GIOVANNI VI, Cantacuzeno, imperatore d'Oriente

Enciclopedia Italiana (1933)

GIOVANNI VI, Cantacuzeno, imperatore d'Oriente

Angelo Pernice

Nacque intorno al 1292. Da giovane contribuì non poco al successo di Andronico III Paleologo nella lotta da questo intrapresa contro Andronico II per la conquista del potere. Elevato per questo ai più alti gradi nell'amministrazione, si dimostrò valoroso generale, specialmente nelle imprese di Lesbo e dell'Etolia, riconquistate all'Impero, e savio e disinteressato nell'amministrazione. A corte egli era considerato eguale all'imperatore. È dubbio, nonostante che ciò venga generalmente affermato, che Andronico III prima di morire (1341) gli affidasse la reggenza per il proprio figlio e successore Giovanni V Paleologo; ma è certo che alla moglie, Anna di Savoia, la reggente naturale, raccomandò di conservarlo nel suo ufficio di gran domestico e di valersi sempre dei suoi consigli. Cosa che ella fece fino a quando Cantacuzeno non cominciò a emanare ordini come se fosse lui il vero reggente: Anna, messa in sospetto e aizzata dai nemici del gran domestico, fra i quali erano il patriarca Giovanni e il gran ciambellano Alessio Apocaucos pensò di abbatterlo. Sicché mentre, alla fine del 1341, Cantacuzeno si trovava in Tracia intento ai preparativi per una spedizione militare, fu accusato di tradimento e privato del comando. Nello stesso tempo gli fu imprigionata la madre, una Paleologo, e confiscati i beni. Cantacuzeno allora si ribellò e a Didymoteichon si fece incoronare imperatore col nome di Giovanni VI (3 ottobre 1341).

Cominciò così una guerra civile che doveva avere le più nefaste conseguenze per l'impero. Le due parti in contrasto, non avendo né l'una né l'altra forze sufficienti per vincere, chiamarono in aiuto i vicini, facendo loro concessioni di territorî e di privilegi. G. fu sostenuto prima dal re dei Serbi, Stefano Dušan; quindi, passato questi alla parte di Anna, dal sultano dei Turchi, Orkhān. La corte ebbe l'aiuto dei Veneziani, dei Bulgari e dei Serbi. Per sei anni infuriò la guerra; ma, nel febbraio del 1347, G. entrò in Costantinopoli, accolto con entusiasmo dalla popolazione. La reggente, alla quale era venuto meno l'appoggio di Apocaucos, ucciso nel 1345 e abbandonata dal patriarca, venne a patti. Si stabilì che G. avrebbe regnato da solo per dieci anni trascorsi i quali avrebbe avuto a collega Giovanni V. Il patto fu sigillato col matrimonio di questo con Elena, figlia del Cantacuzeno. Ma la pace non venne. G. si trovò nuovamente in lotta prima coi Genovesi stabiliti in Galata che intendevano esercitare il monopolio del commercio su Costantinopoli, e quindi con Giovanni V Paleologo, che, maggiorenne, aspirò a prendere il potere. Si tornò alla guerra civile e Serbi, Veneziani, Turchi, quali alleati dell'uno o dell'altro imperatore, ricominciarono a scorrazzare nelle provincie bizantine.

G. non mancava né di buona volontà né di sottigliezza diplomatica, né di capacità amministrativa. Ma la fatalità delle circostanze, l'accanimento dei suoi nemici, la sua stessa ambizione lo resero una vera calamità per l'impero. Alla sua alleanza coi Turchi e alla sua condiscendenza si deve principalmente se questi poterono nel 1354 stabilirsi in Gallipoli mettendo un piede nell'Europa. Da quel momento il destino dell'Impero d'Oriente fu segnato. Le spese della guerra costrinsero G. a inasprire le tasse suscitando vivo malcontento nel popolo. Poiché se ne rendeva conto, tentò, non appena ebbe un vantaggio su Giovanni V, di rappacificarsi con lui. Ma il tentativo fallì e allora G. pensò di sostituire la sua casa a quella dei Paleologhi e nel 1354 associò al trono il proprio figlio Matteo, designandolo a suo successore. Ma fu questo l'ultimo suo atto di audacia: troppo profonde radici aveva messo nel popolo la dinastia dei Paleologhi e troppo G. si era compromesso con la sua alleanza con gl'infedeli. L'anno seguente Giovanni V entrò in Costantinopoli dove ci fu un'insurrezione popolare contro Cantacuzeno, il quale fu costretto ad abdicare alla corona. Si ritirò prima nel convento di Mangana in Costantinopoli, e quindi in un chiostro del Monte Athos. Morì nel 1383 nel Peloponneso.

Scrisse alcuni opuscoli polemici su questioni religiose e una storia nella quale narrò - "sine ira et studio" egli afferma, ma con tendenza certamente apologetica nei proprî riguardi - le vicende dell'impero dal 1320 al 1356. Quest'opera fu pubblicata con lo pseudonimo di Cristodulo.

Bibl.: Oltre la vita che di Giovanni C. scrisse G. Comneno (sec. XVII), ed. da Chrysantus Loparev, Pietroburgo 1888, v.: Val-Parisot, Cantacuzène, homme d'état et historien, Parigi 1845; Florinskij, Andronico il giovane e Giovanni Cantacuzeno, in Giorn. minist., Pietroburgo 1879-80 (in russo); Ch. Diehl, Figures byz., 2ª serie, Parigi 1921, p. 245 segg.; K. Krumbacher, Gesch. d. byz. Litteratur, 2ª ed., Monaco 1897, p. 298 segg.