FALCONETTO, Giovanni Maria

Enciclopedia Italiana (1932)

FALCONETTO, Giovanni Maria

Giuseppe Fiocco

È il più importante tra i membri di un'antica famiglia di artisti veronesi, la quale si congiunge, attraverso il padre Giacomo e il nonno Giovan Maria, a Stefano da Verona, di cui l'avo sarebbe stato fratello uterino; discendenza che scorgiamo artisticamente ancora in un disegno della raccolta Lugt in Olanda, e nelle predilezioni del maggiore dei Falconetto per gli animali, nelle pitture della chiesetta di San Pietro Martire a Verona, e nell'interesse per quelli del fratello di G. Maria, Gianantonio, citato dal Vasari, pittore anch'esso stabilitosi a Rovereto e noto per le miniature dedicate agli animali.

Gli studî intorno al maggiore Falconetto furono, fino a oggi, rivolti soprattutto alle pitture; le quali rappresentano solo un tirocinio secondario, che permise però all'artista d'approfondirsi negli studî dell'antichità, e gli offrì l'opportunità di vivere per lustri interi a Roma, dove si recò giovane, e di avvicinare maestri, come Melozzo, portati a sviluppare le conquiste prospettiche del Mantegna. Questo contatto con Melozzo, assicuratoci dal Vasari, è confermato appieno dagli affreschi fatti fra il 1497 e il 1499 dal F. per la cupola della cappella di San Biagio nella chiesa di San Nazaro a Verona, ove l'artista ricorda l'esempio della sacristia di Loreto del maestro. Esso fu, insieme con lo studio assiduo dell'antichità, provato dalle sue più belle pitture, non ancora rivendicategli, della Sala dello Zodiaco nel Palazzo di Bagno a Mantova, il punto di partenza per l'ultimo periodo che fu anche il suo migliore, quello delle architetture padovane eseguite sotto la protezione di Alvise Cornaro. Breve periodo, ma capitale per gli sviluppi dell'architettura veneta (inclusovi lo stesso Sansovino), che è testimoniato dalle porte San Giovanni e Savonarola (1528-1530), dal piano superiore del Monte di Pietà, dall'arco di Piazza dei Signori a Padova, dagli avanzi della chiesa di Codevigo e del rusticale di Campagna Lupia, dalla porta del giardino Benvenuti di Este, imitata dall'Arco di Giano; ma soprattutto dall'Odeon e dalla Loggia costruiti nel 1524 per il Cornaro nel cortile del suo palazzo: dove l'architetto sembra un Peruzzi veneto; e da quel capolavoro precorritore, che è la villa dei vescovi a Luvigliano.

Bibl.: G . Gerola, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XI, Lipsia 1915 (con la bibl. precedente); A. Venturi, Edifici di un umanista a Padova, in L'Arte, XXXIII 1930), pp. 265-74; E. Rigoni, in Riv. d'Arte, XII (1930), p. 486; G. Fiocco, Le architetture di G. M. F., in Dedalo, XI (1931-32), pp. 1203-41.

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