MORIGIA, Giovanni Ippolito

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MORIGIA, Giovanni Ippolito

Filippo Crucitti

MORIGIA, Giovanni Ippolito (in religione Giacomo Antonio). – Nacque nel territorio della diocesi di Novara tra gennaio e febbraio 1633 da Giovanni Battista e da Angela Porra (Porro). Venne registrato il 20 febbraio nella parrocchia di S. Maurizio della Costa.

Il padre apparteneva a una famiglia marchionale originaria di Pallanza, insediatasi a Milano nei primi anni del Quattrocento, che nel 1447 aveva ricevuto da Filippo Maria Visconti il feudo del castello di Frino, sopra Ghiffa, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, comprendente le località di S. Maurizio della Costa, S. Martino e Oggebbio. Ebbe, oltre a Morigia, non meno di otto, forse dieci tra figli e figlie, due dei quali, Giovanni Angelo e Carlo Cesare, verso la fine del Seicento ricoprirono cariche pubbliche presso la prefettura di Milano: il primo fu questore nel 1688, l’altro fu vicario di provisione nel 1678. Il cognome della madre Angela è attestato dai documenti conservati sia nell’Archivio storico dei padri barnabiti di Milano (Cartella H.28, m. 1° n. 4, domanda di ammissione all’ordine, 1° aprile 1651), sia in quello di Roma (E b: Liber tertius Status clericorum profess. a die 7 septemb. 1625 ad diem 27 augusti 1671, n. 1027, c. 315), mentre la maggior parte degli storici riferisce il cognome «Porta» o «Della Porta».

Morigia fu allievo delle scuole Arcimboldi di Milano, gestite presso la chiesa di S. Alessandro dai padri barnabiti o della Congregazione dei chierici regolari di S. Paolo, e fece parte dell’Accademia degli Infiammati di quell’istituto. Avviato alla carriera ecclesiastica, all’età di 18 anni decise di entrare nell’ordine che aveva curato la sua formazione scolastica. La sua domanda di ammissione fu presentata dal preposto di S. Alessandro, Aimone Corio, al preposto generale, Giovenale Falconio, il 1° aprile 1651. Nello stesso mese egli fu accolto, già tonsurato, nella congregazione e, il 7 maggio, fu inviato nella casa barnabitica di S. Maria al Carrobiolo di Monza per compiere il noviziato. Il 9 luglio ricevette l’abito religioso dalle mani di Tobia Muti, preposto della comunità di Monza, e mutò il proprio nome in quello di Giacomo Antonio, in memoria del suo antenato Giacomo Antonio Morigia (Milano 1497-1546), uno dei tre fondatori e primo preposto generale dei barnabiti. Nella stessa chiesa del Carrobiolo, il 22 luglio 1652, fece la solenne professione dei voti di povertà, castità e obbedienza nelle mani di Falconio; fu quindi inviato a studiare teologia e filosofia presso il collegio barnabitico di S. Maria di Canepanova a Pavia dove, nel dicembre 1654, ricevette dal vescovo Francesco Biglia i quattro ordini minori; il 13 marzo 1655 gli fu conferito dallo stesso vescovo il suddiaconato e, il 18 dicembre, il diaconato. Il 28 agosto 1657 fu ammesso al presbiterato e prima della fine dell’anno fu ordinato sacerdote.

Nominato vicario del collegio barnabitico S. Aureliano di Montù (oggi Montù Beccaria) il 24 maggio 1658, l’anno successivo passò al collegio S. Paolo di Macerata gestito dallo stesso ordine, dove insegnò teologia e filosofia. Acquisì fama di predicatore e fu spesso chiamato a tenere discorsi pubblici: nel febbraio 1659, nella cattedrale di quella città, tenne l’orazione funebre per il vescovo Papirio de Silvestri. Il 2 luglio, insieme al preposto di Macerata, Paolo Antonio Landriani, fu inviato a S. Severino Marche per esaminare gli studenti di filosofia del locale collegio barnabitico.

Il 20 ottobre 1660 fu trasferito a Milano, al collegio S. Alessandro, dove si fermò a lungo assolvendo numerosi incarichi: fu dapprima lettore di logica; poi, dal 10 dicembre 1662, lettore di teologia scolastica. Nel 1664, in S. Marco di Milano, tenne l’elogio funebre per le esequie del vescovo di Catanzaro, Filippo Visconti; nel 1666 in S. Alessandro, alla presenza del governatore di Milano, pronunciò un elogio funebre per il re di Spagna Filippo IV (Orazione funebre nelle solenni esequie di mons. Filippo Visconti... vescovo di Catanzaro celebrate... nella chiesa di S. Marco di Milano..., Milano 1664; Pietosi tributi resi alla grand’anima di Filippo IV, Milano 1666; L’aquila volante, orazione funebre per Filippo IV, Milano 1666). Il 13 novembre 1667 cessò il compito di lettore e passò all’ufficio di lezionista del duomo di Milano. Nel dicembre 1668 fu scelto dal preposto generale, Romolo Marchelli, per recarsi a Parma a porgere il saluto e il ringraziamento della congregazione al duca Ranuccio II per la chiesa e la casa da lui offerte ai barnabiti. Il 5 novembre 1669 riprese l’insegnamento della teologia scolastica; nel 1670-71 ricoprì l’incarico di preposto del collegio barnabitico di Lodi e, dal 1672 al 1674, tornò a insegnare teologia morale a S. Alessandro.

Era stato appena nominato, per la seconda volta, preposto del collegio di Lodi quando, il 20 maggio 1674, fu chiamato a Firenze dal granduca Cosimo III de’ Medici con l’incarico di teologo di corte. Giunto in città nel giugno seguente, si stabilì presso il collegio barnabitico S. Carlo, di cui sarebbe stato eletto superiore il 25 giugno 1677 e riconfermato il 26 giugno 1681. Nel frattempo, il 3 luglio 1675, aveva accettato anche l’incarico di precettore del principe Ferdinando de’ Medici, primogenito del granduca. Per i buoni servigi resi alla famiglia Medici, nel 1681 Cosimo III intervenne in suo favore presso il papa per fargli ottenere il vescovato di S. Miniato.

Nominato il 1° settembre di quell’anno, il 14 settembre fu consacrato, nella chiesa di S. Carlo ai Catinari di Roma, gestita dai barnabiti, dal cardinale Gaspare Carpegna; il 19 settembre inviò un suo procuratore per prendere possesso del vescovato, in cui fece l’ingresso solenne il 22 dicembre seguente. Già prima della nomina vescovile, a partire dalla primavera del 1681, si era attivato per favorire l’affidamento ai barnabiti della chiesa di S. Giovanni Battista dei Fiorentini di Napoli: per circa due anni intrattenne un intenso scambio epistolare con il preposto generale, Alessandro Maderno sr., che aveva sollecitato i suoi buoni uffici presso il granduca al fine di ottenere il consenso della comunità fiorentina di Napoli all’operazione, che tuttavia non andò in porto per il veto posto dalla Sacra congregazione dei vescovi e regolari. A S. Miniato effettuò la visita pastorale e si preoccupò del restauro del palazzo vescovile e della cattedrale, che arricchì di preziose suppellettili, ma non fece in tempo a lasciare una traccia profonda del suo passaggio perché dopo poco più di un anno, il 15 febbraio 1683, fu nominato arcivescovo di Firenze succedendo al cardinale Francesco Nerli.

Preso possesso dell’arcivescovato il 18 febbraio tramite l’arcidiacono Luigi Strozzi, suo procuratore, il 6 aprile Morigia fece il solenne ingresso nella cattedrale, dove ricevette il pallio dal vescovo di Fiesole, Filippo Neri degli Altoviti.

Si preoccupò quindi della ricognizione di alcune importanti reliquie possedute dalle chiese fiorentine: il 26 ottobre 1683 trasferì solennemente il corpo di S. Andrea Corsini (1301- 1374, vescovo di Fiesole dal 1349) dal vecchio sepolcro alla nuova cappella fatta costruire dai discendenti del santo nella chiesa di S. Maria del Carmine; il 30 maggio 1685 trasferì il corpo della fiorentina S. Maria Maddalena de’ Pazzi (1566-1607, santa dal 1669) nella cappella maggiore della chiesa di S. Maria degli Angeli in Borgo Pinti; infine, il 3 settembre 1685, effettuò la riesumazione delle reliquie di S. Zanobi (vescovo di Firenze tra il IV e il V secolo) dal sotterraneo in cui si trovavano, le espose all’adorazione dei fedeli, le portò in solenne processione per le vie della città, quindi le collocò sotto l’altare del Ss. Sacramento nella chiesa di S. Maria del Fiore. In precedenza, nel luglio di quello stesso anno, aveva sostenuto una dura controversia giurisdizionale col vescovo di Fiesole che, in base ad antichi privilegi papali, esercitava le funzioni religiose nella chiesa e nel territorio della parrocchia di S. Maria in Campo di Firenze sottraendola di fatto all’autorità dell’arcivescovo. Lo scontro toccò il culmine in occasione della festa di S. Romolo (6 luglio), quando Morigia mandò i suoi sbirri per far togliere dalle vie della parrocchia gli editti fatti affiggere dal vescovo di Fiesole a sostegno delle sue ragioni in risposta agli editti di opposto tenore precedentemente pubblicati dallo stesso Morigia. Il dissidio fu risolto molti anni dopo dalla S. Sede che aggregò al duomo di Firenze la parrocchia di S. Maria in Campo e limitò le prerogative del vescovo di Fiesole su di essa.

Nel 1687 Morigia ebbe l’idea di fondare nella sua diocesi un seminario e volle erigerlo su un terreno, appartenente all’Opera del duomo di S. Maria del Fiore, che richiese e ottenne da Cosimo III. Già il 20 aprile dello stesso anno pose la prima pietra del nuovo edificio, ma i lavori si interruppero quasi subito. Sette anni più tardi restituì il terreno all’Opera del duomo e ne ottenne in cambio alcuni immobili che, opportunamente ristrutturati, avrebbero potuto ospitare il seminario. Stavolta i lavori procedettero spediti, nell’estate del 1695 i locali erano pronti a ricevere gli alunni e Morigia, con un decreto del 4 novembre, diede notizia dell’erezione del seminario che tuttavia non entrò mai in funzione. Nel frattempo aveva tenuto, il 26 settembre 1691, il suo primo sinodo diocesano (Nuova riforma della corte arcivescovile fiorentina, Firenze 1691; Decreta synodi dioecesanae florentinae celebratae... die 26 mensis septembris anni 1691, Firenze 1691), era stato nominato, il 15 luglio 1692, prelato domestico del papa e vescovo assistente al soglio pontificio e aveva celebrato, il 10 marzo 1693 nella basilica di S. Lorenzo, le esequie della granduchessa Vittoria della Rovere, madre di Cosimo III.

Nella prima promozione cardinalizia di Innocenzo XII del 12 dicembre 1695, Morigia fu creato cardinale, ma il papa se ne riservò in pectore la nomina e la pubblicò soltanto il 19 dicembre 1698.

Fu festa per l’ordine dei barnabiti che per la prima volta nella loro storia videro un confratello insignito della sacra porpora e fu festa per il castello di Frino e per la parrocchia di S. Maurizio della Costa, a cui il neocardinale donò due ricche pianete in broccato d’argento. Recatosi a Roma nella primavera del 1699, ricevette la berretta cardinalizia il 30 marzo, il titolo di S. Cecilia e il cappello cardinalizio l’11 aprile, la nomina ad arciprete della basilica di S. Maria Maggiore il 20 aprile; entrò inoltre a far parte delle congregazioni dell’immunità ecclesiastica, dei riti, delle indulgenze e di Propaganda Fide.

Tornato a Firenze, fu protagonista di un incidente diplomatico col granduca in occasione del Corpus Domini del 1699. Infastidito dal grave ritardo di Cosimo III alla tradizionale processione di questa festività, ordinò di procedere senza attendere oltre, quindi abbandonò la città alla volta della corte pontificia dove, il 23 ottobre 1699, presentò le dimissioni dalla carica arcivescovile. In sua assenza il secondo sinodo della diocesi, già convocato per il 24 settembre 1699, fu gestito dal suo vicario generale Niccolò Castellani (Decreta synodi dioecesanae florentinae celebratae... die 24 mensis septembris anni 1699, Firenze 1699).

Dopo la morte di Innocenzo XII (27 settembre 1700), partecipò al conclave di Clemente XI e contribuì alla sua elezione (23 novembre 1700). Il 24 gennaio 1701 fu nominato vescovo di Pavia e, il 21 febbraio, gli fu concesso il pallio. Il 15 ottobre 1702 e il 28 giugno 1708 visitò il Collegio S. Alessandro di Milano a cui rimase sempre sentimentalmente legato.

Morigia morì a Pavia l’8 ottobre 1708 e fu sepolto nella cattedrale di quella città.

Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Arch. Concist., Acta Camerarii 23, cc. 82v-83, 122v-123, 125v; 24, cc. 210, 215v-216, 219; 25, cc. 21, 26; ibid., Processus Consist. 80, cc. 531-538; 81, cc. 269-274; Congr. Concilio, Relat. Dioec. 337A, cc. 203-261; 618A, cc. n.n.; Dataria ap., Processus Datariae 77, cc. 223-230; Sec. Brev., Reg. 1858, cc. 6-7; 2528, cc. 549-551; Segr. Stato, Vescovi e Prelati 54, c. 74; 69, cc. 305, 318; 71, c. 209; Milano, Arch. storico barnabiti, Cartella H.28, m. 1°, n. 4; Professiones sive vota clericor. regul. s. Pauli decollati, 3, p. 321; Roma, Arch. storico barnabiti, Acta Procurat. Gener., anno 1683, p. 41; E b: Liber tertius Status clericorum profess. a die 7 septemb. 1625 ad diem 27 augusti 1671, n. 1027, c. 315; R 7: Liber septimus actorum Praepositorum Generalium a die 27 aprilis 1641 ad diem 21 aprilis 1671, cc. 189, 193v, 199v, 210v; Y d 3: F. Pezzi, Scriptorum ex clericis regularibus congreg. d. Pauli catalogus..., pp. 196-197; F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670, p. 237; Gestientium literarum plausus, quibus Eminentissimo Principi Iacobo Antonio Morigio, S. R. E. Cardinali, Archiepiscopo florentino, sacram purpuram gratulata est Academia Infocatorum Arcimboldii Gymnasii in collegio S. Alexandri pp. barnabitarum, Milano 1699; L.A. Cotta, Museo novarese, Milano 1701, pp. 136 s.; F.L. Barelli, Memorie dell’origine, fondazione, avanzamenti, successi ed uomini illustri ... della Congregazione de’ chierici regolari di S. Paolo chiamati ... barnabiti, I, Bologna 1703, pp. 75, 798; II, ibid. 1707, p. 95; P. Segneri, Lettere inedite..., a cura di G. Boero, Napoli 1848, p. 61; L.G. Cerracchini, Cronologia sacra de’ vescovi e arcivescovi di Firenze, Firenze 1716, pp. 234-244; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, I, Venezia 1717, col. 1110; III, ibid. 1718, coll. 193, 281; L.G. Cerracchini, Fasti teologali ovvero notizie istoriche del Collegio de’ Teologi della Sacra Università fiorentina dalla sua fondazione fino all’anno 1738, Firenze 1738, p. 584; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum mediolanensium..., II, Milano 1745, coll. 963-964; M. Guarnacci, Vitae, et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. Cardinalium a Clemente X usque ad Clementem XII..., I, Romae 1751, coll. 403, 405-408; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine..., I, Firenze 1754, p. 335; II, ibid. 1755, p. 170; III, ibid., p. 136; IV, ibid. 1756, p. 236; VI, ibid. 1757, pp. 79, 208-211, 260, 322 s., 328 s.; VII, ibid. 1758, p. 177; IX, ibid. 1761, p. 73; Ildefonso da San Luigi, Etruria sacra..., I, Firenze 1782, pp. 529-606; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali..., VIII, Roma 1794, pp. 26-29; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica…, XXIV, Venezia 1844, p. 260; XLVI, ibid. 1847, pp. 298-299; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana..., II, Firenze 1805, pp. 68, 81, 505; J. de Novaes, Elementi della storia de’ sommi pontefici..., XI, Roma 1822, pp. 135 s.; G. Conti, Firenze dai Medici ai Lorena ... (1670- 1737), Firenze 1909, pp. 141, 385 s.; E. Sanesi, Il seminario fiorentino 1712-1912, Firenze 1913, pp. 7-9; O.M. Premoli, Storia dei barnabiti nel Seicento, Roma 1922, pp. 338 s., 357-359, 368, 427-429; M. Testi, Il cardinale G.A. M. nelle memorie del Collegio S. Carlo dei Barnabiti in Firenze, Firenze 1929; G. Boffito, Scrittori barnabiti o della Congregazione dei chierici regolari di S. Paolo : (1533-1933): biografia, bibliografia, iconografia, I, Firenze 1933, pp. 430, 466, 476; II, ibid., pp. 469, 618-628; III, ibid. 1934, p. 373; IV, ibid. 1937, p. 427; La Congregazione dei chierici regolari di S. Paolo detti barnabiti nel IV centenario dalla fondazione 1533-1933, Genova 1933, pp. 132-134, 185; L. M. Levati - G. M. Calzia, Menologio dei barnabiti, X, Genova 1936, pp. 65-72; E. Vertova, Il cardinale G.A. M. (1633-08) e la città e chiesa di Pavia negli anni del suo episcopato (1701-1708), in Ticinum, febbraio-aprile 1937, pp. n.n.; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica..., V, Padova 1952, pp. 21, 44, 57, 203, 269, 306; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 2, Roma 1962, p. 473; XV, ibid., pp. 5 s.; S. Pagano, Gerarchia barnabitica..., I, (1536-1700), Roma 1994, pp. 100, 124; Alberi genealogici delle case nobili di Milano, Milano 2008, p. 687.