ROTA, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROTA, Giovanni

Raffaele Pozzi

ROTA, Giovanni (detto Nino). – Nacque a Milano il 3 dicembre 1911.

Il padre, Ercole (1872-1922), socio in affari con il fratello Giovanni, fu contabile finanziario e insegnò presso l’istituto tecnico commerciale Nicola Moreschi di Milano. La madre, Ernesta Rinaldi (1880-1954), figlia del pianista e compositore Giovanni (1840-1895), fu pianista. La coppia ebbe un secondo figlio, Luigi (Gigi), nato a Milano nel 1913.

Stando alle memorie della madre, raccolte nella sua Storia di Nino (Rota Rinaldi, 1999), già a otto anni il bambino mostrò uno spiccato talento musicale; ricevute da Alessandro Perlasca le prime lezioni sui rudimenti musicali, compose un pezzo per pianoforte a quattro mani di commento a una fiaba di sua invenzione, Storia del mago doppio e della fata Giglia.

Terminate le elementari, nel 1921 entrò al conservatorio di Milano nella classe di composizione di Giacomo Orefice. L’anno dopo vennero a mancare sia il padre sia Orefice. Undicenne, il ragazzo compose l’oratorio L’infanzia di san Giovanni Battista (libretto di Silvio Pagani) per soli, coro e orchestra, e la lirica per voce e pianoforte Quando tu sollevi la lampada, testo del premio Nobel per la letteratura Rabindranath Tagore. Dedicò e destinò alla cugina, la soprano Maria Rota (1894-1961), numerose liriche da camera. Altra figura familiare importante nella vita del giovane musicista fu la cugina Titina Rota (1899-1978), pittrice, scenografa e costumista. L’oratorio, diretto dal compositore nel 1923 a Milano e ripreso poi in Francia, a Tourcoing, venne accolto con successo e stupore dalla critica.

Per la prosecuzione degli studi Rota si rivolse a Ildebrando Pizzetti, il quale lo accettò, senza però condividere l’attività musicale pubblica del giovanissimo allievo. Nel 1926 la recensione giornalistica di un’opera comica, Il principe porcaro, su libretto proprio dalla fiaba di Hans Christian Andersen, determinò la frattura con l’insegnante. Fu allora che prese contatto con Alfredo Casella. Nel 1927 il trasferimento della famiglia da Milano a Roma determinò una svolta nella vita di Rota: nella capitale fu accolto come allievo da Casella, che lo introdusse nel suo circolo (nel tempo, tra gli altri, gli presentò Igor′ Stravinskij, che gli espresse stima). Fu ricevuto in casa di Emilio Cecchi. Iniziò a frequentare la figlia dello scrittore, Suso Cecchi, e tramite Casella conobbe Fedele d’Amico, che sposò poi Suso nel 1938: entrambi divennero suoi amici e gli garantirono per tutta la vita costante sostegno. Coinvolto nelle attività e tournées musicali di Casella, Rota – dapprima come percussionista, indi come pianista – prese parte, nel 1928-30, a esecuzioni delle Noces di Stravinskij.

Nel 1929 si diplomò in composizione nel conservatorio di S. Cecilia e l’anno dopo conseguì la maturità classica nel liceo Virgilio di Roma. Nel 1930 al Vittoriale incontrò Gabriele D’Annunzio, con il quale mantenne rapporti amichevoli. Su interessamento di Arturo Toscanini venne ammesso al Curtis Institute of music di Filadelfia, dove proseguì gli studi di composizione con Rosario Scalero, compiendo soltanto due dei tre anni previsti dal curricolo: ne parlò poi sempre come di un’esperienza fondamentale. Per la direzione d’orchestra fu allievo di Fritz Reiner. Oltre a frequentare Arturo Toscanini, negli Stati Uniti riallacciò con Gian Carlo Menotti i rapporti avviati a Milano e conobbe musicisti come Aaron Copland e Samuel Barber, anch’egli allievo di Scalero. Nel 1932 compose i Four canons for three women’s voices, i Balli per piccola orchestra, partitura finalista al concorso per musica radiogenica del II Festival internazionale di musica di Venezia, la Serenata per orchestra, le Invenzioni per quartetto d’archi.

Tornato in Italia, dal 1933 visse a Milano, dove frequentò la facoltà di lettere dell’università (si era già iscritto prima del biennio statunitense). Concluse gli studi universitari nel 1936 laureandosi con Antonio Banfi con una tesi su Gioseffo Zarlino. Accettò l’invito a scrivere le musiche per il film Treno popolare (1933) di Raffaello Matarazzo. Agli anni Trenta risalgono alcune delle opere strumentali più significative: la Sonata per viola e pianoforte (1935), la Canzona per orchestra da camera (1935), il Quintetto per flauto, oboe, viola, violoncello e arpa (1935), la Sonata per violino e pianoforte (1937), la Sonata per flauto e arpa (1938), la Sinfonia per orchestra (1939). Per il teatro scrisse l’opera Ariodante (1942), libretto di Ernesto Trucchi da Ludovico Ariosto. In parallelo, nel 1937-38, ebbero inizio le prime esperienze didattiche come insegnante di armonia e solfeggio al liceo musicale Paisiello di Taranto e poi di armonia e contrappunto al liceo musicale Piccinni di Bari. Spinto dall’insegnamento, si trasferì con la madre in una casa a Torre a Mare, a sud del capoluogo.

Durante il conflitto, per assolvere gli obblighi militari, partecipò a un corso per allievi ufficiali, ma venne congedato nel 1941 dall’ospedale militare di Bari. Compose le musiche per Giorno di nozze (1942), pellicola di Matarazzo prodotta dalla casa cinematografica Lux, di cui era amministratore delegato in quegli anni Guido M. Gatti, coadiuvato da d’Amico, direttore artistico per la musica. Negli anni della guerra si delineò a mano a mano il duplice percorso creativo di Rota: da una parte la produzione di lavori cameristici, sinfonici, vocali e teatrali; dall’altra, la musica per il cinema. Nacquero il Duo per arpa e pianoforte (1943), due Salmi per voce femminile e organo (1943), la Fantasia per pianoforte (1945), la Sonata per clarinetto e pianoforte (1945); per il cinema le colonne sonore dei film Zazà (1944) di Renato Castellani, La freccia nel fianco (1945) di Alberto Lattuada, Le miserie del signor Travet (1945) di Mario Soldati, Lo sbaglio di essere vivo (1945) di Carlo Ludovico Bragaglia.

Nel 1946 completò la farsa musicale in quattro atti Il cappello di paglia di Firenze, su libretto proprio e della madre, tratto dalla commedia Un chapeau de paille d’Italie (1851) di Eugène Labiche e Marc-Michel: fu rappresentata soltanto molti anni dopo, nel 1955 al teatro Massimo di Palermo.

La pièce porta in scena le comiche peripezie legate alla scomparsa di un cappello di paglia di Firenze indossato da Anaide durante un incontro segreto con l’amante e mangiato dal cavallo del giovane Fadinard nel giorno delle proprie nozze. Nel rappresentare gli equivoci, gli scambi di persona, il colpo di scena finale del vaudeville parigino, il compositore reinventò argutamente la struttura drammatica e il linguaggio melodico-armonico dell’opera dell’Ottocento (da Gioachino Rossini a Giacomo Puccini), non senza brillanti innesti dalla propria musica da film e d’uso. Sia la ‘prima’, sia le successive numerose riprese – famose quelle del 1956-58 alla Piccola Scala di Milano con la regia di Giorgio Strehler – ottennero un grande successo di pubblico, non però l’unanime consenso degli osservatori: e questa scissione ha dominato la recezione critica dell’opera di Rota fino ad anni recenti.

Nel dopoguerra l’impegno del compositore nel campo della musica da film crebbe considerevolmente. Il periodo difficile della ricostruzione postbellica e i continui spostamenti tra Milano, Roma (il centro della vita cinematografica) e Bari (il luogo dell’insegnamento) misero a dura prova le finanze della famiglia. Rota si adoperò e riuscì a trovare un lavoro per il fratello Gigi nell’industria del cinema, alla Metro-Goldwin-Mayer (MGM). Per parte sua compose numerose colonne sonore di film, tra i quali Roma città libera (1946) di Marcello Pagliero, Daniele Cortis (1947) di Soldati, Campane a martello (1949) di Luigi Zampa, È primavera... (1950) di Castellani, È arrivato il cavaliere (1950) di Steno (Stefano Vanzina) e Mario Monicelli. Su tutti, per l’impegno complessivo, si impose The glass mountain (1949) di Henry Cass, una produzione inglese che lo costrinse a lavorare a Londra: le musiche di Rota ebbero in Inghilterra immediata e vasta fortuna in sala da concerto, in disco e alla BBC (British Broadcasting Corporation), più della pellicola stessa. Durante il soggiorno londinese conobbe la pianista Magda Longari. Dalla relazione nacque nel 1949 una figlia, Marina: non riconosciuta dai genitori, venne affidata a un istituto; adottata in seguito da una famiglia che si trasferì negli Stati Uniti, Rota (che non si accasò mai) le garantì per tutta la vita un costante aiuto finanziario.

Al film Senza pietà (1948) di Lattuada, cui il musicista fornì le musiche, partecipò come aiuto regista Federico Fellini, con il quale Rota strinse un sodalizio artistico e un’amicizia durati più di trent’anni, fino alla morte. Significativo fu anche l’incontro con Eduardo De Filippo per la colonna sonora del film Napoli milionaria (1950): la collaborazione proseguì con i film Filumena Marturano (1951), Marito e moglie e Ragazze da marito (1952), Fortunella (1958), con musiche di scena e con le opere liriche Lo scoiattolo in gamba (1959) e Napoli milionaria (1977).

Nel 1950 morì inaspettatamente il fratello Gigi, nel 1954 anche la madre, figura di riferimento fondamentale nella vita di Rota. In ambito creativo, il nuovo decennio fu invece ricco di sviluppi. Rota scrisse l’opera radiofonica I due timidi (1950), libretto di Suso Cecchi d’Amico, destinata al Prix Italia, e nello stesso anno fu nominato direttore del liceo musicale Piccinni di Bari. L’attività cinematografica lo legò sempre più a Roma: acquistò un appartamento in piazza delle Coppelle, suo indirizzo di residenza principale. Con le musiche per Lo sceicco bianco avviò nel 1952 il fecondo rapporto con Fellini, che continuò con I vitelloni (1953), La strada (1954), Il bidone (1955), Le notti di Cabiria (1957). Nello stesso periodo scrisse le colonne sonore di altre due importanti pellicole: Guerra e pace (1956) di King Vidor e La grande guerra (1959) di Monicelli. Alla produzione cameristico-sinfonica, sebbene meno intensa, si aggiunsero nuovi titoli: le Variazioni e fuga nei dodici toni sul nome di Bach per pianoforte (1951), l’Allegro concertante per orchestra (1953), Meditazione per coro e orchestra (1954), il balletto Rappresentazione di Adamo ed Eva per Aurel Milloss (1957), il Trio per flauto, violino e pianoforte (1958). L’opera radiofonica La notte di un nevrastenico (1959), libretto di Riccardo Bacchelli, si aggiudicò il Prix Italia.

Gli anni Sessanta si aprirono con il grande successo internazionale del film La dolce vita (1960) di Fellini, colonna sonora di Rota. Anche la collaborazione con Luchino Visconti, avviata con l’adattamento di alcune parti della Settima Sinfonia di Anton Bruckner per Senso (1954) e con le musiche per Le notti bianche (1957), si rinnovò con il film Rocco e i suoi fratelli (1960). Notevole fu anche la colonna sonora creata per Fantasmi a Roma (1961) di Antonio Pietrangeli.

Oltre a tre composizioni per pianoforte e orchestra – il Concerto in Do (1960) dedicato ad Arturo Benedetti Michelangeli, la Fantasia sopra dodici note del «Don Giovanni» di Mozart (1960) e il Concerto soirée (1962) –, Rota scrisse musica sacra: la Missa Mariae dicata (1960) e la Messa breve (1961), entrambe per coro e organo; due mottetti, Mater fons amoris e Tota pulchra es per soprano, tenore e organo (1961), e la Messa a 4 voci a cappella (1962). Nel genere sacro l’approdo di maggior impegno compositivo fu il Mysterium Catholicum per soli, coro e orchestra (1962), su un testo latino tratto da vari libri delle Scritture, assemblato da Rota medesimo e dall’amico scrittore Vinci Verginelli, che con Rota condivise un’analoga visione filosofico-religiosa e l’interesse per l’esoterismo.

L’opera fu concepita per la Pro Civitate Christiana di Assisi; dopo la prima esecuzione nella cittadina umbra, Rota decise di eliminare dal titolo il riferimento aggettivale alla fede cattolica, per accentuarne un più vasto significato spirituale.

L’interesse per il genere religioso persisté nell’oratorio per bambini Il Natale degli innocenti (1970), poi rimaneggiato e ampliato nella rappresentazione sacra La vita di Maria (1970).

Il 1963 è l’anno di due grandi film, peraltro profondamente diversi, per i quali Rota compose le colonne sonore: di Fellini e Il Gattopardo di Visconti. Ancora una volta il compositore mostrò tutta la sua duttile inventiva musicale nell’entrare in sintonia, da una parte, con la dimensione onirico-fantastica e ironica della pellicola felliniana, dall’altra, con la dimensione storico-nostalgica del film tratto dal romanzo postumo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nei dieci anni successivi portò avanti e completò con attività febbrile numerosi progetti: le musiche per lo sceneggiato televisivo Il giornalino di Gian Burrasca (1964) di Lina Wertmüller; le opere teatrali Aladino e la lampada magica (1965) e La visita meravigliosa (1969); il Concerto per archi (1965) e il Concerto per trombone (1966); il balletto La strada (1966), ispirato al film di Fellini; le colonne sonore di Romeo e Giulietta (1968) di Franco Zeffirelli, Waterloo (1970) di Sergej Bondarčuk, Satyricon (1969), Roma (1972) e Amarcord di Fellini (1973).

Negli anni Settanta esplose il caso delle musiche per Il padrino (1972) di Francis Ford Coppola. Il conferimento del premio Oscar venne negato a Rota (e dirottato su Charlie Chaplin) per una denuncia anonima di plagio inviata all’Academy Award: il tema d’amore del nuovo film non sarebbe stato originale in quanto già usato dal compositore per la colonna sonora di Fortunella di De Filippo. La causa legale si risolse alla fine a favore del musicista, ma rimase l’amarezza per una vicenda offensiva.

Nonostante l’affacciarsi di problemi cardiaci, l’attività creativa proseguì intensamente. Rota rispolverò nel 1972 la Sinfonia sopra una canzone d’amore (1947) e compose due concerti per violoncello (1972, 1973) e il Concerto in Mi per pianoforte (1979); nel 1976 revisionò Torquemada, opera sua del 1943 e, nel 1977, compose Napoli milionaria su libretto di De Filippo. In ambito cinematografico creò le musiche per Il Padrino - Parte II (1974), di Coppola, che stavolta ottenne l’Oscar, e per Il Casanova (1976) di Fellini e Prova d’orchestra (1978), sempre del regista riminese. Collaborò con Maurice Béjart per due balletti: Le Molière imaginaire (1976) e Dichterliebe/Amor di poeta (1979).

Morì inaspettatamente il 10 aprile 1979 nella clinica Villa del Rosario di Roma, dove si era recato per un controllo medico.

Musicista precoce, di grande talento sorgivo, prolifico, posseduto da vivace energia creativa, Rota ha lasciato un catalogo molto ricco, che va dai generi e dalle forme tradizionali della musica d’arte alla musica d’uso per il cinema, il teatro, la televisione. Alla radice della sua poetica vi fu il sentimento istintivo della naturalità del linguaggio tonale. Tale sentimento, sostenuto da un’artigianalità raffinata, non comportò in lui quel rifiuto della modernità in senso passatista che buona parte della critica gli attribuì, classificandolo essenzialmente come abile compositore di musica per il cinema. Il suo stile, duttile, libero, pronto ad accogliere ogni soluzione necessaria, e in tal senso anche il pastiche e la citazione. mostrò una convergenza spontanea e personale con quel côté del modernismo che va da Maurice Ravel a Stravinskij, da Casella a Kurt Weill. La sua produzione, acclamata dal pubblico, indicò, attraverso il ricorso alla dimensione emotiva del melodico-sentimentale, del fiabesco-fantastico, del nostalgico-malinconico, del comico-ironico, la via di un appianamento degli antagonismi e delle fratture coltivate dalla modernità radicale, in direzione di quell’estetica che fu poi designata come postmoderna. Non è un caso che proprio il critico che del Novecento musicale ha presentato una lettura ante litteram postmoderna, ossia Fedele d’Amico, sia stato tra i suoi primi e più acuti recensori: si devono infatti a d’Amico i concetti chiave di ‘inattualità’ e ‘candore’ riferiti alla figura e all’opera di Rota. Oltre a ritrarne la delicata sensibilità umana, essi suggeriscono puntualmente la posizione originale e singolare del compositore nel multiforme panorama della musica del XX secolo.

Fonti e Bibl.: Il fondo di Nino Rota (edizioni a stampa, manoscritti, abbozzi, carteggi, recensioni, fotografie e registrazioni) è conservato presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

Per il catalogo delle opere si rimanda a D. Fabris, La musica non filmica di Nino Rota: ipotesi di un catalogo, in Musica senza aggettivi: studi per Fedele d’Amico, a cura di A. Ziino, Firenze 1991, pp. 705-733; La filmografia di Nino Rota, a cura di F. Borin, Firenze 1999; Nino Rota. Catalogo critico delle composizioni da concerto, da camera e delle musiche per il teatro, a cura di F. Lombardi, Firenze 2009.

Per i contributi biografici e critici si vedano: G.M. Gatti, Nino Rota, in Tempo, 1943, n. 223; F. d’Amico, Candore di R., in Il Contemporaneo, 7 maggio 1955 (rist. in Id., Scritti teatrali: 1932-1989, Milano 1992, pp. 54-57); G. Gavazzeni, Brevi capitoli su Nino Rota, in Musicisti d’Europa, Milano 1955, pp. 255-266; M. Mila, Cronache musicali 1955-1959, Torino 1959, pp. 207-209; L. Pinzauti, A colloquio con Nino Rota, in Nuova Rivista musicale italiana, V (1971), pp. 74-83; E. Montale, Prime alla Scala, Milano 1981, pp. 304-307 (poi in Il secondo mestiere, a cura di G. Zampa, Milano 1996); P.M. De Santi, La musica di N. R., Roma-Bari 1983; G. Pestelli, Di tanti palpiti. Cronache musicali 1972-1986, Pordenone 1986, pp. 209 s.; N. Rota, Musica e cinema. Ouverture di Nino Rota, in 138 ½. I film di Nino Rota, a cura di E. Comuzio - P. Vecchi, Reggio Emilia 1986; Nino Rota compositore del nostro tempo, a cura di D. Fabris, Bari 1987; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le Biografie, VI, Torino 1988, pp. 469 s.; P.M. De Santi, Nino Rota: le immagini e la musica, Firenze 1992; E. Rota Rinaldi, Storia di Nino, in Mio padre e Storia di Nino, a cura di F. Lombardi, Reggiolo 1999; F. d’Amico, Tutte le cronache musicali. L’Espresso, 1967-1989, Roma 2000, pp. 53-56, 386-390, 483-487, 1276-1279, 1467-1469, 2126-2128; G. Morelli, La vendetta di Nino, in Amadeus, 2000, n. 124, pp. 49-51; Fra cinema e musica del Novecento: il caso Nino Rota, a cura di F. Lombardi, Firenze 2000; L’undicesima musa. Nino Rota e i suoi media, a cura di V. Rizzardi, Roma 2001; Storia del candore. Studi in memoria di Nino Rota nel ventesimo della scomparsa, a cura di G. Morelli, Firenze 2001; The new Grove dictionary of music and musicians, XXI, London-New York 2001, pp. 777-779; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIV, Kassel 2005, coll. 515-518; R. Dyer, Nino Rota: Music, film and feeling, London 2010; F. d’Amico, Forma divina. Saggi sull’opera lirica e sul balletto, a cura di N. Badolato - L. Bianconi, Firenze 2012, pp. 476-481; Nino Rota: un timido protagonista del Novecento musicale, a cura di F. Lombardi, Torino 2012; L’altro Novecento di Nino Rota, a cura di D. Tortora, Napoli 2014; R. Pozzi, Il Novecento musicale postmoderno di Fedele d’Amico, in I casi della musica. Fedele d’Amico vent’anni dopo, a cura di A. Bini - J. Pellegrini, Roma 2017.

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