MIGLIAVACCA, Giovanni Ambrogio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

MIGLIAVACCA, Giovanni Ambrogio

Leonella Grasso Caprioli

(Giannambrogio, Gianambrogio). – Nacque a Milano intorno al 1718. Non si conoscono documenti che attestino con precisione gli estremi di nascita e morte del M., le cui coordinate anagrafiche possono essere ricostruite solo a partire da fonti indirette relative agli anni della sua attività professionale di letterato, diplomatico e uomo d’affari.

Il M., appena diciottenne, si fece notare nell’ambiente letterario di Milano come curatore di una raccolta di Applausi poetici dedicati al generale A.M. de Noailles (Milano 1736; cfr. F. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, Milano 1741, II, parte 1, p. 519), entrando presto a far parte dell’élite illuminista meneghina con l’affiliazione ai Filodossi, prestigiosa accademia milanese fondata nel 1733 (cfr. Brunelli, in Metastasio, III, p. 1224 n.). Inizialmente incerto tra la professione letteraria e quella diplomatica, optò per la seconda diventando segretario imperiale nel Vicariato d’Italia e favorito particolare di Carlo Alberto di Baviera. Il suo patrocinatore, eletto imperatore con il nome di Carlo VII nel 1742, morì già nel 1745 e la carriera di funzionario del M. subì una brusca battuta d’arresto.

Privo di protettori politici, il M. decise di intraprendere la professione letteraria entrando in contatto con P. Metastasio e trasferendosi a Vienna per servirlo, tra il 1748 e il 1752, come segretario, copista e collaboratore ai testi. In questo lasso di tempo frequentò l’entourage di intellettuali raccolti intorno al poeta cesareo, avvicinando personalità come P. Verri e il conte L. Malabaila di Canale. A questo periodo va fatta risalire anche l’amicizia con il contralto Vittoria Tesi, che al M. si affezionò in modo particolare, prendendo tra l’altro le sue difese nel caso increscioso d’una lite brutale con il castrato Caffarelli (G. Majorano) nell’estate del 1749, di cui ci resta un’esilarante testimonianza nel resoconto di Metastasio (III, n. 319). In questi stessi anni entrò in contatto con Maria Antonia di Wittelsbach, figlia dell’imperatore Carlo VII e moglie del principe Federico Cristiano di Sassonia, distinta poetessa, pittrice, cantante e compositrice. Secondo Brunelli, la principessa musicò un’opera seria del M., Giove fulminatore dei Giganti (perduta; cfr. Metastasio, III, p. 1225 n.).

Il M., ben inserito nel tessuto sociale della Vienna imperiale, debuttò come librettista nel 1750 con una Armida placata musicata da G.B. Mele (in scena al teatro del Buen Retiro di Madrid, in occasione del matrimonio dell’infanta Maria Antonia Fernanda con il principe ereditario del Regno di Sardegna, Vittorio Amedeo). Si trattò di un ingaggio ben retribuito, ottenuto per intercessione di Metastasio che, soprattutto in questa occasione, supervisionò invasivamente l’operato poetico dell’allievo. Nello stesso anno a Vienna, il M. curò un pastiche dell’Armida placata, in scena al teatro di corte con musica di J.A. Hasse, G. Abos, G. Bonno, L.A. Predieri e G.Ch. Wagenseil.

Dopo alcuni mesi di tentativi, sempre grazie a Metastasio, il M. ottenne un posto come poeta di corte e consigliere di legazione presso l’elettore di Sassonia, con un primo stipendio di 600 talleri (cifra congrua nel complesso come primo impiego, destinata ad aumentare con il passare degli anni). La denominazione delle funzioni restò quella del predecessore C. Pasquini.

Nei primi tempi della sua permanenza a Dresda, il M. valutò l’opportunità di trasferirsi al servizio del re del Portogallo avanzando una trattativa tramite Metastasio, in effetti poi giunta a buon esito. Il progetto venne abbandonato alla luce del grande successo conseguito con la prima rappresentazione del Solimano nel 1753 (musica di Hasse). La risonanza dell’opera fu tale che la posizione del M. a Dresda ne risultò consolidata.

Il Solimano fu uno spettacolo impressionante per opulenza (scene di G. Galli Bibiena); dal punto di vista del libretto fu un esempio di esotismo illuminato destinato a diventare un punto di riferimento per tutte le turcherie in opera a seguire, compreso il Ratto dal serraglio di W.A. Mozart. Il testo mira a costruire un’opera da guardare, dove l’accento è posto sull’apparato di contorno costituito da scene ciclopiche e dal reclutamento massiccio delle masse in costume. Questo dramma per musica costituisce anche il titolo del M. maggiormente musicato (se ne sono rintracciate 32 diverse produzioni in più paesi europei, con 19 compositori coinvolti in un arco di tempo di poco meno di cinquant’anni).

L’anno seguente, il 1754, Hasse mise in musica un nuovo dramma, l’Artemisia, la cui confezione poetica risultò più gradita all’occhiuta critica di Metastasio di quanto non fosse avvenuto nel caso dei lavori precedenti. Nel 1760, in occasione delle nozze a Vienna di Giuseppe d’Austria con Isabella di Borbone Parma, il M. scrisse la Tetide, serenata in due atti con musica di Ch.W. Gluck, scene di G.N. Servandoni, personaggi principali G. Manzuoli e Caterina Gabrielli.

L’opera seguiva nei festeggiamenti il dramma Alcide al bivio di Metastasio e Hasse, presentando un’analoga ambientazione mitologica popolata da divinità marine. Il matrimonio venne celebrato in cinque grandi tele nella sala delle Cerimonie di Schönbrunn: in una di queste è raffigurata la rappresentazione della Tetide con un’ampia panoramica sugli spettatori, tra cui si riconosce Mozart bambino seduto tra il padre e l’arcivescovo di Salisburgo. Gluck metterà in musica un altro libretto del M. (il pastiche Arianna, perduto) rappresentato a Laxenburg, nei dintorni di Vienna, nel 1762.

Ancora a Vienna, nel 1761, andò in scena l’Armida su progetto del conte G. Durazzo, che si avvalse per la stesura del Migliavacca. Il libretto è tratto da Ph. Quinault, musica di T. Traetta. Si tratta di un primo consapevole tentativo di fusione tra dramma francese e italiano, come annunciato dal M. nella prefazione alla seconda edizione e confermato da Durazzo stesso in una lettera a C.-S. Favart: di fatto, negli intenti, un’importante anticipazione della riforma dell’opera seria messa in atto solo anni più tardi da Gluck con R. de’ Calzabigi. L’anno seguente il M. scrisse la festa teatrale in un atto Acide e Galatea, messa in musica da F.J. Haydn in due versioni (parzialmente perdute entrambe, Eisenstadt 1762 e 1773). Ancora nel 1762 fu rappresentata a Vienna, in occasione del parto di Isabella di Borbone Parma, la serenata Prometeo assoluto con musica di Wagenseil.

Il M. rappresenta una figura anomala di librettista: poeta poco prolifico, maggiormente concentrato nei suoi compiti extraletterari, si è peraltro prodotto su commissioni occasionali di elevato prestigio, collaborando quasi sempre con i maggiori musicisti dell’epoca. La critica letteraria ha per lungo tempo ignorato la sua opera, liquidandolo come semidilettante, mediocre epigono del maestro/antagonista Metastasio. Più recentemente, il contributo del M. poeta è stato radicalmente rivalutato e ricondotto piuttosto a quello di librettisti innovatori come G. De Gamerra, M. Verazi e G. Martinelli, impegnati nel tentativo di far evolvere la forma del libretto oltre il rigido schema delle convenzioni metastasiane. La concezione dello spettacolo è più complessa rispetto al passato, è diverso l’abbinamento dei caratteri dei personaggi rispetto ai tipi vocali, sono moltiplicati gli episodi d’insieme e i balli. Inoltre, l’esperienza personale di questi autori, attivamente responsabili della messa in scena degli spettacoli, portò a regie più marcatamente emotive ed espressive, nelle quali si faceva spazio l’idea di una intensificazione del movimento a livello visivo, nella struttura drammaturgica come nell’impianto scenografico.

Dopo il periodo delle rappresentazioni viennesi, il M. fece ritorno a Milano, dove sembrerebbe risiedere stabilmente già nel 1765 senza mai lasciare l’incarico a Dresda. Nel 1770, in veste d’intermediario, si occupò d’una vendita alla Biblioteca Ambrosiana di alcune raccolte di libri, rispettivamente provenienti dal defunto senatore G.F. Lambertenghi e da Claudia Clerici, moglie del conte Vitaliano Biglia. Il prezzo convenuto era singolarmente elevato, ma la collezione di proprietà della Clerici costituisce probabilmente il fondo più importante acquisito dalla Biblioteca nel corso del Settecento (Storia dell’Ambrosiana: il Settecento, a cura di M. Ballerini et al., Milano 2000, p. 140).

C. Mazzolà fu invitato a Dresda nel 1780 come poeta di teatro, se pur alle dipendenze dell’impresario A. Bertoldi e non direttamente della corte, per affiancare il M., che sempre più raramente forniva nuove produzioni poetiche, probabilmente perché meglio utilizzato nelle sue funzioni di rappresentanza. Proprio nello stesso anno tuttavia, dopo un lungo silenzio, si rappresentarono a Dresda l’oratorio del M. Il ritorno del figliuol prodigo, musica di J.G. Naumann, e nel 1786 un’altra azione sacra, il Mosè riconosciuto figura di Gesù Cristo Salvatore nostro, composto da G. Schuster. L’ultima creazione del M. è La reggia d’Imeneo (Dresda 1787, musica di Naumann), una festa teatrale messa in scena in occasione del matrimonio del principe Antonio Clemente di Sassonia con l’arciduchessa Maria Teresa d’Austria.

Il M. risulta regolarmente retribuito a Dresda fino a tutto il 1795 (cfr. Landmann per le date) e tutto sembra indicare che l’interruzione dello stipendio, non trasformato in pensione, avvenisse per il sopravvenuto decesso.

Fonti e Bibl.: C.-S. Favart, Mémoires et correspondance littéraires, dramatiques et anedoctiques, Paris 1808, I, p. 151; M. Fürstenau, Zur Geschichte der Musik und des Theaters am Hofe zu Dresden, I-II, Dresden 1861, pp. 274 s., 280, 393 s.; P. Metastasio, Tutte le opere …, a cura di B. Brunelli, Milano-Verona 1951-54, III, lettere nn. 291, 301, 313, 317, 319, 330, 414, 501, 566, 572, 584, 585, 600, 608, 618, 641, 725, 806, 941; IV, nn. 1343, 1344, 1349, 1462, 1467, 1481, 1719; V, n. 1947; Ch. Burney, Viaggio musicale in Germania e Paesi Bassi, Torino 1986, p. 117; P. Verri, Scritti di argomento familiare e autobiografico, a cura di G. Barbarisi, Roma 2003, p. 102; O. Landmann, Die komische Italienische Opera im dresdner Hof in der ersten Hälfte des 18. Jahrhunderts, in Schriftenreihe der Hochschule für Musik «Karl Maria von Weber» (Dresden), IX (1985), p. 136 n. 6; D. Heartz, Haydn’s «Acide e Galatea» and the imperial wedding operas of 1760 by Hasse and Gluck, in J. Haydn: Bericht über den Internationale J. Haydn Kongress 1982, a cura di E. Badura Skoda, München 1986, pp. 335 s., 340; R. Angermüller, J.A. Hasse Türkenoper «Solimano II», in Analecta musicologica, XXV (1987), pp. 233-266; P. Howard, Gluck, an eighteenth-century portrait in letters and documents, Oxford 1995, pp. 53 s., 66-68; R. Green, Representing the aristocracy: the operatic Haydn and «Le pescatrici», in Haydn and his world, a cura di E. Sisman, Princeton 1997, pp. 165, 167; P. Gallarati, L’Europa del melodramma: da Calzabigi a Rossini, Alessandria 1999, pp. 150-154; R. Mellace, J.A. Hasse, Palermo 2004, pp. 88, 95, 135, 242 s., 295; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 100; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, V, p. 91; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, I, p. 293.

L. Grasso Caprioli