BELLORI, Giovanni Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BELLORI, Giovanni Pietro

Kenneth Donahue

Nacque a Roma il 15. genn. 1613 da Giacomo (1585-1655), piccolo agricoltore originario di Cardano in Lombardia, e da Artemetia Giannotti originaria della Valtellina. Sin dal 1674 il B. fu considerato dagli studiosi nipote dello scrittore, collezionista e antiquario F. Angeloni; ma i documenti degli archivi romani smentiscono questa affermazione. Il B. fu comunque allevato dall'Angeloni al quale si indirizza nella prefazione alla seconda edizione della Historia Augusta come a "un quasi affettuosissimo padre, appresso il quale, da teneri anni, e sin nella Corte del memorato Cardinal Hippolito, partecipe delle cure della penna, mi era educato"; questi rapporti di familiarità e collaborazione trovano conferma nel testamento dell'Angeloni che si presume scritto nel 1652. e, poiché vi si fa riferimento più volte a un periodo di venti anni, è molto probabile che il B. sia stato assistente dell'Angeloni almeno dall'anno 1632. Nel censo dell'Angeloni del 1634 il B. fa già parte della sua famiglia.

L'Angeloni, accogliendo il B. "in luogo di figliuolo", offrì al giovane l'occasione di penetrare nel vivo della vita, culturale romana.

Gli interessi e i contatti dell'Angeloni stesso erano dei più svariati: egli scrisse commedie e novelle, una storia di Temi, sua città natale, e La historia Augusta sulle monete romane di, epoca imperiale. Egli aveva radunato un museo privato di antichità, arte moderna e storia naturale tanto famoso da essere citato nelle guide e visitato da studiosi e personaggi importanti. La parte antiquaria, messa insieme con l'aiuto del B., comprendeva vasi, statuette, lampade, e gran varietà, di oggetti archeologici oltre che monete d'oro, argento e bronzo che formavano una delle collezioni più stimate d'Europa. La parte, moderna comprendeva varie stanze di quadri, in special modo veneziani del sec. XVI, una vasta collezione di stampe, in particolare di L. van Leyden e A. Dürer, e disegni di grandi maestri, tra i quali, secondo il resoconto dello stesso Angeloni (La historia Augusta, p. 251), "seicento vari disegni [di Annibale Carracci] inventati la maggior parte, per ornare con pitture la celebre galleria Farnesiana". C'erano anche armi italiane e straniere, una collezione molto apprezzata di, lumache, specialmente indiane, e varie curiosità naturali e artistiche. L'Angeloni considerava i Carracci i restauratori dell'arte e frequentando la cerchia degli Aldobrandini veniva a trovarsi facilmente in contatto con i seguaci dei Carracci a Roma. Il Domenichino era suo amico intimo e così G. B. Agucchi, il cui trattato sulla pittura anticipava gli scritti del B.; tra i personaggi spesso incontrati dall'Angeloni erano G. A. Massani, che pubblicò il trattato dell'Agucchi, e collezionisti, e amatori d'arte come Vincenzo Giustiniani e Cassiano dal Pozzo, i cardinali Barberini, Aldobrandini e Massimo, numismatici come F. Cameli e G. Canini, artisti francesi come Ch. Errard.

È probabile che nella sua giovinezza il B. abbia studiato pittura col Domenichino; così almeno annotò S. Resta, che conosceva bene il B., sulla sua copia delle Vite del Baglione (Roma, Accademia dei Lincei, coll. 31 E 14; cfr. ediz. facsimile, Roma 1935, p. 15 dell'appendice), ma aggiunse che "li studi d'erudizione e delle bell'arti, fra le quali la Poetica, non hebbe in minor luogo, lo divertirono dalle pitture". Questo discepolato potrebbe essersi verificato quando il Domenáchino soggiornò a Roma, dopo la fuga da Napoli nell'estate del 1635. Il Pascoli (II, pp. 116 s.) ricorda l'amicizia del B. per il Canini nell'epoca in cui questi stava studiando con il Domenichino e ricorda che il B. nello stesso periodo si dedicava alla pittura. G. Ghezzi incluse il B. nel suo ruolo dei membri dell'Accademia di S. Luca indicandolo come pittore e Ph. Skippon, che lo andò a trovare nel 1665, annotò "he draws pictures and makes good landskips". L'unica opera d'arte del B. che conosciamo è un paesaggio firmato, inciso nella serie di-otto piccole stampe del Canini intitolate Scherzo dei paesi: secondo il Mariette (pp. 113 s.) il B. segue talmente la maniera del Canini che se non fosse stato firmato non si sarebbe mai assegnato al Bellori. Nello studio del classicista Domenichino il B. può aver sperimentato la possibilità di applicare nella pratica pittorica le teorie dell'Idea.

I primi scritti del B. dimostrano il suo orientamento verso una carriera letteraria nella tradizione dell'Angeloni (v. catalogo delle opere).

Il lungo poema Alla Pittura, prefazione alla prima edizione delle Vite del Baglione, dimostra che nel 1642 il B. non aveva ancora formulato la sua filosofia dell'arte: egli si dilunga in lodi tanto del Caravaggio quanto di Annibale Carracci e del Domenichino e approva persino il Cavalier d'Arpino; è quindi del tutto assente la selettività e il gusto discriminatorio che saranno caratteristiche degli scritti più tardi del B.; non c'è quindi da meravigliarsi se più tardi egli ripudierà questo scritto e scriverà a margine della sua copia del Baglione: "Canzone da me fatta negli anni giovanili che hora non mi piace niente".

Finché era in vita l'Angeloni, il B., probabilmente assorbito dagli impegni del suo protettore, pubblicò molto poco. Il 30 nov. 1652 l'Angeloni morì lasciando il B. erede universale di tutti i suoi beni a patto "che mantenga etiandio intatto lo studio, o Museo adunato in molti anni da me con spesa notabile..." e con altri vincoli e condizioni: ma non essendo il testamento perfezionato, esso fu contestato, nonostante numerosi personaggi, tra cui il card. Massimo, avessero testimoniato in favore del B., al quale fu lasciata solo la grande casa dell'Angeloni mentre gli altri beni, compresa la collezione, furono divisi fra i parenti dell'Angeloni: la collezione andò così dispersa in pochi giorni (tranne i disegni di Annibale Carracci, venduti a Pierre Mignard e ora in gran parte al Louvre e al museo di Besano;on). Il B. volle ugualmente tener fede ai desideri dell'Angeloni: appena ne ebbe la possibilità formò una nuova collezione di medaglie antiche, antichità, pitture, disegni e stampe, tralasciando le rarità naturali.

Ph. Skippon, che visitò il B. nel 1665, e Massimiliano Misson, che vide la collezione nel 1688, la descrissero molto minuziosamente. Tra le opere di pittura v'erano quadri di Tiziano, Tintoretto, van Dyck, Annibale Carracci e Carlo Maratta. Tra i disegni v'erano il primo abbozzo di Annibale del Baccanale del soffitto Farnese, il Sonno di Endimione e Diana e Pan per la stessa galleria nonché studi per il camerino e vari disegni del Domenichino. La reputazione internazionale della collezione di antichità, e in particolare di monete antiche, era ormai pari a quella della collez. Angeloni. Dopo la morte del B. le medaglie, gemme e altre antichità furono acquistate da Federico I di Prussia e pubblicate nel 1701 da L. Beger nel terzo volume del Thesaurus Brandenburgicus Selectus. Tra il 1723 e il 1726 i pezzi migliori della collezione furono acquistati da Augusto III di Sassonia e trasferiti a Dresda, dove costituirono un concreto elemento di continuità ideale tra il B. e il Winckelmann.

La posizione storica del B. e l'influsso esercitato dalle sue idee sono basati su tre opere collegate tra loro: L'idea del pittore..., 1664; Le vite..., 1672 (comprese varie vite lasciate manoscritte) e una serie di scritti su Raffaello pubblicati solo nel 1696. A tutte queste opere egli già attendeva tra il 1650 e il 1660.

Nel settembre 1670 il B. scriveva all'abate Nicaise che aveva terminato la descrizione della Stanza della Segnatura e che progettava un'analoga descrizione delle altre tre Stanze e della Famesina. Ma dato che nell'introduzione alle Vite il B. dichiara che prima di iniziare a scriverle aveva finito la descrizione della Stanza della Segnatura, questa deve essere stata compilata prima del 1660. Il B. cominciò probabilmente a raccogliere materiale per le Vite già intorno alla metà del quinto decennio del secolo poiché nella vita del van Dyck egli dice di aver avuto gran parte delle sue informazioni da sir K. Digby (1603-1665) che non fu più a Roma dopo il 1647. In una lettera a Girolamo Bonini del 1660, rammaricandosi per la morte di F. Albani, il B. scriveva: "Egli [Albani] si compiacque di alcuni miei fogli delle vite de' pittori..." e chiedeva al Bonini "le cognizioni dell'opere e belle poesie che il Sig. Albani ha dipinte e anche de' quadri in publico... avendo in animo presto descriverne la vita" e continuava chiedendo "disegni... delli due quadri del Domenichino... che io ho lasciato sin ora in bianco nella sua vita".

Negli stessi anni in cui era occupato al]; stesura delle Vite il B. attendeva a varie altre pubblicazioni: una nuova edizione di Le gemme antiche di L. Agostini, vari articoli sulla Diana di Efeso, una introduzione iAterpretativa alle incisioni di c. Cesio della Galleria Farnese, una biografia di Pietro Della Valle, una breve guida delle collezioni romane e libri sulle monete degli Antonini nella collezione de card. Massimo, l'antica pianta di Roma e i rilievi della colonna Traiana.

Pietro Della Valle, per molti anni amico dell'Angeloni e del B., era molto conosciuto per i suoi viaggi nel Medio Oriente e in India e per la collezione di curiosità orientali che aveva raccolto a Roma; il sarcofago di una muminia egiziana proveniente dalla sua collezione era nella collezione del Bellori. Questi curò l'edizione del 1662 dei Viaggi del Della Valle premettendovi una biografia dell'autore. Fu dedicata a M. Parisot, rappresentante personale di Luigi XIV, che si fece accompagnare dal B. in un lungo viaggio attraverso l'Italia meridionale nella primavera del 1661. Durante questo viaggio il Parisot e il B. visitarono tra l'altro la biblioteca di Montecassino, l'antica Capua, Napoli e il Vesuvio, la tomba di Virgilio, la casa del Tasso a Sorrento, e infine Capri.

Ph. Skippon, dopo essere stato dal B. il 12 genn. 1665, scrisse che questi aveva pubblicato la Nota delli musei e che al momento stava pubblicando un libro di "bassi rilievi" e faceva aggiunte alle Vite.La Nota, pubblicata nel 1664, è un rarissimo catalogo di 55 pagine delle biblioteche e collezioni ecclesiastiche e private in Roma, con note particolari sulle opere d'arte più importanti in esse contenute. In appendice si trova un saggio sull'antica pittura romana che secondo Huelsen (1953) è il primo che sia mai stato scritto su questo soggetto: è una rassegna storica delle pitture esistenti in quel momento in Roma con interpretazione dei soggetti e critica della qualità, dello stato di conservazione e dei disegni e delle copie che erano stati fatti in situ al momento degli scavi.

Nel discorso L'Idea del pittore, del 1664, e nelle Vite del 1672 il B. espone la teoria classicista che consiste essenzialmente in un idealismo empirico compatibile con la pratica di studio e con la tradizione classica del Rinascimento e che costituirà il fondamento delle teorie accaderniche dei secoli XVIII e XIX.

Come ha dimostrato il Panofsky i concetti e il vocabolario platonico di cui a volte si serve il B. non sono profondamente assimilati. In effetti nella sua ampollosa introduzione egli richiama il neo-platonismo dei trattati tardomanieristi sull'Idea: "Quel sommo ed eterno intelletto, autore della Natura nel fabbricare le opere sue maravigliose, altamente in se stesso riguardando, costituì le prime forme chiamate Idee; in modo che ciascuna specie espressa, fu da quella Prima Idea, formandosene il mirabile contesto delle cose create". Poiché la natura così come la vediamo è imperfetta "li nobili, pittori e scultori, quel primo Fabbro imitando, si formano anch'essi nella mente un esempio di bellezza superiore, ed in esso riguardando, emendano la Natura...". Si pone quindi il problema di quale sia l'origine dell'Idea nella mente dell'artista: mentre per Lomazzo e Zuccari l'Idea emana da Dio, per il B., che ora assume una posizione aristotelica, l'artista stesso si forma l'Idea della bellezza perfetta studiando le figure e gli, oggetti naturali, scegliendone le parti migliori e fondendole nella sua immaginazione. L'Idea, "originata dalla Natura supera l'origine, e fassi origine dell'Arte; misurata dal compasso dell'intelletto, diviene misura della mano, ed animata dall'imaginativa, dà vita all'immagine". Il B. cita quindi la testimonianza di antichi scrittori circa il metodo usato dagli artisti classici che creavano le loro immagini perfette combinando le parti più belle di diversi corpi: così avrebbe fatto Zeusi per raffigurare Elena di Troia. A conferma della sua teoria il B. adduce anche gli insegnamenti di Alberti, Leonardo, Raffaello. Più oltre egli definisce i motivi di contrasto della sua posizione coi manierismo da una parte e col naturalismo dall'altra:, condanna il naturalismo, rappresentato da Caravaggio e seguaci, perché pedissequa imitazione della natura nella sua apparenza; senza il minimo intervento dell'Idea, e in egual misura è' contrario al manierismo e al barocco perché sono il risultato di "fantasie fantastiche" da parte di artisti che non sostanziano la loro immaginazione con la ragione e l'osservazione della natura. D'altra parte il B. riscontra questa perfetta combinazione di arte e natura nei resti di arte classica e nelle pitture di Raffaello e Annibale Carracci, e tra i suoi contemporanei, del Domenichino e deì Poussin. Egli l, esorta quindi a studiare le opere di questi artisti e le più perfette sculture antiche ma non come modelli da imitare letteralmente, bensì come maestri da seguire per attingere all'idea 'della perfetta bellezza e per scoprire la qualità "che fa le cose come sono nella loro propria e perfetta natura". Per il B. la pittura non è questione solo di bella forma ma, come la tragedia per Aristotile, è una interpretazione profonda della vita attraverso la rappresentazione delle azioni umane più elevate, e quindi "il pittore deve ritenere nella mente gli esempi degli affetti che cadono sotto esse azioni...". L'artista non può vedere nel modello gli "affetti" poiché il modello "languisce con lo spirito, e con le membra nell'atto in cui si volge e si ferma ad arbitrio altrui. È però necessario formarsene un'immagine su la Natura, osservando le commozioni umane e accompagnando li moti del corpo con li moti dell'ammo". Gli artisti più lodati dal B. per l'espressione delle passioni furono il Domenichino e il Poussin. E in effetti l'amicizia con il Poussin negli anni in cui formulava la sua teoria artistica deve aver avuto considerevole importanza sull'evoluzione intellettuale del B. dato che il La Teulière scriveva nel 1693che i due non stavano mai "trois jours sans se voir et raissoner ensemble" (Correspondance des Directeurs de l'Académie de France à Rome; I, Paris 1887, p. 378).In un campo più specifico il B. risentì delle idee dell'Agucchi, il cui Trattato, scritto tra il 1607 e il 1615, fu pubblicato in parte da monsignor G. A. Massani nella prefazione a Diverse figure... da Annibale Carracci (1646); l'Agucchi infatti aveva anticipato gli elementi essenziali della teoria del B.: solo recentemente dopo la pubblicazione del Trattato ad opera del Malion (1947, pp. 109-154, 231-275) è stato possibile stabilire in base a precisi confronti quanto il B. nell'elaborazione del discorso sull'Idea abbia ripreso dall'Agucchi.

Nel discorso sull'Idea ilB. ordinò le teorie classiciste-idealiste dei suoi predecessori, di letterati come Agucchi e di artisti come Domenichino e Poussin in un sistema estetico, di cui si servì come fondamento teorico nell'elaborazione delle Vite.Il discorso, pubblicato come prefazione alle Vite, ebbe una influenza grandissima in tutta l'Europa e in particolare sull'Accademia di Francia, e poi su Dryden, Shaftesbury, Reynolds e Winckelmann; giustamente quindi Panofsky definiva il discorso das Grunddokument der Klassizistischen Kunstanschauung. Il B. scrisse Le Vite...sia come critico dal gusto sicuro sia come teorico coerente. Egli non intendeva tracciare la storia di un'epoca come aveva fatto il Vasari né compilare una cronaca diligente come aveva fatto il Baglione; ma seguì piuttosto un criterio di scelta basato sull'eccellenza e sull'importanza, prenderido come termine di paragone Raffaello e gli antichi. Il B. scelse solo dodici artisti del tardo '500 e primo '600: Annibale e Agostino Carracci, Domenico Fontana, Barocci, Caravaggio, Rubens, van Dyck, Duquesnoy, Domenichino, Lanfranco, Algardi e Nicolas Poussin.

È significativo però che nella sua scelta il B. includa anche artisti estranei al suo gusto, come per esempio il Caravaggio, di cui riconosce l'importanza storica e quindi in sostanza l'originalità per essersi ispirato con tanta immediatezza alla natura. Tuttavia non arriva ad accettare il Bernini troppo lontano dal suo modello prefissato. È inoltre da notare la scarsa sensibilità architettonica del B., che non gli permette di individuare fra gli architetti contemporanei quello che, esprimendosi in termini adeguati alla teoria idealista, eguagli la grandezza di Bramante, Raffaello e Michelangelo (Domenico Fontana, più ingegnere che architetto, è ricordato grazie soprattutto all'erezione dell'obelisco di piazza S. Pietro). Un altro aspetto che distingue l'opera biografica del B. da quelle dei suoi contemporanei è il "modo nuovo" (F. Nazzari, in Il giornale de' letterati, 23 giugno 1673, p. 77) che segue nel trattare le singole opere degli artisti, non limitandosi ad elencarle ma descrivendole "figura per figura" e analizzandole "nell'attione delle figure, e nella distribuzione de' colori, e la forza, espressione, venustà, colorito, bizzarria, grafia, e altre proprietà...". Questa sorta di ricostruzione verbale delle opere d'arte, l'accanita ricerca della notizia di prima mano, l'atteggiamento critico fondato sulla teoria artistica, ma modificato da un- personale senso della qualità fanno delle Vite una fonte di primaria importanza per la conoscenza degli artisti trattati, e dei criteri di valutazione e pregiudizi che perdurarono fino al XX secolo.

Le Vite furono dedicate a J.-B. Colbert e preparate per la pubblicazione da Ch. Errard dell'Accadenùa di Francia a Roma. Erano illustrate con ritratti degli artisti e vignette che esprimono gli elementi essenziali della teoria del Bellori. I ritratti di Annibale Carracci e di Poussin sono firmati da A. Clowet che operò a Roma dal 1664 al 1667 nella bottega di c. Bloemaert; quando nel secolo successivo Odieuvre ripubblicò i rami che erano stati portati a Parigi dall'Errard, attribuì i ritratti non firmati a P. Simon, E. Baudet, CI. Randon e G. Vallet, tutti giovani pensionanti all'Accadenùa di Francia di Roma negli ultimi anni del settimo decennio del sec. XVII. Le vignette formano parte così integrante dell'opera che può ben essere che ij B. le abbia "inventate": insieme con il frontespizio e i culs de lamps furono probabilmente eseguite da J.-B.- Corneille che era pensionante all'Accademia di Francia a Roma nel 1665. Nell'introduzione e in altri passi delle Vite il B. accenna all'intenzione di includere altre biografie in un proseguimento dell'opera. Per anni egli infatti continuò a lavorare di tanto in tanto ad altre biografie. L'8 nov. 1695 il priore Michel scriveva all'abbé Nicaise: "Il a fini laugmentation de son livre de la vie des peintres auquels il a adjouté les vies de l'Albano, du Guide, de Lodovico et Antonio Caraci, du Guerchin, Andrea Sacchi, etc., et de Carlo Maratti, qu'il suspend a faire imprimer jusqu'a ce qu'il en aye les moiens. Si quelqu'un en France en vouloit faire le despance, il donneroit son ouvrage, mais il faudroit faire rimprimer tout louvrage a cause qu'il a fait ses notes de nouvau avec quelque addition a la vie des autres peintres..." (Caillemer, 1885, pp. 82-84). Di queste Vite fu stampata solo la vita di Carlo Maratta nel 1731 che risultava opera di tre mani (v. elenco delle opere). In una lettera degli credi dei B. all'abbé Nicaise del 1696 (Paris, Bibl. Nat., tomo IV, lett. XLII) viene ricordato il manoscritto del se condo volume delle Vite che nel 1735 era posseduto dal signor Crozat: jr.; al principio del sec. XIX il ms. delle Vite di Guido Reni, A. Sacchi e Carlo Maratta fu acquistato da E. Coquebert de Montbret che lo lasciò nel 1847 alla Biblioteca municipale di Rouen (pubblicato nel 1942). Dopo la pubblicazione delle Vite nel 1672 il B. si dedicò quasi completamente a studi di antiquaria e numismatica (v. elenco delle opere). Egli si distingueva per maggior impegno professionale dalla precedente generazione di eruditi amateurs: criticava violentemente quegli antiquari e quegli scrittori di arte contemporanea che "non lasciano sasso o tela senza nome, ed affaticano la curiosità de' forastieri con lunghe ed inutili ricerche, confondendo le cose utili con le più degne". Facendo uso della stessa acribia della quale si era servito per le Vite il B. sceglieva le più importanti opere d'arte antica per pubblicarle dettagliatamente: le colonne di Traiano e di Marco Aurelio, gli archi di Tito, di Settimio Severo e di Costantino e una splendida serie di rilievi da sarcofagi e da edifici. Egli ampliò il campo degli studi antiquari pubblicando descrizioni e interpretazioni delle antiche pitture del sepolcro dei Nasoni e dei palazzi e ville comunemente conosciuti come "grotte di Roma" con illustrazioni da incisioni fatte sul luogo o tratte, da disegni eseguiti al momento dello scavo, poíché sua cura era rendersi conto dei dati più esatti possibili sui colori e sullo stato di conservazione. Scrivendo come studioso e critico insieme, il B. presentava le sculture antiche e le pitture sia come documenti visivi della storia della cultura sia come opere d'arte esemplari. Gli oggetti minori, come lucerne sepolcrali, gemme figurate e medaglie erano riuniti da lui in gruppi sistematici per uno studio. comparato; veniva così dato valore di documento storico a materiale archeologico prima oggetto di sola curiosità erudita. Tra gli antiquari il B. era noto internazionalmente soprattutto per le sue interpretazioni dei tipi sul rovescio delle monete e medaglie della Roma imperiale. Nei suoi scritti di numismatica egli si serviva della sua competenza specifica sulla pittura, scultura, architettura e arti minori antiche unita con la vasta conoscenza dell'antichità comune agli uomini colti del suo tempo per identificare i monumenti e interpretare i miti, i simboli, le allegorie e gli eventi storici rappresentati sulle monete. Analogamente, in altre opere di antiquaria, il B. anticipava il moderno storico dell'arte usando le raffigurazioni delle monete come fonti per lo studio iconografico della pittura e della scultura. Per più di venti anni suo collaboratore fu Pietro Santi Bartoli che, secondo le parole del B. stesso, "co' suoi tratti hà rivocato in luce molte opere di Raffaëlle, e degli Antichi, le quali senze lo studio suo sariano perite".

Per vari decenni il B. fu attivo nell'Accademia di San Luca come rappresentante della tendenza classico-idealista favorevole all'arte francese.

È incerta la data della sua ammissione come membro: dato che in questo periodo la vita dell'Accademìa fu assai travagliata, preferiamo basarci sui pochi documenti ufficiali come i verbali delle congregazioni, poiché spesso le notizie date da J. Arnauld (L'Académie de Saint Luc..., Roma 1886, p. 35) o da G. Ghezzi (1696) non sono esatte. Il B. appare per la prima volta nel verbale della congregazione del 29 sett. 1652. Dal 1662 al 1679 è presente per quasi tutte le sedute. Ebbe cariche accademiche: il 29 sett. 1652 è nominato segretario, confermato per il 1653; il 1° genn. 1664 curatore de' forestieri; il 1° genn. 1666 segretario; il 9 genn. 1667 camerlengo; e ancora visitatore agli infermi (io genn. 1668), segretario (22 genn. 1668 e confermato per gli anni 1669-72). Il 16 genn. 1678 è eletto "primo rettore". Secondo il Missirini (pp. 130, 132) la grande preoccupazione del B. era di ridar vita alle lezioni e alle discussioni sulla teoria dell'arte che dal tempo di Federico Zuccari erano state sospese. Sono stati conservati solo due dei discorsi del B.: L'idea del pittore, dei 1664 e Gli onori della pittura, e scoltura, del 1677.

Il B. ebbe stretti leganii con l'Accademia di Francia a Roma, aperta nel 1666, sia per affinità di spirito sia per conoscenze personali. Egli si sentiva molto più vicino al disciplinato sistema didattico di quell'Accademia, basato sullo studio dell'antico e dei modelli del Rinascimento e aperto ai probletni teorici, che non all'anarchia artistica praticamente imperante all'Accadernia di S. Luca. Nel 1676 avvenne una fusione pro forma tra le due Accademie, e alla prima distribuzione dei premi di Luigi XIV avvenuta dopo la fusione, il B. tenne il discorso sugli Onori, inneggiando al re, al Colbert e a Ch. Le Brun. Nel 1689 il B. fu membro onorario della Académie Royale de Peinture et Sculpture di Parigi, in qualità di "peintre, conseillerarnateur".

In questi anni il B. attendeva anche ad altre occupazioni, come antiquario del papa e come bibliotecario e antiquario di Cristina di Svezia. Il 31 maggio 1670 il B. era stato nominato da Clemente X cominissario delle antichità di Roma e suo distretto ed era perciò direttamente responsabile verso il camerlengo (Antonio Barberini), e familiare del papa. Negli ultiini anni del sesto decennio aveva praticamente svolto analoghe funzioni per Alessandro VII sostituendo spesso il vecchio Leonardo Agostini. Il B. mantenne il suo posto di cominissario delle antichità sino al 1694, anno in cui diede le dimissioni perché la sua salute non gli permetteva di tener dietro ai doveri di ufficio; gli successe il suo incisore, P. Santi Bartoli, che fu nominato il 29 luglio 1694.

Secondo il Pascoli (II, p. 119), il B. entrò in rapporti di "servitù particolare" con Cristina di Svezia non appena la regina giunse a Roma: non è chiaro però se egli si riferisca al primo viaggio del 1655 o a quando la regina si stabilì a Roma nel 1662. Con l'espressione "servitù particolare" il Pascoli può forse intendere l'incarico che egli ebbe di formare la collezione di disegni della regina, a cui fa riferimento anche S. Resta in una nota sulla sua copia delle Vite dei Baglione. Il B. divenne bibliotecario e antiquario di Cristina molto dopo, succedendo al Cameli che abbandonò la sua carica tra il 1675 e il 1683 quando divenne cieco, presuinibilmente intorno al 1680. Nel 1681 Cristina nominava per la prima volta il B. in una lettera in cui riferiva il suo parere su una medaglia da lei fatta incidere l'anno prima (J. Archenholtz, Mémoires concernant Christine reine de Suède, IV, Amsterdam 1960, p. 141). Nel 1685 il B. pubblicò nell'edizione riveduta della Historia Augusta dell'Angeloni un gruppo di medaglie romane di Cristina e continuò a studiare e aumentare la collezione della regina sino alla morte di questa (1689); dopo sovrintese agli inventari delle sue collezioni di antichità; i libri e manoscritti pervennero alla Bibi. Vaticana, la collezione di gemine fu acquistata dagli Odescalchi e pubblicata in P. Santi Bartoli, Museum Odeschalchum sive Thesaurus antiquarum gemmarum, Romae 1751; le medaglie furono pubblicate da S. Havercamp nel Nummophylacium Reginae Christinae, The Hague 1742, sempre con illustrazioni del Bartoli presumibilmente preparate sotto la direzione del Bellori.Il raffaellismo del B. è così intimamente legato con il suo concetto della "idea della bellezza" che deve essere considerato parte integrante della sua teoria. Anche se egli aveva già scritto i suoi saggi sugli affreschi della Stanza della Segnatura prima del 1670, soltanto negli ultimi anni della sua vita cominciò a raccogliere i suoi scritti su Raffaello per pubblicarli. Egli era già debole e malato e quindi fu molto assistito, specialmente da Carlo Maratta. Le spese di pubblicazione delle Descrizzioni delle imagini dipinte da Raffaëlle d'Urbino...furono sostenute da Carlo Maratta e dal cardinale Albani, che fecero stampare l'opuscolo privatamente e lo distribuirono gratis a studiosi ed amici; anche se è datato 1695, non uscì che nel 1696 poco dopo la morte del Bellori.

Per il B. Raffaello costituisce il termine di paragone che supera anche gli artisti dell'antichità. Riaffermando che "l'essenza della pittura consiste nell'imitare l'azzioni humane" egli dice di Raffaello: "sua maggior lode stimo fusse che in tante istorie, e componimenti numerosissimi sin di trenta, quaranta, e più figure egli in tal modo ne formasse l'azzione, l'espressione, il costume, il colore ed i lineamenti, che dimonstrò ritenere nell'animo le forme di, tutte le passioni, e così egli il primo, le animo sensibilmente alle più perfette sembianze naturali; onde nel raccorre l'arte della miglior natura, le sue pitture non sono semplici similitudini de' corpi, ma si muovono, con l'apparenza de' sensi, ed in esse veramente più s'intende di quello che si vede".

Tenendo presente ciò il B. interpretò, figura per figura, i sedici grandi affreschi delle stanze e il ciclo di Amore e Psiche nella Farnesina. A questa esposizione egli aggiunse una spiegazione dei significati letterari, simbolici ed allegorici dei soggetti, così che quest'opera resta la fonte principale per l'interpretazione secentesca degli affreschi di Raffaello. Alla descrizione segue una serie di articoli brevi e polemici: Della riparazione della galleria del Caracci nel Palazzo Farnese, e della loggia di Rafaelle alla Lungara, rapporto dettagliato sulla condizione degli affreschi prima dei restauro, le cause dei danni e i metodi di restauro usati; Se Rafaëlle ingrandì, e megliorò la maniera per aver veduto l'opera di Michelangelo, contestazione. a favore di Raffaello, al Vasari, scritto che suscitò animate discussioni nel sec. XVIII; Dell'ingegno, eccellenza, e grazia de Raffaëlle comparato ad Apelle, in cui il B. ribadisce le proprie convinzioni sulla supremazia di, Raffaello. Come egli stesso aveva diffuso il culto di Raffaello nel Seicento, così le sue Descrizzioni alimentarono il raffaellismo dei secolo diciottesimo e di quello seguente.

Il B. morì a Roma il 19 febbr. 1696 e, come aveva chiesto, fu sepolto nella chiesa di S. Isidoro.

La sua vita privata e pubblica, improntata a serietà morale e a coscienziosità di studioso, è esempio ideale del classicista ed erudito del suo secolo, contrario sia alle pretese delle corti, che egli condannò in van Dyck, sia alla vita bohémienne, che condannò con ugual decisione in Caravaggio. Un suo ritratto ci è dato dall'incisione di Th. Patch tratto da quello del Maratta.

Opere: Introduz. a F. Angeloni, Lettere di buone feste scritte da principe aprincipi, Roma 1638 (a cura del B.); quattro sonetti, un distico e un tetrastico di dedica a vari personaggi in F. Angeloni, L'historia Augusta, Roma 1641; Alla pittura, pref. in versi a G. Baglione, Le vite de' pittori..., Roma 1642; Icones et segmenta illustrium e marmore tabularum quae Romae adhuc extant a Francisco Perrier delineata..., Parisiis 1645; Il Bonino, ovvero avvertimenti al Tristano intorno agli errori nelle medaglie del primo tomo de' suoi Commentari historici, s. I.circa 1649 (difesa dell'Angeloni attaccato per la Historia Augusta); Le gemme antiche figurate di Leonardo Agostini senese, I-II, Roma 1657-69 (rist. 1686; ed. ampliata D. di Rossi, 1702; Ult. ampliam. P. A. Maffei, 1707; trad. lat. J. Gronovius, Amstelaedami 1685, rist. 1694), Argomento della Galeria Farnese dipinta da Annibale Carracci disegnata e intagliata da c. Cesio, Roma 1657 (riprodotto in c. Maivasia, Felsina pittrice, I, Bologna 1678, pp. 437-442); Notae in numismata tum Ephesia, tum aliarum urbium apibus insignita, Romae 1658 (rist. con Expositio symbolici deae Syriae simulacri, in c. F. Menestrier, Symbolica DianaaEphesiae statua, Romae 1660 e 1688, e in J. Gronovius, Thesaurus graecarum antiquitatum, VII, Venetiis 1735); Vita di Pietro della Valle, pref. a P. della Valle, Viaggi, 2 ediz., Roma 1662 (con pseud. F. M. Bonino); L'idea del pittore, dello scultore e dell'architetto..., discorso detto nell'Accademia Romana di San Luca la terza Domenicadi Maggio 1664, stampato in Le vite de' pittori..., 1672 (V. oltre) e in tutte le ediz. posteriori; Nota delli musei, librerie, galerie, et ornamenti di statue e pitture ne, palazzi, nelle case, e ne'giardini di Roma, comprendente il saggio Delli vestigi delle pitture antiche dal buon secolo de' Romani, Roma 1664, rilegato con G. Lunadoro, Relatione della corte di Roma, Roma 1664; Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, I, Roma 1672 (rist. Roma 1728 e, con l'aggiunta della vita di Carlo Maratta, Pisa 1821; ediz. facsimile dell'ediz. 1672, Roma 1931); Selecti nummi duo Antoniniani..., Ex bibliothoca Eminentiss. Principis Camilli Card. Maximi, Romae 1672, (rist. Romae 1676; rist. Amstelaedami 1685 con Rariora maximi moduli numismata..., v.oltrej; Fragmenta vestigii veteris Romae ex lapidibus Farnesianis..., Romae 1673 (rist. Roma 1682 e 1704; rist. in J. G. Graevius, Thesaurus antiquitatuni romanarum, IV, Venetiis 1732; nuova ediz., Romae 1764, e con titolo Ichnographia veteris Romae XX tabulis conprehensa..., Romae 1764, con l'inclusione di sei nuove tavole e di note critiche); Colonna Traiana... nuovamente disegnata, et intagliata da Pietro Santi Bartoli con l'espositione latina d'Alfonso Ciaccone, compendiata nella vulgare lingua... accresciuta di medaglie, inscrittioni, e trofei, da G. P. B., Roma 1673 (rist. Roma 1680); Gli onori della pittura, e scoltura discorso... detto nell'Accademia... di San Luca la seconda Domenica di Novembre 1677 (stamp. in Descrizzione delle imagini dipinte da Rafaëlle..., 1695, v. oltre, e in tutte le ediz. successive); Cronologia degl'Imperadori, Roma 1678 (grande tavola rappresentante in ordine cronologico 161 imperatori); Colunina Antoniniana Marci Aurelii Antonini Augusti... nunc primum a Petro Sancte Bartolo... aere incisa, et in lúcem edita cuni notis excerptis ex declarationibus Io. P. B., Romae s. d. (ma prima del 1679), 2 ediz. col tit. Columna Cochlis M. Aurelio Antonino Augusto dicata...,Romae 1704, 2 voll. (rist. 1730); Scelta de' medaglioni più rari nella biblioteca dell'Eminentiss. et Reverendiss... Cardinale Gasparo Carpegna, Roma 1679 (un esemplare con numerose note autografe del B. si trova nella Bibl. Vaticana, Ottoboni 2972; trad. lat. Rariora maximi moduli numismata selecta, Amstelaedami 1685); Le pitture antiche del sepolcro de' Nasoni nella via Flaminia, disegnate, e intagliate da Pietro Santi Bartoli..., Roma 1680 (nuova. ediz. con aggiunta di 35 tavv., Roma 1691; rist., Roma 1702; incluso in Le pitture antiche delle grotte di Roma..., 1706, v. oltre); Sigismundi Augusti Mantuam Adeuntis Profectio Ac Triumphus... ex Archetypo Iulii Romani... Mantuae in Ducali Palatio quod del T. nuncupatur, Plastica... sculptura... elaboratum..: cum notis Io. P. B., a Petro Sancti Bartoli ex veteri Exemplari traductum, aerique incisum, Romae, 1680; Veterum illustrium philosophorum... imagines ex vetustis nummis...., Romae 1685 (rist. Romae 1739); L'historia Augusta... illustrata... da Francesco Angeloni. Seconda impressione...e col supplimento di rovesci, tratti dal Tesoro delle medaglie della Regina Christina Augusta e descritti da G. P.B., Romae 1685; Veteres arcus Augustorum triumphis insignes ex reliquiis quae Romae adhuc supersunt..., Romae 1690 (rist. con Admiranda romanarum antiquitatum..., Romae 1824, v. oltre 1692); Le antiche lucerne sepolcrali figurate..., disegnate, ed intagliate nelle loro forme da Pietro Santi Bartoli, con le osservazioni di G. P. B., Roma 1691 (rist. Roma 1704 e 1729; trad. lat. di L. Beger, Coloniae Marchicae 1702; trad. lat. di A. Duker, Lugduni Batav. 1702 e 1728, e in J. Gronovius, Thesaurus graecarum antiquitatum, XII, Venetiis 1737); Admiranda romanarum antiquitatum ac veteris scuipturae vestigia... a Petro Sancti Bartolo delineata... notis Io. P. B. illustrata, Romae s. d. (ante 1692; rist. Nürnberg 1692; 2 ediz., Romae 1693; rist., Romae 1704, e 1824); Psyches et Amoris nuptiae in fabula a Raffaello Sanctio Urbinate... expressa a Nicolao Dorigny... et aeri incisa et a I. P. B. notis illustrata, Romae 1693; Descrizzione delle imagini dipinte da Rafaëlle d'Urbino nelle Camere del Palazzo Apostolico Vaticano, Roma 1695, pp. 1-63, segue La Fauola di Amore, e Psiche dipinta da Rafaëlle d'Urbino... con l'aggiunta d'alcuni ragionamenti specialmente in onore del medesimo Rafaélle, pp. 64-104 e Gli onori della pittura, e scoltura, pp. 105-112 (rist., Roma 1751, e con continuazione di M. Missirini, Roma 1821); Gli antichi sepolcri, overo mausolei Romani, et Etruschi... raccolti, disegnati et intagliati da Pietro Santi Bartoli, Roma 1697 (rist. Roma 1699, 1704, 1727., 1768; trad. lat. di A. Duker, Lugduni Batav. 1702 e 1728, e in J. Gronovius, Thesaurus graecarum antiquitatum, XII, Venetiis 1737); Le pitture antiche delle grotte di Roma, e del Sepolcro de' Nasonj disegnate, e intagliate alla similitudine degli antichi originali da Pietro Santi Bartoli e Francesco Bartoli suo figliuolo, descritte... da G. P. B. e Michel Angelo Causei..., Roma 1706 (rist. Roma 1721; trad. lat. di anonimo, Romae 1738, rist. 1750, 1791; trad. lat. di L. Kuster [Neocorus] in J. G. Graevius, Thesaurus antiquitatum romanarum, XII, Venetiis 1737); note alle incisioni di P. Santi Bartoli, in F. F. Aquila, Stylobates columnae Antoninae in tres tabulas distributas, Roma 1708; Adnotationes nunc primum evulgatae in XII priorum Caesarum numismata ab Aenea Vico Parmensi olim edita, noviter additis eorumdem Caesarum imaginibus..., Romae 1730; Vita di Carlo Maratti (scritta dal B. sino al 1689, da F. Primerio fino al 1695 e da F. Amidei fino al 1701), in Ritratti di alcuni celebri pittori del sec.XVII..., Roma 1731 (comprendono anche il saggio Dafne trasformata in lauro, pittura del Signor Carlo Maratti...), pp. 147, 271; M. Piacentini, Le vite inedite del Bellori, I, G. P. B., Vite di Guido Reni, Andrea Sacchi e Carlo Maratti, trascr. dipl. dal ms. M. S.2506 della Biblioteca Municipale di Rouen, Roma 1942.

Lettere:, a Girolamo Bonini (1660): in a G. c. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1678, II, pp. 283 s.; a Carlo Dati, s. d.: Firenze, Bibl. Naz., Lettere di diversi a c. R. Dati, Misc. n. 258, fasc. II; a Gio. Batt. Doni, s. d.: in A. M. Bandini, De vita et scriptis Io. Bapt. Doni, Florentiae 1755, col. 223; ad Antonio Magliabechi, 1676-1689: Firenze, Bibl. Naz. mss. Magliabechi, cl.VIII (le lettere del 13 e 24 maggio 1684 sono pubbl. in G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, pp. 130 s.); a Claude Nicaise, 1670: Paris, Bibl. Nat., Correspondance Nicaise, ms. fr.9362, IV, ff. 6-7, pubbl. con variazioni grafiche in Archives de l'art français, I (1851-52), pp. 24 ss.; a Carlo Strozzi, 1655-1661: Arch. di Stato di Firenze, carte Strozziane, s. III, vol. 163, ff. 204r-205r, 211r-212v; vol. 183, ff. 4r, 8r-9r, 16r-18r, 43r e v, 57r e v; vol. 184, ff. 143r e v-146r, 149v-150v, 151v.

Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio del Vicariato, S.ta Maria in Trastevere, Liber baptisimalis, incipiens ab anno MDCXI, c. 26 v; S. Andrea delle Fratte, Status animarum parochiae, 1634-1696; ibid., Liber defunctorum, 1647-1680 c. 70 r (F. Angeloni); c. 95 v (J. B.); 1685-1715: c. 47 v (G. P. B.); Roma, Acc. di San Luca, Archivio, Verbali delle congreg., vol. 43, p. 77r e v e passim; vol. 44, passim; vol.45, p. 54 e passim; Roma, Arch. Capitolino: Registri di Patenti, Brevi e Chirografi, Cred. e VI, tomo 52 (1633-1686), c. 221r (nomina dei B. a commissario delle antichità); Arch. di Stato di Roma, Camerlengato, parte II, titolo IV, Antichità, fasc. 114, 115, 119 (rapporti del B. come commissario delle antichità); ibid., Arch. dei Notari Capitolini, ufficio 7, notaro H. Paradisi, Testamenta et Donationes, vol. 2, ff. 783r ss. (testamento di F. Angeloni, 30 nov. 1652, e testimonianze); notaro H. Paradisi, Instrumenta, vol. 154, ff. 470 ss. (inventario delle proprietà di F. Angeloni, 30 nov. 1652), ff. 535, 578, 585; vol. 155, ff. 261, 268, 270, 276, 278; vol. 159, ff. 59, 329 (lite per le proprietà Angeloni); Ibid., ufficio29, notaro S. de Comitibus, Instrumenta, vol. 254, ff. 8r ss. (donaz. di G. P. B. a L. A. Cipriani, 4 luglio 1686); ibid., ufficio 18, notaro M. Vitellius, Testamenta et Donationes, vol. 16, ff. 152r ss. (testamento di G. P. B., 31 genn. 1696); ibid., ufficio27, notaro I. A. Cimarronus, Instrumenta, vol. 225, ff. 210 ss. (inventario delle proprietà di G. P. B., 20 febbr. 1696); Città del Vaticano, Bibl. Vat., P. L. Galletti, Necrologio Romano dal MDCL al MDCLVI, cod. Vat. Lat.7822 (BXV) c. 53 (Angeloni); Necrologio Romano dal MDCXCII al MDCCVIII, cod. Vat. Lat.7885 (BXVII), c. 44 (Bellori); G. P. B., Introd. a F. Angeloni, L'historia Augusta, Romae 1685; [M. Misson], Nouveau voyage d'Italie fait en l'année 1688, La Haye 1691, II, pp. 44, 118 s.; P. Mandosio, Bzbliotheca romana, II, Roma 1692, pp. 335 s.; G. Ghezzi, Il centesimo dell'anno MDCXCV celebrato... dall'Accademia del disegno..., Roma 1696, p. 48; Abate Valesio, Compendium vitae... I. P. B., in Prefatia editores, G. P. B., Adnotationes nunc Primum evulgatae Romae 1730, pp. 3 ss.; L. Pascoli, Vite de'pittori, scultori...I, Roma 1730, pp. 137, 211, 252; II, Roma 1736, pp. 116, 119, 260; Ph. Skippon, An account of a journey made thro'... Italy..., in A. e J. Churchill, A collection of voyages and travels, IV, London 1746, pp. 694 ss.; G. M. Mazzuchellì, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 703-707; A. Comolli, Bibl. storico-critica dell'architettura civile..., Roma 1788, II, 1, pp. 51-58; P. J. Mariette, Abecedario, in Archives de l'art francais, II, Paris 1851-53, pp. 113 s.; E. Caillemer, L'Abbé Nicaise et sa corresponaance, in Academie des Sciences... de Lyon, classe des lettres, Memoires, XXI(1885), pp. 82-84; Ch. Huelsen, Pietro de' Sebastiani, in La bibliofilia, XXXV(1933), pp. 219-221; R. Lee, Ut Pictura Poesis..., in Art Bulletin, XXII(1940), pp. 207 s.; K. Donahue, The ingenious B., in Marsyas, III (1945), pp. 107-138 (con ult. bibl.); D. Mahon, Studies in Seicento art and theory, Lon don 1947, passim; L. Venturi, Storia della critica d'arte, Firenze 1948, pp. 181-185 e passim; E. Panofsky, Idea..., Firenze 1952, pp. 77 ss.; F. Ulivi, Galleria di scrittori d'arte, Firenze 1953, v. Indice; A. Arfelli, in C. C. Malvasia, Vite di pittori bolognesi, Bologna 1961, v. Indice; G. Wildenstein, Note sur l'abbé Nicaise...,in Gazette des beaux-arts, LX (1962), pp. 565-568; S.Schlosser-Magnino, La letteratura artistica, Firenze-Wien 1964, ediz. aggiornata da O. Kurz, v. Indice; Biogr. univ. ancienne et moderne, I, Paris 1843, pp. 694 s.; C. B. Stark, Handbuch der Archaeologie der Kunst, I, Leipzig 1880, p. 155.

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