SGAMBATI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SGAMBATI, Giovanni

Antonio Rostagno

SGAMBATI, Giovanni. – Nacque a Roma il 28 maggio 1841, figlio di Filesio Antonio (Roma 1810-1849, avvocato procuratore) e di Mary Anne (Anna) Gott (Londra 1821-Roma ante 1870).

Ebbe un fratello di nome Enrico (Roma 1845-?), impiegato. Il nonno materno era lo scultore Joseph Gott, dal 1822 a Roma, vicino ad Antonio Canova.

Iniziò lo studio del pianoforte con Americo Barberi, della scuola di Muzio Clementi. Il 15 novembre 1848, giorno dell’assassinio di Pellegrino Rossi, Sgambati tenne la sua prima esibizione pubblica in casa di Carlo Luciano Bonaparte principe di Canino e Musignano. In quest’occasione il padre, per colpire l’uditorio, lo disse del 1843: deriva da qui l’erronea data di nascita in molte pubblicazioni (a cominciare da Giovanni Sgambati: Katalog..., 1910, p. 5). Morto il padre, nel dicembre del 1849 la madre si trasferì a Trevi, dove quasi subito si risposò con il notaio Leonardo Ciccaglia. La sorella di questi, Adelaide, nel 1850 sposò il musicista Tiberio Natalucci (1806-1868), con il quale Sgambati proseguì gli studi di armonia e contrappunto. L’Archivio Sgambati (d’ora in poi: AS), ora nella Biblioteca Casanatense di Roma, conserva diversi compiti di quegli anni, esercizi di contrappunto a quattro parti e brevi composizioni polifoniche (AS Mus.Ms. 80, 160, 246).

Nel 1854 Sgambati compose una messa per la festa del patrono di Trevi, sant’Emiliano (ne facevano probabilmente parte il Kyrie e il Gloria in AS Mus.Ms. 277). Il 10 aprile Natalucci scrisse ad Achille Del Nero, ‘aggregato’ violinista dell’Accademia di Santa Cecilia: «il giovanetto Giovanni Sgambati romano ha un talento vastissimo per la musica ed ha una abilità straordinaria nella sua età. Ti pregherei di farlo udire in qualche occasione a codesti S[ignori] dell’Accademia» (RmSC, Cat. III, stato nominativo 4229, corda 2941, busta 121). Svolto il 17 maggio un ‘esercizio’ privato per i soci (non un esame formale), il consiglio accademico ammise il «fanciullo di 12 anni» come «esercente professore onorario pianista [...] con voti 13 favorevoli, e niuno contrario» (foglio sciolto, pr. 55384, 3 giugno 1854). Nel 1858 la madre sottopose al conservatorio di Napoli la domanda di ammissione per il figlio; non è noto l’esito, ma nel 1859 Sgambati era ancora a Trevi, come indica l’autografo di uno Scherzo-Walzer a piena orchestra (AS Mus.Ms. 32). Nel 1860 tornò a Roma, dove completò gli studi di composizione con Giovanni Aldega, allievo di Giuseppe Baini e maestro di cappella in S. Maria Maggiore. Dal 6 febbraio al 28 marzo 1860 Tullio Ramacciotti, l’iniziatore della scuola romana d’arco, riprese le matinées in via dei Pontefici 50; Sgambati entrò subito in questo ambiente e dal 1861, spostati i concerti in via del Vantaggio 1, prese il posto del defunto pianista Enrico Gabrielli. In una di queste occasioni fu ascoltato in un’esecuzione del Settimino di Ludwig van Beethoven da Franz Liszt, allora residente a Roma, al quale rimase poi legato per la vita. Al 1861 risalgono anche le prime liriche da camera, alcune poi giunte alla stampa: Sogno dell’alba, Le mie simpatie, Senti, diletta mia, L’abbandonata (AS Mus.Ms. 175-176).

Il più antico programma conservato nell’AS è quello della «Première Matinée Musicale / Le Mercredi 10 Décembre 1862 à 2 heures et demie»: la selezione dei brani (il Trio ‘degli spettri’ di Beethoven, il Quartetto op. 76 n. 4 di Franz Joseph Haydn, il Quartetto con pianoforte K 478 di Wolfgang Amadeus Mozart) reca l’impronta di Sgambati. Si trattò della prima vera stagione di audizioni classiche a Roma, con cadenza periodica fra dicembre e marzo (in media otto concerti a stagione). Dal 1863 suonò con Auguste Franchomme, già collaboratore di Fryderyk Chopin, e con il pianista inglese Walter Bache; questi, il 28 ottobre 1864, scriveva a Jessie Laussot, l’amica di Liszt e Richard Wagner: «Giovannino è realmente divenuto un magnifico pianista. [...] Certamente egli diverrà uno dei più famosi pianisti del mondo» (De Angelis, 1912, p. 147). Al 1864 risale la sua prima pubblicazione a stampa, le cinque liriche dell’Album vocale (op. 1, ed. G. Blanchi, Roma), e la composizione del primo Quartetto per archi in Re minore (Parma 2003).

Il 1866 fu un anno determinante. Ritiratosi Ramacciotti, spostate le matinées a palazzo Poli in via della Stamperia 4 presso la fontana di Trevi (dal 1864), rinominato il gruppo Società del Quintetto, ad affiancare Sgambati furono i violinisti Ettore Pinelli (nipote e allievo di Ramacciotti, appena tornato da un biennio di studi con Joseph Joachim a Hannover), Tito Monachesi e Vincenzo De Sanctis, il violista berlinese Wilhelm Tröschel, il violoncellista di scuola napoletana Ferdinando Forino. Per espressa volontà di Liszt il 26 febbraio Sgambati, pur privo di esperienza direttoriale, diresse la prima esecuzione integrale della Dante-Symphonie, presente l’autore: per l’occasione la sede fu rinominata Sala Dante. Qui con Pinelli organizzò dal 18 maggio quattro ‘concerti popolari’ cameristici; quindi il 6 dicembre diresse la prima romana della Terza Sinfonia di Beethoven. Nel 1866 infine compose il Nonetto per archi, eseguito una sola volta alla Sala Dante e ritirato dall’autore «per la eccessiva difficoltà di esecuzione» (De Angelis, 1912, p. 147, ma Liszt lo elogiò in una lettera a Franz Brendel del 31 marzo 1868, Franz Liszt’s Briefe, II, Leipzig 1893, p. 118), e il Quintetto per archi e pianoforte op. 4 in Fa minore, seguito l’anno dopo dal Quintetto op. 5 in Si bemolle (dedicato a Hans von Bülow). Nel 1867 Liszt gli affidò l’oratorio Christus, inedito: il 6 luglio 1867, alla Sala Dante, Sgambati diresse la prima parte e il n. 8 della seconda (La fondazione della chiesa). In questi stessi anni il suo repertorio solistico e cameristico si formò con il massimo rigore; accanto a Beethoven, troviamo il Johann Sebastian Bach della Fantasia cromatica e molti dei maggiori lavori di Robert Schumann (Quartetto op. 47, Quintetto op. 44, Carnaval, Studi sinfonici, Kreisleriana, Fantasia ecc.), oltre beninteso a Liszt. Questi dal canto suo non esitò a dichiarare che Sgambati era divenuto ganz neudeutsch (nella citata lettera a Brendel), alludendo alla tendenza modernista da loro propugnata.

Nell’estate del 1869 Sgambati compì un viaggio in Germania con Liszt; il 27 agosto assistette alla prova generale dell’Oro del Reno a Monaco di Baviera; nell’occasione conobbe Anton Rubinštejn e Camille Saint-Saëns, ma non incontrò Wagner. In autunno avviò con Pinelli corsi pubblici di pianoforte e violino; i due giovani ottennero da Camillo Di Pietro, cardinale protettore della Pontificia Accademia di S. Cecilia, i locali nelle soffitte del palazzo in via di Ripetta 220, detto Ferro di cavallo. Dopo il primo anno, con decreto del 23 maggio 1870, in vigore dal 1° luglio, il cardinale pose i corsi sotto la reggenza dell’Accademia di S. Cecilia, aggiungendo le classi di canto (Alessandro Orsini e Zaira Cortini), violoncello (Ferdinando Forino), ottoni (Vedasto Vecchietti): fu il primo passo verso la costituzione del Liceo musicale (inaugurato il 3 marzo 1877), poi Conservatorio.

Nel 1870 Sgambati sposò Costanza Mele (Cisterna di Roma 1843 - Roma 1930); l’unico figlio Oreste (Roma 1871-1960) divenne medico, come il nonno materno, e fotografo (famosi i suoi scatti di Cesare Pascarella con i ‘XXV della campagna romana’). Nel 1904 Oreste sposò in prime nozze la cugina Maria Ivanova, figlia del compositore, pianista, giornalista e scrittore Mikhail Ivanov (allievo di Pëtr Il′ič Čajkovskij, poi di Sgambati dal 1873 al 1875) e di Laura Mele, sorella di Costanza; in seconde nozze Giuseppina Pazielli (1898-1993), che curò poi la vendita dell’intero AS.

Il 3 febbraio 1870 Sgambati fu nominato ‘socio esercente’ dell’Accademia filarmonica romana (nel 1883 entrò nella Giunta musicale; dal 1893 ne divenne direttore artistico); il 6 maggio alla Sala Dante per l’Accademia di Santa Cecilia diresse il suo primo rilevante lavoro sinfonico-corale, il Graduale di santa Cecilia Audi filia (autogr., parti, RmSC e A-Ms-1933, inedito), accanto a Beethoven (Settima Sinfonia in prima romana), Mozart e Liszt. Il compositore ventinovenne padroneggia qui relazioni armoniche ricercate e alternanza di scritture differenti (orchestrazione cameristica, passi di libero fugato, declamato leggero, potenza accordale dell’Alleluja conclusivo).

Il 1874 fu un altro anno importante: il 7 febbraio Sgambati con Adelaide Ristori inaugurò il Nuovo teatro Rossini, dove l’11 maggio Pinelli diresse il concerto di fondazione della Società orchestrale romana, la prima formazione sinfonica stabile a Roma, continuativamente sostenuta da Liszt e Sgambati. Per questa compagine compose il suo primo lavoro orchestrale, l’ouverture Cola di Rienzo (autografo datato Roma, 27 ottobre 1874; AS Mus.Ms. 33), eseguita dall’Orchestrale romana a palazzo Caffarelli il 19 febbraio 1875, insieme alla prima della lisztiana Legende von der heiligen Cäcilie (S. 5/2, nuova versione per mezzosoprano, coro e orchestra).

Nel 1876, dal 12 novembre al 4 dicembre, Wagner risiedé a Roma e il 19 e 22 novembre ascoltò Sgambati a palazzo Caffarelli nei suoi due quintetti e in alcune liriche, dopodiché con lettera del 23 novembre lo presentò a Ludwig Strecker, responsabile delle edizioni Schott di Mainz, perché ne pubblicasse le partiture e lo rivelasse «all’attenzione del più ampio mondo musicale, poiché a Roma non è al posto giusto» (Giovanni Sgambati: Katalog..., 1910, p. 5). Schott fu poi il maggior editore di Sgambati, e lo sostenne fino all’ultimo.

Iniziava così il periodo più fecondo della sua produzione e dell’attività concertistica; ma insieme iniziarono i primi attriti con Santa Cecilia, quando il 27 gennaio 1878 Sgambati rifiutò di sottoporre i programmi del perfezionamento di pianoforte al Comitato tecnico, non riconoscendone l’autorità in materia. Nel 1880 completò il Concerto in Sol minore op. 10/15 (prime esecuzioni il 2 febbraio e il 13 aprile, Orchestrale romana, direttore Pinelli, solista l’autore), subito pubblicato da Schott con dedica a Carolyne Sayn-Wittgenstein. Un anno dopo era compiuta la Prima Sinfonia in Re maggiore op. 11/16 (prime esecuzioni 12 e 25 gennaio 1881, Sala Dante, direttore l’autore; ripetuta il 28 marzo al Quirinale, quando Umberto I lo nominò ufficiale della Corona d’Italia), pubblicata in partitura da Schott nel 1883 con dedica alla regina Margherita. Nel 1881 il conservatorio di Mosca gli offrì la cattedra di pianoforte, come successore del defunto Nikolaj Rubinštejn, ma Sgambati rifiutò (De Angelis, 1912, p. 150; sebbene accettata dalla storiografia successiva, la notizia non è confermata da alcun documento). Nello stesso 1881 fondò (o meglio rifondò) la Società romana del Quintetto, che dall’11 novembre 1892 tenne i suoi concerti al Quirinale e divenne infine Quintetto della Corte di Sua Maestà la Regina (r.d. 12 gennaio 1893). I suoi collaboratori erano Tito Monachesi ed Enrico Masi violini (dal 1896 Roberto Fattorini poi Vincenzo De Sanctis sostituirono Masi), Romolo Jacobacci viola, Ferdinando Forino e dal 1901 il figlio Luigi violoncello. Nel capitolo XII del Piacere (1889) Gabriele D’Annunzio ritrasse il clima estetizzante di questi concerti, alludendo a un’esecuzione di musiche di Felix Mendelssohn e Bach da parte del Quintetto nel palazzo dei Sabini in via delle Muratte. Il Quintetto romano tenne settantotto concerti fino al 1908, con una sospensione dopo quello del 9 luglio 1900 in seguito all’assassinio di Umberto I a Monza, e la ripresa all’inizio del 1904 a palazzo Margherita (già Piombino) in via Veneto 121. I concerti terminarono il 6 aprile 1908, quando Sgambati chiese dispensa per le condizioni di salute.

Al 1882 risale la prima delle sue poche tournées di concerti, il 20, 25 e 28 aprile alla Società del Quartetto di Milano, poi a Londra dove Sgambati frequentò George Grove, primo direttore del Royal College of music; l’11 maggio eseguì alla Philharmonic Society il Concerto op. 10/15, il 10 giugno al Crystal Palace diresse la Prima Sinfonia op. 11/16 e suonò il Quinto Concerto di Beethoven. Tornò in Gran Bretagna nel 1891, suonando con il violoncellista Alfredo Piatti a Londra (18 giugno, Philharmonic Society), poi a Windsor per la regina Vittoria (cfr. Mr. Sgambati’s Concert, in Musical Times, 1° luglio 1891).

Aumentando il lavoro didattico e le difficoltà con l’ambiente romano (cfr. RmSC, loc. cit., prot. 538/10 e seguenti), Schott lo sollecitò a dare più concerti, soprattutto all’estero, e gli propose un contratto quinquennale per sgravarlo da eccessivi impegni didattici (AS, lettera di Strecker del 10 gennaio 1884, con minuta di contratto). Fra l’aprile e il maggio del 1884 fu a Parigi, dove frequentò Jules Massenet e il 1° maggio diresse al Trocadéro la Prima Sinfonia. Intanto si stringevano sempre più i rapporti con la comunità germanica a Roma: il 7 marzo 1885 diresse la nuova Seconda Sinfonia in Mi bemolle (Milano 2014) in un concerto organizzato dall’ambasciatore prussiano Robert von Keudell a palazzo Caffarelli. Il 17 maggio 1885 diresse la prima italiana dell’Idillio di Sigfrido nella commemorazione di Wagner all’Associazione artistica internazionale in via Margutta (‘Circolo artistico’), di cui dal 1876 Wagner era stato socio onorario. August Göllerich (Franz Liszts Klavierunterricht, Regensburg 1975, pp. 29, 79, 81, 103) registra che nelle lezioni collettive di Liszt a Weimar (il gotha internazionale dei pianisti) Emil Sauer, Emma Mettler e Alfred Reisenauer eseguirono il Concerto in Sol minore, il Preludio e Fuga op. 6, uno dei Due Studi op. 7/10 composti per il Gran metodo teorico pratico per lo studio del pianoforte di Sigmund Lebert e Ludwig Stark.

Il 31 luglio 1886 moriva Liszt a Bayreuth; dieci giorni dopo Sgambati diresse a S. Andrea delle Fratte in Roma la commemorazione organizzata da Carolyne Sayn-Wittgenstein, presente il cardinal Gustav Adolf von Hohenlohe. A inizio novembre subentrò a Liszt come membre correspondant dell’Académie des beaux-arts di Parigi. Il 9 marzo 1887 morì anche la Wittgenstein; al funerale officiato dal cardinale Hohenlohe il 12 marzo in S. Maria del Popolo, Sgambati diresse il Requiem S12 (R448) di Liszt, ripetuto poi nelle «solenni esequie a suffragio dell’illustre Francesco de Liszt» il 2 aprile alla Chiesa nazionale teutonica di S. Maria dell’Anima.

Il già forte legame con il mondo tedesco si consolidò ulteriormente nell’anno del rinnovo della Triplice Alleanza, il 1887: Sgambati fu invitato a Colonia dallo Allgemeiner deutscher Musikverein per dirigere in giugno l’inedita Seconda Sinfonia (solo tre movimenti) ed eseguire il Primo Quintetto; la stampa tedesca lo apprezzò «perché porta suo sangue italiano nella Sinfonia [...] è segno d’un bisogno intimo, che in generale non si riscontra in questa nazionalità» (riportato in traduzione dalla lettera di Niels Ravnkilde a Sgambati, 12 agosto 1887). L’anno successivo, il 12 settembre, diresse all’Accademia filarmonica di Torino l’Epitalamio sinfonico (Gazzetta musicale di Milano, XLIII (1888), 38, p. 348) per le nozze del duca d’Aosta, Amedeo I, con Maria Letizia Bonaparte (in larga parte composto già nel 1886). Ancor oggi inedita, Sgambati la considerava la sua terza sinfonia e il 16 ottobre la replicò al Quirinale davanti all’imperatore tedesco, a celebrazione artistica dell’unione politica fra le due giovani nazioni.

Tra la fine del 1888 e il febbraio del 1890 presiedette la commissione, voluta dall’editore Edoardo Sonzogno, che fra settantatré lavori selezionò i tre da presentare al giudizio del pubblico, da cui uscì Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni (commissari erano Filippo Marchetti, Pietro Platania, Amintore Galli, Francesco D’Arcais e Leopoldo Mugnone). L’impegno a consolidare identità e tradizioni nazionali si collegava al sempre più forte legame con la cultura germanica, intento che spiega anche la relazione privilegiata con la regina Margherita (di madre tedesca): una convergenza fra nazionalismo e triplicismo non inusuale in questo momento. In tale cornice si collocano la nomina a commendatore dell’Ordine Ernestino di Sassonia da parte del duca Giorgio II di Sassonia-Meiningen (1893) e l’onorificenza del Kronenorden di Prussia assegnatogli dal Kaiser (1894).

Il 14 dicembre 1893 Onorato Caetani, neopresidente dell’Accademia filarmonica romana, lo designò direttore artistico; fu un ulteriore fattore di diffidenza reciproca con l’ambiente di Santa Cecilia, ora guidato da Enrico di San Martino con cui i rapporti non furono mai sereni. Nella nuova carica, Sgambati coordinò le celebrazioni del terzo centenario della morte di Govanni Pierluigi da Palestrina, aperte con un grande concerto monografico il 17 dicembre 1894 (replica il 22). Tanta fu la risonanza che gli stessi ratisbonesi, allora impegnati nella prima edizione monumentale, manifestarono disappunto per non essere stati invitati (cfr. la lettera di Franz Xaver Haberl a Sgambati, 23 dicembre 1894, AS). Il 2 febbraio 1895 l’Accademia di S. Cecilia rispose con un analogo concerto «in commemorazione del fondatore», diretto da Raffaele Terziani e Pio Di Pietro, Remigio Renzi all’organo. Negli stessi giorni Sgambati compose una Assoluzione (Libera me), eseguita al Pantheon al termine del Requiem in Do minore di Luigi Cherubini.

Intanto progettò la Nuova società musicale romana, l’unica orchestra da lui interamente gestita, attiva dal 1896 al 1899 nel dichiarato intento di «fare concorrenza ai concerti dell’Accademia di S. Cecilia» (AS, busta 10, minuta aut.). Due le novità: il finanziamento privato e diretto («cooperazione sociale», dice Sgambati, sebbene gli azionisti provenissero in maggioranza dalla colonia straniera a Roma) e l’intento di costituire una «lega pacifica con altri sodalizi» per superare la «divisione delle forze» nel litigioso ambiente romano (Gazzetta musicale di Milano, L (1895), 44, p. 737). I primi due concerti, 29 febbraio e 9 marzo 1896 alla Sala Umberto I, furono manifesti programmatici: Johannes Brahms e Liszt, i due opposti accostati, Sgambati e Beethoven. Nella seconda stagione, il 10 aprile 1897, diresse la prima italiana della Sesta Sinfonia di Čajkovskij. A questo punto era ormai famoso come compositore e come pianista; fra le tante collaborazioni di questi anni spiccano quelle con Joachim (14 giugno 1896, Roma) e con Arturo Toscanini (16 ottobre 1898, Torino). Risale a questo stesso periodo il suo lavoro maggiore, la Messa da Requiem op. 38, dove alcune melodie gregoriane sono trattate con le moderne tecniche orchestrali. La storia della partitura è piuttosto complessa: una prima versione fu data dalla Filarmonica romana al Pantheon il 13 gennaio 1896; il 29 luglio 1901, nel primo anniversario dell’assassinio di Umberto I, Sgambati presentò al Pantheon il mottetto per baritono e organo Versa est in luctum cythara mea op. 34 (solista Mattia Battistini), ricevendo da Vittorio Emanuele III la nomina a commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro; il 17 gennaio 1906 infine, dovendo dirigere nuovamente il Requiem al Pantheon, incluse il mottetto, orchestrato, come quinta sezione fra Sanctus e Agnus Dei. In questa versione la partitura fu pubblicata da Schott nel 1908 con dedica alla memoria di Umberto I, e immediatamente circolò in Germania, Inghilterra, Svezia, Paesi Bassi, Stati Uniti, Russia e Messico. Il catalogo delle opere di Sgambati edito da Fritz Volbach (1910) indica nel Requiem il capolavoro del compositore.

Nel 1900 Sgambati iniziò a insegnare pianoforte presso l’Istituto internazionale Crandon in via Vittorio Veneto: promosso dalla comunità metodista americana a Roma, coltivava un gusto assai severo, con cui lo Sgambati di questi anni dovette sentirsi affine. Nel 1903 tenne concerti a Mosca e a Pietroburgo come solista e come accompagnatore della cantante Maria Gorlenko-Dolina, alla quale dedicò il Canto d’aprile op. 35 n. 4. Pur diradandola progressivamente, non interruppe mai l’attività concertistica: per esempio, il 28 novembre 1909 eseguì ancora il Quinto concerto di Beethoven nella nuova Sala Augusteo. Allo stesso anno risalgono le due ultime composizioni pubblicate: il Lied su testo di D’Annunzio Rose op. 41 e i Tre pezzi per pianoforte op. 42 (il secondo, Berceuse-rêverie, fu strumentato da Massenet). Nel 1911 fece parte del comitato organizzativo (sezione musicale) dell’Esposizione generale per il cinquantenario dell’Unità, sotto la presidenza del conte di San Martino. Negli ultimi anni curò diversi lavori didattici: Sull’insegnamento e sui programmi della scuola di pianoforte (La nuova musica, XV (1910), 202, pp. 122 s.); Appunti ed esempi su l’uso dei pedali (a cura di F. Boghen, Milano 1915); la revisione del Gradus ad Parnassum di Clementi (Milano 1916; ampliamento di una precedente antologia per l’editore Lucca); infine il Formulario del pianista (Milano 1917).

Morì il 14 dicembre 1914, soccombendo all’aggravarsi dell’arteriosclerosi che lo affliggeva. I funerali si svolsero in S. Lorenzo in Lucina; la salma è tumulata nel cimitero del Verano. Il 6 luglio 1924 l’Accademia filarmonica romana pose alla sua casa in via della Croce 2 una lapide dettata da Corrado Ricci. Nel 1994 l’AS, fin allora collocato nella casa museo, fu venduto all’asta (Christie’s Roma, 13 dicembre), acquistato dall’allora ministero per i Beni e le Attività culturali e collocato presso la Biblioteca Casanatense di Roma (partiture e lettere) e il Museo nazionale degli strumenti musicali (oggettistica, onorificenze e altro).

Opere. Oltre alle opere citate, conviene almeno ricordare: il Te Deum per archi e organo op. 20/28 (1890) molto eseguito fino a Novecento inoltrato, i Lieder della maturità, soprattutto quelli su versi di Heinrich Heine, D’Annunzio, Ada Negri (in particolare le quattro Melodie liriche op. 25/32 composte nel 1892 ed edite nel 1898, e le Quattro melodie op. 35 composte nel 1897-98 ed edite nel 1904), la Suite in Si minore op. 16/21 e la serie dei nove Notturni per pianoforte (1873-97), di cui due rimasti inediti. Sgambati fu anche articolista, scrisse per il settimanale romano francofono L’art en Italie dal 6 gennaio 1884 al 22 maggio 1887. L’ultimo suo scritto, Il momento musicale moderno e l’opera della critica, apparve come editoriale nel primo numero del periodico Harmonia (15 settembre 1913; tra i redattori Ferruccio Busoni, Domenico Alaleona, Ildebrando Pizzetti, Ottorino Respighi e Vincenzo Tommasini): tratta le «caratteristiche della nazionalità del linguaggio musicale». L’indole schiva e persino ruvida pur nelle forme impeccabili, la reciproca diffidenza con l’editore Ricordi, il non sempre facile rapporto con l’ambiente culturale romano determinarono il progressivo isolamento del musicista, il che ancor oggi intralcia l’esatta ricostruzione della biografia. Per un catalogo aggiornato delle opere, una prima discussione dei molti problemi e la proposta della doppia numerazione (qui adottata), cfr. Caputo - Mastrangelo, in Giovanni Sgambati, musicista..., 2018.

Fonti e Bibl.: B. Walker, My musical experiences, London 1890, pp. 51-98; G. S.: Katalog seiner hauptsächlichsten Werke bis auf die Neuzeit vervollständigt, a cura di F. Volbach, Mainz [1910], con scritti di F. Volbach, E. Sauer, R. Wagner; A. De Angelis, I musicisti italiani contemporanei: G. S., in Rivista musicale italiana, XIX (1912), pp. 141-164; A. Casella, G. S., in Music & Letters, VI (1925), pp. 304-313; R. Giraldi, L’Accademia filarmonica romana dal 1868 al 1920, Roma 1930, ad ind.; A. De Angelis, La musica a Roma nel secolo XIX, Roma 1935; Id., Chiese e case di Santa Cecilia in Roma, in Accademia nazionale di Santa Cecilia. Annuario 1958-59, pp. 355-403; Annuario 1959-60, pp. 363-380; R. Giazotto, Quattro secoli di storia dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, II, Roma 1970, pp. 335-456 e passim; D. Macchione, Attività concertistica e musica strumentale da camera a Roma (1856-1870), in Rivista italiana di musicologia, XXXVII (2002), pp. 265-319; E. Simi Bonini, G. S. Nuove informazioni dal suo archivio, in «Et facciam dolçi canti». Studi in onore di Agostino Ziino, a cura di B.M. Antolini - T.M. Gialdroni - A. Pugliese, Lucca 2003, pp. 1223-1244; E. Burger, Franz Liszt. Die Jahre in Rom und Tivoli, 1839, 1861-1886, Mainz 2010, ad ind.; A. Rostagno, Il Lied italiano. G. S. e Heinrich Heine, in Musicologia come pretesto. Scritti in memoria di Emilia Zanetti, a cura di T. Affortunato, Roma 2010, pp. 331-414; La musica di G. S., a cura di P. Canfora - F. Pollice, Milano 2014; G. S. La musica nell’anima (antologia dalle lettere), a cura di P. Canfora, Roma 2015; B.M. Antolini, Documenti inediti di G. S., in Quaderni dell’Istituto Liszt, XVI (2016), pp. 141-164 (con bibliografia aggiornata); G. S., musicista dell’avvenire o epigono romantico?, a cura di B.M. Antolini - A. Bini, Roma 2018 (contiene tra l’altro S. Caputo - D. Mastrangelo, Per un catalogo delle opere di G. S.).

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