SFORZA, Giovanni Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SFORZA, Giovanni Paolo. –

Edoardo Rossetti

Nacque probabilmente a Milano il 14 maggio 1497 in una casa prossima al monastero Maggiore, figlio del duca Ludovico Sforza e della favorita Lucrezia Crivelli.

Lucrezia era figlia di Bernabò di Andrea Crivelli, cugina dei conti di Dormo, Lomello, signori di Nerviano e Galliate. Il padre di Lucrezia era funzionario al servizio dei parenti Crivelli, mentre un fratello, Giovanni Andrea, era preposito della chiesa di S. Giovanni a Borgo Vico, presso Como; molti degli interessi personali della nobildonna si incentravano sulla città lariana. Lucrezia si sposò nell’aprile del 1494 con Giovanni Andrea Monastirolo, cremonese e cortigiano della duchessa Bona, dotata con beni immobili del valore di 1200 lire imperiali; da questa unione nacque Bona Monastirolo, convolata poi a nozze con Giovanni Pietro Bergamini (a sua volta figlio di Cecilia Gallerani, un’altra famosa favorita ducale). Lucrezia, rimasta vedova entro il luglio del 1500, si risposò con Gaspare del Conte figlio di Giovanni Galeazzo, già castellano di Cremona, del quale era già vedova nel 1508. Divenne l’amante del duca di Milano prima della morte di Beatrice d’Este, considerata la data di nascita di Giovanni Paolo, e nello stesso 1497 beneficiò di una serie di concessioni nelle pievi di Desio, Dongo, Gravedona, Sovico e di altre terre poste intorno al Lario che garantivano un reddito annuo di 1300 lire imperiali. Orfana del padre negli ultimi mesi del 1497 si occupò attivamente della carriera ecclesiastica del fratello. Riceveva una pensione annua di 200 lire imperiali da parte del duca Francesco II Sforza nel 1526, ma non riuscì a riottenere i feudi lariani donatigli dal Moro, ceduti nel frattempo a Caterina Leopardi da San Celso, amante di Antonio Maria Pallavicini. Durante i tumulti del maggio del 1526, Antonio de Leyva si rifugiava in casa sua. Lucrezia morì a Milano il 12 aprile 1534, a un’età stimata in settant’anni. Fu ritratta da Leonardo da Vinci; alcuni versi di Antonio Tebaldeo – che compaiono persino in un appunto del Codice Atlantico – ricordavano e lodavano il dipinto che tradizionalmente, ma senza grande fondamento, è identificato con la Belle Ferronière del Louvre.

A seguito della fuga di Ludovico il Moro da Milano e dell’arrivo in città dei francesi, il piccolo Giovanni Paolo e la madre furono presi prigionieri sulla via per Como (7 settembre 1499), trattenuti prima a Lecco, poi a Carimate, furono temporaneamente detenuti a Milano nella casa del vescovo di Como, Antonio Trivulzio. In seguito Lucrezia e il figlio si rifugiarono per qualche tempo alla corte di Mantova, ma rientrarono presto in Milano tutelati dai potenti parenti Crivelli e Pusterla.

Durante l’estate del 1513, insieme ai fratellastri Cesare e Francesco, Giovanni Paolo partecipava alle cerimonie di insediamento di Massimiliano Sforza, mentre insieme alla madre tentava di recuperare gli arretrati delle rendite perdute sulle donazioni lariane del Moro. Gli erano intanto assegnati i beni confiscati al filofrancese Erasmo Trivulzio.

Con la seconda restaurazione sforzesca (1521) Giovanni Paolo ottenne (1522) il palazzo milanese dei Cusani in San Marcellino, già di Angelo Simonetta, e nel 1525 fu finalmente concesso a Sforza il ricco feudo di Caravaggio. Nel frattempo si era addestrato alle armi; come attestato da Francesco Guicciardini e registrato puntualmente da Marino Sanudo, Sforza partecipò a tutte le operazioni belliche del terzo decennio del XVI secolo. Condivideva la sorte del fratello duca Francesco II nell’assedio del castello di Milano del 1526 e, nello stesso anno, era dichiarato ribelle dagli imperiali; la condanna a morte e confisca dei beni fu ribadita il 25 gennaio 1527. Dopo l’abbandono di Milano in mani spagnole, Giovanni Paolo si assestò a Lodi insieme a Sforzino Sforza di Santa Fiora; nominato governatore della città, si distinse nella sua difesa durante l’inverno 1526-27, ma ancora nel 1529, coordinava in accordo con i veneziani la difesa della Ghiaradadda e guidava scaramucce contro gli imperiali nella campagna tra Lodi e Pavia.

Si sposò nel 1528 con Violante Bentivoglio figlia di Alessandro e di Ippolita Sforza; la dote fu di ben 15.000 scudi. Le nozze celebrate a Ferrara nel locale palazzo degli esuli Bentivoglio furono avvenimento mondano più volte ricordato nelle Novelle di Matteo Bandello (I, 45; II, 44; III, 36), che dedica a Sforza anche la novella I, 47. La coppia ebbe un primo figlio nel 1529, deceduto infante, mentre nel febbraio del 1531 nasceva Muzio battezzato poi in S. Fermo di Caravaggio il 29 giugno 1531.

Dopo la pacificazione del fratello con Carlo V, Giovanni Paolo seguì il duca di Milano nel suo viaggio a Venezia dell’ottobre del 1530, riprese ufficialmente possesso della città e del castello di Milano insieme a Massimiliano Stampa nel febbraio del 1531, ma la sua posizione presso il fratello sembrò entrare in crisi. Non riottenne la dimora milanese, alloggiando all’osteria quando si recava in città e lamentandosi pesantemente della gestione degli incarichi di governo con il duca e del proprio ruolo nel riassetto dell’esercito sforzesco: «ch’io doverei eser il primo in li negotii pertinenti a tal grado, non sono ancho delli boni ultimi» (Archivio di Stato di Milano, Sforzesco, 1387, 10 febbraio 1531). Nello stesso anno figura comunque – insieme ai segretari Angelo Rizzo e Bartolomeo Rozzone, al presidente del Senato Cesare Sacco, al gran cancelliere Francesco Taverna, al tesoriere Domenico Sauli, a Gerolamo Moroni e a Stampa – nell’elenco di coloro che ‘maneggiavano’ «le cose del stato» di Giovanni Basadonna (Relazione..., a cura di A. Segarizzi, 1913, p. 44), l’oratore veneto che puntualizzava come tra tutti questi ci fosse «concorrenzia e simultà [...] perché l’uno teme [...] dell’altro». In seguito, fu parzialmente compensato (16 aprile 1532) con la cessione della possessione di corte Madama nel Cremonese, già della nonna Bianca Maria Visconti, allora locata per 14.400 lire imperiali, con il castello e feudo di Galliate (30 aprile 1532) e con la cessione (28 gennaio 1534) di beni nel Novarese permutabili con il censo del sale di Caravaggio per la rendita di 3000 lire annue. Dopo queste date si ritirò a Caravaggio dove stipulò a più riprese accordi con la comunità che prevedevano l’abbattimento del locale fortilizio e la costruzione del nuovo palazzo marchionale, non senza qualche attrito con la famiglia localmente dominante dei Secco. Ricevette qui nel 1534 la nuova duchessa Cristina di Danimarca e nel dicembre dello stesso 1534 guidò la spedizione di dedizione a papa Paolo III.

Testò il 3 agosto 1535 modificando lievemente le disposizioni il 30 settembre dello stesso anno ricordando in particolare la sorellastra Bona Monastirolo. Nel 1535, la morte del duca Francesco II (24 ottobre) fornì a Giovanni Paolo un’importante occasione di riscatto politico, e nel novembre di quell’anno si avviò verso Napoli per ottenere da Carlo V (reduce dalla Tunisia) la conferma dei diritti feudali su Caravaggio, ma più verosimilmente per avanzare la richiesta di un’investitura per sé del ducato di Milano, atto peraltro compatibile con quanto stabilito da Massimiliano d’Asburgo nella concessione del ducato a Ludovico il Moro; documento provvidenzialmente sottratto da Stampa all’archivio ducale tanto da non essere più ritrovato in originale dal marchese di Caravaggio.

Nell’avanzare i propri diritti di successione, come registrato dal cardinale Jean Du Bellay, Giovanni Paolo era sostenuto dallo zio Ottaviano Sforza, già vescovo di Lodi, e perfino dai veneziani. Ma il 6 dicembre 1535 a Firenze morì improvvisamente («ut dicitur vena in stomacho rupta» stando a Vincenzo Donesana, per veleno secondo una più popolare versione resa ufficiale a stampa da Paolo Morigia anni dopo). Si puntò il dito ovviamente sui sicari di Antonio de Leyva, poi governatore di Milano per Carlo V, non senza sospetti sullo stesso Stampa che prendeva il controllo del castello a nome dell’Asburgo. Trasportato a Caravaggio, il corpo fu inumato con solenne funerale il 20 dicembre 1535 nella chiesa di S. Fermo, «sub abside chori».

Dopo la sua morte, il marchesato di Caravaggio e gli interessi della famiglia furono retti da Violante Bentivoglio in nome del figlio Muzio. Il 19 giugno 1546, a seguito di un accordo tra Violante e il cardinale Guido Ascanio Sforza, Muzio fu fatto sposare a Faustina Sforza di Santa Fiora (con dote di 20.000 scudi) rinsaldando i legami tra i due rami superstiti del casato; il matrimonio era l’occasione dalla quale nasceva La nobiltà delle donne di Ludovico Domenichi (Venezia 1546). Contemporaneamente, nello stesso 1546, Violante e il figlio aprivano un vertenza per il recupero dell’eredità dei duchi di Milano, prima la rendita di 3000 ducati annui disposta da Ludovico il Moro per il figlio Giovanni Paolo, poi gli interi diritti allodiali sulla successione sforzesca riuscendo infine a strappare (1561) alla camera ducale vaste possessioni nel Novarese, pur non ottenendo mai completa soddisfazione per le ovvie implicazioni e complicazioni politiche del procedimento giuridico che preoccuparono notevolmente gli amministratori di Carlo V, il quale invitava i deputati preposti ad agire «sine strepitu» (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Casati Stampa, 96). Dedicatosi alla carriera militare, Muzio morì durante l’assedio di Metz (1552) lasciando un unico figlio, Francesco (1550 ca.-1583), posto anch’egli sotto la tutela della nonna Violante che continuò a gestire il riassetto del patrimonio familiare e stipulò la vantaggiosa unione con Costanza Colonna (1568) figlia dell’eroe di Lepanto.

Fonti e Bibl.: Simancas, Archivo General, Estado, 1180, 1564, c. 95r; Archivio di Stato di Cremona, Archivio Casati Stampa, bb. 7, 47; Archivio di Stato di Mantova, Archivio Casati Stampa, bb. 93, 96, 97, 98, reg. 323; Archivio di Stato di Milano, Notarile, 1738, 12 luglio 1494; 2787, 3 agosto 1497; 4086, 7 luglio 1500; 4110, 7 aprile 1515; 6450, 24 febbraio 1508; 7127, 13 gennaio 1515; 7286, 30 settembre 1535; 7288, 13 marzo 1546; Registri ducali, 200, pp. 234-236, 12 luglio 1497; Registri Panigarola, Liber Bannitorum, n. 3-2, cc. 280v-281r, 26 febbraio 1526; n. 4-3, cc. 2r, 7r, 25 gennaio 1527; Sforzesco, 1387; Bergamo, Biblioteca civica Angelo Mai, Manoscritti, MMB249: V. Donesana, Brevis descriptio insignis oppidi Caravagii (dopo il 1607, trascrizione ottocentesca), cc. 225v-226r (edizione a cura di F. Giupponi in Dizionario degli artisti di Caravaggio e Treviglio, a cura di E. De Pascale - M. Olivari, Treviglio 1994, pp. 242 s.); Relazione di Giovanni Basadonna (1531-1533), in Relazione degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di A. Segarizzi, II, Bari 1913, pp. 30-56; Correspondance du cardinal du Bellay, II, Paris 1969, pp. 144, 173, 218.

P. Morigia, Historia dell’antichità di Milano, Venezia 1592, pp. 205 s.; I diarii di Marino Sanuto, a cura di R. Fulin et al., I-LVII, Venezia 1879-1902, ad ind.; A. Cavagna Sangiliani, L’agro vogherese. Memorie sparse di storia patria, II, Casorate Primo 1890, pp. 516-520; G. Bernardi, L’assedio di Milano nel 1526 dappresso una corrispondenza inedita di Francesco Guicciardini commissario generale del Papa nell’esercito dei Collegati, in Archivio storico lombardo, XXII (1896), pp. 245-354; L.G. Pélissier, Louis XII et Ludovic Sforza (8 avril 1498 - 23 juillet 1500), II, Paris 1896, p. 290; G. Biscaro, Lucrezia Crivelli procuratrice nella curia arcivescovile, in Archivio storico lombardo, XXXV (1909), pp. 559 s.; F. Novati, Lucrezia Crivelli era maritata, ibid., XXXVI (1910), p. 230; A. Giulini, Ancora di Lucrezia Crivelli, ibid., XXXVIII (1912), pp. 283 s.; A. Luzio, Isabella d’Este di fronte a Giulio II negli ultimi tre anni del suo pontificato. Continuazione e fine, ibid., pp. 393-456 (in partic. pp. 451-455); Tutte le opere di Matteo Bandello, a cura di F. Flora, I-II, Milano 1934, I, pp. 525 s., 554, II, pp. 110, 435; C.A. Vianello, La successione del feudo e dei beni di corte dei Cavalcabò o corte Madama dai duchi di Sforza ai marchesi di Caravaggio, in Bollettino storico cremonese, VII (1937), pp. 56-60; F. Chabod, Lo Stato e la vita religiosa a Milano nell’epoca di Carlo V, Torino 1971, p. 42; C. Godi, Bandello. Narratori e dedicatari della prima parte delle Novelle, Roma 1996, pp. 248, 251 s., 262; Id., Bandello. Narratori e dedicatari della seconda parte delle Novelle, Roma 2001, pp. 131, 331-333, 468; P. Tirloni, Caravaggio tra Milano e Venezia, in Territorio e fortificazioni. Confini e difese della Gera d’Adda, a cura di C. Colmuto Zanella, Bergamo 2003, pp. 79-92; G. Berra, Il giovane Caravaggio in Lombardia. Ricerche documentarie sui Merisi, gli Aratori e i marchesi di Caravaggio, Firenze 2005, pp. 16-27; R. Sacchi, Il disegno incompiuto. La politica artistica di Francesco II Sforza e di Massimiliano Stampa, Milano 2005, ad indicem.

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