BERCHET, Giovanni

Enciclopedia Italiana (1930)

BERCHET, Giovanni

Egidio Bellorini

Nato a Milano il 23 dicembre 1783 di modesta famiglia oriunda della Svizzera francese, seguì da giovane la carriera dei pubblici impieghi, ma si diede ben presto anche alla letteratura. Allievo del Parini, amico del Monti e del Foscolo, li imitò nei suoi primi componimenti che furono satire e sermoni classicheggianti; ma la conoscenza ch'egli aveva del francese, del tedesco e dell'inglese lo volse ben presto allo studio delle letterature moderne. Così tradusse alcuni scritti del Gray (Il bardo), del Goldsmith (Il vicario di Wakefield) e dello Schiller (Il visionario), e si trovò preparato ad accogliere le dottrine del romanticismo. L'amicizia del Manzoni lo confermò poi in queste idee, tanto che se ne fece pubblicamente banditore, senza grande novità di pensiero ma con molta foga e non senza una certa vena di umorismo, in un opuscolo, Sul Cacciatore feroce e sulla Eleonora di G. A. Bürger: Lettera semiseria di Grisostomo (Milano 1816), che suscitò molte discussioni, e in varî articoli, pubblicati sempre con lo pseudonimo di Grisostomo, nel Conciliatore (1818-19). La collaborazione a questo periodico lo mise in relazione con parecchi patrioti, e lo indusse a partecipare alle mene segrete di Federico Confalonieri per liberare la Lombardia dall'Austria. Perciò, nel dicembre 1821, quando ebbe notizia dell'arresto del Confalonieri, fuggì all'estero e, dopo un breve soggiorno a Parigi, passò a Londra, dove, impiegatosi come traduttore in una banca italiana, restò per ben sette anni. È questo il periodo della sua più felice attività letteraria. Già prima di lasciar Milano aveva composto un carme tra storico e narrativo, I profughi di Parga, a cui diede il nome, poi divenuto comune, di "romanza". Questo carme venne pubblicato più tardi a Parigi a cura e con una traduzione francese di Claudio Fauriel. A Londra compose poi altre sei romanze (Clarina, Il romito del Cenisio, Matilde, Il trovatore, Giulia, Le fantasie), che ebbero larghissima diffusione in Italia, a dispetto della sorveglianza delle varie polizie. Ispirate da sincero e caldo amor di patria, ma buttate giù un po' affrettatamente, queste romanze talvolta ci offendono per certe sciatterie e improprietà di espressione e per certo abuso di effetti melodrammatici; ma tuttavia il vigore del sentimento che le anima è tale, che non di rado se ne sprigionano lampi di vera poesia, specialmente dove esse esprimono i dolori e le ansie dell'esilio. Per esse il Berchet divenne popolarissimo e si acquistò il soprannome di "Tirteo italiano".

Nel 1829 egli lasciava Londra per entrare come precettore in casa del lombardo marchese Giuseppe Arconati, esule anch'egli per cause politiche. Da allora in poi visse col suo ospite e con la consorte di lui, Costanza, nel Belgio, o viaggiò in varie parti di Europa con un figlio del marchese; ma le sue condizioni di salute lo distolsero quasi totalmente dalla letteratura; solo nel 1857 pubblicò a Bruxelles una scelta di Vecchie romanze spagnuole, tradotte in versi italiani e precedute da una notevole introduzione. Finalmente nel 1848 poté ritornare in Italia, e fu in Piemonte, in Toscana e a Roma. Dopo le Cinque Giornate, rivide anche Milano, dove ebbe parte nel governo provvisorio e propugnò - egli che in Clarina aveva imprecato al presunto tradimento del principe di Carignano - l'unione della Lombardia col regno di Carlo Alberto. Tornati gli Austriaci, fuggì in Piemonte, e dopo essere stato per breve tempo deputato al parlamento, morì, a Torino, il 23 dicembre 1851.

Per il posto che compete al Berchet nella storia del romanticismo italiano, v. romanticismo.

Opere edite ed inedite, pubblicate da L. Cusani, Milano 1863; Opere, a cura di E. Bellorini, Bari 1911-12; Lettera semiseria di Grisostomo, a cura di A. Galletti, Lanciano 1913; Prose e poesie scelte, a cura di G. Saviotti, Firenze 1915; Liriche scelte, a cura di A. Momigliano, Firenze 1926.

Bibl.: Oltre alle prefazioni premesse alle loro edizioni dal Cusani, dal Galletti, dal Saviotti e dal Momigliano, si vedano F. De Sanctis, La letteratura italiana del secolo XIX, Napoli 1898, i volumetti di F. Santoro, Vita ed opere di Giovanni Berchet, Livorno 1915, e di E. Bellorini, Messina 1917; gli articoli di C. de Lollis, in La Cultura, 15 gennaio 1912 (Saggi sulla forma poetica dell'Ottocento), Bari 1929, p. 34 segg.); B. Croce,nel volume Poesia e non poesia, Bari 1923. Una bibliografia, che giunge fino al 1912, pubblicò E. Bellorini, in Atti dell'Accademia Pontaniana di Napoli, XLII (1912).

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