GIOVANNI da Vercelli

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIOVANNI da Vercelli

Luigi Canetti

Nacque nei primi anni del sec. XIII, forse nel villaggio di Mosso Santa Maria, nella diocesi di Vercelli, o in questa stessa città. Priva di attestazioni di sorta è la tradizione che lo voleva membro della casata dei Garbella, che solo molto più tardi l'avrebbe annoverato fra i propri illustri antenati, mentre è più probabile che appartenesse a una famiglia di ricchi allevatori di bestiame radicata nelle campagne del Biellese. È in ogni caso impossibile precisare i particolari della sua biografia anteriormente al 1228, quando, dopo un soggiorno di studio a Parigi (dove si addottorò in diritto canonico e forse vi professò per qualche tempo la disciplina), fece ritorno a Vercelli per svolgervi l'attività docente, nei mesi in cui Giordano di Sassonia, allora maestro generale dei frati predicatori, si adoperava per fondarvi uno Studium. È in tali circostanze che G. dovette fare il suo ingresso nell'Ordine domenicano, se egli, com'è stato suggerito, va annoverato tra quei "probos et litteratos optime viros" ovvero tra quei "magistri" e "baccalarii probissimi" ai quali si riferiva lo stesso Giordano in due lettere databili all'estate del 1229; e ancora, se deve identificarsi con quel maestro di diritto di cui narrano le Vitae fratrum, il quale, edificato dall'esempio dei suoi stessi allievi, abbandonati inopinatamente la casa e i libri, chiese di entrare, "quasi amens factus", nella locale comunità dei predicatori. Non ci è noto però dove G. abbia svolto di fatto il suo noviziato né dove abbia compiuto gli studi teologici, benché la successiva tradizione encomiastica, per ovvie ragioni, si sia sempre compiaciuta di collocare questi ultimi presso lo Studium bolognese; né ci è dato precisare se egli sia stato effettivamente presente alla fondazione (1234) del primo convento di Vercelli, presso la chiesa di S. Paolo, dove comunque dovette dimorare per qualche anno, non sappiamo con quali mansioni. Vent'anni più tardi i frati si sarebbero installati nella nuova sede intrameniale, ma nel 1255, quando venne ceduto il vecchio convento a Emilia Bicchieri, futura beata, il nome di G. non figurava fra i testimoni e i firmatari dell'atto di vendita.

Lo ritroviamo infatti, con il frate Vincenzo da Milano, destinatario di una lettera di Innocenzo IV, datata 11 giugno 1251, con la quale il papa - che aveva già incaricato il provinciale domenicano di Lombardia, Filippo Carisio, di mettergli a disposizione dei religiosi intrepidi e fidati per svolgere l'ufficio di difesa della fede - ordinava a G. di percorrere le contrade settentrionali e di recarsi a Venezia in qualità di commissario apostolico e inquisitore.

Al capitolo generale di Buda (16 maggio 1254) Umberto di Romans, neoeletto maestro generale dell'Ordine, inviò G. come suo vicario e visitatore presso i conventi della nuova provincia d'Ungheria. In seguito, tra la fine del 1255 e i primi mesi del 1256, G. fu nominato priore del prestigioso convento di Bologna, ufficio che doveva reggere fino al 1257, quando, al capitolo provinciale di Novara, venne eletto priore della provincia di Lombardia, che a quel tempo comprendeva tutta l'Italia settentrionale e cui facevano capo ormai una trentina di conventi e circa seicento frati. Nei sette anni in cui mantenne quell'incarico favorì, tra l'altro, l'attività intellettuale dell'Ordine, come attesta per esempio l'istituzione (1262) presso il convento milanese di S. Eustorgio di regolari corsi di logica, dopo che al capitolo generale di Valenciennes (giugno 1259) i grandi dottori dell'Ordine (tra i quali Alberto Magno e Tommaso d'Aquino) avevano ridisegnato la ratio studiorum dei frati. Si adoperò altresì, pur tra gravi imbarazzi e non lievi difficoltà, a organizzare l'attività inquisitoriale, assolvendo con qualche esitazione al dovere d'ufficio di nomina dei giudici della fede, il controllo dell'operato dei quali gli venne però sottratto da Alessandro IV, che formalmente lo avocò al Papato (dicembre 1260). In quegli anni G. promosse anche la fondazione dei conventi di Torino, Chieri e Tortona; inoltre, negli ultimi mesi del mandato (febbraio 1264), Urbano IV gli affidò la titolarità dell'inchiesta a carico del vescovo piacentino Filippo Fulgosio, sospetto di ghibellinismo. Quello stesso papa, dal maggio 1262, lo aveva istituito commissario per la predicazione di una nuova crociata a fianco dei provinciali di Spagna, Francia e Dacia: tale compito G. preferì delegare in gran parte, anche per ragioni di convenienza strategica, al priore del convento di Venezia, dove i sussidi raccolti dai predicatori di Lombardia potevano meglio essere convogliati e utilizzati a quello scopo. Rimane tuttavia un mero dato di tradizione, non suffragato da valide prove documentarie, che in quelle circostanze G. sia entrato in rapporti con il re di Francia Luigi IX, che l'avrebbe ricompensato per i servigi resi alla causa crociata offrendogli in dono preziosi libri e reliquie della Passione.

Il 7 giugno 1264 il capitolo generale di Parigi, riunitosi presso il convento di St-Jacques, venne chiamato al difficile compito di dare un successore al grande Umberto di Romans, dimessosi l'anno precedente dall'ufficio di maestro generale. Per le sue doti di fermezza, equilibrio, saggezza e capacità di governo venne chiamato a succedergli G., che avrebbe poi retto in modo egregio l'Ordine per i successivi vent'anni percorrendo indefessamente, e quasi sempre a piedi, fiancheggiato dal socius itineris Bartolomeo da Faenza, tutte le strade d'Europa (salvo le province più eccentriche di Spagna, Dacia, Polonia e Grecia) per visitare i conventi e presiedere gli annuali capitoli generali, oltre che per svariate missioni diplomatiche.

Tutti i suoi sforzi di governo si orientarono in primo luogo a una fedele conservazione e, tutt'al più, al perfezionamento del grande deposito normativo e spirituale ricevuto dalle prime generazioni domenicane, esigendo, con minuziosa vigilanza, pressanti ammonizioni e severità disciplinare, il rispetto della primitiva e rigorosa osservanza della regola, e adoperandosi per il mantenimento di rapporti pacifici e cordiali con il clero secolare e con i francescani, pur fermo nella difesa delle prerogative pastorali garantite ai suoi frati dalla Sede apostolica (esemplare, da questo punto di vista, il rapporto privilegiato di G. con i pontefici Clemente IV, Gregorio X, Niccolò III e Martino IV). Se gli riuscì in buona parte il progetto amministrativo di articolazione delle province in vicariati, dovevano invece registrare un sostanziale fallimento, causa le tenaci resistenze locali, i ripetuti tentativi di istituire nuove province suddividendo le antiche. Oltre alle encicliche parenetiche da lui inviate annualmente, secondo l'uso tradizionale, al capitolo generale dell'Ordine, e a qualche breve sermone ancora inedito, sono state scoperte di recente alcune sue lettere di approvazione, conferma e istituzione di confraternite devozionali poste sotto l'egida dei frati predicatori (Friburgo, Rieti, Lucca, Orvieto).

Negli anni 1265-66 G. visitò i conventi di Francia e di Germania, presiedendo i capitoli generali di Montpellier e di Treviri; si registrano, per questo periodo, almeno una dozzina fra lettere di conferma e privilegi indirizzati da Clemente IV al maestro generale e all'Ordine nel suo complesso. Il 5 giugno 1267, durante il capitolo generale di Bologna, dopo più di due anni di preparativi, G. presiedette la solenne traslazione delle spoglie di s. Domenico nella nuova arca marmorea commissionata a Nicola Pisano, dove tuttora si conservano: tale circostanza valse alla basilica conventuale la concessione di una formale indulgenza da parte di Clemente IV. Di lì a poco, dopo aver sollecitato G. a promuovere nuove missioni dei frati presso i popoli pagani dell'Estremo Oriente (8 febbr. 1267) e altresì a impegnarsi per l'agognata unione con la Chiesa greca (9 giugno 1267), persistendo nel predicare e pubblicare le indulgenze per la crociata, lo stesso papa approvava ufficialmente (7 luglio 1267) la riforma liturgica domenicana promossa da Umberto di Romans. A Viterbo, presso la Curia, dove si era tenuto il capitolo generale di Pentecoste, il 29 nov. 1268 G. assisteva alla morte di Clemente IV e poteva seguire da presso i primi sviluppi dell'annoso conclave che il 1° sett. 1271 portò all'elezione di Gregorio X. Negli anni 1269-70 presiedette i capitoli generali di Bologna e di Montpellier e poté così visitare numerosi conventi di Francia e dell'Italia settentrionale.

Nella primavera del 1271 G. sottopose ai tre più celebri maestri domenicani, Alberto Magno, Robert Kilwardby e Tommaso d'Aquino (della cui dottrina sarebbe stato uno strenuo promotore difendendola in più occasioni contro i detrattori esterni e anche interni all'Ordine), una serie di quaestiones di carattere scientifico-filosofico ed esigendone un'esaustiva risposta scritta. Tali questioni erano a suo tempo sorte in seguito alla comparsa di una grande cometa (1264) e vertevano in primo luogo su un tema allora assai dibattuto, il rapporto problematico tra influssi astrali e libero arbitrio.

Ai primi del 1272 il nuovo pontefice Gregorio X nominò G. legato per la pacificazione, anche in vista di un nuovo concilio, delle città di Lombardia e di Toscana; mentre il suo operato si rivelò inefficace nei confronti dei Fiorentini, ottenne invece risultati positivi, benché di breve durata, nelle trattative tra Venezia e Genova e tra Venezia e Bologna.

Dopo un lungo viaggio che lo portò per la seconda volta a visitare la provincia di Ungheria (dove nella primavera del 1273 presiedette al capitolo generale di Buda), partecipò attivamente, a fianco dei membri più illustri del suo Ordine, al secondo concilio ecumenico di Lione, nei preparativi del quale Gregorio X lo aveva coinvolto personalmente affidandogli lo svolgimento di un'inchiesta ufficiale sullo stato dei costumi del popolo cristiano. Sempre da Lione, dove in prossimità dell'apertura del concilio (7 maggio 1274) fu altresì celebrato il nuovo capitolo generale e si dovette far fronte ai rinnovati attacchi del clero secolare, il 2 nov. 1274 G. indirizzò, congiuntamente al generale francescano Girolamo Masci (il futuro papa Niccolò IV), una solenne enciclica ai religiosi dei due grandi ordini mendicanti sollecitandoli a una collaborazione fraterna e a rifuggire da rivalità e interferenze nocive.

Nei primi mesi del 1276 G. fu impegnato nella visita ai conventi di Toscana: in quelle circostanze - ma il dato rimane di mera tradizione - avrebbe fatto richiesta di esonero dal suo ufficio di maestro generale al nuovo papa Innocenzo V (il domenicano Pietro di Tarantasia, eletto il 21 gennaio), che gliel'avrebbe rifiutata: gli atti del capitolo generale tenutosi in quell'anno a Pisa non recano alcuna menzione di ciò, pur riportando un affettuoso indirizzo del pontefice (che morì poco dopo, il 22 giugno) al maestro e ai padri capitolari. Dopo la brevissima parentesi di Adriano V (11 luglio - 18 ag. 1276) G., che durante l'estate si trovava ancora a Viterbo, fu coinvolto personalmente nelle difficili trattative sulla riforma della procedura dell'elezione dei papi, data la pertinace resistenza del Collegio cardinalizio ad accettare le nuove restrizioni imposte al conclave da Gregorio X e poi cassate da Giovanni XXI. Il nuovo pontefice, pur essendo di sentimenti pregiudizialmente avversi agli ordini mendicanti, volle nondimeno affidare ai due superiori generali dei predicatori e dei minori, G. e Girolamo Masci, la delicata missione diplomatica di condurre le trattative di pace tra Filippo III di Francia e Alfonso X re di Castiglia e León (ottobre 1276). L'incarico, rinnovato dal successore Niccolò III il 2 dic. 1277, non diede i frutti sperati a causa delle difficoltà frapposte da Alfonso X, ma tenne impegnato G. in territorio francese per tutto il successivo anno (durante il quale poté celebrare a Bordeaux il nuovo capitolo generale e visitare numerosi conventi del Midi) e per i primi mesi del 1278 (a Pentecoste non poté presiedere al capitolo generale di Milano), protraendosi ancora sino al giugno del 1279.

Il 15 maggio 1278 G. si trovava a Parigi quando il papa lo nominò successore del confratello Tommaso Agni al seggio patriarcale di Gerusalemme: nonostante il fermo rifiuto per umiltà e vecchiaia che ci è noto da una successiva lettera del pontefice (1° ott. 1278), i testi papali dei mesi seguenti designano ancora G. come patriarca eletto. Cedendo infine alle resistenze, il 13 febbr. 1279, grazie all'intercessione del cardinale domenicano Latino Malabranca, nipote del papa, Niccolò III lo esonerò dall'incarico, obbligandolo però a rimanere alla testa dell'Ordine, responsabilità da cui G. aveva ritenuto troppo ottimisticamente d'essere stato prosciolto male interpretando un precedente accenno contenuto in una lettera papale.

Negli ultimi anni (1279-82) G. fu impegnato in estenuanti viaggi di ispezione nei conventi d'Inghilterra, d'Irlanda, delle Fiandre, di Germania e d'Ungheria. Già al capitolo generale di Vienne, nella primavera del 1282, ormai ottantenne, si trovava in cattivo stato di salute. Nel 1283 si recò a Montpellier per la nuova assise capitolare (6 giugno). Viaggiò ancora in Provenza nel mese di agosto (visita al convento di Prouille), ma, già intenzionato a rimettersi in marcia verso Bologna, dove aveva fissato la celebrazione del successivo capitolo, morì a Montpellier il 30 nov. 1283 e venne sepolto in forma solenne nella chiesa del locale convento. Le sue spoglie, venerate per lungo tempo, sono andate disperse nel corso delle tormentate vicende delle guerre di religione (1562). Il suo culto fu approvato da Pio X il 7 sett. 1903.

Opere: di G. sono conservati alcuni sermones manoscritti: Parigi, Bibl. nationale, ms. Lat. 14953, cc. 116-119: Sermo magistri Ord. Iacobitarum dom. ante Ascensionem; Erlangen, Universitätsbibliothek, ms. 327, cc. 112-115: Sermo in festo Pentecostes magistri Ord. fr. praed. (cfr. anche Kaeppeli, Scriptores, III, pp. 42 s.), nonché alcune lettere edite in Ungedruckte Dominikanerbriefe des 13. Jahrhunderts, a cura di H. Finke, Paderborn 1891, pp. 55-60; Litterae encyclicae [ad Ordinem missae], a cura di B.M. Reichert, in Monumenta Ord. fratrum praedicatorum historica, V, Romae 1900, pp. 63-129; Epistola "De morte cuiusdam probi lectoris" (a. 1274), a cura di Th. Kaeppeli, in Archivum fratrum praedicatorum, XXI (1951), pp. 257 s.; Epistola responsiva patriarche Ierosolimitano, ibid., pp. 258 s.; Epistola qua sodalitas S. Spiritus Friburgi sub aegidem Ordinis praedicatorum suscipitur (a. 1264), a cura di N. Morard, in Une charité bien ordonnée: la Confrérie du St-Esprit à Fribourg à la fin du Moyen Âge (XIVe-XVe siècles), in Le mouvement confraternel au Moyen Âge. France, Italie, Suisse. Actes de la Table ronde, Lausanne1985, Rome 1987, pp. 277 s. n. 10.

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