Giuda Iscariota

Enciclopedia Dantesca (1970)

Giuda Iscariota (Scariotto)

Angelo Penna

Apostolo, nominato sempre per ultimo negli elenchi dei dodici perché traditore. E chiamato Iscariota (Scariotto in If XXXIV 62), probabilmente dal nome della località - non identificata - di origine.

Solo nel Vangelo di Giovanni si leggono alcuni particolari, oltre al frequente accenno al tradimento: teneva la cassa comune, che alleggeriva con piccoli furti (Ioann. 12,5); l'avarizia lo spingeva a rilievi acrimoniosi talvolta (ibid.). Su di lui vengono affissi gli occhi durante l'ultima cena, e quando consumò il tradimento consegnando Gesù ai suoi nemici per trenta sicli (Matt. 26,15 ss.). Colpito dal rimorso, restituì la somma scottante, ma, incapace di un atto di umiltà, si abbandona alla disperazione e s'impicca (27, 3-10). Al suo posto fu eletto Mattia (Act. Ap. 1, 15-26).

D. considera G. come l'esempio tipico dell'avaro e soprattutto del traditore. Egli ha venduto Gesù Cristo (Pg XXI 84); la sua arma fu il tradimento (la lancia / con la qual giostrò Giuda, Pg XX 73-74). Rappresenta l'anima ria per eccellenza (If XIX 96). Il suo peccato è considerato gravissimo; fra tutti i dannati nessuno soffre le pene di quest'apostolo traditore, neppure i due traditori di Cesare, ossia Bruto e Cassio, che gli fanno compagnia nel posto più profondo dell'Inferno, tutti e tre maciullati da una delle tre bocche di Lucifero: " Quell'anima là sù c'ha maggior pena ", disse 'l maestro, " è Giuda Scarïotto, / che 'l capo ha dentro e fuor le gambe mena... " (If XXXIV 61-63; cfr. IX 27, XXXI 143). In If XIX 94-96 l'accenno a G. fa parte dell'invettiva contro i simoniaci; gli undici apostoli non pretesero né oro né argento da Mattia quando l'elessero al posto di Giuda. Senza dubbio non è casuale il fatto che G. non sia mai nominato nel Paradiso: il suo ricordo avrebbe costituito una stonatura; a lui è riservato il punto più tetro dell'Inferno.

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