BERTARI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)

BERTARI (Berettari, Bertari-Poliziano), Giovanni

Antonio Rotondò

Si ignora l'anno della sua nascita; ma nel 1541, nel processo intentato contro di lui dall'inquisitore di Modena, un testimone lo dice "di trenta anni". Avviato alla carriera ecclesiastica, il B. cominciò a distinguersi molto presto per il suo ingegno di facile verseggiatore, tanto da meritare un elogio di Lilio Gregorio Giraldi, nel quale si dà notizia anche di lodi e incoraggiamenti del Bembo e del Bibbiena. Intorno al 1530 (ma certamente prima del 1532) fu prescelto da F. M. Molza come precettore dei figli Niccolò e Camillo. Quando la maggior parte dei letterati modenesi cominciò (1530?) a riunirsi nella famosa Accademia di Giovanni Grillenzoni, il B. vi primeggiò insieme con Ludovico Castelvetro, Francesco da Porto e Filippo Valentini. Un biografo del Seicento, Ludovico Vedriani, gli attribuisce genericamente "moltissime composizioni stampate a Parigi e in altre città"; ma quel che resta della sua produzione letteraria è ben poco: una lettera al Molza del 17 giugno 1539 e tre sonetti conservati in un codice visto dal Tiraboschi, tuttora in possesso di privati e inaccessibile.

Il B. partecipò al movimento riformatore modenese della prima metà del secolo, ed il rilievo dell'attività che vi ebbe tra il 1540 e il 1550 risulta da varie e buone testimonianze.

La sua conoscenza dell'eretico siciliano Lisia Fileno (Camillo Renato), durante il soggiorno di questo a Modena nel 1540 (marzo-settembre), è attestata dalla Cronaca modenese di Tommasino de' Bianchi, oltre che dalla posizione che il B. aveva nell'Accademia del Grillenzoni, dove l'eretico siciliano svolse la sua propaganda, e dagli stretti rapporti con la famiglia Carandini che offrì rifugio al Fileno dopo la fuga da Bologna. Dagli undici interrogatori (23 marzo-7 maggio) del processo che nel 1541 gli intentò il vicario dell'Inquisizione, fra' Domenico da Bergamo, risulta che il B. leggeva e commentava le epistole di s. Paolo in casa del Molza a un folto gruppo di persone, nel quale si incontrano medici, artigiani, ecclesiastici, notai e maestri di scuola. Le testimonianze rese all'inquisitore gli attribuiscono più concordemente la critica insistente dell'orazione vocale e la negazione dell'intercessione dei santi; poche altre anche l'opinione "che Cristo non già è uguale al Padre secondo la divinità ma anchora secondo l'humanità". Dal processo risulta anche che il gruppo che si raccoglieva intorno a lui usava talvolta riunirsi in casa del conte Claudio Rangoni, dove la vedova di questo, la nobildonna Lucrezia Pico, ospitava e ascoltava, con sospetto di Girolamo Muzio, don Girolamo Teggia di Sassuolo, la figura insieme col B. più incisiva e preminente del movimento riformatore modenese di quegli anni.

Citato a comparire davanti all'inquisitore sotto pena della scomunica e della multa di 50 ducati, il B. tentò prima di provare la sua "innocenza" davanti al vescovo, ma il 24 marzo lasciò Modena per Roma. Il 2 aprile fu pubblicata a Modena la condanna in contumacia. A Roma, avvalendosi della protezione del Molza e dei favori che questi godeva presso il cardinale Alessandro Farnese, il B. ottenne che Paolo III demandasse la causa al generale dell'Ordine dei servi. Sospesa la scomunica, poté tornare a Modena in ottobre. Per ingiunzione di Roma, abiurò ai primi di dicembre.

L'efficacia della predicazione del B. è attestata dal fatto che al suo insegnamento fanno costante riferimento altri inquisiti in processi di molti anni dopo (ad esempio un don Vincenzo Prato nel 1545; il noto libraio Antonio Gadaldino nel 1555). Più importanti sono le notizie superstiti dell'inchiesta che il cardinale Morone svolse a Modena nel maggio-luglio del 1542, al suo ritorno dalla Germania. Il Morone convocò Girolamo Teggia e il B.: a entrambi sottopose una serie di "articoli" stesi dal Contarini. Risulta che il B. ne discusse il contenuto e contribuì all'esattezza della forma. Gli "articoli" costituirono poi il famoso "formulario di fede" sottoscritto dagli "accademici" e dagli esponenti della comunità nell'agosto del 1542.

Dopo questa data non si hanno notizie del B., oltre a quella della sua morte avvenuta il 12 sett. 1558.

La sua biblioteca, costituita in prevalenza di libri d'umanità, di opere d'Erasmo e di altra letteratura religiosa (Savonarola, Hutten, Melantone), passò al fratello Agostino, maestro di scuola a Modena, e poi al figlio di questo, Ludovico, al quale fu sequestrata nel 1580 dall'Inquisizione. I volumi sono in parte identificabili nei fondi delle congregazioni soppresse della Biblioteca Estense.

Fonti e Bibl.: Il processo è in Arch. di Stato di Modena, Inquisizione, busta 2: processi 1489-1549; le notizie sulla revisione romana del processo in una lettera del governatore di Modena F. Villa del 16 maggio 1541 a Ercole II d'Este: Ibid., Rettori dello Stato, busta 57; notizie sulla biblioteca del B., Ibid., Inquisizione, busta 6: processi 1375-1580; la fonte più ricca è T. de' Bianchi, Cronaca modenese, VIII, Parma 1870, pp. 27-36, 47, 57-58, 142, 171-172, 198, 328; le comunicazioni del Morone al Contarini in Reginaldi Poli Epistol. collectio, III, Brescia 1748, App., pp. CCLXXXIV ss.; il "formulario di fede" in G. Cortesi, Omnia… scripta…, Padova 1774, II, pp. 57-74; cfr., inoltre, G. Muzio, Lettere, Firenze 1590, p. 117; L. G. Giraldi, De poetis nostrorum temporum, II, Berlino 1894, p. 90; Compendio dei processi del Santo Uffizio di Roma, a c. di C. Corvisieri, in Arch. della Soc. rom. di storia Patria, III(1879), pp. 277, 458; L. Vedriani, Dottori modanesi, Modena 1665, pp. 117 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, Il, 2, Brescia 1760, p. 924; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, I, Modena 1781, pp. 230-235; C. Cantù, Gli eretici d'Italia, II, Torino 1867, pp. 156-159; G. Cavazzuti, Lodovico Castelvetro, Modena 1903, pp. 10 s., 53, 174; A. Casadei, Lisia Fileno e Camillo Renato, in Religio, XV(1939), pp. 13, 15.

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