CIGNA, Giovanni Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CIGNA, Giovanni Francesco

Ugo Baldini

Nacque a Mondovì il 2luglio 1734 da Filippo e Andretta Beccaria. Il padre, medico, l'avviò agli studi nella città natale, dove ebbe come insegnanti di filosofia e di retorica studiosi noti nell'ambito locale, come G. Bernardo Vigo e A. Bona. Nel 1750 vinse il concorso per l'ammissione al Collegio delle provincie, per la classe di medicina, e dal novembre successivo frequentò nell'università torinese, insieme a quelli medici, i corsi di fisica di G. B. Beccaria, parente della madre, che in quegli anni effettuava un serio tentativo di aggiornamento della didattica scientifica, esaltandone la base sperimentale e compiendo un originale lavoro di ricerca. Notando che il giovane era dotato e interessato, il Beccaria l'ammise ai suoi seminari privati, nei quali veniva compiendo ricerche d'avanguardia con un selezionato gruppo di uditori. Nel 1751, dopo il C., entrò a far parte di questo gruppo il Lagrange, le cui doti matematiche erano già note; i due si conobbero e allacciarono un rapporto d'amicizia saldo e durevole, che nel 1753 si estese al giovane G. A. Saluzzo conte di Menusiglio, conosciuto dal Lagrange alla scuola d'artiglieria di Torino, che entrambi frequentavano. Nel 1754 il c. cessò di essere allievo del Collegio delle provincie, rimanendovi però con l'incarico di ripetitore per gli studenti; nel 1755 conseguì la laurea in medicina, e per i due anni successivi lavorò alle tesi che intendeva presentare per l'aggregazione al Collegio medico di Torino. Vi fu ammesso nel 1757, e le tesi, che superavano di molto il livello di approfondimento consueto per produzioni di tale genere, furono pubblicate a Torino nello stesso anno (I. F. Cigna Monregalensis Philisophiae et Medicinae Doctor ut in amplissimum Medicorum Collegium cooptaretur publice disputabat in R. Taurinensi Lyceo facta cuilibet post sextum argumentandi facultate anno 1757 die 14aprilishora nona matutina. Augustae Taurinorum. Ex Physica de electricitate; Ex Anatome de utero; Ex Institutionibus medicis de irritabilitate; Ex Materia Medica de conphora; Ex Theorica uteri infiammatio; Ex Praxi de nonnullis praecipuis difficultatibus quae in cognitione et curatione febrium occurrunt).

Nelle tesi il C. condensava alcuni dei più recenti svilluppi della ricerca sui temi considerati, suffragati da indagini e considerazioni personali. La trattazione dell'elettricità riprendeva idee del Beccaria, mentre lo scritto De irritabilitate difendeva e persino ampliava le note concezioni di A. von Haller, vedendo nell'irritabilità non un carattere specifico del tessuto muscolare, com'era per il fisiologo svizzero, ma di tutto intero l'organismo. In tal modo essa veniva a porsi come "causa efficiente della vita in generale" (De Renzi), e come concetto metodico mediante il quale può darsi una definizione generale della patogenesi: "Hacc: pioprietas [l'irritabilità] late adeo patet, ut vires motrices omnes, quibus animalis machina regitur, et sustentatur ab irritatione proficisci videantur; nec aliter in morbis, qui ab excessu vel defectu virium motricium producuntur vel foventur, acuta aut imminuta vis irritationis sit incusanda, ut adeo, sublata irritabilitate, animale corpus ad inertes machinae conditiones redigatur". Nella impostazione del C. l'irritabilità, estesa a tutto l'organismo, è la premessa della sua sensibilità, la quale poi si determina fenomenicamente in modo diverso in relazione alla struttura dell'organo e tessuto che è oggetto degli stimoli. In questo contesto viene negata la distinzione tradizionale tra vie e organi nervosi "vitali" e "animali"; il C. s'oppone anche all'estensione indiscriminata dell'ambito d'applicazione dell'irritabilità, proposta da alcuni anche per i corpi inorganici, riconducendola all'originaria accezione halleriana.

Nello stesso 1757 il Lagrange, il C. e il Saluzzo, che continuavano a frequentare i seminari del Beccaria, ebbero una disputa col maestro sulla possibilità che la combustione e la vita animale durino a lungo in uno spazio ristretto e chiuso; pareva loro, in seguito a risultanze sperimentali male interpretate, che ciò fosse possibile, e ne traevano una smentita della teoria del flogisto, sostenuta dal Beccaria. La tesi dei tre giovani era erronea (lo stesso C. scriverà in seguito un'apposita memoria per smentirla), ma sul momento determinò uno screzio col Beccaria, temperamento energico e poco tollerante di critiche; ciò li convinse a proseguire per loro conto la sperimentazione, costituendo una società privata che iniziò a riunirsi in casa del Saluzzo. A queste riunioni furono col tempo invitati alcuni autorevoli scienziati della Torino dell'epoca, come il Bertrandi, l'Allioni e il futuro protomedico regio, I. Somis poi conte di Chiavrie, che accettarono di partecipare per la vitalità e Pentusiasmo che il gruppo sembrava possedere; il ritmo delle riunioni fu presto regolare e la piccola società divenne uno dei luoghi salienti della vita intellettuale torinese. Ciò le attirò sospetti e critiche anche malevole, parendo ad alcuni che fosse un centro di diffusione del libero pensiero. ad orientamento materialistico e ateistico; per far fronte a tale circostanza i fondatori mirarono ad accrescerne l'importanza e il prestigio, sia estendendo il numero dei membri, anche con la cooptazione d'illustri personalità straniere (vi entrarono progressivamente Eulero, Lavois, ier, Haller, Condorcet, Franklin), sia ottenendo protezione ed appoggio da Carlo.Emanuele III, che la. denominò "Società reale", ponendola in tal modo al riparo degli attacchi dei tradizionalisti. Della società il C. fu il primo segretario, e in tal ruolo allestì, già nel 1759, il primo volume di atti, premettendovi una cronistoria del gruppo (De iis quae in societate acta sunt, in Miscellanea philosophico-mathematica Societatis privatae Taurinensis, I, Augustae Taurinorum. 1759, p. 1) ed inserendovi due sue memorie (De analogia magnetismi et electricitatis e De colore sanguinis experimenta pp. 43 ss. e 68 ss.). Nei volumi successivi pubblicherà altri lavori, taluni dei quali notevoli (De motibus electricis experimenta, in Miscell. philos. - mathemat., II, ibid. 1760-61, pp. 77 ss.; De frigore ex evaporatione et affinibus phaenomenis nonnullis, ibid., pp. 143 ss.; De causa extinctionis fiammae et animalium in aere interclusorum. ibid., pp. 168 ss.; De novis quibusdam experimentis electricis, in Mélanges de philos. et mathémat. de la Soc. royale de Turin, III [1762-65], pp. 31 ss.; De electricitate, ibid., V[1773], pp. 97 ss.; De respiratione, ibid., pp. 109 ss.).

Nel De colore sanguinis l'analisi vert e sulle differenze cromatiche tra sangue arterioso e venoso (di cui il primo, secondo il C., ha colore più vivo e vermiglio) e sulle loro cause. Queste andrebbero ravvisate nella presenza dell'aria nel sangue arterioso, e a sostegno di tale tesi il C. reca diversi fatti, come il colore più scuro che la placenta sanguigna presenta nella parte inferiore, a suo giudizio dipendente dal ridotto afflusso dell'aria; lo scurimento d'una sottile lamina di sangue che venga sottratta all'aria e la nuova brillantezza che essa assume una volta che vi sia riesposta, ecc. Nel De motibus electricis il C. svolge un'analisi comparativa della tesi della natura unica del fluido elettrico, la più comune nell'epoca, e di quella da poco proposta da Robert Symmer, che faceva scaturire la totalità dei fenomeni elettrici dall'azione contrastante di due opposti fluidi. Risultato dell'analisi è che ambedue le teorie spiegano adeguatamente le apparenze sperimentali, cosicché non v'è modo, nel livello di conoscenze attingibile al momento, d'effettuare una o più prove che decidano conclusivamente della loro validità. Per giungere ad un tale risultato apparentemente agnostico il C. considera le prove addotte da ciascuna delle due teorie, specialmente da quella di Symmer, perfezionandola più di quanto fatto dal suo stesso ideatore, tanto che Priestley, letta la memoria, la ritenne uno sviluppo più importante della formulazione originaria (Histoire de l'électricité, II, Paris 1771, pp. 50, 70). Il De causa extinctionis è infine notevole perché il C. vi riconsidera la questione che aveva determinato il dissenso col Beccaria, risolvendola in senso favorevole al maestro. Tuttavia il dissidio tra loro non cessò subito: solo nel 1778il Beccaria, seriamente ammalato, lo mandò a chiamare per un consulto, ed i due si pacificarono.

Contemporaneamente alla ricerca il C. si dedicò alla professione medica;, dal 1770 fu assistente nell'ospedale di S. Giovanni e professore straordinario d'anatomia all'università, divenendo ordinario nel 1775. A partire dal 1761, però, la sua salute non fu più buona: fu a lungo infermo, e in seguito non superò mai uno stato di debolezza che ne ridusse di molto l'attività scientifica; si può perciò ritenere che la sua personalità non ebbe modo d'esprimersi compiutamente e di trarre frutto adeguato all'ampiezza e al rigore delle ricerche giovanili. Non si trattò però d'un abbandono completo: per l'università redasse un compendio d'anatomia fisiologica che ebbe larga fortuna, tanto da rimanere in adozione a Torino anche ai primi dell'Ottocento (Theses anatomicae singillatim editae in usum disputationum academicarum in R. Taurinensi Archigymnasio, s. l.né d.); prese ancora posizione su questioni fisiche, ad esempio scrivendo al Rozier su certi effetti collaterali dei fenomeni d'ebollizione (Lettre de M. Cigna, de l'Académie de Turin, à l'auteur de ce Recueil, in Observations sur la physique, et sur l'histoire naturelle..., III, Paris 1774, p. 109). In ulteriori ricerche di elettrologia, a giudizio del Vassalli Eandi, scoprì la legge dell'accumulazione della velocità contraria nel corpo deferente comunicante col suolo, posto a contatto di un coibente elettrizzato, ed in connessione con la scoperta ideò un meccanismo per l'accumulazione di cariche elettriche che preludeva chiaramente alrelettroforo di Volta. Quando, nel 1781, il C. lesse nella Scelta di opuscoli interessanti di Milano (I, pp. 311 e 342) le lettere in cui il Volta descriveva a Priestley un apparecchio molto simile al suo, si ritenne vittima d'un plagio, e se ne lamentò pubblicamente; la questione fu dibattuta e risolta in senso a lui favorevole dal Beccaria e dall'Eandi (vedi di quest'ultimo le Memorie istoriche intorno gli studi del p. G. B. Beccaria delle Scuole Pie, Torino 1783, p. 132): quest'ultimo rilevò che certamente l'ideazione dell'elettroforo da parte del Volta doveva molto al C., il cui strumento era notevolmente simile, ma che nel Volta l'approfondimento teorico delle modalità di funzionamento dell'apparecchio era assai maggiore, dilatandone le possibilità d'uso e di sviluppo.

Nel 1783 Vittorio Amedeo III consentì alla trasformazione della Società regia in Accademia delle scienze, inserendo stabilmente l'organizzazione nella struttura istituzionale dello Stato sabaudo; né ai tre fondatori mancarono, prima e dopo, i riconoscimenti ufficiali. Nel novembre 1784 il C. fu nominato consigliere soprannumerario del magistrato del protomedicato di Torino, carica divenuta poi ordinaria; nel 1786 lo si trova inserito, ad opera di Lorgua e assieme i con il Lagrange e il Saluzzo, tra i soci della Società italiana delle scienze, nelle cui memorie egli pubblicherà anche l'ultimo dei suoi scritti (Riflessioni ed esperienze sulla pretesa castrazione delle pollastro esulla fecondazione dell'uovo, in Memorie di matematica e di sc. fisiche d. Società italiana, IV [1788], pp. 150 ss.).

Col tempo egli divenne ben noto anche in circoli scientifici estranei a Torino e all'Italia, e i suoi rapporti con essi formano una maglia dell'ampia catena del cosmopolitismo scientifico e culturale che nella seconda metà del Settecento collegò molti cèútri italiani al fervore d'idee dell'Europa colta: divenne, tra l'altro, membro corrispondente della Royal Society, cui inviò comunicazioni. Nel 1779 il c. si sposò con Teresa Prandi, il cui padre era medico dei Savoia Carignano, e da lei ebbe due figlie. Dal 1780 la sua salute si fece sempre più precaria, non solo limitando come accennato la sua produzione scientifica, ma impedendogli di rivedere per la pubblicazione un notevole numero di scritti, ventisette dei quali, d'argomento anatomo-fisiologico, patologico, genetico, fisico e chimico, sono enumerati dal Vassalli Eandi. Il C. morì a Torino il 16 luglio 1790.

Fonti e Bibl.: V. G. Malacarne, Mem. stor. intorno alla vita ed alle opere di M. V. G. Malacarne, Padova 1819, p. 17; A. M. Vassalli Eandi, Mem. istor. intorno alla vita ed agli studi di G. F. C., in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, XXVI(1822), pp. XIII-XXXVI; G. Bonino, Biografia medica piemontese, II, Torino 1825, pp. 309-325; L. Cibrario, Storia di Torino, II, Torino 1846, p. 521; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, V, Napoli 1848, pp. 40, 62, 109, 377 s., 391, 477 s., 920 s., e passim;D. Carutti, Storia del Regno di Carlo Emanuele III, II, Torino 1859, pp. 228 s.; V. Promis. Il Primo secolo della R. Acc. delle scienze di Torino (1783-1883), Torino 1883, pp. 102 s.; P. Capparoni, Profili bio-bibliogr. di medici e naturalisti celebri ital., II, Roma 1928, pp. 102-06; C. Calcaterra, Il nostro imminente Risorgimento, Torino 1935, pp. 342 s., 347; M, Gliozzi, Fisici piemontesi del Settecento nel movim. filosofico del tempo, Torino 1962, pp. 4, 8 s., 10-12; S.Ramazzotti-L. Briatore, Didattica e ricerca fisica nell'ateneo torinese nel XVIII secolo. G. C., scienziato illuminista, in Giornale di fisica, XVII(1976). pp. 232-238. Id.-Id., Le ultime sperimentazioni elettriche di G. C., ibid., XVIII(1977), pp. 149-157; Enc. Italiana, X, p. 237.

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