CABOTO, Giovanni e Sebastiano

Enciclopedia Italiana (1930)

CABOTO, Giovanni e Sebastiano

Alberto Magnaghi,

Nessuno fra i grandi navigatori del tempo delle prime scoperte americane rimane tuttora, come Giovanni C. e il suo figlio e continuatore Sebastiano, lontano da una sistemazione storica che ce ne offra la figura sotto una luce ben definita. La mancanza pressoché assoluta di loro scritti (forse per il segreto volutamente conservato dei risultati delle loro spedizioni), la scarsità e l'indeterminatezza delle notizie lasciate dai contemporanei, che spesso, fra l'altro, confondono il padre col figlio, l'attribuzione a Sebastiano di documenti che non derivano direttamente da lui o non gli appartengono affatto, e, peggio ancora, la loro qualità di stranieri che in Inghilterra come in Spagna espose soprattutto Sebastiano alle antipatie e alle gelosie di rivali, hanno impedito finora alla critica di raggiungere risultati adeguatamente sicuri intorno alla vita e all'opera loro.

Di Giovanni C. ignoriamo quasi completamente ogni dato per il periodo della sua vita antecedente al viaggio del 1497, a cominciare dall'anno e dal luogo della nascita. I pochi documenti, compresi quelli ufficiali, che lo riguardano, lo dànno, è vero, quasi tutti come veneziano; ma da un documento del 29 marzo 1476 risulta che egli ottenne la cittadinanza veneziana dopo una dimora di 15 anni nella città. Non si conosce il suo luogo d'origine, sebbene oggi i più propendano a ritenerlo genovese, fondandosi soprattutto sopra una frase contenuta in due dispacci del 1498 di due oratori spagnoli a Londra, in cui è detto genovese ("genoves como Colon") e ancora sulla presenza in documenti genovesi sincroni di nomi come Gavotto, Gabuto, Caputo. Ma probabilmente i due documenti spagnoli usarono questo termine di genovese come sinonimo di italiano; e, quanto alla presenza di nomi affini, l'argomentazione è analogamente addotta da altre città italiane, ad es. Chioggia, dove esisteva la famiglia Botto, nome al quale, secondo l'uso veneziano, può essere stato preposto Ca' "casa". D'altra parte sono abbastanza frequenti documenti, che vanno sino al 1431, dai quali risulta che il nome Caboto era diffuso a Gaeta; ed egualmente il nome s'incontra non di rado dopo il sec. XII nelle memorie di Savona. La questione perciò si può considerare sino ad ora insoluta: in quanto poi a quella recentissima teoria che vuole fare i Caboto d'origine catalana (R. Carreras i Valls, La descoberta d'America, Ferrer, Cabot i Colom, Reus 1928), essa è talmente inconsistente e avventata, che non merita di essere presa in considerazione.

Nulla di preciso sappiamo dei primi viaggi di Giovanni. Dal racconto ch'egli stesso fece a Raimondo da Soncino (inviato del Duca di Milano a Londra), risulta che aveva percorso i paesi d'Oriente e che era stato alla Mecca; ma nulla ci consta circa la data di questi viaggi. Giovanni diceva fra l'altro al Soncino che, alla Mecca, aveva chiesto ai mercanti d'onde portassero le spezie, e questi avevano risposto che le ricevevano da altri mercanti provenienti da paesi orientali, i quali a lor volta le acquistavano da altri che venivano da luoghi ancor più lontani verso oriente, e così via, onde era forza arguire che, data la rotondità della Terra, il luogo d'origine delle spezie fosse "il settentrione verso l'Occidente". È l'idea colombiana; ma il C. l'esprime cinque anni dopo il viaggio di Colombo, e non abbiamo elementi per giudicare se e fino a qual punto fosse originale il pensiero del Veneziano. Non ci consta in che anno questi passasse in Inghilterra, ma è presumibile che vi si trovasse già prima del 1492, perché Pietro d'Ayala, uno degli oratori spagnoli sopra ricordati, scriveva da Londra il 25 luglio 1498 che già da sette anni gli abitanti di Bristol solevano armare ogni anno due, tre, quattro caravelle per andare in cerca dell'isola del Brasil e di quella delle Sette Città "con la fantasia d'este Genoves". Dal che si dovrebbe dedurre che i primi viaggi del C. nell'Atlantico ebbero per meta non l'Asia, bensì soltanto codeste isole fantastiche che da parecchio tempo formavano l'oggetto di spedizioni da parte del Portogallo e di altri stati occidentali. L'idea di raggiunger l'Asia verso occidente egli tentò, in ogni modo, di tradurla in atto solo dopo il ritorno di Colombo, il quale per il primo, a suo modo di vedere, ne aveva dimostrato la pratica possibilità. L'impresa doveva apparire al C. ancor più agevole partendo dall'Inghilterra e seguendo un parallelo più settentrionale, lungo il quale, per la minor lunghezza del grado di longitudine, il viaggio doveva riuscire più breve. Il progetto presentato a Enrico VII, fu accolto da questo re con lettere patenti del 5 marzo 1496, e una spedizione di 5 navi, armate a spese del C. stesso, fu preparata nel porto di Bristol. Però una sola nave, il Matthew di 50 tonn. salpò, con un equipaggio di 18 uomini, ai primi di maggio del 1497, trovandosi sulla nave, secondo ogni probabilità, anche Sebastiano. La prima terra fu veduta il 24 giugno, e il C. appena sbarcato ne prese possesso in nome del re d'Inghilterra, piantando però accanto alla bandiera inglese il gonfalone di San Marco. Dalla lettera del Soncino e da altra di Lorenzo Pasqualigo (Londra, 23 agosto 1497), riportata nei Diari del Sanudo, non v'ha dubbio che il C. credette, come già Colombo, d'aver raggiunto il Cataio. Sul luogo toccato in questo primo approdo, si è molto discusso, ammettendosi da alcuni che fosse un punto della costa del Labrador, da altri l'isola di Terranova, e da altri ancora il capo più orientale dell'Isola del Capo Breton; escluso in ogni modo il Labrador, l'ultima appare oggi l'ipotesi più probabile. Rimane perciò escluso che il C. abbia per il primo raggiunto le coste del continente, merito che, provata ormai anche l'inesistenza di un viaggio del Vespucci al Venezuela prima del 1499, spetta incontestato al Colombo (3° viaggio, 5 agosto 1498).

Ai primi d'agosto, dopo un'assenza di tre mesi, il Matthew era di ritorno a Bristol, e la notizia dei risultati del viaggio veniva accolta in Inghilterra con grande giubilo, mentre destava qualche preoccupazione in Spagna; allo scopritore veniva largito dal re Enrico un premio di 10 sterline, e più tardi (13 dicembre 1497) una pensione annua di 20 sterline. L'anno successivo, con lettere patenti del 3 febbraio 1498, Enrico VII autorizzò una nuova più vasta spedizione di 6 navi, sempre al comando di Giovanni C., allo scopo di colonizzare la terra scoperta e di proseguire alla ricerca dei paesi delle spezie. Di essa faceva indubbiamente parte Sebastiano. Le navi salparono nell'estate del 1498; si ritiene dai più, che esse si dirigessero a N. e a NO. raggiungendo le coste del Labrador che seguirono sino ad un punto imprecisato, dove i ghiacci galleggianti costrinsero la spedizione a piegare verso S., forse sino al Capo Hatteras; di qui avrebbero fatto ritorno in Inghilterra nell'autunno dell'anno stesso. Queste notizie appaiono però oscure e contraddittorie, ed è opinione di alcuni che esse vadano riferite a un altro viaggio condotto da Sebastiano nel 1508-1509. Di Giovanni C. in ogni modo non si sa più nulla dopo la partenza; forse egli morì durante il viaggio, o più probabilmente poco dopo il ritorno (la pensione assegnatagli dal re ebbe corso fino al San Michele del 1499). Certo è che protagonista di questa spedizione è Sebastiano, e che d'ora innanzi la sua figura entra in piena luce offuscando quella del padre. Questi però ha il vanto d'essere stato uno dei primi e più audaci continuatori di Colombo, e d'avere per primo progettato grandi viaggi di scoperta verso NO., gettando le basi dell'immenso impero che gl'Inglesi dovevano fondare nell'America Settentrionale. Enrico VII, come non seppe trarre immediato profitto della scoperta, così compensò in misero modo l'opera del grande navigatore, cui la sorte negò persino l'onore di lasciare il nome al più piccolo tratto delle terre scoperte. Solo da poco tempo, s'intitola Stretto di Caboto l'ingresso meridionale del Golfo del San Lorenzo, aperto fra l'isola Terranova e quella del Capo Breton; e in occasione del 4° centenario della scoperta, Inglesi e Americani vollero degnamente ricordare le gesta di lui. Il 24 giugno del 1897 Giovanni C. venne solennemente commemorato ad Halifax per iniziativa della Royal Society of Canada, nella cui sede ora un'iscrizione in bronzo rammenta l'Italiano che "diede all'Inghilterra un diritto sul continente, che lo spirito colonizzatore dei suoi figli mise a profitto più tardi". A Montreal, a cura della colonia italiana, sarà prossimamente eretto un monumento.

Il figlio di Giovanni, Sebastiano, nacque senza dubbio a Venezia, e di madre veneziana. Sebbene da qualche documento si possa argomentare ch'egli sia nato tra il 1480 e il 1483, comunemente ci s'attiene a una data anteriore, fra il 1475 e il 1477, che ci consente almeno di trovarlo con un'età più adatta per accompagnare il padre nei viaggi del 1497-98. Fu presto condotto in Inghilterra dal padre con altri due fratelli, Luigi e Santo, dei quali tutto ignoriamo. Sebastiano spiegò un'attività assai più vasta del padre, ma sebbene egli vivesse in un'epoca in cui gli avvenimenti riferentisi alle grandi scoperte geografiche erano meglio noti e classificati, pure sull'opera sua incombe il medesimo destino che su quella di Giovanni. Né mancano critici che cercano di porre sotto una fosca luce, oltreché la sua opera di navigatore, la sua figura morale: millantatore, bugiardo, d'animo debole, e persino usurpatore dei meriti di suo padre. Giudizio però del tutto ingiusto e avventato: Sebastiano fu grande, e fu un forte: nocque a lui, straniero, essere stato al servizio, a varie riprese, di due stati rivali, Inghilterra e Spagna, e soprattutto gli recarono danno la gelosa diffidenza e l'odio che la sua scienza innovatrice, la sua diritta energia gli procurarono nella sua dimora a Siviglia, in qualità di piloto mayor, da parte di piloti e cosmografi mossi spesso anche da antagonismi. Né poco contribuirono, in tempi recenti, a giustificare un giudizio severo, gli errori e le menzogne contenuti in due documenti che si vollero attribuire direttamente a lui, ma che a nostro parere dovrebbero invece essere scartati come del tutto apocrifi.

Nel 1544 fu stampato, sotto il nome di Sebastiano C., forse ad Anversa, un planisfero (se ne conserva un'unica copia nella Biblioteca Nazionale di Parigi), che contiene numerose leggende in spagnolo (opera oggi riconosciuta di un certo Grajales), tradotte anche in latino, dalle quali risultano dati talvolta menzogneri e spesso insignificanti. Fra le altre, una accenna a un viaggio compiuto lungo le coste americane in compagnia del padre nel 1494, ossia quattro anni prima dell'epoca ormai storicamente constatata. La carta contiene poi varî errori, nonché ripetizioni ed erronee trascrizioni di nomi, e, fra l'altro, per le terre nord-americane non registra affatto quelle che sarebbero state effettivamente le scoperte dei C., ma quasi esclusivamente quelle del francese Cartier (1534-35). È inoltre poco verosimile che Sebastiano sia autore di tale documento, perché fra i compiti del piloto mayor v'era quello di sorvegliare rigorosamente il segreto del disegno delle carte nautiche, e sarebbe stato assurdo che Sebastiano, mentre per l'appunto copriva tale carica, facesse stampare, e fuori di Spagna, una carta di quel genere sotto il proprio nome. Si aggiunga poi che nel 1545 si svolse una lunga, acre contesa a proposito delle carte a due gradazioni adottate dal C. come piloto mayor, contesa in cui quasi tutti i piloti e cartografi spagnoli cercarono con ogni mezzo di combattere le concezioni di lui, presunte prove della sua incapacità, e, naturalmente, i creduti errori delle carte costruite sotto la sua direzione: ma essi non fanno mai il minimo accenno alla carta che il C. avrebbe pubblicata un anno prima sotto il proprio nome, dove errori e difetti erano così numerosi ed evidenti. Si può quindi ammettere che il planisfero si fondasse, al più, sopra elementi forniti da carte che uscirono, come tante altre prima e dopo, dall'ufficio diretto dal C., ma senza che questi avesse nessuna parte né diretta né indiretta nella sua composizione: se una responsabilità sua fosse risultata, indubbiamente egli sarebbe stato sospeso dalla sua carica, mentre rimase invece piloto mayor sino al 1548, e lasciò l'ufficio di sua volontà.

L'altro documento, dal quale si sogliono trarre i motivi per un giudizio severo sopra Sebastiano C., è la relazione di un cosiddetto "Gentiluomo Mantovano", che è inserita nel vol. I della grande raccolta Navigazioni e viaggi del Ramusio. Il detto gentiluomo, intrattenendo il Ramusio, il Fracastoro e altri sopra i viaggi alla ricerea del paese delle spezie, racconta che trovandosi qualche anno prima a Siviglia era andato a trovare il C., dal quale aveva avuto il racconto d'un suo viaggio al NO. Da questo racconto risulterebbe che la spedizione era avvenuta nel 1496 e che era stata guidata da Sebastiano in persona; il quale, dopo essersi spinto sino al 56° di lat. N., vedendo che la costa piegava a levante, era ritornato verso sud spingendosi sino alla Florida. Basterebbe già questo dato, della costa del Labrador diretta a levante, per rendere più che dubbia l'attribuzione del racconto a Sebastiano Caboto. Ma il documento in questione fa inoltre dire a Sebastiano che suo padre era morto l'anno stesso del ritorno di Colombo dal suo primo viaggio (1493); peggio ancora, mentre Sebastiano era andato per la prima volta a servizio della Spagna nel 1512, gli attribuisce la dichiarazione che vi si era recato al tempo della regina Isabella che era morta nel 1504. Non solo, ma Sebastiano C. avrebbe taciuto col gentiluomo mantovano del suo viaggio alla Baia di Hudson, mentre avrebbe vantato le sue "molte navigationi" dopo quella al Plata nel 1530, le quali non corrispondono minimamente al vero. Perché mai il C. avrebbe detto all'informatore del Ramusio solo bugie, mentre sapeva che sarebbe stato così facile a Siviglia controllare quelle notizie, e mentre i suoi meriti sarebbero risultati assai maggiori narrando la verità? Il racconto è dunque manifestamente apocrifo, e il personaggio introdotto dal Ramusio è probabilmente un narratore fittizio per bocca del quale il Ramusio stesso, o altri che prese parte alla compilazione della raccolta, espone senza curarsi troppo dell'esattezza, quelle poche notizie che potevano correre sull'attività del grande navigatore, nel cui nome si confondeva malamente anche il ricordo lontano dell'impresa paterna.

È perciò tempo che queste due fonti, su cui si fondano le più accanite accuse dei detrattori di Sebastiano C., vengano eliminate per procedere a una più giusta ricostruzione della figura del grande navigatore.

Se egli abbia partecipato, ancora adolescente, al viaggio del 1497 non risulta ancora con tutta certezza. Partecipò però indubbiamente a quello dell'anno successivo, acquistandovi una notevole esperienza. Della scoperta del 1498 si ha un'eco nella carta spagnola di Juan de la Cosa (1500), che segna all'estremità della terra settentrionale un cauo de Ynglaterra e un mar descubierto por Yngleses. Poi vennero negli stessi paraggi i viaggi dei Cortereal, portoghesi, e di altri; onde, essendosi per qualche tempo arrestata l'attività degli Inglesi, i nomi e l'assetto della costa si modificarono sostanzialmente, tantoché già nelle carte del Canerio e del Cantino (1502) sono scomparse le primitive denominazioni, in modo che, a detta dello stesso Pietro Martire d'Anghiera, si dubitava che C. fosse stato il primo a scoprire la terra dei Bacalaos. Che cosa abbia fatto Sebastiano tra il 1498 e il 1512, s'ignora in gran parte. Certo rimase al servizio del governo inglese, poiché in data 3 aprile 1504 Enrico VII ordina gli sia pagata un'annualità di 10 sterline, per i suoi servigi, e nel marzo 1512 figurano pagati a lui dal Tesoro 20 scellini per il suo disegno d'una carta della Guienna e Guascogna. Alcuni studiosi gli attribuiscono poi un viaggio compiuto nel 1509, sempre per conto degl'Inglesi, nel Labrador settentrionale e nello Stretto di Hudson, fondandosi sopra un accenno di M. Contarini, ambasciatore veneto a Carlo V, nel 1536, e sopra una notizia di parecchio più tarda dell'esploratore Martino Frobisher.

Col 1512 s'inizia un nuovo periodo nella vita di Sebastiano; Ferdinando il Cattolico tratta con lui per averlo al proprio servizio, e il 20 ottobre lo assume come capitano di mare con stipendio di 50.000 maravedis, con residenza a Siviglia. Il C. si trasferisce in Spagna con la moglie, Caterina Medrano, e nel 1515 sappiamo da Pietro Martire che viveva a corte attendendo gli si preparassero, secondo le intese, le navi per la ricerca del passaggio di NO. Pietro Martire soggiunge di ritenere che la spedizione sarebbe stata pronta per il 1516; ma il progetto andò a vuoto per la morte, avvenuta nei primi di quell'anno, di Ferdinando. Nell'anno stesso, secondo un passo dell'Eden, amico intimo del C., si dovrebbe ritenere ch'egli iniziasse allora il progettato viaggio a NO. per conto dell'Inghilterra, andato poi a vuoto per viltà d'un compagno. Questa data verrebbe confermata dal fatto che negli anni 1516-17 c'è una lacuna nei documenti spagnoli che riguardano il C.; e certo, anche il fatto che nel 1518 il C. fu elevato al grado di piloto mayor di Spagna, dovrebbe indicare che egli era cresciuto in fama per qualche impresa d'importanza, che non poteva essere se non un viaggio compiuto poco prima. Onde, sebbene non manchino accenni espliciti di autori inglesi (che dicono d'aver veduto carte, oggi perdute, composte dal C. stesso, le quali mostravano avere il grande navigatore percorso tutto il canale di Hudson) secondo i quali si dovrebbe ritenere che l'impresa onde il C. venne in fama fosse il viaggio del 1509, rimane sempre preferibile la data del 1516. Nessuno era ancor giunto ad una latitudine così elevata (67° e più), e il C. precedette di varî decennî gli esploratori inglesi che lasciarono il nome a quei luoghi.

Del resto occorre molta ingenuità o malafede a non voler riconoscere che i meriti del C. dovettero emergere altissimi se nel 1518 (cedula reale del 5 febbraio) egli fu nominato piloto mayor di Castiglia, benché l'ufficio fosse sollecitato da valentissimi piloti e cosmografi spagnoli. Il compito del piloto mayor, già svolto da Amerigo Vespucci, era di estrema responsabilità: oltre ad esaminare e istruire i piloti, a coordinare i risultati dei viaggi per aggiornare le carte ufficiali, a controllare gli strumenti della navigazione, egli organizzava le spedizioni d'oltremare e sopraintendeva agl'interessi molteplici ad esse collegati. Un tale compito non sarebbe stato affidato a un uomo, per giunta straniero, che non si fosse segnalato per qualità personali di esperienza, di sapere e di discrezione. E quest'ufficio il C. tenne quasi ininterrottamente per 30 anni, nonostante la gelosia e gli odî della maggior parte dei piloti e cosmografi della Casa de la contratación di Siviglia.

Durante il primo periodo dell'attività di lui come piloto mayor, il viaggio di Magellano non poté certo essere organizzato senza il suo intervento; e, al ritorno della nave Victoria, la carta nella quale per la prima volta si coordinarono i risultati della grande impresa fu composta nell'ufficio da lui difetto. Sorte subito dopo le gravi questioni col Portogallo per il possesso delle Molucche, il C. (che già aveva lasciato cadere certe pratiche copertamente avviate nel 1522 per passare dal servizio di Spagna a quello di Venezia) fece parte, con Fernando Colombo e Giovanni Vespucci, della Junta ordinatasi in Badajoz nei primi mesi del 1524, nella quale piloti e cosmografi delle due nazioni avrebbero dovuto determinare l'antimeridiano della linea di demarcazione fissata 30 anni prima col trattato di Tordesillas. Ma l'accordo non fu raggiunto, e i due paesi rivali continuarono, l'uno a O. e l'altro a E., le loro spedizioni ai luoghi delle spezie. Così una spedizione spagnola partì da La Coruña il 24 luglio del 1525 sotto García Jofre de Loaysa per la via magellanica; e contemporaneamente a questa, che ebbe poi esito infelicissimo, ne venne organizzata un'altra per conto di una società di mercanti di Siviglia, di carattere puramente commerciale, della quale fu affidato il comando al C. E questi, ottenuta licenza di lasciare la sua carica di piloto mayor e il concorso della corona, partì con un'armata di 4 navi da S. Lucar il 3 aprile del 1526.

Meta del viaggio dovevano essere le Molucche e i paesi di Tarsis e di Ophir, nomi sotto i quali s'intendevano i paesi ricchi d'oro e di gemme dell'Asia orientale. Ma la spedizione, che dal C. era stata perfettamente organizzata in modo da evitare gli errori e gl'inconvenienti dell'impresa di Magellano, per varie circostanze che la critica oggi ha dimostrato non essere imputabili a lui ma soprattutto alla gelosia e all'indisciplina dei suoi ufficiali, non raggiunse l'obiettivo proposto, sebbene riuscisse a conseguirne uno assai più importante, la presa di possesso e l'inizio della colonizzazione dell'immensa regione del Plata. Ed è falso che sin da Pernambuco, sulla costa del Brasile, dove la flotta aveva forzatamente dovuto sostare per tre mesi, il C. decidesse di mutare lo scopo del viaggio; questo invece fu dovuto più tardi mutare da lui, d'accordo con gli ufficiali, dopo il naufragio della nave capitana, che il 28 ottobre aveva dato in un bassofondo nel canale fra l'Isola S. Catharina e la terraferma, per l'imperizia di due suoi luogotenenti che, mandati innanzi ad esplorare quel tratto, avevano assicurato il passaggio libero e facile. Questo disastro fu l'unica causa del mutamento di obiettivo della spedizione; il che, oltre a essere risultato dagli atti del processo che si svolse poi al ritorno, è confermato dalla testimonianza tanto autorevole quanto insospettabile data nel suo Islario da Alonzo de S. Cruz, che accompagnava la spedizione e che fu poi cosmografo mayor di Carlo V. La perdita della capitana significò la dispersione di metà delle provvigioni della flotta, e ciò, insieme con le assicurazioni di alcuni compagni superstiti dell'infelice spedizione di Solis (1512) che al Plata avrebbero trovato oro, argento e abbondanza di vettovaglie, decise il C. a dirigersi a questa volta. E fu giusto e opportuno ripiego questo, poiché in condizioni come quelle sarebbe stato esporsi a ben più grave disastro continuando il viaggio verso le Molucche, tanto più con un equipaggio in gran parte indisciplinato e ostile (il C. dovette abbandonare alcuni ufficiali ribelli a S. Catharina). È anche da osservare che, col tempo forzatamente perduto, egli non avrebbe più potuto ormai navigare nella zona dello Stretto nell'estate australe, ma avrebbe dovuto compiere uno sverno in qualche tratto della costa.

Costruita in poco più di tre mesi una nave sussidiaria, il 15 febbraio del 1527 la spedizione salpava da S. Catharina, e raggiungeva il 6 aprile il luogo che chiamò S. Lazzaro, forse un seno presso l'attuale Colonia di Sacramento. Di qui s'inizia l'esplorazione al Plata, che è forse l'impresa più gloriosa e più feconda di risultati del grande navigatore. Risalito il fiume sino alla confluenza del Carcaraná, fondava qui il forte Sancti Spiritus, donde proseguiva con navi leggiere esplorando la regione attraverso molti disagi e pericoli, lottando spesso contro gl'indigeni ostili e domando anche energicamente una congiura di parte dell'equipaggio, finché raggiunse il porto ch'egli chiamò di S. Anna (forse l'odierna Itatí), venti leghe a monte della confluenza del Paraguay. Veduto qui che il Paraná si dirigeva in territorio portoghese, retrocesse e si accinse a risalire il Paraguay, che doveva condurre al paese dell'oro e dell'argento; ma in una località che si crede fosse alla confluenza del Pilcomayo, dovette interrompere il viaggio e tornare al forte Sancti Spiritus per l'eccidio quivi avvenuto di 17 compagni uccisi a tradimento dagl'indigeni (aprile 1528). Intanto un avventuriero, Diego García, aveva ottenuto da Carlo V il mandato di esplorare e colonizzare la regione del Plata, e la presenza di un rivale intralciò non poco l'opera del C., sebbene entrambi, di fronte ai pericoli e alle responsabilità comuni, finissero per mettersi d'accordo, conservando il C. la direzione dell'impresa. Fu spedita in Spagna una nave per ottenere rinforzi e mezzi adeguati per riprendere l'esplorazione del Paraguay, e intanto, migliorate le relazioni con gl'indigeni, si attese ai primi tentativi di colonizzazione che si manifestarono assai promettenti. Ai primi del 1529, non giungendo dalla Spagna nessun soccorso, C. decise, insieme con il García, di risalire ugualmente verso N.; ma iniziata appena la navigazione del Paraguay, dovettero far ritorno in gran fretta per una grande sollevazione degl'Indiani. Giunti a Sancti Spiritus, dopo aver inflitto una severa punizione agl'indigeni, proseguirono discendendo il fiume a S. Salvador. Ma durante la loro assenza il forte fu assalito e distrutto, in modo che gli Spagnoli, e neppur tutti, poterono appena rifugiarsi sulle navi. Questo disastro, dovuto più che altro al contegno che il García aveva tenuto con gl'indigeni, costrinse al termine l'impresa del C., che rientrava in Spagna il 22 luglio 1530.

A Siviglia il rancore e l'odio dei suoi nemici, soprattutto dei parenti di coloro ch'egli aveva abbandonato a S. Catharina, nonché le proteste dei mercanti ch'erano rimasti danneggiati dal fallimento dell'impresa, furono cagione che s'imbastisse contro di lui un processo; ma con tutto l'accanimento che vi fu spiegato, egli ebbe soltanto una lieve condanna per abuso di autorità, un anno di esilio a Orano, che Carlo V condonò conservando anzi il C. al suo posto di piloto mayor. In realtà, se questi avesse solo potuto fare assegnamento sopra dipendenti più fidi e sopra mezzi più adeguati, ben più proficui sarebbero riusciti i risultati anche immediati della sua impresa. Ma in ogni modo rimase sempre a gloria di lui l'avere per il primo esplorata la regione del gran fiume, sul quale doveva sorgere il più grande stato dell'America spagnola, e l'aver reso un servizio enorme alla Spagna con la presa di possesso di un territorio sul quale si sarebbero avanzati i Portoghesi del Brasile.

Nella sua qualità di piloto mayor il C. continuò a svolgere la sua opera, energica e innovatrice, opponendosi ai criterî arretrati di varî piloti e cosmografi della Casa de la contratación. La lotta assunse nel 1545, da parte dei suoi oppositori, il carattere di vera e propria questione personale, determinata anche da antagonismi di natura economica perché il C. aveva adottato gli strumenti e le carte costruite da Diego e Sancho Guttieres. Sostenevano soprattutto quei cosmografi che come carta ufficiale dovesse adottarsi il Padron real ch'era stato iniziato sotto la direzione di Fernando Colombo nel 1526 e aggiornato nel 1537, mentre il C. affermava la necessità di adottare un tipo corretto, nel quale, fra l'altro, era applicato il principio di una duplice graduazione, la cui opportunità era stata da lui segnalata sin dal 1533. Egli in sostanza intendeva, utilizzando le varie osservazioni ch'erano state fatte sulla declinazione magnetica, coordinare sulle carte questi elementi in modo che i marinai potessero servirsene senza essere costretti volta per volta a fare operazioni tutt'altro che agevoli. Naturalmente troppo doveva mancare perché i dati così preparati riuscissero esatti, e gli oppositori avevano talvolta buon gioco nel sostenere che meglio valeva una valutazione fatta direttamente e caso per caso dai piloti stessi. Ma fu effettivamente, questo del C., un primo geniale tentativo di fornire ai naviganti la conoscenza dei dati sulla declinazione magnetica; egli anzi credeva possibile, con la conoscenza delle variazioni, determinare le longitudini: illusione, come oggi ben sappiamo, ma ardita e geniale concezione per quei tempi.

Verso la metà del 1548 il C. ebbe da Carlo V una licenza di 5 mesi, della quale approfittò per recarsi in Inghilterra, dove già da qualche mese erano state avviate trattative per riaverlo al servizio della corona. Di qui, nonostante le più vive sollecitazioni, egli non ritornò più in Spagna, così che, dopo 4 anni che il suo ufficio era rimasto vacante, questo fu affidato al suo rivale Alonzo de Chávez. Dovrebbe già valere questa circostanza, dell'aver voluto attendere per tanto tempo il ritorno di lui prima di sostituirlo, per mostrare qual conto facesse l'imperatore dell'opera sua.

In Inghilterra Edoardo VI creò il C. piloto mayor con gli stessi attributi che aveva in Spagna, con la differenza di una maggiore indipendenza che doveva permettergli di svolgere in modo più vasto la sua attività. Nel 1551 fu fondata a Londra la Merchant adventurer's company for the discoveries of regions, dominions, islands and places unknown, e Sebastiano nel 1553 ne fu creato governatore a vita. E a lui si deve l'idea e l'organizzazione del primo viaggio per la ricerca del passaggio di NE., tentato in quell'anno da Sir Hugh Willougby; una delle navi della spedizione, guidata dal Chancellor, approdò ad Arcangelo, donde il comandante si recò a Mosca e stabilì i primi rapporti commerciali con la Moscovia. Alcune fra le istruzioni dettate dal C. per questo viaggio, conservate dal Hakluyt, valgono a dare idea della sagacia e dell'abilità del grande navigatore. Sembra ch'egli sia morto a Londra alla fine del 1557; come per suo padre, s'ignora il luogo dove fu sepolto.

Quanto all'opera sua, essa attende ancora da una critica serena, fondata soprattutto su una rigorosa cernita dei documenti, di esser messa in più chiara luce. Questo possiamo in ogni modo affermare, che la vastità di concezione dei suoi progetti, i risultati conseguiti nei tentativi del passaggio di NO. e nell'impresa del Plata, l'organizzazione per la ricerca del passaggio di NE., la perizia nautica e cosmografica che per quasi 40 anni lo resero degno d'essere prescelto a dirigere le cose di mare di due potenti nazioni marittime, il coraggio, l'energia e la perseveranza nei disegni ben gli assicurano uno dei posti più in vista fra i più grandi navigatori d'ogni tempo.

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