ZENATELLO, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZENATELLO, Giovanni

Giancarlo Landini

ZENATELLO, Giovanni. – Nacque a Verona il 22 febbraio 1876, terzo di tre fratelli; i genitori, Ignazio e Regina, erano panettieri a San Giovanni Lupatoto.

Venne avviato al canto nella città natale sotto la guida del maestro Carlo Zanoni, che identificò nella sua voce le caratteristiche del baritono; e come tale debuttò nel teatro Sociale di Belluno nell’aprile 1898, Silvio nei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo e Alfio nella Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni. Nel gennaio seguente comparve al teatro Mercadante di Napoli nella Mignon di Ambroise Thomas, e in Cavalleria rusticana e Pagliacci; in quest’ultima opera, in marzo, sostenne la parte di Canio per un’improvvisa indisposizione del tenore Adolfo Sarcoli, ravvisando nella propria voce un’autentica natura tenorile. Nel giugno si produsse nel Trovatore di Giuseppe Verdi, Manrico, nel teatro Bellini di Napoli, e nel ruolo eponimo del Faust di Charles Gounod; e in settembre, al Pacini di Catania, varò Il falconiere di Francesco Paolo Frontini, nella parte del protagonista, Alerano.

Zenatello sentì però l’esigenza di perfezionare la sua tecnica di canto con il maestro Giulio Moretti (cfr. The Musical Times, LXIX, 1° novembre 1928, p. 1029). Nei mesi successivi continuò la carriera in alcuni teatri del Sud, il Garibaldi di Cosenza, il Sangiorgi di Catania, il Municipale di Salerno, il Comunale di Siracusa, prima di prodursi a Malta nel 1901 e al São Carlos di Lisbona. Nel 1902 compì la prima tournée in Sudamerica, facendosi conoscere a Rio de Janeiro e a San Paolo del Brasile. Ventiseienne, il 22 dicembre debuttò alla Scala nel ruolo eponimo della Dannazione di Faust di Hector Berlioz, direttore Arturo Toscanini. Un mese dopo fu Init, il dio del mare, nella prima assoluta di Oceana di Antonio Smareglia, e in marzo si trovò al centro di un clamoroso incidente, per aver concesso al pubblico osannante il bis del quintetto È scherzo od è follia in una recita di Un ballo in maschera di Verdi, infrangendo il divieto di bissare imposto da Toscanini, il quale, infuriato, abbandonò il teatro. Alla Scala, il 19 dicembre 1903 fu Vassili nella fortunata prima di Siberia di Giordano, e il 17 febbraio Pinkerton nella disastrosa prima Madama Butterfly di Giacomo Puccini: il 28 maggio seguente, al Grande di Brescia, concorse alla trionfale rivincita nella versione riveduta dell’opera, particolarmente apprezzato dal compositore, che in quell’occasione aggiunse la romanza del terz’atto, Addio, fiorito asil / di letizia e d’amor. Dopo il debutto al Costanzi di Roma nell’Aida di Verdi, intraprese una nuova tournée nel Sudamerica, e l’8 luglio 1905, al Colón di Buenos Aires, fu protagonista nell’edizione definitiva di Edgar di Puccini.

Nell’autunno 1905 fu Riccardo in Un ballo in maschera al Covent Garden, particolarmente apprezzato dal pubblico e dalla critica londinese per le speciali qualità della voce e il nerbo dell’interpretazione. Seguirono Aida, la prima locale di Madama Butterfly, Mefistofele di Arrigo Boito, Faust, a fianco di cantanti di prima grandezza come il celebre soprano Nellie Melba e un baritono della levatura di Mattia Battistini, mentre il 17 novembre partecipò a un Royal Command nel castello di Windsor. Il felice rapporto con il Covent Garden continuò nel 1906 con Carmen di Georges Bizet, La bohème e Tosca di Puccini, Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea (nel novembre venne invitato per un altro Royal Command a Buckingham Palace). Ritornò nel 1908, quando il 1° luglio debuttò nel ruolo eponimo dell’Otello di Verdi: il Times gli riconobbe che s’era imposto per il vigore dell’interpretazione, pur non possedendo i mezzi vocali di Francesco Tamagno, e tenendo conto che aveva cantato indi­sposto; il 14 luglio fu Raoul negli Ugonotti di Giacomo Meyerbeer accanto a Luisa Tetrazzini ed Emmy Destinn, dimostrando tutta la sua duttilità. Tornò al Covent Garden nel 1909, e per un’ultima volta diciassette anni dopo (giugno 1926) affrontò di nuovo Otello, dominando con l’interpretazione una voce che presentava ormai i segni del declino.

Nella stagione 1906-07, accompagnato dall’eco dei successi londinesi, tornò alla Scala nella Carmen, dove cantò con il mezzosoprano spagnolo María Gay (Barcellona, 12 giugno 1876-New York, 29 luglio 1943), che nel 1913 divenne sua moglie; nella stessa stagione si esibì nella Gioconda di Amilcare Ponchielli e in Aida, e il 15 aprile sostenne la parte di Lionetto nella prima di Gloria di Cilea.

Cantata Aida al Filarmonico di Verona, affrontata con ottimo esito una nuova tournée in Sudamerica (a San Paolo il teatro fu costretto a programmare una recita aggiuntiva di Carmen), nel 1907 fu ingaggiato alla Manhattan Opera di New York, aperta da Oscar Hammerstein; il 4 novembre debuttò nella Gioconda e vi si produsse con gran successo fino alla chiusura del teatro, avvenuta nel 1910 per la concorrenza del Metropolitan. Per quest’ultimo teatro Zenatello cantò solo in aprile 1909 (Madama Butterfly, Aida, Faust, Hänsel e Gretel di Engelbert Humperdinck, Pagliacci), sostituendo l’indisposto Enrico Caruso, ma soltanto nelle città toccate dalla tournée del teatro newyorkese: in questo caso Chicago e Pittsburgh. Alla Manhattan Opera cantò Un ballo in maschera, Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, Pagliacci, Siberia, La bohème, Otello, Aida e, senza gran riuscita, Tannhäuser di Richard Wagner (in francese). Nella stagio­ne 1912-13 lavorò con la Chicago Opera Company. Nel giugno del 1913 ebbe, con la Gay, l’intuizione di allestire Aida nell’anfiteatro romano di Verona, ossia l’Arena, che già nell’Ottocento aveva all’occasione ospitato spettacoli lirici: l’iniziativa, giustificata anche dal centenario verdiano, andò a buon fine, sotto la guida di Tullio Serafin (10 agosto 1913); fu l’avvio di un festival lirico a cielo aperto che divenne poi la più celebre stagione lirica estiva del mondo. Ai primi d’ottobre lui e la moglie ripeterono Aida alla Scala. Nel 1915 fu al teatro Nacional dell’Avana e lavorò con la Boston Company, con la quale cantò la parte di Masaniello in una rara esecuzione della Muette de Portici di Daniel Auber, Tosca, L’amore dei tre re di Italo Montemezzi e Andrea Chénier di Giordano. Nel 1917 fu a Città del Messico, e nella stagione 1917-18 si produsse a Barcellona e Madrid. Nel 1922, responsabile della stagione areniana, cantò nei Pagliacci, cui seguì Carmen alla Fenice di Venezia, mentre nel 1924 fu Otello al Carlo Felice di Genova. Nel 1924 cantò Aida a Vienna e nel 1925 si spinse fino a Mosca e Leningrado. Nel 1926 fu di nuovo al Costanzi di Roma per una serie di recite di Otello, che tra settembre e ottobre ripeté al Dal Verme di Milano.

Tra il 1928 e il 1929 diede l’addio alle scene a Filadelfia. Intanto si era dedicato all’insegnamento del canto aprendo una rinomata scuola a New York, proprio di fronte a Central Park: tra i suoi pupilli ebbe Nino Martini, tenore di bella fama, e Lily Pons, soprano di coloratura tra i più acclamati del secolo; si dedicò all’impresariato, con un’attenzione particolare a quell’Arena di Verona che aveva contribuito a creare. A Zenatello si deve di aver fatto conoscere Maria Callas, quand’era una cantante ancora sconosciuta in Italia: fu lui a farla debuttare nel 1947 nella Gioconda in Arena. Elegante, generoso, fu ottimo cavallerizzo e amò appassionatamente la montagna. Il pronipote Giovanni Zenatello, proprietario del prestigioso Hotel Accademia – il nonno era fratello del padre del celebre tenore –, ha sempre contribuito a tenere alta la fama dell’artista, cittadino benemerito di Verona, che gli ha dedicato una via nella zona di Borgo Trento.

Morì improvvisamente a New York l’11 febbraio 1949.

Con Enrico Caruso, Zenatello intuì l’importanza del disco e sfruttando la fonogenia della sua voce realizzò una discografia imponente, che contribuì alla sua fama planetaria. Dal 1905 al 1911 incise una nutrita serie di 78 giri per Fonotipia: spiccano i brani dalla Figlia di Iorio di Alberto Franchetti, dall’Otello, da Un ballo in maschera, dall’Aida, da Siberia, e un’eccellente Bianca al par di neve alpina dagli Ugonotti. Seguirono alcuni Odeon realizzati in Sud America. Nel 1912 registrò a New York per Columbia, e nel 1916-17 per Edison. Il 17 giugno 1926 registrò al Covent Garden di Londra per His Master’s Voice una selezione di brani dall’Otello con Giuseppe Noto nella parte di Jago, mentre nello stesso anno a Milano per la stessa etichetta ripeté il duetto finale del second’atto, ma con Apollo Granforte, e incise il duetto finale del prim’atto con Hina Spani; tra il 1928 e il 1930 realizzò le ultime incisioni per Victor e nel 1948 alla Radio eseguì la morte di Otello.

Zenatello ebbe voce singolare: pareva di ascoltare un tenore eroico, che nel registro medio aveva una consistenza baritonale, capace però di accogliere nel suo canto l’abbandono di un tenore lirico dotato di un registro acuto non particolarmente esteso ma certamente vibrante. Il colore maschio e vigoroso era accostabile a quello di Caruso, con il quale si trovò a rivaleggiare in America, in un confronto diretto negli anni in cui a New York egli lavorò per la Manhattan Opera e il tenore napoletano per il Metropolitan. Dotato di una valida tecnica, abbracciò un repertorio eterogeneo, che si estendeva anche ad alcuni titoli del melodramma romantico, Lucia di Lammermoor e Gli Ugonotti. Si segnalò quale tenore verdiano, con risultati di riferimento specialmente nel Riccardo di Un ballo in maschera e nel Radamès di Aida, espressi con accento incisivo sia nei passi a piena voce sia in quelli che esigono un canto più sfumato. Fu eccellente Enzo nella Gioconda; affrontò numerosi lavori della Giovane Scuola, da Madama Butterfly alla Fanciulla del West, Tosca, La bohème, Pagliacci, Siberia, Andrea Chénier, nonché Carmen, che allora si eseguiva in italiano e che del verismo veniva considerata il capostipite ideale: seppe esprimere la novità della loro vocalità in uno stile di canto improntato a un convincente realismo emotivo. Un posto particolare occupa Otello, che Zenatello seppe affrontare in maniera profondamente credibile sotto il profilo sia vocale sia scenico, come ben mise in risalto il critico statunitense Henry Charles Lahee: «L’Otello di Zenatello è mirabile. Non s’impone per mole corporea: il suo è un Moro slanciato, sobrio, sguardo fulmineo, mossa rapida ed elastica. Intensa e penetrante la voce. Sotto ogni profilo fisico, questo Otello è posseduto dalla passione ombrosa e ansiosa che una tal complessione spesso comporta» (H.Ch. Lahee, The grand opera singers of to-day, Boston 1922, p. 199). Zenatello deve invero considerarsi uno dei migliori interpreti del Moro, come comprovano i documenti discografici, in particolare le incisioni live realizzate durante le recite del 1926 al Covent Garden.

Fonti e Bibl.: R. Philips, G. Z., 1876-1949, in The record collector, IV (1949), 2, pp. 25-31; R. Celletti, Z., G., in Le grandi voci, Roma 1964, pp. 906 s.; T. Hutchinson - C. William, G. Z., in The record collector, XIV (s.d. ma 1961), 5-6, pp. 103-143; N. Zenatello Consolaro, G. Z. tenore. Ideatore degli spettacoli lirici dell’Arena di Verona (1913), Verona 1976; M. Scott, The record of singing. To 1914, London 1977, pp. 136-138; R. Celletti - V. Pregliasco Gualerzi, Z., G., in The new Grove dictionary of music and musicians, XXVII, London-New York 2001, pp. 788 s.; Z., G., in Dizionario biografico dei veronesi, II, Verona 2006, pp. 898 s.; H.J. Weber, Z., G., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVII, Kassel 2007, col. 1426; J. Kesting, Die großen Sänger, Kassel 2010, pp. 378-381.

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