DI GUGLIELMO, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)

DI GUGLIELMO, Giovanni

Angelo Baserga-Pietro De Nicola

Nacque il 22 sett. 1886 a San Paolo del Brasile, primo di sei figli di Angelo e Giuseppina Scarano, italiani provenienti da Andretta, piccolo paese dell'Irpinia. Rientrato in Italia all'età di sei anni, compì gli studi inferiori e quelli classici ad Avellino, quindi si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Napoli, ove si laureò nel 1911. Subito dopo si reco in Brasile con l'intento di esercitarvi la libera professione, ma dopo un breve periodo tornò in Italia per perfezionarsi e acquisire esperienza. A Napoli ebbe occasione di incontrare Adolfò Ferrata, allora aiuto di P. Castellino alla clinica medica di quell'università, e da lui venne invitato a collaborare nel laboratorio universitario: aveva cosi inizio il lungo periodo di lavoro comune dei due studiosi, nonché l'attività scientifica e la carriera accademica del Di Guglielmo.

Nel 1915 il D. sposò Rosa Farani, dalla quale ebbe quattro figli: Renato, Sergio, Lucio e Adriana. Conseguita nel 1916 la libera docenza in patologia speciale medica, partecipò alla prima guerra mondiale come tenente medico: proprio durante i lunghi mesi trascorsi in trincea scrisse i due primi lavori sulle malattie leucemiche ed eritroleucemiche, che costituirono il punto di partenza e la premessa di tutte le successive ricerche sull'argomento, condotte per oltre 40 anni. Dopo essere stato aiuto del Ferrata a Messina e a Pavia, il D. fu incaricato dell'insegnamento della patologia speciale medica nell'università di Modena nel 1927-28 e in quella di Pavia nel 1928-29; in quest'ultima sede fu poi professore straordinario dal 1929 al 1931 e incaricato anche dell'insegnamento della clinica pediatrica nel 1930-31. Chiamato all'università di Catania, vi insegnò patologia speciale medica nel 1931-32 e clinica medica fino al 1938. Nel 1939 fu chiamato all'università di Napoli a dirigervi la cattedra di patologia speciale medica fino al 1946 e quella di clinica medica dal 1947 al 1951. A Catania e a Napoli fu anche preside della facoltà di medicina e chirurgia. Nel 1951 fu chiamato alla cattedra di clinica medica dell'università di Roma, che diresse fino al 1956; a Roma fondò e diresse la scuola di specializzazione in ematologia dell'università e promosse la realizzazione del Centro nazionale trasfusione sangue della Croce rossa italiana. In precedenza si era segnalato per la fondazione dell'istituto di clinica medica e del Centro per lo studio della brucellosi di Catania, per la creazione della scuola di specializzazione in medicina interna all'università di Napoli, per la fondazione della Società medico-chirurgica di Catania e di quella di medicina di Napoli. Fondò inoltre i periodici Progresso medico e, in collaborazione col Ferrata, Haematologica.

In campo scientifico il D. si affermò come ricercatore e come clinico e fu autore di importanti studi in vari settori della patologia medica: si ricordano in particolare i suoi contributi sulle malattie infettive, soprattutto sulla brucellosi, per la cui cura propose l'inoculazione endovenosa del vaccino antimelitense che, fino all'avvento degli antibiotici, doveva rappresentare l'arma più efficace nella terapia di tale affezione e che ancora oggi può essere vantaggiosamente impiegata in associazione alla terapia antibiotica specifica per prevenire le recidive (La cura specifica della brucellosi, Catania 1933, in coll. con S. Fichera, G. Sorge, R. Grasso, R. Castorina, L. Pontoni. F. Maugeri, S. Signorelli, P. Magnano, V. Bongiovanni, M. Cordaro). Ma fu con i suoi studi sulle malattie del sangue che il D. recò contributi scientifici veramente fondamentali e raggiunse fama internazionale.

Egli fu autore di importanti osservazioni in vari settori dell'ematologia: studiò la struttura microscopica delle cellule ematiche, in particolare delle primitive cellule migranti (Sulla primitiva cellula migrante, in Haematotogica, III [1922], pp. 469-477); dimostrò il passaggio nel sangue periferico della cellula di Gaucher (La cellula di Gaucher nel sangue periferico, ibid., XII [1931], pp. 615-634), reperto assai raro successivamente osservato anche da altri autori; descrisse le caratteristiche fisiopatologiche del sistema reticolo-endoteliale (Sul sistema reticolo-endoteliale, in Boll. d. Soc. ital. di biol. Sper., I [1926], pp. 23 ss.; La patologia e la clinica del sistema reticolo-endoteliale, in Haematologica, VII [1926], pp. 481-518; Il sistema reticolo-endoteliale, in Boll. d. Soc. ital. di biol. Sper., II [1927], pp. 937-961); impostando concetti che nei decenni successivi sarebbero poi stati ampiamente sviluppati, propose una classificazione, poi largamente seguita in Italia e all'estero, per quelle condizioni che definì "mielosi aplastiche", oggi note come mielopatie involutive, in forme parziali (eritropeniche, leucopeniche, piastrinopeniche), miste (eritro-leucopeniche, leuco-piastrinopeniche, eritro-piastrinopeniche) e globali, che chiamò appunto "mielosi globali aplastiche" (La leucemia acuta, Napoli 1926; Le porpore emorragiche, Pavia 1926); dimostrò l'esistenza nel midollo osseo delle condizioni morbose caratterizzate dall'aumento della proliferazione eritroblastica di quella formazione costituita da una cellula del reticolo circondata da una corona di eritroblasti, che chiamò "isolotto reticolo-eritroblastico", cui riconobbe il valore non già di un casuale aggregato cellulare, bensì di un'entità anatomica che costituisce lo specifico substrato di una precisa unità funzionale, interpretazione che avrebbe poi ricevuto conferma dalle successive ricerche di microscopia elettronica (Le malattie eritremiche, Napoli 1941).

Al D. dovevano comunque assicurare fama mondiale la scoperta dell'eritremia acuta, universalmente nota come "malattia di Di Guglielmo", e l'inquadramento nosografico delle malattie eritremiche ed eritroleucemiche. Alla dimostrazione dell'esistenza di processi anaplastico-iperplastici della serie rossa, analoghi ai processi anaplastico-iperplastici della serie bianca, le leucemie, il D. giunse in base all'intuizione che i più gravi disturbi anaplasticoiperplastici della serie rossa debbono portare non a un aumento dei globuli rossi circolanti, ma a una loro diminuzione, e che il corrispondente "rosso" delle leucemie doveva quindi venire ricercato non tra le policitemie ma tra le anemie. Laprima impostazione di questo concetto fu illustrata dal D. in un lavoro su un caso di eritroleucemia descritto nel 1917, mentre si trovava al fronte sul monte Piana (Ricerche di ematologia. Nota I. Un caso di eritroleucemia. Nota II. Megacariociti in circolo e loro funzione piastrinopoietica, in Folia medica, XIII [1917], pp. 386-396). Successivamente, dopo un primo accenno all'eritremia acuta fatto in una breve nota del 1923 al congresso di medicina interna di Roma a proposito di un caso che non poté essere completamente studiato, il D. presentò il "caso principe" di eritremia acuta nella seduta del 4 giugno 1926 della Società medicochirurgica di Pavia in una comunicazione intitolata Eritremie acute (in Boll. d. Soc. med. chir. di Pavia, XL [1926], pp. 665-673).

Nello stesso anno e in quello successivo vennero le conferme, da parte rispettivamente di A. Esposito e di A. Omodei Zorini che parlò di "eritremia acuta megaloblastica"; seguirono poi le osservazioni di A. Fontana e, soprattutto, quella di P. Canale fornita di controllo autoptico. Della lunga serie di conferme italiane occorre ricordare quella di G. Lazzaro, che descrisse un caso con un quadro eritroblastico periferico e un reperto autoptico così significativi da corrispondere a tutti i requisiti di un "pendant rosso" della leucemia e da togliere ogni dubbio sulla corretta interpretazione dei casi precedenti (Mielosi eritremica acuta, in Haematologica, XIV [1933], pp. 483-494). Lo stesso D. nel 1936, a Torino, in una relazione al congresso della Società italiana di ematologia, impostò il capitolo delle mielosi eritremiche con perfetto parallelismo nosografico con le mielosi leucemiche (Le eritremie (mielosi eritremiche), in Haematologica, XVII [1936], sez. Soc. ital. di ematologia, pp. 3-17); fu in questo congresso che F. Micheli propose di designare l'eritremia acuta "malattia di Di Guglielmo", proposta che fu subito universalmente accettata. Nella monografia di A. Baserga (La mielosi eritremica acuta (malattia di Di Guglielmo), Pavia 1938) furono raccolti ventinove casi di mielosi eritremica acuta descritti nei primi dodici anni dopo la prima osservazione del D., e fu possibile individuare tre sottogruppi di tale malattia: le forme "acutissime" dei neonati (identificabili con il morbo di Rautman, e successivamente sottoposte a revisione in base alle nuove acquisizioni sull'eritroblastosi fetale), le forme "acute" o malattia di Di Guglielmo propriamente detta, le forme croniche. Di queste ultime fu poi data la conferma definitiva, dopo altre osservazioni, dal D. (Mielosi eritremica cronica, in Haematologica, XXIV [1942], pp. 158, con N. Quattrin). Numerose altre conferme cominciarono a pervenire dai casi osservati e pubblicati all'estero: in Europa, in Argentina, in Giappone, in Messico. Più tardi, W. Dameshek inquadrò la malattia di Di Guglielmo tra le sindromi mieloproliferative, riconoscendo così l'importanza dei processi patologici proliferativi della serie rossa nel senso voluto dallo stesso D. (Some speculations on the myeloproliferative syndromes, in Blood, VI [1951], pp. 372-375). La trattazione completa di questo gruppo di malattie, con la storia della loro scoperta e l'intera bibliografia, si trova nell'opera postuma del D., Le malattie eritremiche ed eritroleucemiche, Roma 1962.

I principali risultati acquisiti dalle ricerche pubblicate dal 1917 al 1961 possono essere così riassunti: scoperta di tutte le forme di malattie eritremiche ed eritroleucemiche, comprendenti la malattia eritroleucemica, considerata una forma morbosa primitiva dell'apparato eritroblastico e dell'apparato leucoblastico, la malattia eritremica acuta o malattia "di Di Guglielmo", la malattia eritremica cronica, l'eritromegacariocitemia acuta descritta nel 1956 con la quale si completano tutte le varietà anatomocliniche delle malattie eritremiche ed eritroleucemiche; inquadramento nosografico di tutte le malattie mieloproliferative, distinte in forme pure (eritremie, leucemie, megacariocitemie), forme miste (eritroleucemie, eritromegacariocitemie, eritroleucomegacariocitemie), forme di passaggio o polifasiche (da forme eritremiche in forme eritroleucemiche o leucemiche e viceversa: sindrome di Di Guglielino, secondo la terminologia di Dameshek). Attualmente, nei moderni trattati di patologia medica e di ematologia è incluso il nuovo capitolo, prima sconosciuto, delle "malattie eritremiche ed eritroleucemiche di Di Guglielmo". Per le sue ricerche su questo gruppo di malattie al D. furono assegnati il premio Riberi e il premio nazionale Feltrinelli dell'Accademia nazionale dei Lincei, e per tre volte consecutive il suo nome fu proposto per l'assegnazione del premio Nobel dai componenti di tre diverse facoltà mediche italiane.

Complessivamente il D. fu autore di 236 pubblicazioni scientifiche, tra cui monografie e trattati: si ricordano in particolare la monografia Le sindromi neuroipofisarie, Milano 1928, e il Manuale pratico di medicina interna, redatto dallo stesso D. e da L. Ferrannini, C. Frugoni, A. Gasbarrini, F. Galdi, C. Lotti, E. Morelli, G. A. Pari, T. Pontano, 3 voll., Napoli 1933, 1935, 1937.

Direttore delle riviste Haematologica e Progresso medico, da lui stesso fondate, e Scientia medica Italica, membro dei comitati direttivi di numerose riviste scientifiche italiane e straniere, insignito di decorazioni onorifiche di particolare prestigio, appartenne a numerose società scientifiche nazionali ed estere e gli furono conferiti i titoli di dottore honoris causa presso le università di Friburgo in Brisgovia e del Cile. Pochi giorni dopo la sua scomparsa giunse la comunicazione ufficiale della nomina a "honorary fellow" della Royal Society of medicine, riconoscimento che viene concesso a un ristretto numero di studiosi (non oltre 100) particolarmente distintisi nel campo della medicina e delle scienze affini. Postuma giunse anche la medaglia al merito della Sanità pubblica, conferitagli alla memoria. Nel 1959 è stata istituita presso l'Accademia nazionale dei Lincei, per munifica donazione del premio per la medicina, la Fondazione Giovanni Di Guglielmo, allo scopo di conferire premi per studi riguardanti le malattie eritremiche ed eritroleucemiche. Dalla scuola del D. uscirono valenti allievi.

Caduto gravemente malato, quando fu conscio dell'irremediabilità del suo stato, di cui discuteva con la stessa tranquillità con cui avrebbe trattato di un suo paziente, chiamò a sé i figli, anche essi medici, e dettò loro l'ultimo libro, Le malattie eritremiche ed eritroleucemiche, che egli definì il suo testamento scientifico, preoccupato solo di portarlo a compimento prima che la morte lo raggiungesse.

Il D. morì a Roma il 19 febbr. 1961.

Bibl.: A. Baserga, La mielosi eritremica acuta (malattia di Di Guglielmo), Pavia 1938; W. Darneshek-M. Baldini, The Di Guglielmo, syndrome, in Blood, XIII (1958), pp. 192-194; A. Baserga, Ricordo di G.D., in La Sicilia, XVII (1961), p. 77; L. Condorelli, In morte di G. D., in Progresso medico, XVII (1961), pp. 111 s.; P. Introzzi, G. D., in Haematologica, XLVI (1961), 2, pp. I-XII; S. Signorelli, G. D., in Policlinico, sez. prat., LXVIII (1961) pp. 622 ss.; D. Gigante, G. D., in Atti d. Acc. Lancisiana di Roma, 1961/62, 1, pp. 47-52; A. Barduagni, Storia delle malattie eritremiche ed eritroleucemiche. Malattia e sindrome di Di Guglielmo, in Pagine di storia d. med., IX (1965), 2, pp. 5159; A. De Marsico, G. D., in Federazione medica, XXIII (1970), 3, pp. 48-56; M. Crespi, G. D., in Scienziati e tecnologi contemporanei, I, Milano 1974, pp. 309 s.

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