RAVIGLIO ROSSO, Giulio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)

RAVIGLIO (Ravilio, Ravillio o Ravigli) ROSSO, Giulio

Ginevra Crosignani

RAVIGLIO (Ravilio, Ravillio o Ravigli) ROSSO, Giulio. – Nacque a Ferrara da Giovanni Battista di Paolo, «ufficiale superiore addetto alle munizioni» della casa d’Este, presumibilmente nei primi anni del Cinquecento. Un indizio indiretto è desumibile dalla data della morte del padre nel 1557, all’età di 73 anni attestata dalla lapide mortuaria (Borsetti, 1735, p. 398). Nulla sappiamo del nome della madre, la quale mai è nominata nella sua corrispondenza, né personale né ufficiale. Ignota è l’origine del doppio cognome. In una lettera al duca del novembre del 1561 egli aggiunge per la prima volta Rosso all’usuale Raviglio. Forse la fama letteraria che gli derivò dalla pubblicazione della Storia d’Inghiterra (Ferrara, F. Rossi, 1560) lo incoraggiò a usare da quel momento in poi il doppio cognome (Gabrieli, 1976-1977, p. 393).

La famiglia Raviglio, costantemente afflitta da ristrettezze economiche, dovette la sua fortuna all’impiego di tutti i suoi membri maschili presso la corte estense; per primo Giovanni Battista, cortigiano per oltre cinquant’anni, ma anche il fratello Alessandro e i due figli di lui, Giulio Cesare e Filippo (Guerzoni, 2001, p. 654). La lapide di Raviglio padre rivela che egli fu «praeccellentissimi ingenii, eruditaequae industriae» (Borsetti, 1735, p. 398), il che fa pensare egli sia quel «Giambattista Ravilio» che contribuì a perfezionare uno strumento molto simile al moderno fagotto (Tiraboschi, 1792, p. 1071).

Raviglio fu impiegato dalla corte estense in qualità di diplomatico e informatore del duca, prima di Ercole II e poi di Alfonso II. Fu altresì uno dei segretari di Francesco d’Este (1516-1578), marchese di Massalombarda, fratello di Ercole II. Conosciamo gli itinerari di Giulio dalla sua corrispondenza con il duca, la quale copre il decennio 1552-62 e proviene dalla Germania «dal campo Cesareo» presso Metz, Thionville, Bruxelles (1552-54), dalla Francia da Lione, Saint-Germain, Compiègne (ottobre 1557), Forêt de Millon, Froissy, Parigi (1559-62) e dalla Repubblica di Montalcino, dove egli si trovò al seguito di Francesco d’Este, quando questi fu inviato dal re di Francia (marzo 1557) a difendere il minuscolo Stato creato dai fuoriusciti senesi. Da una lettera del 6 aprile 1553, sappiamo che i servigi di Raviglio furono ricompensati con l’ufficio di «giudice dell’acque» a Ferrara. Solo un paio di anni più tardi, egli rischiò l’impiccagione per aver recato un cartello di sfida da parte di Francesco al cugino don Ferrante Gonzaga, e riuscì a sottrarvisi rifugiandosi ad Anversa, presso il duca Emauele Filiberto di Savoia (Gabrieli, 1976-1977, p. 394 e n. 5). Nel 1559 il duca concesse a lui, e alla sua morte al fratello Alessandro, il possesso di un feudo «con quattro casette di valor di 800 libre in circa posto ne la Contra de la rotta» (Archivio di Stato di Modena, Carteggio di particolari, b. 1186, f. Raviglio, supplica di Raviglio al duca, marzo 1559; lettera di Alessandro al duca, s.d.).

Oltre ai dispacci, qualche informazione biografica ce la fornisce lo stesso Raviglio nell’introduzione a un’opera che egli scrisse a seguito di un viaggio in Inghilterra, dove fu inviato nel 1554 dal duca di Ferrara a scopo gratulatorio per il matrimonio della regina Maria I Tudor con Filippo II di Spagna. L’opera, dedicata alle sorelle del duca Alfonso II, donna Leonora e donna Lucrezia, fu pubblicata a Ferrara presso Francesco Rossi nel 1560 con il titolo I successi d’Inghilterra dopo la morte di Odoardo Sesto fino alla giunta in quel Regno del Sereniss. don Filippo d’Austria principe di Spagna [...] et una Oratione di M. Alberto Lollio nel ritorno di detto Regno all’ubedienza della Sede Apostolica à Principi di quel Consiglio. Commissionata da Francesco d’Este, l’opera intendeva elogiare la restaurazione della fede cattolica in Inghilterra nella persona di Maria Tudor. La narrazione comincia con la malattia e la morte di Edoardo VI (1553), termina con l’acclamazione di Maria a regina e la sua incoronazione, e culmina con il matrimonio spagnolo. Nella Dedica a’ discreti Lettori Raviglio sostiene che I successi furono oggetto di pirateria letteraria, dato che egli ne aveva fatto leggere la bozza a Federico Baoder, il fondatore di quell’Accademia Veneziana sotto i cui auspici l’opera era apparsa anonima due anni prima con il titolo di Historia delle cose occorse nel regno d’Inghilterra, in materia del duca di Notomberlan dopo la morte di Odoardo VI (Venezia, Nell’Academia Venetiana, 1558). Fino a tutto l’Ottocento I successi furono considerati quasi esclusivamente opera di natura compilativa, frutto di appunti e informazioni prevalentemente fornite dall’ambasciatore veneziano Giovanni Micheli, che fu presente alle nozze e che soggiornò in Inghilterra dal 1553 al 1557 (Alberi, 1840, p. 290). Raviglio stesso non manca di rendere merito ai preziosi e «molti avvertimenti» forniti da Micheli, che era stato ambasciatore in Inghilterra dai tempi in cui comincia la narrazione dei Successi. L’ultima parte dell’opera, la quale descrive i costumi e le abitudini dei monarchi inglesi e dei loro sudditi, è pressoché identica a una relazione considerata anonima, dal titolo Ritratti del Regno d’Inghilterra del Tempo della Regina Maria (Alberi, 1840, pp. 381-398). In realtà, anche la paternità dei Ritratti è da attribuirsi a Raviglio, come prova la copia manoscritta dei Successi conservata presso la Biblioteca degli Intronati a Siena (K.X.29), datata «di Ferrara li 10 Ottobre 1555» e «quasi certamente autografa» (Gabrieli, 1976-1977, p. 402), che è seguita da una versione dei Ritratti pressoché identica a quella pubblicata da Eugenio Alberi.

Il 10 luglio 1560 il duca affidò a Raviglio il compito di amministrare le proprietà estensi in Normandia.

Qui egli morì intorno al 1562-63, dato che l’ultima sua lettera conservata nell’Archivio di Stato di Modena è datata Parigi, 3 febbraio 1562. In una supplica al duca, senza data, Alessandro Raviglio dice di aver inteso che «detto Giulio è morto in Normandia, a servizio di V. Ecc.tia», mentre in una lettera del 5 marzo 1562, Alfonso II dice di essere a conoscenza del fatto che egli era stato «fatto prigione», ma «poi liberato». Queste, dunque, sono le ultime notizie che possediamo di Raviglio.

Le fonti a stampa – a partire da Marcantonio Guarini (1621, p. 30) – sostengono che Raviglio fu mansionario della cattedrale di Ferrara e che vi fu seppellito. Tuttavia, la cattedrale non conserva alcuna lapide, né dalle Iscrizioni sepolcrali e civili di Ferrara di Cesare Barotti (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Cl. I, 190 e 528) risulta che egli vi sia stato sepolto. Luigi Ughi (1804, p. 125) lo definisce «prete» e «mansionario» della cattedrale di Ferrara. Tuttavia, la sua fonte è Guarini, il quale non dice quasi nulla di Raviglio. Inoltre, in una sua lettera al duca di Ferrara, non datata, egli accenna alla possibilità di nominare fedecommesso «uno dei miei figli», il che esclude che egli fosse sacerdote, a meno che non si intenda con ‘prete’ il possessore di un beneficio ecclesiastico minore, il quale avrebbe imposto a Raviglio il celibato, ma non l’astinenza. Queste fonti, dunque, al contrario di Ferrante Borsetti, che fornisce i dettagli dell’incisione sepolcrale del padre di Raviglio, non sembrano molto attendibili; né sembra credibile che un modesto mansionario, o ecclesiastico godente un beneficio minore a Ferrara, vi fosse trasportato dalla Normandia per essere sepolto nella cattedrale (Gabrieli, 1976-1977, p. 393).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Modena, Carteggio di particolari, b. 1186, f. Raviglio; Cancelleria sez. estero, Carteggio ambasciatori, Germania, b. 16; Cancelleria sez. estero, Carteggio ambasciatori, Francia, bb. 53-54; Archivio di Stato di Ferrara, Saracco Battista, n. 493, 31 s.; Indice 1524-63; M. Guarini, Compendio historico dell’origine, accrescimento [...] delle Chiese di Ferrara, Ferrara 1621, p. 30; F. Borsetti, Historia Almi Ferrariae Gymnasii…, II, Ferrariae 1735, p. 398; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana [...] riveduta corretta ed accresciuta dall’autore, III, 7, Modena 1792, p. 1071; L. Ughi, Dizionario storico degli uomini illustri ferraresi, II, Ferrara 1804, p. 125; E. Alberi, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, s. 1, I, Firenze 1840, pp. 290, 381-398; V. Gabrieli, Una fonte italiana della History di J.A. Froude: G. R.R., in Studi inglesi, 1976-1977, nn. 3-4, pp. 391-409; G. Guerzoni, Le corti estensi nella Devoluzione del 1598, in Lo Stato di Modena. Una capitale, una dinastia, una civiltà nella storia d’Europa, a cura di A. Spaggiari - G. Trenti, II, Roma 2001, p. 654.

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