FUMIANI, Giovanni Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FUMIANI, Giovanni Antonio

Laura Mocci

Figlio di Biagio e di una Lucrezia, nacque a Venezia negli anni Quaranta del Seicento. La data di nascita non è nota con esattezza: nel manoscritto Memorie di diversi pittori di P. Orlandi, citato dall'Arslan (1946) appare la data 4 dic. 1650; invece il Moschini (1815), affermando che il F. "morì d'anni 67 nel 1710", colloca la nascita al 1643; e la Favaro (1975), riportando la notizia dell'immatricolazione al Collegio dei pittori nel 1690 all'età di quarantacinque anni, al 1645.

In Felsina pittrice (1678) il Malvasia segnalò la presenza del giovane F. ("picciol putto") nella bottega di Domenico degli Ambrogi a Bologna e lo ricordò autore nel 1666, su disegni del maestro, di sei dipinti raffiguranti i protettori della città per la chiesa di S. Lucia. Nella città emiliana il F. apprese l'arte del quadraturismo e della prospettiva, che rimarrà la nota caratteristica della sua arte.

Nel 1668 il F. era a Venezia. In quell'anno firmò e datò la Madonna con il Bambino e cinque santi per la chiesa di S. Benedetto, una sorta di omaggio all'arte di L. Carracci (Arslan, 1946). Di poco successiva è la pala con gli Evangelisti nella sagrestia della chiesa dei gesuiti, dove ancora evidenti sono i richiami ai modi classicisti di matrice bolognese. Il F. "fu certamente pittore di teatro" (Ivanoff, 1962, p. 249); e il suo nome ricorre fra quelli dei "pittori" che realizzarono le scene del Coriolano, il dramma di C. Ivanovich, musicato da F. Cavalli e rappresentato nel 1669 al teatro Ducale di Piacenza (Sartori, 1990).

Il periodo delle grandi commissioni per il F. arrivò negli anni Settanta, quando più chiaro apparve il suo personale linguaggio ispirato alla pittura del Veronese. Nella Vergine che appare a Pio V oggi nella chiesa di S. Lorenzo a Vicenza - realizzata con ogni probabilità dopo il 1674, visto che non è citata nelle Miniere della pittura di M. Boschini edite a Venezia in quell'ann0, ed eseguita per la chiesa veneziana del Corpus Domini - traspare il suo nuovo stile, che risente della pittura di F. Ruschi e di L. Giordano: il punto di vista è più basso, le figure e le architetture divengono monumentali. L'arte dello scorcio prospettico e delle architetture illusionistiche, i richiami alla pittura del Veronese in chiave barocca, tali da ipotizzare un contatto con i lavori di S. Mazzoni, si manifestano a Vicenza nella Pentecoste della chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo (lavori documentati al 1676: Binotto, 1980) e nelle due tele per la chiesa di S. Caterina, raffiguranti la Disputa e il Martirio della santa, databili al 1675-76.

Negli stessi anni il F. ricevette commissioni dalla Scuola di S. Rocco a Venezia, della quale divenne decano nel 1676. Nel 1675 firmò l'Elemosina di s. Rocco per il soffitto della chiesa esibendosi in uno straordinario sottoinsù di architetture aperte di chiaro sapore veronesiano. All'anno successivo può datarsi l'affresco nella cupola dello scalone della Scuola, raffigurante la Celebrazione allegorica dei meriti religiosi e assistenziali della Scuola.

L'opera è stata ricondotta alla mano del F. (Rossi, 1985) sulla base di una supplica del 1712 di Caterina Bazan, moglie del pittore, che la ricorda eseguita sotto il guardianato di Agostino Altobello; nello stesso contesto si fa riferimento al dipinto con Cristo che caccia i mercanti dal Tempio, realizzato dal F. al tempo del guardianato di Antonio Messerini e databile quindi al 1678.

Nel 1677 il F. consegnò i cartoni per i mosaici della basilica di S. Marco con le Scene della vita di Cristo, realizzati da G. Paulutti nello stesso anno, e quelli con le Scene della vita della Vergine, che furono messi in opera solo nel 1690-91 da D. Cigola.

Parallelamente il F. ottenne una serie di commissioni da privati per opere di tema sia sacro sia profano. Il suo nome si trova nell'inventario delle proprietà di Giovanni Bonci del 1681 circa: un Lot, un Adamo ed Eva (perduti) e una Strage degli Innocenti (Monaco di Baviera, Alte Pinakothek). Antonio Giustinian nel 1733 possedeva un dipinto del F. raffigurante Ester e Assuero (Levi, 1900). Per Ercole Giusti di Verona avrebbe dipinto Rinaldo con Armida nel palazzo incantato e Carlo e Ubaldo liberatori, perduti (Marinelli, 1985); dalla collezione Giusti di Padova proviene il dipinto, in collezione privata, raffigurante Archimede, recentemente riconosciuto come autografo (Fantelli, 1983). Discussa è l'attribuzione al F. (Arslan, 1946) degli affreschi della villa Venier Contarini degli Scrigni, ora Dalla Rizza, a Mira con Storie dell'Iliade, dell'Odissea e dell'Eneide, per i quali attualmente si preferisce fare il nome di F. Ruschi e di Daniel van den Dyck (Bassi, 1987).

Nel 1691 eseguì la Cacciata dei mercanti dal Tempio (Arslan, 1946) per Johann Adam Andreas principe del Liechtenstein. Grande ammiratore e committente del F. fu Ferdinando granduca di Toscana, figlio di Cosimo III, che fece la sua conoscenza nel periodo in cui l'artista era impegnato nei lavori, datati tra 1684 e 1704, per la chiesa veneziana di S. Pantalon (Fogolari, 1937).

Paragonata alla volta di A. Pozzo in S. Ignazio a Roma, la decorazione del soffitto di S. Pantalon raffigura, per mezzo di 44 teleri, il Martirio e la gloria del santo; entro un'architettura mirabilmente scorciata di chiara ascendenza bolognese, i personaggi si muovono con straordinaria leggerezza. Il F. fece uso di figure sporgenti in cartone, collegamento tra l'architettura reale e l'architettura fantastica. Un ipotetico viaggio a Roma dell'artista potrebbe motivare i numerosi riferimenti alla pittura di A. Pozzo. I lavori nella chiesa veneziana comprendevano anche la decorazione della volta del presbiterio con il Trionfo dell'Eucarestia, oltre a quella delle cappelle laterali con temi a sostegno della polemica contro le dottrine quietistiche (Ivanoff, 1962).

Al 1692-93 risale il contatto con il monastero femminile di S. Teonisto di Treviso dove il F. fu chiamato per realizzare una copia (andata distrutta nel 1944) delle Nozze di Cana eseguite dal Veronese e dalla sua bottega tra il 1589 e il 1590. Il F. si occupò anche della sistemazione dell'originale nella chiesa (la sua copia fu destinata al refettorio) realizzando due quinte con le figure allegoriche della Speranza e della Carità in stile cinquecentesco, fiancheggiate da due figure in monocromo (Treviso, Musei civici, depositi).

Sono stati connessi all'attività trevigiana del F. anche le due tele con i Miracoli degli angeli custodi della chiesa di S. Agostino, provenienti dalla chiesa dei chierici regolari somaschi. I dipinti sono caratterizzati dal totale abbandono delle quinte architettoniche, in direzione dello studio delle masse in movimento. La stessa caratteristica si ritrova anche nella Predica del Battista di Vazzola, già attribuita ad A. Celesti e ricondotta alla mano del F. dal Fossaluzza (1988).

Negli ultimi anni del Seicento Ferdinando di Toscana, avvalendosi della mediazione del pittore N. Cassana, commissionò al F. la grande tela, oggi agli Uffizi di Firenze, raffigurante La lapidazione di Zaccaria (spesso anche citata come Morte di Anania). Il principe dettava istruzioni precise sia per i bozzetti che per i dipinti, chiedendo che il F. si impegnasse nelle architetture piuttosto che nelle figure. Nel 1702 il F. ricevette dal Medici l'incarico di progettare una serie di torcieri allegorici da realizzarsi in legno, i cui bozzetti a olio si trovano sempre agli Uffizi, aventi per soggetto le Quattro età dell'uomo, i Quattro elementi e le Quattro parti del mondo.

Gli ultimi lavori del pittore veneziano sono caratterizzati da architetture monumentali entro le quali appaiono affollati gruppi di persone. Nel 1705 realizzò la lunetta per la chiesa veneziana di S. Zaccaria, raffigurante L'imperatore Federico III accompagnato dal doge in visita al convento di S. Zaccaria. Databile al 1708 è la Presentazione di Gesù al Tempio del duomo di Padova, forse l'ultima sua opera. Il F. morì a Venezia nel 1710 e venne sepolto nella chiesa di S. Pantalon.

Sulla scorta della supplica del 1712 alla Scuola di S. Rocco e del testamento di poco successivo della moglie Caterina Barzan (Rossi, 1985) sappiamo che l'artista ebbe sei figli, cinque femmine e un maschio. A proposito del figlio, Giovanni Giacomo, che risulta "in viaggio per il mondo" e del quale è ignota la professione, la madre afferma di non avere sue notizie da sette anni. Un Giacomo Fumiani nel 1705 firmò, dichiarando di avere ventitré anni, due tele in S. Salvatore a Pavia raffiguranti Miracoli di s. Mauro: di questo autore non si conoscono altre opere e A. Peroni (Arte a Pavia… [catal.], Pavia 1966, pp. 68-72), citando Scarabelli Zunti, riporta la notizia che era originario di Parma.

Fonti e Bibl.: C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de' pittori bolognesi (1678), I, Bologna 1841, p. 387; G.A. Moschini, Guida per la città di Venezia, Venezia 1815, I, pp. 106, 121, 323, 525, 666; II, pp. 209, 242, 253, 479; C.A. Levi, Le collezioni veneziane d'arte e d'antichità dal sec. XIV ai nostri giorni, Venezia 1899, pp. 67, 191, 253, 278; G. Fogolari, Lettere pittoriche del gran principe Ferdinando di Toscana a Niccolò Cassana, in Rivista del Regio Istituto di archeologia e storia dell'arte, VI (1937), pp. 145-186; E. Arslan, Il concetto di luminismo e la pittura barocca, Milano 1946, pp. 44 s. n. 54; F. Barbieri - R. Cervese - L. Magagnato, Guida di Vicenza, Vicenza 1953, p. 79; I. Ivanoff, La sacra rappresentazione di G.A. F., in Emporium, CXXXV (1962), pp. 249-255; C. Donzelli - G.M. Pilo, I pittori del Seiceto veneto, Firenze 1967, pp. 189-192 (con bibl. precedente); M. Chiarini, in Gli ultimi Medici (catal.), Firenze 1974, pp. 234-236; E. Favaro, L'arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, pp. 155, 199, 205, 215; M. Binotto, I dipinti nella chiesa di Ss. Filippo e Giacomo di Vicenza, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XII (1980), pp. 79-109 (con bibl. precedente); R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, pp. 299-301; P. Fantelli, in Pittura inedita del '600 e '700 veneto (catal.), a cura di F. Copercini - A. Giuseppin, Piazzola sul Brenta 1983, p. 31; A.M. Spiazzi, Dipinti demaniali di Venezia e del Veneto nella prima metà del sec. XIX. Vicende e recuperi, in Bollettino d'arte, LXVIII (1983), 21, p. 120; S. Marinelli, Un caso della fortuna tassesca. Le collezioni dei Giusti a Verona, in Torquato Tasso tra letteratura musica, teatro e arti figurative (catal.), a cura di A. Buzzoni, Bologna 1985, pp. 343-345; P. Rossi, La scuola grande di S. Rocco committente di artisti…, in Arte veneta, XXXIX (1985), pp. 194-203; P. Fantelli, Dipinti in collezioni padovane. G.A. F., in Padova e il suo territorio, I (1986), pp. 26 s.; V. Sgarbi, Ritrovamenti: G.A. F., in FMR, 1986, n. 43, pp. 40-42; Arte a Venezia XVI-XVIII secolo. Dipinti e disegni / Gemälde und Zeichnungen… in Venedig, Ingelheim am Rhein 1987, p. 102; E. Bassi, Ville della provincia di Venezia, Milano 1987, pp. 160-162; G. Fossaluzza, Nota su G.A. F., in Arte veneta, XLII (1988), pp. 112-118; M. Lupo, Palazzo Trentini, Trento 1988, p. 214; E.A. Safarik - G. Milantoni, in La pittura in Italia. Il Seicento, I, Milano 1989, p. 181; N. Roio, ibid., II, p. 747; C. Sartori, I libretti italiani a stampa…, II, Cuneo 1990, p. 231; G. Nepi Sciré, Due dipinti ritrovati di G.A. F. e Gregorio Lazzarini provenienti dalla scuola grande di S. Maria della Carità, in Per Giuseppe Mazzariol, Venezia 1992, pp. 189-191; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 584.

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