DELLA ROVERE, Giulio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)

DELLA ROVERE, Giulio (Giulio da Milano)

Ugo Rozzo

Nato a Milano, sembra nel 1504, da Stefano e da Caterina de Omazo (od Omaggio) e battezzato come Giuseppe, tra il 1520 e il 1522 entrò tra gli eremitani di s. Agostino, dove assunse il nome di Giulio. Sappiamo che studiò a Padova nel 1527-28 e ancora nel 1530-31, mentre nel 1529 e poi dalla seconda metà del 1531 al 1533 risiedette nel convento di Bologna, dove col grado di lettore insegnò filosofia e teologia. Qui, insieme al confratello Geremia (Lando) da Milano - cioè il ben noto Ortensio Lando - probabilmente per influsso dell'altro eremitano, maestro Ambrogio Cavalli, venne a condividere le posizioni di Erasmo ed entrò anche in contatto con il gruppo erasmiano, che si andava organizzando allora in città con a capo Eusebio Renato, Giovan Angelo Odoni e Fileno Lunardi (alias Camillo Renato).

Tra il 1533 e il 1535 risiedette nel convento di S. Agostino di Pavia, dove dall'inizio del 1534 fu anche reggente degli studi e dove iniziò o forse riprese un rapporto di amicizia col maestro Agostino Mainardi, allora priore dell'altro convento eremitano di Pavia, S. Mustiola; e questa vicinanza non fu senza conseguenze per le future scelte riformate del Della Rovere. Nel frattempo il D. aveva concluso i suoi studi di teologia conseguendo il grado di maestro. Aveva cominciato a predicare intorno al 1530, ma pare che solo verso il 1536-37 abbia palesato posizioni dottrinali di adesione alle idee della Riforma protestante. Gli anni prima del 1540 sono un po' controversi relativamente all'ordine di alcune importanti predicazioni; pare comunque di poter ricostruire questa sequenza: nel 1537 quaresima a Tortona, nel 1538 quaresima a Bologna, nel 1539 quaresima a Monza. Nel 1538, mentre era reggente degli studi nel convento di S. Giacomo di Bologna, predicò dunque un quaresimale che vide un grande concorso di ascoltatori, ma suscitò anche violente reazioni per le posizioni dottrinali espresse dal Della Rovere. Si aprì contro di lui, prima che la quaresima fosse terminata, un procedimento inquisitoriale che determinò intanto la sua espulsione dalla città il giorno di Pasqua (21 aprile) e, a quanto pare, non ebbe più gravi conseguenze, anche per un intervento papale a suo favore. Comunque nell'inverno 1538-39 il D. era di nuovo a Bologna mimetizzato sotto abiti laici, nascondendosi in casa di un simpatizzante, il medico Prospero Calani. Riabilitato, predicò la quaresima 1539 a Monza, ma non riuscì a condurla a termine, dato che ricadde nelle solite proposizioni di dubbia ortodossia; nel giugno 1540 tutto pareva però superato e il generale G. Seripando gli riconfermò la licenza di predicatore. Tuttavia nell'agosto di quello stesso anno il D., allora reggente degli studi nel convento di S. Marco e il maestro Ambrogio Cavalli, priore dello stesso convento, rinunciarono ai loro incarichi in aperta polemica col generale dell'Ordine, per le decisioni repressive da lui assunte nei confronti dei frati novatori. Comunque il D. predicò l'avvento del 1540 a Trieste, dove era stato chiamato dal vescovo Pietro Bonomo, simpatizzante per la Riforma: una parte dell'uditorio era decisamente a lui favorevole, mentre gli si opponevano i canonici dei quali egli aveva ripreso i comportamenti non convenienti. Nonostante i contrasti, ottenne il permesso di recarsi a Venezia a predicare la quaresima del 1541 nella chiesa di S. Cassiano. La predicazione veneziana del D., che nel frattempo risiedeva in casa di Celio Secondo Curione, fu decisamente dirompente, anche se i due volumi a stampa (Prediche [Basilea, ante ottobre 1547]) che ci hanno conservato questo quaresimale non ne sono certo una trascrizione fedele, ma devono avere subito una esplicitazione dei motivi religiosi riformatori, essendo stati pubblicati quando la rottura del D. con Roma era oramai irreversibile. Si tratta comunque del primo e quasi unico testo che contenga il quaresimale completo di un predicatore che aveva fatto parte della Riforma italiana.

Incarcerato per ordine del nunzio alla fine della predicazione (il 19 aprile, martedì dopo Pasqua), il D. subì il primo grosso processo che ci rimanga della storia, inquisitoriale veneziana. Dai libri sequestrati al momento dell'arresto e dai costituti del processo risulta che il frate possedeva o comunque aveva letto non solo diversi testi di Erasmo, ma anche Brunfels, Pellikan, Bullinger e poi Calvino, Melantone e Bodius.

Il processo dimostrerà la sua azione di proselitismo di tendenza eterodossa verso ambienti religiosi e laici e alla fine sarà costretto ad una pubblica abiura dei suoi errori dottrinali il 15 genn. 1542; condannato ad un anno di carcere e nonostante che per la sua liberazione si fossero mossi personaggi importanti come il card. Benibo, il D. riuscirà ad uscire dalla prigione solo con la fuga, dopo che ormai era scaduto l'anno di condanna, nel febbraio 1543. Esattamente un anno prima era stato espulso dall'Ordine, insieme al confratello Agostino Mainardi.

Negli anni italiani del D. dobbiamo rilevare che caratteristica rilevante e non comune nella sua attività di predicatore "criptoriformato" è la capacità di raccogliere intorno a sé e di animare vere e proprie comunità di "nuovi credenti": abbiamo dati più o meno espliciti ed ampi a questo riguardo in relazione alle successive presenze a Bologna, Trieste e Venezia. A Trieste in particolare la "fabbrica" a cui lavorava e nella quale erano inseriti i membri della'nuova comunità aveva certamente interessato da vicino lo stesso vescovo Bonomo; a Venezia era un nutrito gruppo di esponenti delle più nobili famiglie della Serenissima ad appoggiare e a garantire, anche finanziariamente, il Della Rovere. Inoltre una fitta corrispondenza, tra l'altro certamente nota solo in parte, metteva in contatto il D. con "correligionari" o simpatizzanti laici e religiosi residenti in numerose città italiane: Udine, Vicenza, Ferrara, Asti, Cesena, Ragusa, Pistoia, Padova, Milano e Siena.

Dal momento della fuga dal carcere e per alcuni anni le tracce del D. sono molto labili: possiamo solo ricostruire che pili o meno immediatamente passò in territorio grigione, dove ben presto diventò pastore prima di Vicosoprano, poi, a partire dal 1547, della comunità riformata di Poschiavo e da allora fino alla morte - che lo coglierà nel maggio 1581 a Tirano - eserciterà il suo ministero di ortodosso pastore calvinista nelle citate e in alcune altre località delle Tre Leghe. Per questa ultima fase della sua vita (a parte l'attenta e anche animosa partecipazione alle polemiche che spesso dividevano il mondo dei transfughi italiani per motivi di religione e che vedono talvolta il D. in una posizione quasi di "informatore" di Calvino, non foss'altro per il fatto di essere il pastore delle località per le quali passavano quasi tutti i fuggiaschi al momento del loro abbandono dell'Italia), per quanto più direttamente riguarda la storia religiosa italiana, dobbiamo ricordare un improvviso, ma importante e spericolato ritorno del D. che nei primi mesi del 1551 giunse a Ferrara sotto mentite spoglie per predicare la quaresima alla duchessa Renata e al suo circolo di orientamento calvinista. Nella circostanza, allontanatosi da Ferrara alla fine della quaresima, venne sostituito dalla moglie, che anch'essa svolgeva un'azione di proselitismo nel circolo di Renata, fermandosi nella città fino a Natale.

A parte i due citati torni di Prediche, si deve al D. un volumetto, Opere christiane e catholiche, apparso sotto lo.pseudonimo di Gerolamo Savonese e contenente un gruppo di. lettere, probabilmente scritte mentre il frate si trovava in carcere a Venezia; ma l'opera sua più importante è senz'altro l'Esortatione al martirio. Apparsa in una prima edizione nel 1549 con la falsa indicazione di Trento, sarà ripubblicata a Poschiavo, con l'aggiunta di altri scritti, nel 1552 in una stampa di Dolfino Landolfi, che nella città grigionese, sicuramente con l'aiuto del D., aveva aperto, almeno dal 1549, una tipografia che avrà un ruolo importante nella diffusione di scritti riformati in lingua italiana nel nostro paese. La lettera che dà il titolo al volume veniva infatti ad inserirsi in una lunga e aspra polemica che divideva (e dividerà ancora a lungo) gli esuli italiani per causa di religione tra di loro e spesso li contrapponeva agli stessi riformatori: era il dibattito sul nicodemismo e più in particolare sulla liceità della fuga in tempo di persecuzione; ancora all'inizio del Seicento Fausto Sozzini citerà le posizioni del D. come espressione di un inutile e quasi crudele rigorismo. In realtà il rigore dell'ex frate eremitano era forse più nelle dichiarazioni di principio (e nel titolo) che nello stesso svolgimento del discorso teologico. Del resto la Esortatione al martirio, proprio per gli anni in cui venne composta e pubblicata, deve essere proiettata sullo sfondo delle contemporanee vicende italiane che, di fronte al nuovo inusitato rigore inquisitoriale, vedono da un lato sfaldarsi comunità numerose ed agguerrite come quella di Cremona, dall'altro si prestano al diffondersi di posizioni utopistiche ed esaltate come quelle proposte nello stesso ambiente ferrarese da un Giorgio Siculo.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, S. Uffizio, b. i (processi 1541-1545), fasc. 1: Processus magistri Iuli Mediolanensis; Arch. di Stato di Modena, Archivio Fiaschi, b. 12, fasc. 2, n. 16: Costituto di Ambrogio Cavalli del 12ott. 1555, f. 167v; n. 13 (documenti vari); Roma, Arch. generale degli eremitani, Regesta, Dd, 15, 17-20, passim; B. Fontana, Renata di Francia duchessa di Ferrara, III, Roma 1899, pp. XVII, XXXII, XLII, XLVIII s.; Codex diplom. Ord. S. Augustini Papiae, III, (1501-1566), a cura di R. Maiocchi-N. Casacca, Papiae 1907, pp. 167 s., 173 s.; P. Tacchi Venturi, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, 2, Roma 1950, pp. 122 ss., 326 ss.; Nunziature di Venezia, II, (1536-1542), a cura di F. Gaeta, Roma 1960 in Fonti per la storia d'Italia, XLV, ad Indicem; Hieronymi Seripandi O. S. A. Registrum generalatum, I, 1538-1540, a cura di D. Gutiérrez, Romae 1982, ad Ind.; II, 1540-1542, ibid. 1983, ad Ind.; C. Gesner, Epitome bibliothecae, Tiguri 1555, c. 115r; F. Argelati, Bibl. scriptorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, coll. 753 s.; D. Gerdes, Specimen Italiae reformatae, Lugduni Batavorum 1765, pp. 279 s. (sub voce Julius Terentianus); P. D. R. De Porta, Historiae Reformationis Eccles. Raeticarum, Curiae Raetorum et Lindaviae 1772, passim; G. De Leva, G. da Milano, in Arch. veneto, VII (1874), pp. 235-249; F.H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher, I, Bonn 1883, p. 377; E. Comba, G. da Milano. Processi e scritti, in La Rivista cristiana, XV (1887), pp. 269-277, 304-333, 345-356; Id., G. D., in I nostri protestanti, II, Firenze 1897, pp. 153-182; G. Capasso, Fra' G. da Milano, in Arch. stor. lombardo, XXXVI (1909), pp. 387-402; E. Rodocanachi, La Réforme en Italie, II, Paris 1921, pp. 492-495; A. Tamaro, Assolutismo e municipalismo a Trieste, in Archeografo triestino, s. 3, XVIII (1933), pp. 169-178; J. R. Truog, Die Pfarrer der evangel. Gemeinden in Graubünden..., Chur 1935, pp. 248 s., 269; H. Jedin, Girolamo Seripando, I, Würzburg 1937, ad Indicem; P. Paschini, Venezia e l'Inquisizione romana..., Padova 1959, ad Indicem; A. Rotondò, Per la storia dell'eresia a Bologna nel sec. XVI, in Rinascimento, s. 2, II (1962), pp. 111, 136 s.; K. Chabod, Lo Stato e la vita religiosa a Milano..., Torino 1971, ad Indicem; U. Rozzo, Sugli scritti di G. da Milano. in Boll. della Soc. di studi valdesi, 134 (1973), pp. 69-85; E. Ronsdorf, Nuove opere sconosciute di G. da Milano, ibid., 138 (1975), pp. 55-67; U. Rozzo, Incontri di G. da Milano: Ortensio Lando, ibid., 140 (1976), pp. 77-108; Id., Vicende inquisitoriali dell'eremitano Ambrogio Cavalli, in Riv. di storia e di lett. religiosa, XVI (1980), pp. 228-235; Id., Il medico Prospero Calani e le sue amicizie ereticali, in Boll. della Soc. di studi valdesi, 148 (1980), pp. 57 s., 67-71, 76-83; Id., Le "Prediche" veneziane di G. da Milano (1541), ibid., 152 (1983), pp. 3-30.

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