GENOINO, Giulio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GENOINO, Giulio

Francesca Brancaleoni

Nacque a Frattamaggiore, presso Napoli, il 13 maggio 1773 da Carlo e Maria Tramontano. Avviato alla carriera ecclesiastica, fu seguito nella sua formazione dal canonico D. Niglio. Nel 1793 fu mandato a Napoli per compiere, oltre agli studi letterari, quelli musicali e scientifici. Ascritto nel clero regio, nel 1797 fu nominato da Ferdinando IV di Borbone cappellano del reggimento "Principe", incarico che tenne fino al 1806, quando, con l'arrivo dei Francesi, passò a servire nella reale segreteria di Stato. Dopo la Restaurazione, divenne ufficiale di carico nel Supremo Consiglio di cancelleria.

Nel 1820, dopo la rivoluzione costituzionale di Napoli, il G. compose la sua unica commedia politica, Il vero cittadino e l'ipocrita, rappresentata con grande successo a Napoli in quello stesso anno dalla compagnia Fabbrichesi al teatro dei Fiorentini e che, dopo la conclusione del governo costituzionale, gli procurò una sospensione dai pubblici incarichi. La questione si risolse dopo molti anni, durante il regno di Ferdinando II, grazie all'interessamento del ministro dell'Interno N. Santangelo: chiamato a occuparsi della censura teatrale, il G. fu poi nominato bibliotecario nello stesso ministero dell'Interno, mantenendo l'incarico finché visse, sebbene, come sottolinea anche un anonimo epigramma dell'epoca, quella biblioteca fosse quasi inesistente.

Socio dell'Accademia Pontaniana e collaboratore di F. Trinchera nella Rivista napoletana, a Napoli il G. fu molto apprezzato per le doti letterarie, anche se la sua produzione, irriflessiva e immemore della storia (secondo un atteggiamento letterario più settecentesco che ottocentesco), non era destinata a restare a lungo nella memoria. La sua prova d'esordio come poeta - un Saggio di poesie (Napoli 1811) che comprendeva odi in settenari di genere metastasiano o, più propriamente, savioliano - era apparsa per i tipi del Monitore delle Due Sicilie durante il regno di Gioacchino Murat ed era stata dedicata a Caterina Saliceti Caracciolo duchessa di Lavello, dama di palazzo della regina Carolina. Seguì Viaggio poetico pe' Campi Flegrei (ibid. 1813), fortunata raccolta di odi in metro vario che, con l'ausilio di note storiche, si soffermano nella descrizione di luoghi di recente interesse archeologico. Della raccolta Poesie scherzevoli e serie (ibid. 1818) fanno parte anche epigrammi, non sempre debitamente brevi e salaci, ma nel complesso gradevoli per la loro spontaneità e correttezza di linguaggio.

Contemporaneamente alle prime esperienze poetiche il G. si era dedicato alle composizioni drammatiche. Rimasto scottato dall'esperienza fatta nel 1820 con Il vero cittadino e l'ipocrita, non tardò a ritrattare gli orientamenti manifestati e scrisse un dramma per collegi, L'amor sociale, nel quale faceva chiara professione di sottomissione al governo borbonico. Fra le altre sue commedie, in generale ritenute mediocri, figurano: La sposa senza saperlo, Le nozze contro il testamento, Nulla di troppo, Il sartore di S. Sofia. Dunque, come dimostra la scarsa riuscita di Giambattista Vico (1824) e di Giambattista della Porta (1824), l'autentica inclinazione del teatro del G. non era né politica né storico-sociale, ma pedagogica; infatti, dopo le Opere drammatiche e liriche (Napoli 1824), apparve l'Etica drammatica per l'educazione della gioventù (ibid. 1827, in 10 volumetti), che raccoglie una produzione teatrale volta a "insinuare la purità morale" nei fanciulli, come ebbe a dichiarare, in una prefazione alla raccolta, lo stesso G., influenzato da analoghi esperimenti pedagogici, in particolare da quello condotto in precedenza da V. Buonsanto con la sua Etica iconologica per formare il cuore de' giovinetti (ibid. 1808). L'Etica drammatica del G. consiste in una serie di apologhi dedicati alle virtù, concepiti per la recitazione dei giovanissimi e pertanto morigerati al punto da escludere amori, delitti ed eroismi, senza mai mescolare personaggi maschili e femminili (i drammi sono disposti a coppie, l'uno per i ragazzi, l'altro per le fanciulle): benché drammaturgicamente modesti, questi lavori, efficaci nei dialoghi, sortivano effetti educativi, perché insegnavano quanto meno la correttezza nella pronuncia e nell'uso dei vocaboli, nonché l'espressività nella comunicazione. Dato il successo riscosso, l'opera fu edita numerose volte (vivente l'autore, giunse alla 9ª ed., in 12 volumetti, ibid. 1841-42): infine nel 1862, a Parma, ne fu pubblicata postuma un'edizione in due volumi, comprensiva di tutti i drammi educativi del G., in particolare i più fortunati: La religione; La pietà del povero; La gratitudine; La modestia; La beneficienza; La generosità.

Nel 1834, con la pubblicazione a Napoli della prima Nferta ("strenna", ossia opera contenente poesie e prose di uno o più autori), il G. aprì la serie delle sue opere dialettali, fra le quali numerose le composizioni in versi, più apprezzate di quelle in italiano per la fantasia e la ricchezza di rappresentazione dei vari aspetti della vita, per l'abilità nel plasmare la lingua e per l'assenza di quella licenziosità che spesso si accompagna ai versi in vernacolo. In linea con la tradizione napoletana, il G. si avvaleva del dialetto per deformare giocosamente la realtà, contrapponendo allo spirito faceto una grazia tardivamente settecentesca e una misurata ironia.

La Nferta del 1834, unitamente a quella dell'anno dopo, accostava le composizioni del G. a quelle di altri autori, mentre la Nferta del 1837 era tutta opera sua. Nel 1839 apparve, sempre a Napoli, una commedia in dialetto, La Nferta 'n commedia, seguita da altre due "nferte": Robbe vecchie novegne e nove de trinca. Nferta pe lo Capodanno 1843 (ibid. 1842), comprendente varie poesie tra edite e inedite; e la Nferta contratiempo pe la Pasca de st'anno 1847… Robbe vecchie, nove e nove de trinca. Secunno tomo (ibid. 1847). Dello stesso periodo sono due opuscoletti: Lo viaggio a Palermo ncoppa a lo Nettuno (Palermo 1845), e A lo sì d. Filippo Cirelli, pe lo bello juorno de lo nomme sujo, senza data e in foglio volante costituito da 46 sestine su un viaggio lungo la "strata nova de fierro de Caserta", precedute da una lettera di dedica al Cirelli datata 14 maggio 1844. Ancora alla produzione dialettale appartengono Ncoppa a la cristituzione (1848, in foglio volante), dialogo in prosa fra il G. e il suo servitore; Nferta e strenna per l'anno 1856 (Napoli 1855), divisa in poesie napoletane e italiane, fra cui: il Lamiento de lo rilorgio de lo Mercatiello a chi tene voce ncapitolo, ritenuto il capolavoro della sua produzione dialettale; e, tra i componimenti in lingua, il capitolo In morte di V. Buonsanto. Frequente fu inoltre la presenza di suoi versi in strenne, nuovi giornali o raccolte d'occasione.

Il G., che nel 1848 aveva svestito l'abito talare, morì a Napoli per una congestione cerebrale l'8 apr. 1856.

Fonti e Bibl.: A. Giordano, Memorie istoriche di Frattamaggiore, Napoli 1834, pp. 275 s.; G. Conestabile della Staffa, Sull'Etica drammatica di G. G., Perugia 1845; M. Da Giunta, Antologia epigrammatica italiana, Firenze 1857, pp. 84-87, 294-299; P. Martorana, Notizie biogr. e bibliografiche degli scrittori del dialetto napolitano, Napoli 1874, pp. 228-237, 392; C. De Ferrariis, Cenni biogr. intorno a G. G., in Atti dell'Accademia Pontaniana, XIX (1889), pp. 153-157; C. Tivaroni, Storia critica del Risorg. italiano. L'Italia durante il dominio austriaco (1815-1849), III, Torino 1889, p. 133; L. Morandi, Prose e poesie ital. scelte e annotate, Città di Castello 1892, pp. 340, 746; L. De Mauri, L'epigramma ital. dal risorgimento delle lettere ai tempi moderni, Milano 1918, pp. 249 s.; B. Croce, Aneddoti di varia letteratura, III, Napoli 1941, pp. 112 s.; Id., L'"Etica drammatica" di G. G., in La Critica, XL (1942), pp. 219-228; A. Fiocco, Scene e concetti di un educatore napoletano, in Riv. ital. del teatro, VI (1942), pp. 187-190; M. Sansone, La letteratura a Napoli dal 1800 al 1860, in Storia di Napoli, IX, Napoli 1972, pp. 528-533; Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XX, col. 493.

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