PASTRONE, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PASTRONE, Giovanni

Elena Dagrada

PASTRONE, Giovanni. – Nacque ad Asti il 13 settembre 1883, primogenito di Gustavo Ernesto e Luigia Mensio, seguito dalla sorella Marina e dal fratello Alberto.

Il padre era stato titolare titolare di un negozio di tessuti nella centralissima via Aliberti e desiderava per il figlio un futuro nel commercio, sebbene questi fin da piccolo avesse manifestato una grande passione per la musica, in particolare per il violino. Quando Giovanni, all’età di tredici anni, terminò gli studi elementari, fu iscritto alla sezione commercio dell’Istituto tecnico Giobert, dove si diplomò nel luglio 1899. Ottenne, però, di poter frequentare anche il Conservatorio Giuseppe Verdi, coltivando così il temperamento dell’artista unitamente all’abilità del contabile e sviluppando la capacità di coniugare arte e commercio che segnò tanta parte della sua vita.

Pur conservando un forte legame con la città natale, alla quale tornerà frequentemente, Pastrone si trasferì a Torino dove, il 17 settembre 1903, sposò Anna Maria Prat, sua fedele compagna per tutta la vita e madre dell’unico figlio Luigi, anch’egli nato ad Asti il 25 giugno 1905.

Nella capitale sabauda, a ventiquattro anni fu assunto come contabile alla Rossi & C., società di produzione e commercio di pellicole cinematografiche. In breve tempo, nel maggio 1907, divenne mandatario speciale del titolare Carlo Rossi. Scioltasi la società nel gennaio 1908, a causa di dissapori tra Rossi e il socio Guglielmo Remmert, pochi mesi dopo fu costituita una nuova società denominata Itala Film, finanziata da Remmert e diretta da suo genero, Carlo Sciamengo, nella quale Pastrone assunse il ruolo di direttore artistico.

Fin dal principio si distinse per alcune scelte strategiche vincenti nel campo delle innovazioni tecniche, un settore verso il quale le altre case italiane mostravano scarso interesse. In anni in cui il principale problema delle proiezioni era un fastidioso sfarfallio dovuto alle perforazioni irregolari della pellicola, un logo dell’Itala divenne l’immagine di una donna che regge un cartiglio con la scritta FIXITÉ. Non risultano brevetti per ottenere tale fissità, di cui Pastrone si attribuì in seguito l’invenzione, ma la ricaduta pubblicitaria sull’immagine della casa torinese come tecnologicamente all’avanguardia fu assai positiva. In quest’ottica si collocano anche la produzione di film sincronizzati con dischi sonori (per cui nel 1909 l’Itala ottenne un premio); quella di film di divulgazione scientifica realizzati dall’astigiano Giovanni Palazzolo, libero docente di veterinaria, con tecniche di ripresa al microscopio già in uso, ma poco conosciute ed elogiate all’estero dalla critica; l’elaborazione di un sistema manuale di colorazione policroma della pellicola, brevettato nel 1910 e mai concretizzato. In nessun caso si trattò di innovazioni veramente di rilievo, ma Pastrone si dimostrò assai abile nella loro promozione, avendo compreso che il successo poteva dipendere soprattutto da un’oculata gestione pubblicitaria.

I successi più rilevanti Pastrone li ottenne tuttavia nel campo delle politiche produttive, della messa in scena e della scelta dei collaboratori. Riuscì a sottrarre alla casa francese Pathé numerosi tecnici e artisti di valore, fra i quali l’attore comico André Deed, già celebre per la serie nella quale impersonava il personaggio di Boireau. Intuendone le potenzialità anche per il mercato italiano, Pastrone lo legò all’Itala con un contratto in cui si impegnava a realizzare una comica a settimana; la prima, Cretinetti, re dei poliziotti, tenne a battesimo un nome destinato a divenire celebre e a essere oggetto di numerose imitazioni.

Il 17 luglio 1911 si costituì la società in nome collettivo Itala Film ing. Sciamengo e Pastrone che, saldamente guidata dal direttore artistico, diversificò la produzione. Sul versante del prodotto commerciale, Pastrone arricchì il catalogo con la realizzazione di pellicole popolari come Tigris (1913), un eccentrico poliziesco anticipatore delle serie francesi. Sul versante dell’arte, operò un salto di qualità verso orizzonti più ambiziosi adoperandosi per l’affermazione del film artistico con La caduta di Troia, di cui Pastrone fu anche regista, seguito da Clio e Filete. Usciti entrambi nel 1911, ebbero successo negli Stati Uniti, dove l’anno seguente fu fondata l’Itala Film Corporation of America. Sempre nel 1912, Pastrone riuscì anche a scritturare il grande attore teatrale Ermete Zacconi, noto per le sue posizioni critiche verso il cinema e che diede un’ottima prova in Padre (1912) e ne Lo scomparso (1912).

Ma l’ascesa di Pastrone proseguì soprattutto grazie all’intuizione delle potenzialità del film storico, che culminò con la realizzazione di Cabiria, la produzione più spettacolare mai concepita sino ad allora. Presentato al pubblico il 18 aprile 1914, in contemporanea al teatro lirico di Milano e al teatro Vittorio Emanuele di Torino, ebbe uno straordinario successo.

Per la sua laboriosa gestazione Pastrone seppe individuare i migliori talenti: il catalano Segundo de Chomón, all’Itala dal febbraio 1912, per gli strabilianti effetti speciali; Bartolomeo Pagano, camallo nel porto di Genova, per vestire i panni del forzuto Maciste (Pastrone lo diresse poi in vari film di successo); Ildebrando Pizzetti per comporre una breve partitura originale, la celebre Sinfonia del fuoco. E soprattutto Gabriele D’Annunzio, ingaggiato per collaborare alla stesura delle didascalie e all’ideazione dei nomi dei personaggi, ma di fatto incaricato di nobilitare l’intera operazione attribuendosi per contratto la paternità dell’opera. Oculatamente, Pastrone diresse il film senza comparire.

Anche il procedimento per effettuare riprese mobili, oggi noto come carrello, è legato alla fama di Cabiria e di Pastrone, che successivamente se ne attribuì la paternità. Brevettato nel 1912 a nome di Secondo Torta, responsabile dell’omonimo ufficio tecnico incaricato dall’Itala di richiedere la privativa (Pastrone firmò solo la sua estensione francese), l’artefice di Cabiria seppe dare la massima risonanza all’invenzione (tecnicamente meno rilevante della capacità di mantenere a fuoco l’obiettivo durante le riprese in movimento) e seppe soprattutto farne un uso originale, in seguito mai più ripetuto.

Di natura eclettica e curiosa, Pastrone fu originale anche nel miscelare la propria indole inventiva al temperamento metodico, il carattere chiuso all’apertura verso sperimentazioni audaci, la capacità organizzativa imprenditoriale alle potenzialità creative più diverse. Non smise mai di mettersi alla prova nei diversi campi dell’arte: oltre al cinema e all’amata musica, infatti, praticò anche la pittura. Né cessò mai di manifestare un vivo interesse per la meccanica, specie quella applicata ai settori che, in pieno fervore positivista, stavano rivoluzionando l’Occidente.

Nel corso degli anni depositò vari brevetti. Nel 1915, poco dopo l’entrata in guerra dell’Italia, propose alla Direzione generale di Artiglieria e Genio un metodo per individuare la provenienza del rombo del cannone nemico. Nel 1919, con l’amico Sciamengo, brevettò un Sistema per assicurare le normali condizioni di vita alle persone che montano in aeroplano, anticipando il principio di pressurizzazione delle cabine. Nel 1924 i due soci fondarono la Sciamengo & Pastrone per allevare e commerciare cani (attività interrotta bruscamente dal suicidio di Sciamengo, nel 1927). Nel 1930 fu la volta di un congegno per il funzionamento degli accumulatori a elettrodo solubile. Nel 1933 brevettò pistoni per auto da corsa, nuovamente con il supporto dello studio Torta, estendendo poi la privativa ai principali Paesi europei produttori di motori a pistoni.

Ad alimentare il suo eclettismo contribuì senz’altro il sopraggiunto disamore per l’ambiente cinematografico, provocato dai mutamenti societari dell’Itala dovuti alla crisi che la Grande Guerra aveva portato con sé. In conflitto con i nuovi dirigenti, che progressivamente lo emarginarono e trasferirono a Roma i quadri della società, il 20 maggio 1922 si dimise, contaminando di amarezza il suo ultimo film, Povere bimbe! (1923), che non riuscì a replicare i successi de Il fuoco (1915) e Tigre reale (1916), firmati per la prima volta da Pastrone con lo pseudonimo Piero Fosco. Non smise, però, di amare il cinema, pur ritenendosi non ricambiato adeguatamente: alla riedizione del 1921 di Cabiria, seguì nel 1931 la versione sonorizzata, nella quale volle aggiungere un cartello con la scritta: «Piero Fosco vigilò l’esecuzione», a riprova di quanto fosse acuto e profondo il desiderio di vedere riconosciuto il proprio operato.

Fin dal 1920, del resto, in seguito a una grave malattia, si dedicò sempre più allo studio della medicina, fino a farne il fulcro dei suoi ultimi decenni di vita. Scrisse un primo trattato, Della lotta contro i microrganismi patogeni, indirizzato alla Reale Accademia di Torino – diciassette pagine redatte nel 1938 (ma recapitate nel 1948) – seguito, nel 1953, dal più corposo Dell’etiopatogenesi unitaria delle malattie, venato del rammarico di non appartenere all’ordine dei medici, ma ricco di un trentennio di ricerche e sperimentazioni, condotti anche grazie all’aiuto di alcuni medici e del figlio Luigi, che per sostenerlo abbandonò gli studi di giurisprudenza.

Inseguendo l’idea secondo cui tutte le malattie avrebbero un’unica origine virale, mise a punto un principio attivo e realizzò una macchina, brevettata nel 1930, in grado di favorirne la penetrazione attraverso un procedimento induttivo elettrico. Nel 1936 dichiarò debellato un caso di tubercolosi polmonare e nel 1942 un caso di cancro. Alcuni medici delle Molinette di Torino gli inviarono quei malati che la medicina ufficiale non riusciva a curare e, sebbene la cura non fosse infallibile, con il passare degli anni i successi aumentarono, al punto che secondo diverse testimonianze le ‘fucilate tempestive’ praticate da Pastrone nel suo studio di corso Moncalieri guarirono le patologie più diverse, dall’appendicite al tumore, passando per le infezioni o i traumi che i giocatori della Juventus si procuravano durante allenamenti e partite.

Forte di questi risultati, nel 1946 volle rendere pubblica la sua invenzione e si rivolse allo stesso ospedale Le Molinette da cui gli erano pervenuti tanti pazienti, ma questa volta suscitò diffidenza. Amareggiato, si rivolse al console americano, che fece da tramite con diverse case di produzione di apparecchiature scientifiche, senza però ottenere risultati concreti. Nel 1955 propose invano di cedere gratuitamente il suo brevetto a un’industria che finanziasse il progetto. In preda allo sconforto, decise allora di ritirarsi, chiese al figlio Luigi di distruggere la macchina dopo la sua morte e si chiuse in un cupo silenzio.

Protagonista fra i più rappresentativi del cinema muto italiano, visse gli ultimi anni fragile e cagionevole, con il conforto degli affetti familiari.

Si aggravò in seguito a una caduta; morì a Torino il 27 giugno 1959.

Fonti e Bibl.: Museo Nazionale del Cinema di Torino: fondo G. P.; fondo Itala Film; fondo Febo Mari; fondo UCI; collezione Brevetti; collezione Cabiria.

Vita laboriosa e geniale di G. P., in Film, 4 febbraio 1935, p. 10; 11 febbraio 1935, pp. 5 s.; 18 febbraio 1935, pp. 5 s.; 25 febbraio 1935, p. 4; 7 marzo 1935, p. 4; 14 marzo 1935, pp. 3 s.; G. Sadoul, La tecnica rivoluzionaria nella Cabiria di P., in Cinema, n.s., n. 58, marzo 1951, pp. 144-146 e 151; M. Verdone, P., ultimo incontro, in Bianco e Nero, n. 1, gennaio 1961, pp. 1-10; G. P. Gli anni d’oro del cinema a Torino, a cura di P. Cherchi Usai, Torino 1986; Cabiria e il suo tempo, Atti del Convegno... 1997, a cura di P. Bertetto - G. Rondolino, Torino-Milano 1998, ad vocem; L. De Nicola, Piero Fosco: la favilla, la vampa, la vita, tesi di laurea, Torino 2000-2001; Cabiria & Cabiria, a cura di S. Alovisio - A. Barbera, volume pubblicato in occasione del restauro di Cabiria, Torino-Milano 2006, ad vocem; A. Friedemann, Le invenzioni di G. P. Breve studio sui suoi brevetti non cinematografici, in Mondo Niovo. 18/24 fts, n. 1, 2006, pp. 3-10; S. Alovisio, Cabiria (G. P., 1914). Lo spettacolo della Storia, Milano-Udine 2014.

CATEGORIE
TAG

Società in nome collettivo

Ildebrando pizzetti

Bartolomeo pagano

Segundo de chomón

Ermete zacconi