VEGEZZI RUSCALLA, Giovenale

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VEGEZZI RUSCALLA, Giovenale

Antonio D'Alessandri

– Nacque a Torino il 3 dicembre 1799 da Pietro Vegezzi e da Delfina Cottolengo.

Il padre fu intendente del Tesoro imperiale durante il periodo francese e, con la caduta dell’Impero napoleonico, le condizioni economiche della famiglia peggiorarono.

Dopo una prima fase di formazione in una scuola di lingua francese, dunque, Giovenale fu costretto a interrompere gli studi e a cercare un impiego. Dapprima fu per alcuni anni alla direzione generale delle Poste. Nel 1823 entrò alla segreteria di Stato agli Esteri. Negli anni seguenti, secondo alcune testimonianze, fu incaricato dal governo sabaudo di compiere missioni all’estero come agente del servizio segreto. Nel corso del 1830, dunque, visitò la Transilvania e il Banato, entrando così in contatto diretto per la prima volta con il mondo romeno, cui avrebbe dedicato molte energie per il resto della sua vita. In quell’occasione, come lui stesso avrebbe ricordato più tardi, poté farsi un’idea della lingua romena, per cominciare poi a studiarla e conoscerla.

Nel 1835 fu trasferito alla segreteria all’Interno. Nel 1836 sposò Felicita d’Alessandri, della famiglia Ruscalla della Piova, con la quale ebbe due figlie, Emerenziana e Ida. Nel 1839 passò alla direzione generale delle Carceri e iniziò a occuparsi dei problemi degli istituti penitenziari, sia come amministratore sia contribuendo al dibattito allora in corso in Piemonte. Nel 1840 ottenne di poter aggiungere al suo cognome quello dei Ruscalla, per evitare l’estinzione di quel casato, ma anche per ragioni ereditarie. Due anni dopo partecipò alla fondazione dell’Associazione agraria, iniziando così a occuparsi pure di questioni riguardanti l’agricoltura. Dal 1850 divenne ispettore generale dei penitenziari. In virtù di questa sua attività, Vegezzi Ruscalla dedicò vari studi al sistema carcerario, proponendo riforme ispirate a principi di umanità. Il suo impegno in questo ramo dell’amministrazione sabauda terminò nel 1857 con le dimissioni in polemica con il ministro dell’Interno, Urbano Rattazzi, circa i contenuti della nuova legge carceraria approvata quello stesso anno.

Vegezzi Ruscalla poté così dedicarsi a tempo pieno agli studi, svolti sempre da autodidatta. Fu traduttore da molte lingue, etnografo, filologo e pubblicista e restò sempre attivamente impegnato nei dibattiti politici e culturali dell’epoca. Simpatizzante dello schieramento liberale moderato subalpino, fu vicino alla cerchia del conte Camillo Benso di Cavour, del quale condivise e sostenne la politica nella fase cruciale di modernizzazione ed espansione del Regno di Sardegna, mentre la sua primogenita, Emerenziana, sposò nel 1855 Costantino Nigra.

Le rivoluzioni europee del 1848 furono il tornante decisivo nell’attività intellettuale di Vegezzi Ruscalla, il momento in cui, similmente alla maggior parte dei liberali e dei democratici, egli pensò che fosse giunto il momento del riscatto politico delle nazioni e di una complessiva rigenerazione dell’Europa. L’impegno in favore della nazionalità romena, della cui latinità egli fu tenace propugnatore, andò intensificandosi proprio a partire da quell’anno.

Sostenne in vari scritti che la rigenerazione delle nazioni dovesse avvenire con la formazione di tre grandi confederazioni: latina, slava e germanica, accomunate da lingua e tradizioni comuni, con il compito di garantire la libertà, l’equilibrio, la pace e un armonico sviluppo del progresso europeo. Tali idee furono esposte in articoli su riviste e giornali del Regno di Sardegna, come l’Antologia italiana di Torino e il Corriere mercantile di Genova, entrambi riconducibili all’area liberale moderata. Le tre confederazioni si contrapponevano, secondo Vegezzi Ruscalla, alle cornici imperiali plurinazionali, che non si fondavano sui diritti dei popoli bensì su quelli dei monarchi conquistatori. L’organizzazione confederale, cui tuttavia egli attribuiva carattere decisivo, era la latina, ossia l’unione tra le nazioni francese, italiana, spagnola, portoghese e comprendente anche la quinta e più lontana: la romena.

Nel clima euforico della primavera-estate del 1848, Vegezzi Ruscalla si dichiarò certo della prossima caduta dell’Impero degli Asburgo e auspicò una rapida conclusione di un patto confederale tra le genti latine, prima di tutto per proteggere i romeni e il loro cammino verso la libertà e l’indipendenza, avviato con la rivoluzione nei principati danubiani durante l’estate di quell’anno. Dopo i fatti del Lombardo-Veneto, quell’evento fu, secondo lui, il movimento politico che più riguardava gli italiani. Nel raccontare le rivoluzioni che avvennero in quella che egli chiamò ‘l’Altra Italia’, Vegezzi Ruscalla si sforzò di spiegarne l’importanza non soltanto da un punto di vista politico, ma anche economico e commerciale. L’attenzione per le popolazioni dell’Europa centro-orientale fu al centro anche di altre iniziative da lui concepite, come l’ideazione, insieme ad altri, della Società italo-slava, di orientamento prevalentemente filopolacco, nel marzo del 1849.

Durante gli anni Cinquanta e, in particolare, nel corso della guerra di Crimea, l’attenzione del pubblico europeo s’indirizzò verso il problema dell’unione dei principati di Moldavia e Valacchia. Vegezzi Ruscalla fu molto attivo anche in quella fase. Oltre alla continua attività culturale di carattere linguistico e letterario, nel 1859 si impegnò per preparare al meglio la missione a Torino del poeta e uomo politico moldavo Vasile Alecsandri, inviato nelle capitali dell’Europa occidentale per perorare la causa del riconoscimento della doppia elezione (sia in Moldavia sia in Valacchia) del principe Alexandru Ioan Cuza. A questo scopo Alecsandri, che allora era ministro degli Esteri, si recò in primo luogo a Parigi e a Londra, poi a Torino e di nuovo nella capitale francese, dove ebbe diversi incontri con Nigra, che si impegnò affinché la missione presso la corte sabauda riuscisse pienamente. Grazie all’impegno di Vegezzi Ruscalla e ai buoni uffici di Nigra con Cavour, Alecsandri ebbe l’opportunità di incontrare Vittorio Emanuele II ed esponenti del governo, come Alfonso Ferrero della Marmora, oltre naturalmente al primo ministro e responsabile degli Esteri, Cavour.

Nel 1860 Vegezzi Ruscalla fu eletto deputato alla Camera subalpina e, l’anno successivo, a quella del Regno d’Italia. La sua attività parlamentare non fu particolarmente importante, mentre quella in favore della nazionalità romena si intensificò sempre più. All’inizio del 1862, fu pubblicata a Torino in traduzione italiana l’opera L’indipendenza costituzionale della Transilvania dello storico romeno Alexandru Papiu Ilarian. L’operazione editoriale fu sostenuta e promossa dallo studioso subalpino che, nella prefazione, auspicava l’unione di tutte le terre romene al nucleo dei principati uniti. L’intensa attività di studio della lingua, della storia e della cultura romene, svolta sulle principali riviste italiane, fece ottenere a Vegezzi Ruscalla l’incarico, da parte del governo di Bucarest, di tenere un corso libero di lingua, letteratura e storia romena all’Università di Torino dal 1863 al 1879. Inoltre, al fine di dare maggiore efficacia a tutta questa attività scientifica e culturale, nel 1864, sempre a Torino, egli contribuì alla nascita della Società internazionale neolatina, trasformazione ed evoluzione della Società nazionale italiana di Daniele Manin e Giuseppe La Farina. Nel 1865, su proposta del ministro della Pubblica Istruzione, Vegezzi Ruscalla ottenne il titolo di dottore aggregato presso la facoltà di filosofia e lettere dell’Università di Torino. Da quel momento in poi si dedicò esclusivamente agli studi, risiedendo nella città natia. Nel 1869 fu nominato membro onorario dell’Accademia romena. Per i suoi meriti culturali, il governo di Bucarest lo nominò console generale di Romania a Torino nel 1881.

Morì a Torino il 29 dicembre 1885.

Il fratello minore, Francesco Saverio (1805-1888), giurista e avvocato, fu ministro delle Finanze nel terzo e, solamente per pochi giorni, nel quarto governo Cavour tra il gennaio del 1860 e l’aprile del 1861, e senatore del Regno d’Italia dal 1867.

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