GRIMALDI, Giovanni Andrea

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GRIMALDI, Giovanni Andrea

Filippo Crucitti

Nato verso il 1430, fu il terzogenito maschio di Nicola, signore di Antibes e Cagnes e governatore di Marsiglia, e di Cesarina Doria, dei marchesi di Oneglia.

Ebbe tre fratelli: Gaspare, erede al trono paterno, Lamberto, che salì sul trono di Monaco in seguito al matrimonio con Claudine, figlia e unica erede del principe Catalano Grimaldi, e Luigi, cavaliere gerosolimitano.

Destinato alla carriera ecclesiastica, si addottorò in utroque iure a Pavia. Il 13 giugno 1461 fu inviato presso il duca di Savoia per scongiurare la sua pretesa di sottoporre a vincolo feudale la parte di Mentone appartenente a Lamberto e per reclamare il pagamento della pensione sulla gabella di Nizza che il Principato non percepiva da nove anni.

Da settembre a dicembre del 1461 il G. resse il governo di Monaco, Mentone e Roccabruna in sostituzione del fratello, inviato alla corte di Parigi dal suo alleato Renato I, duca d'Angiò, conte di Provenza e re di Sicilia, che paventava un atteggiamento di ostilità da parte del nuovo sovrano Luigi XI. Ebbe parte attiva nelle trattative che portarono il principe di Monaco, all'inizio del 1464, ad allearsi con il duca di Milano Francesco Sforza (nuovo signore di Savona e Genova), il quale intendeva ridurre all'obbedienza la Riviera di Ponente.

Il G. ottenne per Lamberto il governatorato di Ventimiglia per cinque anni. Dal 1° nov. 1466 svolse presso il duca di Savoia una delicata missione al fine di contrastare le mire del duca di Milano su Mentone e Roccabruna e ancora per il pagamento della pensione sulla gabella di Nizza. Per sventare le manovre dello Sforza, il 20 novembre Lamberto restituì al duca di Savoia le due signorie, che gli furono formalmente riassegnate in feudo il 6 dicembre. Appoggiato da Lamberto tentò invano, nel 1467, di ottenere il vescovado di Ventimiglia e riuscì a farsi designare dal capitolo diocesano di quella città. Gli fu contrapposta la candidatura di Cattaneo Spinola e ciò spianò la strada a Stefano De Rossi. Ne nacque una disputa protrattasi per molti mesi, durante la quale Luigi, fratello del G. e luogotenente al governatorato di Ventimiglia, impedì al procuratore del nuovo vescovo di entrare in città. La vicenda si concluse il 21 genn. 1468 con la rinuncia del Grimaldi.

Nell'estate del 1470 il G. condusse estenuanti trattative con il duca di Milano, Galeazzo Maria Sforza, e con i suoi rappresentanti a Genova per la restituzione di Mentone, sottratta ai Monegaschi da Giacomo Grimaldi di Boglio e dal conte di Tenda; quindi, il 12 marzo 1471, si recò a Genova per rendere omaggio allo Sforza e a sua moglie Bona di Savoia di ritorno da Firenze. Dopo l'assedio di Ventimiglia, finito con la caduta della città il 6 luglio e durante il quale perse la vita il fratello Luigi, il G. fu inviato presso Jolanda di Francia, duchessa reggente di Savoia, per chiedere l'arbitrato nella controversia tra il Principato e gli abitanti di La Turbie, pensando di stabilirsi presso quella corte, ma l'ascesa al soglio pontificio, il 9 ag. 1471, del ligure Francesco Della Rovere (Sisto IV) lo indusse a trasferirsi a Roma e a entrare nella prelatura. Il G. seppe guadagnarsi la fiducia di Sisto IV e fu nominato suo cameriere segreto. Il 16 maggio 1473 ottenne il priorato di Saint-Jean de Toudon, nella diocesi di Glandèves, il 17 ottobre quello di Saint-Jean d'Utelle, nella diocesi di Nizza, e nella primavera del 1474 fu nominato nunzio presso il re Cristiano I di Danimarca.

Il 10 maggio raggiunse a Mantova Cristiano che tornava da un pellegrinaggio in Italia, lo accompagnò alle conferenze convocate ad Augusta dall'imperatore, quindi lo precedette in Danimarca. Tornato a Roma, nel 1477 fu nominato referendario e maestro di casa del papa, quindi commissario pontificio nella Marca d'Ancona e in Romagna per svolgere un'inchiesta sull'amministrazione della giustizia. Alla fine dell'estate del 1478 prese parte, insieme con Urbano Fieschi, vescovo di Fréjus, a una missione diplomatica presso Luigi XI che, nella guerra scoppiata tra Sisto IV e Firenze in seguito alla congiura dei Pazzi, si era schierato dalla parte di Lorenzo de' Medici e aveva decretato in Francia una serie di misure assai pregiudizievoli per la S. Sede. L'ambasceria non ebbe successo e Luigi mantenne la sua ostilità verso la corte pontificia.

All'inizio di ottobre 1482, ritornando a Roma da Marino, dove si era recato su ordine del papa per incombenze del suo ufficio insieme con il notaio della Camera apostolica Filippo da Pontecorvo, il G. fu catturato con il suo compagno di viaggio da gente di Ardea, dove fu condotto prigioniero e ricattato. Il giorno seguente Filippo fu rimesso in libertà dopo il pagamento di 150 ducati. Il G., di maggiore notorietà, fu tenuto prigioniero per alcuni giorni e dovette pagare una somma molto più cospicua.

Una costante della carriera ecclesiastica del G. fu la ricerca di benefici nella sua terra di origine. Nel 1478 acquistò in commenda la prepositura della cattedrale di Nizza, poi della cattedrale di Grasse, nel 1481 ricevette il priorato di S. Michele di Grimaud nella diocesi di Fréjus.

Il 27 giugno 1483 giunse a Roma la notizia della sua designazione al vescovado da parte del capitolo di Grasse dopo la morte del vescovo Isnard, che era stato abate commendatario di Lérins.

Sisto IV si affrettò (5 luglio) ad accordargli le bolle sulla diocesi e sull'abbazia, quindi gli consegnò (7 luglio) le istruzioni per una missione straordinaria a Parigi, ufficialmente per portare al re di Francia alcune preziose reliquie provenienti dalla basilica di S. Giovanni in Laterano e destinate a salvarlo dalla malattia che di lì a poco (30 agosto) gli sarebbe stata fatale, ma anche per convincerlo a fornire aiuto contro Venezia, che cercava di espandersi nel Polesine ai danni del duca di Ferrara Ercole I d'Este. In cambio Sisto IV offriva il titolo di gonfaloniere della Chiesa. Nonostante l'opposizione del popolo romano al trasferimento delle reliquie, il G. partì da Roma l'8 luglio e arrivò alla corte di Parigi verso la fine del mese.

La missione parigina fu occasione per farsi portavoce anche degli interessi del fratello Lamberto e gettare le basi di un vero e proprio protettorato della Francia sul Principato. Potendo mettere a disposizione di Luigi XI un porto strategicamente importante e una rocca difficilmente espugnabile, Lamberto avrebbe ricevuto una provvigione annuale per il loro mantenimento e si sarebbe impegnato a rispettare la pace con gli amici del re e a ritenersi in guerra con i suoi nemici. La morte di Luigi XI impose però l'interruzione delle trattative, che sarebbero riprese tre anni dopo.

Durante il soggiorno francese, il fratello Lamberto e il nipote Renato di Villeneuve presero possesso per il G. di Grasse e Lérins (dicembre 1483); inoltre gli Stati di Provenza, nel gennaio 1484, lo nominarono rappresentante del clero agli Stati generali convocati a Tours.

Il favore goduto sotto Sisto IV fu al G. confermato da Innocenzo VIII. Il 18 febbr. 1487 fu nominato vicario generale per gli affari spirituali e temporali di S. Pietro con il compito di ristabilire la disciplina nel capitolo della basilica e di mettere ordine nell'amministrazione delle entrate. Il 1° aprile fu inviato alla corte di Francia con l'incarico di favorire la pace tra Anna di Beaujeu, reggente per il fratello Carlo VIII, e il duca di Orléans (il futuro Luigi XII). Il 30 ottobre fu a Monaco per assistere alla stesura del testamento di Lamberto, che lo nominò suo esecutore testamentario, gli assicurò alloggio presso il castello di Monaco e lo designò come arbitro di eventuali future controversie familiari.

La missione francese, che dovette concludersi prima di questa data, ebbe effetti positivi per il Principato: il 2 marzo 1488 Lamberto fu nominato ciambellano da Carlo VIII e subito dopo fu stipulato un trattato che assicurò a Monaco la protezione francese. Nominato, nel 1488, governatore delle province di Marittima e Campagna, di Terracina e della Terra di Pontecorvo, il 1° febbr. 1490 il G. fu scelto dal legato di Avignone, cardinale Giuliano Della Rovere (poi Giulio II), come suo luogotenente generale, governatore della città e rettore del Contado Venassino. Arrivato ad Avignone il 12 maggio, si stabilì nel castello di Sorgues a causa della peste che aveva colpito la città e vi rimase fino all'inizio di novembre. Elaborò i nuovi statuti del Venassino che, pubblicati il 3 nov. 1490, entrarono in vigore due giorni dopo, ed emanò nuove procedure in campo amministrativo, giudiziario e carcerario.

Nell'estate del 1492, dopo la morte di Innocenzo VIII, il nuovo papa Alessandro VI mantenne nella carica di legato il Della Rovere, suo antico rivale, ma ben presto i rapporti tra i due tornarono tempestosi. La rottura si aggravò quando il cardinale, fuggito nell'aprile 1494 dalla fortezza di Ostia dove si era ritirato, raggiunse la Francia e si pose sotto la protezione di Carlo VIII. Il 1° maggio il G. ricevette un breve pontificio (25 aprile) che dichiarava decaduto il legato e ordinava, sotto pena di scomunica, di non consentirgli l'accesso in Avignone né nei territori pontifici e di porre sotto sequestro i suoi beni e le sue rendite. Il G., sciolto da tutti gli obblighi contratti con il legato con la nomina a governatore di Avignone e rettore del Venassino in nome della S. Sede, si trovò in grande difficoltà. Egli doveva ai Della Rovere gran parte della sua fortuna e sapeva quanto il legato fosse popolare e amato dagli Avignonesi. Fu con grande dolore quindi che si apprestò a obbedire al papa, scontrandosi con la volontà del re che pretendeva la reintegrazione del cardinale nella sua carica. L'intervento armato nel Venassino di Étienne de Vesc, siniscalco di Beaucaire, per conto di Carlo VIII e la minaccia dell'esercito francese, acquartierato in Provenza in preparazione della campagna d'Italia, indussero il G. a scrivere al papa (16 maggio) comunicandogli di non essere in grado di padroneggiare la situazione e chiedendogli di essere sollevato dai suoi incarichi e di potersi ritirare nella sua diocesi di Grasse.

Il G. lasciò Avignone verso la fine di giugno dopo aver delegato, d'accordo con il siniscalco di Beaucaire, tutti i suoi poteri al prevosto della città Pierre Albert.

Nel 1498 chiese e ottenne dal papa che il nipote diciannovenne Agostino, figlio di Lamberto, diventasse suo coadiutore nel vescovado di Grasse con diritto alla successione; nel 1501 cedette a un altro figlio di Lamberto, Carlo, il priorato di S. Michele di Grimaud e nel 1504 rinunciò, ancora in favore di Agostino, all'abbazia di Lérins.

Il G. morì il 1° luglio 1505.

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