare è il mancato riferimento del giuramento deferito. Il giuramento può essere deferito in qualunque stadio della causa, anche se manchi ogni altro mezzo di prova. La formula è stabilita da chi deferisce il giuramento, e se ci sia dissenso, il magistrato stabilisce la formula, nel qual caso però può essere revocato il giuramento deferito. Il giuramento è prestato all'udienza, e solo eccezionalmente può essere ricevuto dal giudice delegato. Non può essere prestato giuramento per mezzo di procuratore. Il magistrato che riceve il giuramento deve ammonire le parti sul valore religioso e morale del giuramento. b) Il giudice può deferire il giuramento a una delle parti per farne dipendere la decisione della lite (giuramento suppletorio) o soltanto per determinare nella condanna la quantità dovuta (giuramento estimatorio). Non può essere deferito il giuramento d'ufficio quando la domanda o l'eccezione siano o totalmente provate o totalmente mancanti di prova. Il giuramento d'ufficio non può essere riferito. Il giuramento estimatorio deve essere deferito dal giudice quando non sia possibile provvedere altrimenti, determinando il giudice sempre la somma limite entro la quale si potrà prestar fede al giuramento. Altri esempî di giuramento d'ufficio si hanno negli articoli 324 e 326 cod. proc. civ. Giuramento decisorio e giuramento d'ufficio hanno in comune le disposizioni processuali.

Bibl.: L. Mattirolo, Trattato di diritto giud. civile, II, 5ª ed., Torino 1931; L. Mortara, Commentario al cod. proc. civ., III, n. 493; G. Chiovenda, Principi di dir. proc. civ., 4ª ed., Napoli 1928; F. Carnelutti, Lezioni di dir. proc. civ., III, n. 235; C. Lessona, Prove, II, 2ª ed., Firenze 1904-09; id., La prestazione del giuramento probatorio, in Studi in onore di Carrara; P. E. Bensa, An iurandum sit: appunti critici del diritto civile italiano, Firenze 1892; F. Strippelmann, Der Gerichts-Eid, Cassel 1859; E. Zimmermann, Der Glaubenseid, Marburgo 1863; G. Kleinfeller, Die gesch. Entwicklung des Thatsacheneides in Deutschland, Berlino 1891.

Giuramento del perito. - V. perito.

Giuramento dei testimoni. - V. testimoni.

Giuramento nel diritto pubblico interno. - È l'atto solenne che accompagna l'assunzione o è condizione di pubblici uffici, l'adempimento di certi doveri, l'acquisto di una posizione giuridica.

a) Re. - L'art. 22 dello Statuto prescrive che il re salendo al trono presti, in presenza delle camere riunite, il giuramento di osservare lealmente lo Statuto. Il giuramento è pertanto atto che accompagna l'assunzione delle funzioni regie senza essere condizione per l'esercizio di queste. Il giuramento dovrà prestarsi appena possibile e in ogni maniera quando sia convocato il parlamento. Il re dopo avere pronunciato la formula del giuramento appone la sua firma su tre originali conservati nell'archivio generale dello stato e in quelli di ognuna delle due camere. Il giuramento del capo dello stato non s'incontra in tutte le costituzioni repubblicane.

b) Reggente. - Per l'art. 23 dello Statuto il reggente prima di entrare in funzione deve prestare il giuramento di essere fedele al re e di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello stato. Quindi esso è condizione per l'assunzione delle sue funzioni.

c) Ministri, senatori, deputati e altre cariche pubbliche. - Per quanto possano avere giurato come senatori o deputati, i ministri debbono prima d'entrare in carica prestare il giuramento. Il giuramento dei senatori e dei deputati è prescritto dall'art. 49 dello Statuto e dev'essere prestato "prima di essere ammessi all'esercizio delle loro funzioni". Il senatore o deputato deve giurare senza riserve e secondo la formula dell'art. 49 dello Statuto, a pena di decadenza (art. 103 testo unico 2 settembre 1928, n. 2438). Così pure decadono i deputati che, salvo legittimo impedimento, non abbiano prestato giuramento entro due mesi dalla convalidazione dell'elezione (art. 104). Del pari prestano giuramento i podestà, i consultori municipali e coloro che sono investiti di pubbliche funzioni. La prestazione del giuramento è condizione per l'esercizio delle funzioni.

d) Funzionari e impiegati dello stato. - L'impiegato di ruolo all'atto di assumere servizio deve, sotto pena di decadenza, prestare il giuramento (art. 6 r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2960); norma questa estesa agl'impiegati comunali c provinciali (decreto-legge, 23 ottobre 1925, n. 2113). I. a mancata fede al giuramento fa incorrere nella revoca dall'impiego (articolo 64 r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2960) e nella destituzione in caso di maggior gravità delle infrazioni (art. 65 legge cit.).

e) Professori universitarî. - I professori di ruolo e i professori incaricati nei regi istituti d'istruzione superiore sono tenuti a prestare giuramento di fedeltà al re e al regime fascista, nonché di non appartenere ad associazioni o partiti che non si conciliino coi doveri del proprio ufficio (art. 18 r. decr. legge 28 agosto 1931, n. 1227).

f) Vescovi. - A norma del concordato dell'11 febbraio 1929 stipulato fra l'Italia e la Santa Sede i vescovi prima di prendere possesso delle loro diocesi prestano giuramento di fedeltà nelle mani del capo dello stato.

g) Militari. - A norma del regolamento di disciplina per il Regio esercito 24 giugno 1929 prestano giuramento di fedeltà al re. Tale giuramento si ripete quando il militare sia promosso ufficiale.

h) Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. - Con r. decr.-legge 4 agosto 1924, n. 1292 convertito in legge 18 marzo 1926, n. 562, i componenti la M. V. S. N., che fa parte delle forze armate dello stato. prestano giuramento di fedeltà al re.

i) Concessione di cittadinanza. - Il decreto reale di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona cui si riferisce non giuri di essere fedele al re e di osservare lo Statuto e le altre leggi dello stato.

Con la legge 30 giugno 1876, n. 3184, è stato tolto al giuramento il carattere essenzialmente religioso che esso aveva sino allora conservato per darvi l'impronta di un solenne atto civile che non esclude per i credenti la considerazione del vincolo religioso.

Per il giuramento falso v.: falso, XIV, p. 760.

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