POMPONIO LETO, Giulio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

POMPONIO LETO, Giulio

Maria Accame

POMPONIO LETO, Giulio. – Nacque probabilmente a Diano (oggi Teggiano) in Lucania nel 1428, anche se alcune fonti collocano la sua nascita in una località della Calabria (Lovito, 2002, pp. 11-13; Accame, 2008, pp. 23 s.; Dixon, 2010a; Didier, 2011), figlio illegittimo di Giovanni Sanseverino conte di Marsico e fratello minore del notissimo Roberto, principe di Salerno. Si è discusso molto intorno al suo vero nome, ma non si può affermare nulla di certo in base alla documentazione esistente (Dykmans, 1988, p. 78; Zabughin, 1909, pp. 1-5; Accame, 2008, pp. 27-31). Il nome maggiormente attestato dagli allievi è Pomponius Laetus, a cui viene spesso aggiunto Iulius (così Marco Antonio Sabellico, Michele Ferno, Pietro Marso).

La sua fama è legata soprattutto all’insegnamento nello Studio romano e alla fondazione e direzione della prima e della seconda Accademia, i cui soci erano intenti al recupero e alla celebrazione del mondo antico in tutti i suoi aspetti. Pietro Marso e Michele Ferno, che scrissero un’orazione in occasione della morte del maestro, ricordano il magistero di Pomponio «communis et doctor et magister» e i suoi meriti nell’aver ricondotto all’originaria dignità e purezza la lingua latina inquinata dai barbarismi (Marso, in Dykmans, 1988, p. 80 n. 70; Ferno, in Fabricius, 1859, p. 629). Entrò per volere di Paolo II in albo doctorum e nel 1464-65 successe come professore di eloquenza a Pietro Odo, che era improvvisamente venuto meno (Marso, in Dykmans, 1988, pp. 81 s. n. 73). Il suo primo insegnamento durò probabilmente fino al 1466 o al 1467.

Nel 1467 era a Venezia, precettore dei figli di due famiglie nobili, i Contarini e i Michiel. Fu proprio questa sua attività di istitutore privato a destare un’accusa di sodomia nei suoi confronti, alla quale si aggiunsero successivamente quelle di congiura, eresia ed empietà. Secondo Vladimiro Zabughin non siamo certi dell’effettivo coinvolgimento di Pomponio nella congiura contro Paolo II, mentre le accuse di eresia ed empietà sono a suo avviso del tutto infondate. Nel 1468 l’umanista fu imprigionato con altri membri dell’Accademia, tra i quali il Platina (Bartolomeo Sacchi), in Castel Sant’Angelo e nel 1469 (prima di maggio) venne rilasciato a causa della mancanza di prove. Nella ricostruzione della congiura Paola Medioli Masotti (1982, pp. 189-201) individua nella trama degli accademici elementi che confermerebbero l’alleanza con altri principi e probabilmente con il Turco per destabilizzare il potere pontificio.

Nel 1470, dopo la scarcerazione, Pomponio fu reintegrato nel suo insegnamento allo Studium che tenne per ventotto anni fino alla morte (1498). Questo lungo periodo di attività fu interrotto da un grande viaggio nell’Europa orientale, attraverso la Germania, la Russia, il regno turco e l’Ungheria (1480) e dalla rapida visita all’imperatore Federico III (1482-83), il quale gli conferì il diritto di incoronare poeti nel dies natalis di Roma (Zabughin, 1909, pp. 193-197; Bracke, 1989, pp. 293-299). Giovanni Mercati (1925, pp. 82-83) ed Ed­ward L. Bassett (Basset - Delz - Dunston, 1976, p. 380), seguiti da Aldo Lunelli (1987, p. 194), pongono il primo viaggio, l’iter Scythicum, nel 1472-73 e il secondo, l’iter Germanicum, negli anni 1479-83.

Zabughin (1906, pp. 223-225) riconosce nell’insegnamento di Pomponio tre periodi. Il primo, che va dal 1469-70 (quando Pomponio ritornò probabilmente alla cattedra dopo la prigionia) fino al 1480 (data del grande viaggio in Oriente) può definirsi critico-esegetico: attese al commento dei poeti antichi, soprattutto gli epici (anche se nel 1470-71 curò l’edizione di Nonio e di Varrone). Nel secondo (1480-84) gli interessi di Pomponio furono rivolti a questioni di carattere filologico-glottologico: nel corso di vari anni accademici commentò il De lingua Latina di Varrone. Non risalgono però a questi anni alcuni dei suoi principali manuali di grammatica, composti prima dell’imprigionamento, nel 1468 (Ruysschaert, 1954, pp. 98-107; Ruysschaert, 1961, pp. 68-75; Bianchi - Rizzo, 2000, pp. 638-649). Il terzo periodo che va dal 1484 al 1498 (anno della morte) risulta dominato dall’interesse storico-archeologico.

Paola Piacentini (2007) ha dimostrato, in base alla tipologia della scrittura e all’esame della tradizione manoscritta, che cinque manoscritti risultano composti in un periodo anteriore al 1470 e probabilmente al processo (1468): contengono le Silve e l’Achilleide di Stazio (Roma, Biblioteca Vallicelliana, Mss., C.95); Lucrezio (Napoli, Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III, Farnesiano IV. E. 51, scritto ed emendato a Roma nel 1459); Diomede (Vat. Chig. L.VI.203), Quintiliano (Vat. lat. 3378), Ditti Cretese (Vat. Ottob. lat. 1956). Questi codici dovevano essere serviti allo studio personale di Pomponio, che li avrebbe utilizzati successivamente nel corso del suo insegnamento: per esempio, il codice di Quintiliano fu annotato di nuovo da Pomponio quando lesse e commentò l’Institutio nello Studium dopo il 1473.

Risalgono al primo periodo i codici della serie Mazzatosta, tutti autografi di Pomponio tra i quali alcuni sono stati decorati da Bartolomeo Sanvito e da Gioacchino De Gigantibus (cfr. Bianchi, 1980-81; Maddalo, 1991), scritti per il giovane Fabio Mazzatosta. A questi vanno aggiunti i codici ciceroniani, importanti per la storia degli studi greci di Pomponio, il Vat. lat. 3233, autografo, e il Vat. lat. 3229, parzialmente autografo, collocati da Giovanni Muzzioli (1959, pp. 348 s.) nel decennio 1470-80 e in cui si riscontrano interventi di Pomponio successivi al 1480.

A un periodo successivo al 1480 risale probabilmente il famoso codice di Virgilio (Vat. lat. 3255: Georgiche e opere dell’Appendix) copiato da Paolo Emilio Boccabella, rubricato da Bartolomeo Sanvito e decorato da Gaspare Romano (Piacentini, 2007, p. 129 n. 94; Abbamonte, 2012, pp. 130 s.). Del commento a Virgilio sono tradite redazioni diverse conservate in vari manoscritti (Lunelli, 1983 e 1987; Intuizioni esegetiche di Pomponio Leto..., 2008; Stok, 2009). Sul commento alle Bucoliche, tramandato nel codice Canoniciano class. lat. 54 della Bodleian Library di Oxford e nell’edizione uscita a Brescia nella tipografia di Bonino Bonini in due tomi nel 1490, si è soffermato di recente Fabio Stok (2014). La stampa bresciana è un’edizione pirata (Lunelli, 1983, pp. 311-316): Pomponio protestò in una lettera ad Agostino Maffei (edita nel suo Sallustio, Roma, E. Silber, 1490), dichiarando che non voleva che le sue annotazioni, materiali di scuola che servivano all’insegnamento, fossero pubblicate.

A cavallo tra il secondo (1480-84) e il terzo periodo troviamo il famoso commento al De lingua Latina di Varrone (libri V-VII), frutto del corso tenuto nel 1484-85 allo Studio, tramandato nei dictata originali degli allievi conservati nei codici Vat. lat. 3415 ed Escurialense g.III.27. Altri testimoni (sette) di corsi varroniani tenuti da Pomponio in anni accademici diversi sono accuratamente descritti da Virginia Brown (1980, pp. 467-474; Accame, 2008, pp. 124-146). L’opera di Varrone doveva attirare Pomponio, oltre che per i problemi connessi alla storia della lingua latina, anche per gli svariati interessi antiquari che prendevano in considerazione gli istituti, la società e la vita in genere del mondo romano.

Appartengono al terzo periodo dell’insegnamento (1484-98) il corso su Floro, che può considerarsi uno dei primi manuali di storia romana, e quello su Ovidio (Vat. lat. 3263, 3333; Ottob. lat. 1496). Dopo il 1484 Pomponio cominciò a concepire l’idea di un’opera storica e iniziò a raccogliere il materiale che sarebbe servito alla stesura dei Caesares ovvero del Romanae historiae compendium ab interitu Gordiani Iunioris usque ad Iustinum III.

Sono importanti per lo studio di quest’opera le annotazioni autografe presenti nei margini del codice di Claudiano (Carmina), il Vat. lat. 3311, e in quelli di un esemplare dell’editio princeps del poeta (Vicenza, Jacobus Dusensis, 1482, Biblioteca apostolica Vaticana, Inc. III 19; De raptu Proserpinae, Carmina maiora) che rappresentano i lavori preparatori del maestro (Muzzioli, 1959, p. 349; Gionta, 1997; Accame Lanzillotta, 1998). Tra gli storici consultati da Pomponio per i Caesares ebbe un ruolo particolarmente importante Sallustio, di cui ci sono tramandati alcuni esemplari dell’edizione stampata da Eucario Silber nel 1490 e una copia dell’edizione del 1481 nell’incunabolo II.111 della Biblioteca apostolica Vaticana, che presentano annotazioni di Pomponio. In uno degli esemplari dell’edizione del 1490, l’incunabolo Rossiano 441 della Biblioteca Vaticana, sono inseriti due fascicoletti che recano note autografe di Pomponio dal contenuto storico antiquario (Farenga, 2003; Ulery, 2003; Osmond, 2003; altri incunaboli dell’opera di Sallustio con commento di Pomponio sono stati rinvenuti da Osmond, 2011).

Gli interessi storico-antiquari di Pomponio, rivolti allo studio delle antiche magistrature romane, si ritrovano nel De magistratibus, sacerdotiis, iurisperitis et legibus ad M. Pantagathum libellus, che è in gran parte un rifacimento del De Romanorum magistratibus del canonico Andrea Fiocchi. L’attenzione per la topografia e le antichità di Roma si accentua negli ultimi anni (dopo il 1484). A questo periodo risalgono i cosiddetti Excerpta, i continui ritocchi alle Stationes quadragesimali ieiunio e al catalogo delle quattordici regioni di Roma, la raccolte di altre epigrafi nella casa del Quirinale fino alla morte. Gli Excerpta a Pomponio dum inter ambulandum cuidam domino ultramontano reliquias ac ruinas Urbis ostenderet (Codice topografico, IV, 1953, pp. 421-436) consistono nel resoconto di una passeggiata che Pomponio fece in compagnia di un allievo, probabilmente il «dominus ultramontanus» menzionato nel titolo, durante la quale il maestro dava spiegazioni relative a monumenti e luoghi della città. Secondo Giovanni Battista De Rossi (1882, p. 56) debbono essere posteriori al 1484, anno della morte di papa Sisto IV.

Risalgono agli anni successivi al 1486 i ritocchi apportati alle Stationes quadragesimali ieiunio, iniziate già nei primi anni del pontificato di Paolo II (dal 1464 circa) e tramandate in due redazioni (la prima è stata edita da Orazio Marucchi, 1909, la seconda da Franciscus Schottus in Itinerarii, 1625). Si tratta di un componimento in versi, che Pomponio cita nella sua Difesa (Carini, 1894, p. 192), in cui è dato l’elenco delle chiese che il pellegrino deve visitare durante la Quaresima per ottenere la remissione dei propri peccati. Il catalogo delle quattordici regioni redatto da Pomponio (con le aggiunte di un ignoto interpolatore, ed. in Codice topografico, I, 1940, pp. 193-258) ci è tramandato in due versioni, di cui la seconda è frammentaria, nel codice autografo Vat. lat. 3394 (altre due versioni con aggiunte e varianti si trovano nei codici Vat. Barb. lat. 28 e Marciano lat. X.195 [3453]). Strettamente collegata allo studio delle antichità di Roma è la collezione di iscrizioni che si trovava nella casa e nel giardino di Pomponio e la silloge epigrafica da lui redatta (Zabughin, 1910-12, pp. 186-194; Magister, 1998, 2003).

Secondo Ferno (in Fabricius, 1859, p. 632) Pomponio sarebbe morto a Roma il 9 giugno del 1498, mentre l’anonimo autore delle vite di alcuni uomini illustri (Vat. lat. 3920), che in molti casi si rivela una fonte attendibile, pone la morte al 21 maggio 1497 (De Nichilo, 1997, pp. 62, 135 s.). La datazione del 1498 è quella maggiormente condivisa (Della Torre, 1903, p. 64; Palermino, 1980, p. 122; Lunelli, 1987, p. 192; ma Carini, 1894, p. 165; Sabbadini, 1933, p. 976, accolgono la data del 1497).

Fonti e Bibl.: Per le fonti (manoscritti, antiche stampe) si veda il sito www.repetori umpomponianum.it. Itinerarii Italiae Rerumque Romanorum libri tres a Francisco Schotto Senatore Antverpiae ex antiquis scriptoribus editi et ab Hieronymo Capugnano O.P.P. aucti, Antverpiae 1625, pp. 505-508 (Stationes); M. Ferno, Iulii Pomponii Laeti Elogium historicum, a cura di G.D. Mansi, in J.A. Fabricius, Bibliotheca Latina mediae et infimae aetatis, VI, Florentiae 1859, pp. 629-632; Excerpta a Pomponio dum inter ambulandum cuidam domino ultramontano reliquias ac ruinas Urbis ostenderet e il Catalogo regionario interpolato, in G.B. de Rossi, Note di topografia romana raccolte dalla bocca di Pomponio Leto e testo pomponiano della Notitia regionum urbis Romae, in Studi e documenti di storia e diritto, III (1882), pp. 49-87 e in Codice topografico della città di Roma, a cura di R. Valentini - G. Zucchetti, I, Roma 1940, pp.193-258; IV, Roma 1953, pp. 421-436; I. Carini, La “Difesa” di Pomponio Leto, in Nozze Cian-Sappa Flandinet, Bergamo 1894, pp. 151-193; O. Marucchi, Basiliques et églises de Rome, Paris-Rome 1909, pp. 62-65 (Stationes); P. Marso, Funebris oratio habita Romae in obitu Pomponii Laeti, in M. Dykmans S.J., L’humanisme de Pierre Marso, Città del Vaticano 1988, pp. 78-85 (il testo alle nn. 69-82); G. Pomponio Leto, Lucrezio, a cura di G. Solaro, con una nota di L. Canfora, Palermo 1993; M. de Nichilo, I «Viri illustres» del cod. Vat. lat. 3920, Roma 1997; G. Pomponio Leto, De Romanis magistratibus, sacerdotiis, iurisperitis, et legibus ad M. Pantagatum libellus; De vetustate Urbis ex Publio Victore, con intr. di P. Crupi, Soveria Mannelli 2003; Lettera di Marcantonio Sabellico a Marcantonio Morosini, a cura di E. Dell’Oro, in M. Accame, Pomponio Leto. Vita e insegnamento, Tivoli 2008, pp. 201-219.

Un’accurata bibliografia su Pomponio si trova in E.L. Bassett - J. Delz - A.J. Dunston, in Cata­logus translationum et commentariorum..., a cura di F.E. Cranz - P.O. Kristeller, III, Washington, D.C., 1976, pp. 382 s.; per la bibliografia successiva R. Bianchi, Pomponius Laetus, in Lexicon des Mittelalters, VII, 1, München 1994, p. 89; P. Piacentini, Note storico-paleografiche in margine all’Accademia Romana, in Pomponio Leto e la prima Accademia Romana, Giornata di studi... 2005, a cura di C. Cassiani - M. Chiabò, Roma 2007, pp. 87-141.

A. della Torre, Paolo Marsi da Pescina. Contributo alla storia dell’Accademia Pomponiana, Rocca S. Casciano 1903, pp. 64, 67-69, 72 s.; V. Ussani, Le annotazioni di Pomponio Leto a Lucano, in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, XII (1904), pp. 366-385; V. Zabughin, L’insegnamento universitario di Pomponio Leto, in Rivista d’Italia, IX (1906), pp. 215-244; Id., Giulio Pomponio Leto. Saggio critico, I, Roma 1909; II, Grottaferrata 1910-12; Id., Scholiastarum Vergilianorum relliquiae in Pomponii Laeti codicibus servatae, Grottaferrata 1911; Id., Julϊj Pomponϊj Lét. Kritičeskoe izslẽdovanie, S. Peterburg 1914; G. Mercati, Per la cronologia della vita di Niccolò Perotti, Roma 1925, pp. 82 s.; R. Sabbadini, Leto, Pomponio, in Enciclopedia italiana, XX, Roma 1933, pp. 976 s.; É. Pellegrin, Le Codex Pomponii Romani de Lucrèce, in Latomus, VII (1948), pp. 77-82; J. 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