VITALIANI, Giovanni Andrea

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VITALIANI, Giovanni Andrea

Diego Carnevale

VITALIANI (Vitaliano, Vitagliano), Giovanni Andrea (Andrea). – Nacque a Porto Longone (oggi Porto Azzurro) nell’isola d’Elba il 23 giugno 1761 (alcuni elenchi delle vittime della repressione del 1799 recano erroneamente la data del 23 luglio 1761) da Vito e da Caterina Banerino, primogenito di tre figli.

L’isola era parte dello Stato dei Presidi, territorio all’epoca appartenente al Regno di Napoli, e il padre, di origini napoletane, era provveditore militare presso la fortezza di Porto Longone.

Insieme al fratello minore Vincenzo (nato nel 1763) intraprese giovanissimo la carriera militare servendo nel reggimento di fanteria Guardie italiane, dove raggiunse il grado di sergente. Ciononostante, entrambi abbandonarono presto la vita militare per recarsi a Napoli e lavorare come artigiani. Andrea divenne orologiaio sotto la guida di Domenico Salzano e si sposò con Chiara Stella Longobardi. All’inizio degli anni Novanta fu iniziato alla massoneria, insieme con il fratello, nella casa di Carlo Lauberg aderendo a una loggia ‘volante’ (o mobile).

La frequentazione dell’ambiente massonico favorì l’adesione dei fratelli Vitaliani al giacobinismo e agli ideali repubblicani. Nel settembre 1793, si unirono entrambi al primo club della Società patriottica napoletana in casa di Domenico e Vincenzo Manna. Nel corso dei dibattiti in seno alla Società, Andrea si distinse per posizioni rivoluzionarie e antiaristocratiche. L’abbattimento del regime monarchico divenne per lui condizione imprescindibile per la nascita di una repubblica fondata sugli ideali di democrazia e uguaglianza sanciti nella Costituzione francese del 1793, che egli stesso fece tradurre e stampare a Napoli. La radicalizzazione di Vitaliani determinò la creazione, nel febbraio dell’anno successivo, di un club rivoluzionario battezzato Romo (Repubblica o morte) da lui presieduto e con sede nella sua bottega, mentre la fazione moderata della Società patriottica fondò un altro club con il nome di Lomo (Libertà o morte) diretto da Rocco Lentini. La decisione di Andrea evidenzia come i due fratelli Vitaliani avessero acquisito consapevolezza del necessario coinvolgimento delle masse popolari se si voleva costituire un movimento per l’affermazione dei principi democratici.

Nel corso dei primi mesi del 1794, i Vitaliani svolsero un’intensa campagna di proselitismo presso i ceti artigiani della capitale. Secondo gli inquirenti borbonici, Andrea si adoperò per organizzare addestramenti militari clandestini al fine di conquistare la fortezza di Sant’ Elmo nell’ambito di un più vasto piano per rovesciare la monarchia. Di conseguenza, egli fu ritenuto tra i principali esponenti della cosiddetta congiura giacobina, svelata il 21 marzo e duramente repressa dal governo. Tra i condannati a morte vi fu il fratello Vincenzo, mentre Andrea riuscì a fuggire dal Paese grazie all’aiuto di Lentini riparando in Liguria. Nel maggio dello stesso anno era a Oneglia, dove insieme ad altri esuli di diversi Stati italiani si unì a Filippo Buonarroti che lo nominò membro del Comitato di sorveglianza del governo repubblicano.

In questo periodo la visione politica di Vitaliani era stata arricchita dall’intenso rapporto con Buonarroti, con il quale si adoperò per pianificare e attuare azioni insurrezionali in tutta la penisola. Deluso dalla strategia del Direttorio di favorire la creazione di repubbliche sorelle della Francia, egli sosteneva la necessità di un’insurrezione generale di tutti i popoli italiani con lo scopo di creare uno Stato unitario. Vitaliani ipotizzava l’instaurazione di un regime repubblicano a Napoli dopo aver eliminato fisicamente la famiglia reale con i suoi più stretti collaboratori. La ‘Nazione napoletana’ così liberata avrebbe poi mosso contro lo Stato pontificio e gli altri Stati della penisola conducendoli verso la liberazione senza l’aiuto francese.

Nel dicembre del 1794, Vitaliani si recò a Genova per organizzare un corpo di volontari per invadere il Regno di Napoli e proclamarvi la repubblica, ma senza successo. Nel maggio 1795 prese parte ad alcune agitazioni organizzate da esuli italiani a Tolone. Nel maggio 1796 partecipò all’ultimo tentativo di difendere l’esperienza repubblicana di Alba, proponendo anche un piano per unire il Piemonte alla Francia. All’inizio del 1797 si trovava a Milano, dove si unì ai fondatori del Giornale de’ patrioti d’Italia. Nel successivo marzo, si recò a Genova quale corrispondente del Giornale ma con l’intento di organizzare sollevazioni democratiche in Liguria e altrove. Insieme a Domenico Assereto fondò una rete di società segrete su tutto il territorio della Repubblica, attirando l’attenzione del governo che ne decretò l’espulsione. Grazie all’intervento dell’incaricato d’affari francese, Guillaume-Charles Faypoult, Vitaliani venne posto sotto la protezione francese in qualità di attaché dell’Armata d’Italia.

Il 21 maggio 1797, Felice Morando, Filippo Doria e Vitaliani diressero l’insurrezione a Genova contro il governo oligarchico che culminò nella nascita della Repubblica ligure, all’inizio di giugno, con il sostegno di Napoleone Bonaparte e di Faypoult. Fino all’estate del 1798, Vitaliani lavorò alacremente come agente della Repubblica Cisalpina per organizzare nuove sollevazioni a Lucca, in Toscana e in Piemonte. Rientrato a Milano, in novembre presentò un piano al generale Barthélemy-Catherine Joubert per sollevare la Sicilia, ma il rapido susseguirsi degli eventi politici e militari lo portò a Roma, in dicembre, e poi, il mese successivo, a Napoli, al seguito dell’armata guidata da Jean-Étienne Championnet.

Durante la breve esistenza della Repubblica napoletana fu nominato membro della giunta municipale provvisoria, ruolo che gli consentiva di sfruttare i rapporti creati con i ceti artigiani negli anni precedenti l’esilio. Nelle prime settimane di febbraio, Vitaliani fece parte del Comitato di polizia insieme a Nicola Carlomagno, Antonio Avella e Michele Rossi. Oltre ai provvedimenti relativi all’ordine pubblico, il Comitato si preoccupò anche della libertà di stampa e di proibire i licenziamenti dei lavoranti delle attività manifatturiere. Con l’arrivo dell’armata sanfedista, Vitaliani partecipò all’ultima difesa della capitale asserragliandosi nella fortezza di Sant’Elmo insieme ad altri patrioti. Fu consegnato agli inglesi e poi ai realisti per essere processato.

Condannato a morte il 18 luglio 1799, venne impiccato due giorni dopo nella piazza del Mercato di Napoli.

Fonti e Bibl.: Porto Azzurro, Archivio parrocchiale di S. Giacomo, Registri dei battesimi, 1758-1802; Leggi, atti, proclami ed altri documenti della Repubblica napoletana, 1798-1799, a cura di M. Battaglini - A. Placanica, I-IV, Cava de’ Tirreni 2000-2001, III, pp. 7, 412, 543, 558.

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