Lancisi, Giovanni Maria

Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze (2013)

Giovanni Maria Lancisi

Maria Conforti

Giovanni Maria Lancisi, medico all’ospedale di S. Spirito, archiatra pontificio di Giovan Francesco Albani, papa Clemente XI, lettore allo Studium Urbis Sapientiae, l’università di Roma, è una delle figure più complesse e interessanti della medicina italiana di primo Settecento. Intellettuale inquieto, al corrente degli sviluppi della scienza europea, lavorò per tutta la vita a strettissimo contatto con il papa e fu al centro del potere romano del suo tempo. Autore di opere rilevanti nel campo dell’anatomia patologica e dell’epidemiologia, seppe sfruttare abilmente le possibilità offerte dalla città e dalla corte papale per affermare un progetto culturale di ampio respiro, incentrato sulla modernizzazione della medicina e sulla rivendicazione del suo carattere scientifico, ma anche pubblico.

La vita

Giovanni Maria Lancisi, nato a Roma il 26 ottobre 1654, si laurea in medicina nella stessa città nel 1672. Allievo dell’anatomista Guglielmo Riva e di Paolo Manfredi, studia le matematiche con Vitale Giordano e partecipa all’innovativa accademia medica che si tiene in casa di Girolamo Brasavola, il Collegio medico romano. Nel 1676 entra all’ospedale di S. Spirito in Sassia, come medico assistente di Giovanni Tiracorda, e dal 1678 fa parte del Collegio piceno di S. Salvatore in Lauro, che ospitava un ospedale per la comunità marchigiana, cui Lancisi sarebbe rimasto sempre legato. Dal 1684 tiene la lettura di anatomia e chirurgia nello Studium romano, passando poi a quella di medicina teorica, che terrà sino al 1702, quando si sposta alla cattedra di medicina pratica, che conserverà sino al 1718.

È medico pontificio dapprima di papa Innocenzo XI, poi, nel 1700, dell’intero conclave che elegge Clemente XI, la cui protezione e amicizia saranno cruciali nella promozione della carriera di Lancisi. Il papa, infatti, lo nomina archiatra e protomedico. Il 21 maggio del 1714 inaugura, nell’ospedale di S. Spirito, una delle prime biblioteche mediche pubbliche italiane, che porta il suo nome, a cui annette l’anno successivo un’accademia, ponendo l’ospedale al centro dell’attività medica romana, sia dal punto di vista didattico-educativo sia da quello clinico e sperimentale.

È all’interno di questo progetto formativo che Lancisi fa pubblicare, con il supporto di Clemente XI, opere del secolo precedente rimaste inedite, come le Tabulae anatomicae di Bartolomeo Eustachi, date in stampa per la prima volta a Roma nel 1714 appunto in occasione dell’inaugurazione della Biblioteca Lancisiana, e la Metallotheca di Michele Mercati (1541-1593), direttore dell’Orto papale nel 16° sec., pubblicata nel 1717. Il programma educativo per i medici e i chirurghi viene delineato da Lancisi nel De recta medicorum studiorum ratione instituenda del 1715.

Altre sue opere importanti sono dedicate all’anatomia (Anatomia per uso et intelligenza del disegno, ricercata non solo su gl’ossi e muscoli del corpo humano, ma dimostrata ancora su le statue antiche più insigni di Roma, in collaborazione con il chirurgo Bernardino Genga, 1691), alle ‘morti improvvise’ che avevano afflitto la città a più riprese (De subitaneis mortibus, 1707), all’epidemia di afta epizootica che provocò ampie discussioni in tutta Italia (De bovilla peste, 1712), alle paludi pontine e alle malattie della campagna romana (De noxiis paludum effluviis eorumque remediis, 1717), dove si fa cenno alla possibilità che la malaria sia trasmessa dai molti insetti che la popolano, fino alla fisiologia e anatomia patologica cardiocircolatoria (De motu cordis et aneurysmatibus, pubblicato postumo nel 1728). In contatto con intellettuali italiani (Luigi Ferdinando Marsili, Giovanni Battista Morgagni, Antonio Vallisneri e il gruppo veneziano del «Giornale de’ letterati d’Italia») e stranieri, membro di diverse accademie, tra cui l’Arcadia, la Royal society e l’Academia leopoldina naturae curiosorum, la sua attività pratica, anatomica e scientifica è però centrata su Roma, dove costituisce, anima e protegge un gruppo di sperimentatori attivi nei campi della botanica, della chimica, dell’anatomia e dell’anatomia patologica, sino alla morte, sopraggiunta il 20 gennaio 1720.

L’anatomia tra accademie e ospedali

Il Catalogo del Congresso medico romano […], pubblicato a Roma nel 1682, elenca le «materie e soggetti» delle adunanze e la modalità con cui si svolgono; tra gli argomenti più dibattuti, quelli inerenti alla generazione. Il chirurgo Ippolito Magnani, attivo all’ospedale di S. Spirito, espone l’anatomia delle ‘parti spermatiche’, argomento già affrontato in un celebre foglio anatomico del lorenese Claude Aubry, collaboratore di Giovanni Alfonso Borelli e di Marcello Malpighi, pubblicato a Firenze nel 1657. L’accademia di Brasavola riprende quindi ricerche anatomiche e mediche della grande tradizione italiana, come dimostra un discorso di Lancisi sull’ovaio, letto nella stessa seduta in cui si discute sulla via utilizzata dall’uovo per arrivare all’utero.

Lancisi si forma quindi in un ambiente misto, specchio della vivace vita ospedaliera e medico-scientifica romana, dove i chirurghi e i medici discutono tra pari e dove gli argomenti sono scelti tra quelli più attuali, senza timore di affrontare questioni potenzialmente pericolose per le loro implicazioni filosofiche più generali. L’impegno concreto di Lancisi nei confronti dell’anatomia non verrà mai meno nel corso della sua carriera, durante la quale non smetterà di dedicarsi alle dissezioni:

Mi travaglia oltremodo il sentire, che a lei duri quel mal’effetto, che le cagionarono l’anno passato gli effluvj corrotti ricevuti nell’apertura dei cadaveri […] È un brutto mestiere il nostro a voler essere Geografi di Terra, e non di carta (G.M. Lancisi a G.B. Morgagni, Roma, li 18 Febbraro 1819, in A. Corradi, Lettere di Lancisi a Morgagni e parecchie altre dello stesso Morgagni ora per la prima volta pubblicate, 1876).

Secondo uno dei suoi biografi più accreditati, il custode d’Arcadia Giovanni Mario Crescimbeni, l’interesse per l’anatomia di osservazione, praticata da Lancisi in ospedale, gli viene dalla considerazione che non può esservi altra base per la medicina pratica: Lancisi non si stanca di annotare le storie e i casi dei pazienti (Vita di monsignor Gio. Maria Lancisi, 1721).

Il nesso tra osservazione clinica e osservazione anatomopatologica è quindi già presente nella mente di Lancisi giovane, che ne avrebbe poi discusso, anni dopo, con il più giovane Morgagni. Questo interesse per l’osservazione diretta non impedisce a Lancisi di dedicarsi alle letture dei testi medici antichi e recenti: il suo commonplace book, il Repertorium, ha dimensioni quasi mostruose, giacché occupa una ventina di volumi in-folio, conservati presso la Biblioteca Lancisiana (mss. 193-214). Lancisi inizia a compilarlo negli anni di formazione, nella raccolta libraria del Collegio piceno. L’importanza che egli annette alla ricerca anatomica implica quella che a suo parere è rivestita dalla ricerca e dallo studio nel campo della chirurgia. La connessione fra vita ospedaliera e sviluppo della ricerca anatomica e chirurgica è un dato molto significativo e specifico della vita scientifico-medica romana. In ospedale i chirurghi ricevono una formazione, oltre che una legittimazione sociale alla professione, che progressivamente finisce per distinguerli dai ‘pratici’: norcini, litotomi, barbieri. Lo svincolarsi dei chirurghi e dei settori dalla loro condizione subordinata, la loro collaborazione con i medici nell’assistenza agli infermi e nella pratica dell’anatomia è un fenomeno che ha negli ospedali lo sfondo privilegiato e il contesto più adatto (e per certi versi più protetto). Tuttavia Lancisi compie un passo ulteriore, e indica nell’esperienza chirurgica un passaggio essenziale per il medico che non può privarsene. Coerentemente con questa convinzione, Lancisi pubblica, all’inizio della sua carriera, un’opera illustrata, l’Anatomia per uso et intelligenza del disegno, che è il frutto della collaborazione con il celebre chirurgo Genga, anch’egli attivo al S. Spirito.

Chimica, atomismo, arie

Il rischio di abbandonare la concretezza sperimentale per le fantasie metafisiche, e in particolare di scivolare nell’adozione di dottrine pericolose come l’atomismo, è continuamente presente a Lancisi, come emerge da queste parole:

Né in materia di fatto si può volar con l’ingegno, cosa che nel nostro secolo non si vuol troppo intendere tra due spezie di letterati, cioè da chi soverchiamente è affezionato alle scienze matematiche, e da chi è affascinato dalle credulità chimiche. Camminiamo dunque […] per una strada di mezzo, che è quella sperimentale, e sempre concreta, voglio dire cercando, e non fingendo le ipotesi (G.M. Lancisi ad Antonio Vallisneri, 23 gennaio 1712, in Lettere inedite scientifico-letterarie di Lodovico Muratori, Vitaliano Donati, Gio. Maria Lancisi, Daniele Le Clerc, raccolte e corredate di cenni biografici dall’abate dottor Antonio Roncetti, 1845, p. 175).

Non si tratta di una cautela inutile: il congresso medico tenuto in casa di Girolamo Brasavola nel 1687 fu al centro di accuse e sospetti, probabilmente fondati, di adesione alle teorie atomistiche (Congresso medico-romano tenuto in casa del sig. d.r Girolamo Brasavoli a dì 4 agosto 1687 da i signori d.r Giacomo Sinibaldi, d.r Bartolomeo Santinelli, d. Gio. Maria Lancisi, 1687). Ancora nel 1718 Gaetano Pescaglia, studente e terzo custode della Biblioteca Lancisiana, dedica all’archiatra pontificio una Canzone di tono corpuscolaristico, di cui si dirà più avanti. Tuttavia Lancisi conosce, adotta e raccomanda la chimica sperimentale, e in particolare si interessa, come molta medicina italiana del tempo, alle teorie di Robert Boyle. L’inglese è anzi uno degli autori di riferimento di Lancisi, che lo cita molto spesso nel suo Repertorium medicum a proposito di varie e diverse questioni, e – significativamente – alla voce natura, ma soprattutto nella quaestio intitolata Quid sit aër. Lancisi replica nell’Accademia annessa alla biblioteca gli esperimenti boyliani sul vuoto; commissiona una pompa a Pirro Maria Gabbrielli, dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena: dello strumento non resta traccia, se non per un quaderno splendidamente illustrato di esperimenti effettuati con l’antlia (Biblioteca Lancisiana, ms. 331).

Ulteriori idee di Lancisi sulla natura e la composizione dell’aria sono esposte nel De noxiis, dove si citano e si discutono anche le teorie di Domenico Guglielmini, che vede l’aria composta di particelle eteree, ma anche di altre moleculae più grandi e pesanti, e da innumerevoli frammenti dei corpi terracquei: sono queste ultime particulae a dare a ciascuna ‘aria’ le sue caratteristiche materiali, tra le quali peso, moto e adesività. Lancisi recupera – come aveva del resto fatto Descartes – la dottrina antica delle Meteore in una chiave aggiornata: le qualità dell’aria, e i fenomeni che vi avvengono (pioggia, grandine, iride ecc.) dipendono dalle particelle che la compongono, dai loro moti e dalle loro dimensioni e forme. L’insalubrità di alcune ‘arie’ non è quindi altro che una questione di mistura e di moto delle parti che le compongono. L’adozione di un modello chimico è visibile anche nella teoria delle febbri – dunque di gran parte delle patologie conosciute che non fossero ‘tumori’, escrescenze visibili del corpo – che Lancisi propugna, e che è quella, molto diffusa, della fermentazione del sangue.

Più difficile da definire, ma altrettanto affascinante, è la questione dell’adesione di Lancisi alle metafisiche del suo tempo, talune altrettanto pericolose dell’atomismo. Nella biblioteca è conservata una traduzione manoscritta e anonima, pure dedicata a Lancisi, degli Entretiens sur la pluralité des mondes di Bernard le Bovier de Fontenelle. E nell’anno in cui fonda la sua biblioteca, l’archiatra pontificio rivolge a Morgagni una richiesta il cui sorprendente candore potrebbe essere solo apparente:

porgo la supplica, perché mi favorisca di vedere se si potessero avere in qualche forma li tre seguenti libri, i quali vengono spesso richiesti nella mia libreria = Hobbes Philosophico-politica = Spinosa Theologia politico-moralis = M. Paschal = Lettere provinciali in 4 lingue (G.M. Lancisi a G.B. Morgagni, da Roma, 24 novembre 1714, in A. Corradi, Lettere di Lancisi a Morgagni […], 1876).

Libraria e libri: per una politica della cultura

La biblioteca voluta da Lancisi ha dimensioni ragguardevoli per l’epoca: già nel 1770, data del primo catalogo in nostro possesso, comprende circa 20.000 volumi a stampa e 300 manoscritti, oltre appunto a una ricca dotazione di strumenti scientifici, fra i quali la pompa di Boyle, essenziale negli esperimenti sulla respirazione, e due globi di Vincenzo Coronelli (cfr. C. Carsughi, La biblioteca lancisiana overo Distinto ragguaglio della pubblica libraria eretta l’anno 1714 nel sacro pontificio archiospedale di S. Spirito, 1718). Lancisi vi riunisce, oltre alla propria, le raccolte librarie di alcuni dei più importanti medici romani del tempo, tra cui Guglielmo Riva e Brasavola, e i manoscritti del chirurgo napoletano Marco Aurelio Severino (1580-1656).

La biblioteca è dotata di una notevole collezione di testi europei di iatrochimica, di storia naturale, di anatomia comparata e farmacologia, di medicina legale, oltre che – come è ovvio – di medicina, di anatomia e chirurgia. La consapevolezza delle cesure intervenute nelle vicende della medicina in età moderna è dimostrata dalla stessa classificazione dei libri, che sono divisi, nel settore della medicina propriamente detta, tra ‘ante Harvejum’ e ‘post Harvejum’: una distinzione che riecheggia la novità della scoperta della circolazione che Genga aveva portato all’attenzione dei suoi allievi chirurghi. Il progetto lancisiano, precisatosi nel corso degli anni, prevede che la biblioteca (e il bibliotecario) svolgano anche la non secondaria funzione di «eccitare i congressi», cioè di animare la vita scientifica e didattica dell’ospedale, ma anche della città, attraverso letture e incontri a scadenza regolare.

La biblioteca deve quindi essere affiancata da un’accademia, senza la quale la raccolta libraria non potrebbe essere ‘viva’ e fruibile. Con grande abilità, attraverso una politica che ha uno dei suoi momenti qualificanti nella pubblicazione di testi rimasti inediti e appartenenti alla tradizione medica romana del Cinquecento – sia sul versante anatomico, con le Tabulae anatomicae di Eustachi, sia su quello chimico-metallurgico, con la Metallotheca di Mercati – Lancisi ottiene il patronage del papa e della sua corte per una versione ‘moderna’ e innovativa di medicina scientifica, nonché di politica sanitaria ospedaliera.

La biblioteca riflette così la situazione di una parte avanzata della medicina italiana moderna, che si presenta come una disciplina di grande dinamismo, anche nei segmenti ‘bassi’ della pratica; e riflette, implicitamente, la stessa varietà delle figure professionali presenti sulla scena dell’ospedale: speziali che sono anche chimici; chirurghi in grado di eseguire operazioni complesse e dissezioni di grande raffinatezza; medici che interagiscono con i chirurghi al letto del malato ma anche nella discussione di casi difficili o nel corso delle anatomie. Un’articolazione che si può leggere nel titolo della composizione poetica in endecasillabi e settenari di Giacomo G. Pescaglia sulla vita, la generazione e la fisiologia, con riferimenti all’attività delle particelle che compongono i corpi animali e le loro parti fluide e solide, pubblicata a Roma nel 1718, e che recita: In lode del signore Sebastiano Fuini da Loreto, chirurgo sostituto decano nel ven. arciospedale di S. Spirito in Sassia di Roma. Canzone dedicata all’illustriss., e reverendiss. signore monsignore Gio. Maria Lancisi […] da Giacomo Gaetano Pescaglia giovane studente, e terzo custode della publica libraria lancisiana.

Il giovane medico che ne è l’autore, che ha l’incarico di custode della libraria, onora un chirurgo dell’ospedale; e lo fa dedicando a Lancisi un’opera di notevole sofisticazione, scientifica e letteraria.

Dall’educazione del medico alla salute pubblica

Il programma educativo lancisiano è compiutamente espresso nella Dissertatio de recta medicorum studiorum ratione instituenda del 1715, un ambizioso piano di studi che indica la via della riforma dell’educazione del medico. Colui che pratica la medicina deve conoscere le lingue, la retorica, la politica, la storia e la letteratura, per potersi muovere nel mondo e comunicare il proprio sapere adeguatamente. Deve essere a conoscenza delle discipline matematiche (geometria, ottica, geografia, idrografia), della chimica e della farmacologia – non solo in teoria, ma in pratica: la spezieria del S. Spirito è uno dei centri attivi di ricerca chimico-farmacologica a Roma. Deve conoscere e praticare l’anatomia e la zootomia: deve cioè formarsi a contatto con la pratica chirurgica, cosa possibile solo in ospedale, dove la tradizionale subordinazione del chirurgo al medico sta trasformandosi in un rapporto di fattiva cooperazione. Infine, non deve dimenticare la pietas e deve astenersi dai divertimenti frivoli e pericolosi, come il teatro, e dalle discipline e saperi che, esasperando inutilmente alcune acquisizioni della scienza moderna, ne mettono in discussione la relazione stretta con la religione rivelata: è il caso dell’atomismo.

Ciò che differenzia questa biblioteca dalle altre contemporanee è che manca il tradizionale ordinamento delle materie che prende avvio da ‘Biblia et Patres’, e prosegue con i commenti ai testi religiosi, reintrodotto solo nel primo Ottocento. Del resto la Ratio non fa alcun accenno alla cultura religiosa del medico, a meno che non si vogliano leggere in questa chiave i numerosi caveat di Lancisi contro l’atomismo, le vanitates dei chimici, i pericoli insiti nelle pretese sistematiche di molte metafisiche, anche moderne, la polimatia. L’articolazione delle materie propone un percorso di conoscenza e formazione ancorato alla cultura classico-umanistica, di impronta ciceroniana, ma che se ne distacca nella sua parte scientifica. La phrónesis è necessaria nell’esercizio quotidiano della professione, come anche nella valutazione diagnostica. Questo tipo di conoscenza si acquista, secondo Lancisi, attraverso lo studio dei testi degli storici e dei politici.

L’interesse di Lancisi per questioni antiquarie e politiche non è occasionale. Come sottolinea nell’occasio scribendi premessa al De noxiis, la preoccupazione per le epidemie che affliggono il territorio sottoposto alle sue cure non è stata per lui un pretesto libresco, ma piuttosto l’occasione per dedicarsi alla «communis utilitas», in armonia con le proprie concezioni che imponevano al medico di sapersi assumere responsabilità civili anche gravi. A rafforzare questa dichiarazione di impegno, Lancisi cita un passo delle epistole pseudoippocratiche agli Abderiti: un testo divenuto celebre perché vi si vedeva la prova del legame tra il padre e massimo rappresentante della tradizione medico-scientifica occidentale e il filosofo atomista Democrito. Nei pericoli comuni, la salvezza non sta nell’erezione di mura e di opere di difesa, ma nelle decisioni sagge: la proposta di Lancisi è quindi ben più che un esercizio di alta medicina scientifica; è la proposta al principe – Clemente XI – di una serie di interventi ingegneristici ma, in ultima analisi politici, volti a modificare ed eliminare progressivamente le acque stagnanti che stringevano la città e la campagna di Roma in una morsa che si era ormai fatta secolare. Come è stato detto (Johns 1993), la politica clementina di valorizzazione e tutela del patrimonio storico e culturale della città centro del cattolicesimo è stata anche un abile stratagemma per compensare la sconfitta del progetto di fare ancora una volta dello Stato ecclesiastico un protagonista della politica europea. Ma come sottolinea anche Crescimbeni, il progetto di Lancisi, benché indubbiamente legato a quello di Clemente XI, è stato più lungimirante e più ampio; con la sua opera, di fatto, egli si propone a Clemente XI come un consigliere del principe attivo e responsabile in materia di pubblica salute. Tra i suoi ultimi provvedimenti, il lascito testamentario a favore della creazione al S. Spirito di un ospedale per le donne, di cui si avvertiva la mancanza e di cui Lancisi fornisce un piano dettagliato.

Opere

Anatomia per uso et intelligenza del disegno, ricercata non solo su gl’ossi e muscoli del corpo umano, ma dimostrata ancora su le statue antiche più insigni di Roma, in collaborazione con B. Genga, Roma 1691.

De subitaneis mortibus libri duo, Romae 1707.

De recta medicorum studiorum ratione instituenda, Romae 1715.

De noxiis paludum effluviis eorumque remediis, Romae 1717.

De motu cordis et aneurysmatibus opus posthumum, Romae 1728.

Bibliografia

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F. Grondona, La dissertazione di Giovanni Maria Lancisi sulla sede dell’anima razionale, «Physis», 1965, 7, pp. 401-30.

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Ch.M.S. Johns, Papal art and cultural politics. Rome in the age of Clement XI, Cambridge 1993.

M. Conforti, M. Fiorilla, Geografi di terra e non di carta. La Biblioteca Lancisiana come strumento di formazione del medico, «Medicina nei secoli», 2002, 14, 2, pp. 499-513.

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M. Conforti, The Biblioteca Lancisiana and the 1714 edition of Eustachi’s anatomical plates, or Ancient and moderns reconciled, in Conflicting duties: science, medicine and religion in Rome, 1550-1750, ed. M.P. Donato, J. Kraye, London-Turin 2009, pp. 303-17.

M.P. Donato, Morti improvvise. Medicina e religione nel Settecento, Roma 2010.

Si vedano inoltre sia l’Archivio Albani-Papa Clemente XI, http://www.archivioalbani.it (gestito dalla Biblioteca Olivierana, Pesaro), sia il sito della Biblioteca Lancisiana, http:// www.lancisiana.it.

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