GIOVANNI d'Andrea, detto il Sordo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)

GIOVANNI d'Andrea, detto il Sordo

Sonia Bozzi

Nacque intorno al primo decennio del Cinquecento dal pittore Andrea di Giovanni (di Griffone o Griffoni), documentato a Pisa fin dal 1494.

Il padre fu noto soprattutto per aver dipinto nel 1498 "la Nostra Donna alla porta delle Piagge" e sopra "alla porta di Lucca"; i documenti lo registrano impegnato anche in piccoli lavori di decorazione quali la pittura di bandiere e l'esecuzione di armi sulle colonne del ponte vecchio. Morì nel 1526 (Tanfani Centofanti, 1897, p. 24; Fanucci Lovitch, I, p. 14).

Nel 1528 G. era cittadino pisano e ricevette promessa di dote da Antonio dei Gualandi per la futura moglie Marsilia; quattro anni dopo era console dell'arte dei legnaioli. Nel 1539 è menzionato come mastro di bottega. Nel 1552 sposò in seconde nozze Caterina di Filippo di Antonio Corducci da Pescia.

Probabilmente G. si formò presso la bottega del padre, dove peraltro risulta essere stato attivo anche il nonno. A Pisa le carte d'archivio registrano in suo favore numerose commesse di modesto impegno: nel 1525 decorò delle candele per S. Maria della Spina; nel 1535 e nel 1544 eseguì le insegne del Comune sui cestini del pesce; sempre per S. Maria della Spina dipinse nel 1551 "sei armi in tondi"; nel 1553 restaurò una pala, non identificata, nel duomo di Pisa "che per l'umidità s'era molto guasta". L'ultimo pagamento in cui G. viene ricordato è relativo alla pittura di "dodici torchi di legno dipinto" ed è datato 1556 (Tanfani Centofanti, 1871, p. 122; Fanucci Lovitch, I).

Alla sua morte, avvenuta tra il 31 marzo e l'11 giugno 1558, ben ventiquattro dipinti di soggetto sacro e profano vennero elencati tra gli oggetti venduti dagli eredi.

Ciò induce a credere che egli fosse a capo di una bottega piuttosto fiorente, ereditata probabilmente dal padre, e che tra i dipinti elencati ve ne fosse certamente qualcuno di sua mano (Fanucci Lovitch, I; Ciardi - Contini - Papi, p. 102 n. 14).

I supporti testuali e documentari di ambito pisano consegnano il ritratto, apparentemente coerente, di un artista modesto, legato a un'attività artigianale ed escluso da rilevanti committenze di natura pubblica o privata. Ma ciò che ha impedito a lungo una soddisfacente identificazione di questa modesta personalità del panorama pittorico cinquecentesco è stato, oltre alla scarsezza dei documenti, un caso di omonimia.

Già nel 1871 Tanfani Centofanti mise a fuoco la sovrapposizione di due personalità artistiche con lo stesso nome, ma di età diverse. Lo storico pisano spiegò come i due pittori si fossero trovati a operare nel medesimo contesto, ma in momenti differenti: il primo andava identificato in G., a cui fanno riferimento le fonti d'archivio menzionate e di cui non si conosce alcun dipinto; il secondo, citato nei documenti con il solo soprannome "il Sordo", era noto alle fonti come Giovanni il Sordo, detto anche Mone da Pisa. Quest'ultimo è probabilmente da identificarsi con l'artista menzionato in una carta del 15 genn. 1606, autore di un dipinto lasciato "imperfetto" nella chiesa di S. Maria della Spina e nel "Sordo pittore famoso" che dipinse una tavola con il ritratto del priore Francesco Lanfreducci, collocata nel 1606 in S. Martino di Noce a Pisa (Fanucci Lovitch, II). Da Morrona (1812), sulla base delle notizie manoscritte tramandate da Tronci, gli attribuì l'Annunciazione di S. Martino in Chinzica a Pisa che, in toni encomiastici, definisce "corredata di un adeguato disegno e di un tinteggiar vago sul gusto della scuola senese". Si tratta di un'opera stilisticamente collocabile nell'orbita di Iacopo da Empoli e dunque in quella tarda maniera che caratterizzò la pittura pisana dopo la metà del Cinquecento. A questo secondo artista la stessa fonte, attribuisce la copia del quadro di Lattanzio Gambara con Il trasporto del corpo di Cristo, un tempo conservata nel monastero di S. Francesco a Pisa.

Ma il nome di un pittore detto il Sordo ricorre frequentemente anche nelle fonti milanesi. Nel 1666 Terzago menziona una Lucrezia romana del Sordo nella collezione del canonico Manfredo Settalo; mentre il Biffi (1704-05) ricorda "alcune pitture del Sordo in contrada larga" a Milano. Torre (1714) e Latuada (1737) citano nelle loro memorie cittadine un "gran quadro con la Madonna" del Sordo collocato nell'oratorio (oggi distrutto) di S. Ambrosino agli Scolari. Bona Castellotti (1991, p. 230) ricorda nella collezione Visconti ben sette dipinti del Sordo. Inoltre, un Cristo coronato di Spine e una Madonnaaddolorata, da lui eseguiti, erano nella collezione di Federico Borromeo donata nel 1618 all'Ambrosiana di Milano. Negli inventari dell'Ambrosiana sono citati anche altri due dipinti di sua mano, una Pietà e una Madonna col Bambino, s. Giovannino e l'angelo (La Pinacoteca Ambrosiana, 1997, p. 115); infine, dalla collezione Monti proviene il Cristo alla colonna, che già nell'inventario del 1638 venne registrato con l'attribuzione al Sordo e che oggi si trova nella quadreria dell'arcivescovado di Milano (Latuada, 1737, II, p. 92; Bartoli, 1776; La quadreria dell'arcivescovado).

Il Cristo coronato di spine e la Madonna addolorata dell'Ambrosiana, insieme con il Cristo alla colonna dell'arcivescovado, sono rimaste le sole testimonianze pittoriche del Sordo citato dalle fonti milanesi. Sulla base di forti analogie stilistiche, è stato proposto di avvicinarle a un nucleo di dipinti già attribuito al cinquecentesco Maestro della Pietà di Stoccolma. Queste opere sono accostabili ai modi del Sodoma, ma risentono al tempo stesso della lezione leonardesca che informa nel Cinquecento gran parte della pittura lombarda. Tali caratteri stilistici costituiscono il supporto a una recente ipotesi critica che identifica il Sordo attivo a Milano con G., escludendo, anche in conseguenza di alcune incongruità cronologiche, l'attribuzione dei dipinti milanesi sia al ligure Antonio Travi detto il Sordo, attivo nel Seicento, sia al baroccesco Antonio Viviani detto il Sordo, da Urbino; per le stesse ragioni viene escluso Giovanni il Sordo, detto Mone da Pisa (Bona Castellotti, 1991; Frangi, 1994). Ma l'identificazione di G. con il Sordo milanese, a evidenza pittore di alta levatura largamente affermato in ambito pubblico e privato, è poco sostenibile. Infatti, un soggiorno milanese di G. non è documentato e sembra difficile attribuire a un artista di modesta levatura, esecutore di insegne e piccoli decori, opere come il Cristo alla colonna dell'arcivescovado, frutto di un pennello esperto e di una ricca cultura figurativa. Infine, il fatto che i due personaggi condividano lo stesso soprannome non sembra un particolare rilevante, data la diffusione di tale nomignolo: nella sola Pisa, nell'arco di pochi anni, si registra la presenza di circa quattro maestri "sordi" (Tanfani Centofanti, 1897, ad indicem; Fanucci Lovitch, ad indicem); anche a Perugia sono documentate due opere con l'attribuzione a un "Sordo" non meglio identificato: la prima in palazzo Oddi, raffigurante una Testa di vecchio (Siepi, 1822); la seconda nella chiesa di S. Agostino con La Vergine, s. Lucia e s. Antonio Abate (Documenti sulle requisizioni…).

Fonti e Bibl.: Pisa, Archivio capitolare, ms. C102: P. Tronci, Descrizione delle chiese, monasteri et oratori della città di Pisa (1643 circa), c. 120; Milano, Arcivescovado, Inventario Appiani (sec. XIX), n. 70; P.M. Terzago, Museo, o Galleria adunata dal sapere e dallo studio del sig. canonico Manfredo Settalo, Tortona 1666, p. 250; G. Biffi, Pitture, scolture et ordini dell'architettura, 1704-1705, a cura di M. Bona Castellotti - S. Colombo, Firenze 1990, p. 67, nn. 136, 176, 182; C. Torre, Ritratto di Milano, Milano 1714, p. 130; S. Latuada, Descrizione di Milano, Milano 1737, I, p. 158; II, p. 92; F. Bartoli, Notizie delle pitture, sculture ed architetture…, I, Venezia 1776, p. 171; A. Da Morrona, Pisa illustrata (1787-93), III, Livorno 1812, p. 264; S. Siepi, Descrizione topologico-storica della città di Perugia, II, Perugia 1822, p. 837; L. Tanfani Centofanti, Della chiesa diS. Maria del Pontenovo…, Pisa 1871, pp. 121, 123, 219 s.; Documenti sulle requisizioni dei quadri fatte a Perugia dalla Francia ai tempi della Repubblica e dell'Impero, in Giornale di erudizione artistica, VI (1877), p. 101; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte da documenti pisani, Pisa 1897, pp. 25, 427; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1809), a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 183; A. Bellini-Pietri, Guida di Pisa, Pisa 1913, p. 268; G. Nicodemi, La pinacoteca dell'arcivescovado di Milano, in Rassegna d'arte, 1914, n. 12, p. 288; A. Falchetti, La Pinacoteca Ambrosiana, Vicenza 1969, p. 293; M. Fanucci Lovitch, Artisti attivi a Pisa fra il XIII e il XVIII secolo, Pisa 1991, I, pp. 14, 135-137; II, p. 104; F. Paliaga - S. Renzoni, Le chiese di Pisa, Pisa 1991, p. 135; M. Bona Castellotti, Leonardeschi fra le righe, in I leonardeschi a Milano: fortuna e collezionismo, a cura di M.T. Fiorio - P.C. Marani, Milano 1991, pp. 230-234; R.P. Ciardi - R. Contini - G. Papi, Pittura a Pisa tra manierismo e barocco, Milano 1992, pp. 65 n. 78, 102 n. 14; F. Frangi, in Le stanze del cardinal Monti, 1635-1650, a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1994, pp. 142 s.; La Pinacoteca Ambrosiana, a cura di M. Rossi - A. Rovetta, Milano 1997, p. 115; La quadreria dell'arcivescovado, a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1999, pp. 88 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXI, p. 290.

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