PEVERONE, Giovan Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2016)

PEVERONE, Giovanni Francesco

Federica Favino

– Nacque a Cuneo nel 1509 da Gaspare, membro del patriziato locale. Non è noto il nome della madre.

Ebbe due sorelle, Anna, sua erede universale e moglie del nobile cuneese Sebastiano Corvo, e Margherita, sposata a un membro della nobile famiglia Codacio.

Le poche biografie che lo riguardano attingono principalmente al cosiddetto codice Corvo della Biblioteca Civica di Cuneo, una descrizione dell’assedio di Cuneo compilata da Sebastiano e Giovanni Francesco, padre e figlio (e rispettivamente cognato e nipote di Peverone), i quali avevano fatto trascrivere, integralmente fino al 1593, un collage di notizie storiche dedicate alla loro città (Biblioteca Civica di Cuneo, Miscellanea Corvo, ms. 10/1-2).

Il Codice lo descrive come ‘gentil’huomo’ dedito «alle sette arti liberali» e particolarmente facoltoso, avendo egli posseduto «molti beni nella città di Cunio et finagio» (ibid., ms. 10/2, c. 293), notizia peraltro confermata dai catasti urbani (Sereno, 2002, p. 33).

A Cuneo ricoprì diverse cariche pubbliche: fu consigliere (1543), sindaco (1549), membro della giunta (1550). Nel codice Corvo è annoverato tra i 150 nobili cuneesi che «si erano portate bene nel tempo di l’assidio» (Biblioteca Civica di Cuneo, Miscellanea Corvo, ms. 10/1, cc. 232-234, Dutto, 1905, pp. 114 s.). Ebbe alcuni incarichi pubblici in qualità di perito tecnico in materia di idraulica e fortificazioni. Il 13 dicembre  del 1549 fu membro di una commissione incaricata dal Consiglio della Comunità di riferire sopra la domanda dei fratelli Papale di derivare una bealera di 22 piedi dalla Stura per l’irrigazione. Il 30 marzo 1554 fu tra gli eletti ad causas belli con l’incarico di eseguire le riparazioni delle fortificazioni alle mura della città volute dal governatore ducale.

Nel 1556 licenziava la prefazione alla sua unica opera a stampa, Due breui e facili trattati, il primo d'arithmetica: l'altro di geometria ne i quali si contengono alcune cose nuoue piaceuoli e utili, si à gentilhuomini come artegiani, pubblicato per la prima volta a Lione da Jean de Tournes nel 1558 e qui ristampato nel 1581.

Il frontespizio recava la riproduzione della medaglia di bronzo coniata nel 1550 che ritraeva il profilo dell’autore. La medaglia, commemorativa di un episodio a noi ignoto, fu acquisita nel XIX secolo dalla collezione numismatica reale.

Il trattato di aritmetica è dedicato a Spirito Martini, un erudito greco, neoplatonico e traduttore di Proclo; mentre quello di geometria è dedicato a Giovan Francesco Cacherano d’Osasco, un celebre giurista poi membro nella delegazione savoiarda inviata a trattare i negoziati di Cercamp e Cateau-Cambrésis. Questo sistema di dediche, insieme alla scelta degli eredi testamentari, conferma il ritratto di Peverone come di un uomo colto, forse membro di un cenacolo intellettuale «cementato…da un comune rinascimentale gusto per la geometria» (Sereno, 2002, p. 36).

L’opera di Peverone rappresenta uno dei rari manuali di aritmetica e geometria pratica prodotti nel Rinascimento in ambiente piemontese a uso dei tecnici del territorio, e quello che rappresenta meglio la ‘via piemontese’ alla cartografia (attenzione per la scala locale e la topografia) nella prima età moderna (Sereno, 2007, p. 840). Vi vengono insegnate le procedure impiegate nel redigere corografie e rappresentazioni in scala del territorio (agrimensura, costruzione e uso di strumenti, metodi di livellazione topografica, modo di costruzione di piante di città o di terreni, procedimenti per redigere il piano di una regione). Se l’opera rientra in un genere di trattatistica piuttosto comune nell’Europa rinascimentale, del tutto originale per la produzione scientifica in ambito pensinsulare vi è invece l’esposizione dei principi basilari della triangolazione come metodo di rilevamento cartografico. Peverone vi elencava anche le istruzioni per costruire uno strumento di sua invenzione per eseguirla, il planisferio geometrico, di fatto un quadrato geometrico unito ad un cerchio goniometrico munito di diottra e ago magnetico che serviva da bussola topografica.

Il metodo di triangolazione applicato alla pianura piemontese in realtà era puramente teorico (non lo mise mai in pratica per sua stessa ammissione) e non del tutto originale. Offriva infatti una versione semplificata del metodo elaborato da Gemma Frisius ed esposto nel suo Libellus de locorum describendorum ratione, pubblicato ad Anversa nel 1533 come commento alla Cosmographia di Pietro Apiano. Anche il planisferio geometrico presenta analogie con il planimetro messo a punto da Gemma Frisius e reso noto dal suo allievo Juan de Rojas Sarmiento.

L’opera ebbe una discreta fortuna in ambiente piemontese. Ristampata dopo 22 anni, ancora nel 1740 una princeps fu acquistata per la biblioteca della Scuola teorica e pratica di artiglieria, la nuova scuola  di formazione per cosmografi militari.

Anche il trattato di aritmetica conteneva novità di rilievo in merito al problema del calcolo delle probabilità. Infatti, in maniera apparentemente originale rispetto agli immediati precedenti di Gerolamo Cardano, Luca Pacioli e Nicolò Tartaglia, Peverone vi si intratteneva intorno al cosiddetto problema delle parti, che consiste nel calcolo di come deve essere divisa la posta di una certa partita se essa viene interrotta prima che vi sia un vincitore. Pur seguendo un metodo corretto, contrariamente al suo stesso ragionamento diede in conclusione la risposta sbagliata, quella che è stata definita una delle ‘sviste più clamorose’ nel campo della matematica: «Avendo a disposizione fino alla puntata di 6 corone per il giocatore A con due turni di gioco a disposizione, se solo egli si fosse attenuto alla sua stessa regola e avesse considerato più da vicino le condizioni di probabilità di vincere, avrebbe risolto questo semplice problema in sostanza quasi un secolo prima di Fermat e Pascal» (Kendall, 1956, p. 7).

Il codice Corvo gli attribuisce anche la composizione di un trattato di agrimensura ed estimo, della cui esistenza è lecito dubitare (Sereno, 2002, p. 38). Più attendibile la notizia (Dalla Chiesa, 1655; Rossotto, 1667) che gli ascrive altre due opere: una De Cognitione Astrologica e un De Ponderibus et Mensuris, che doveva trattare di pesi e misure, oltre che di argomenti di arte militare e di astronomia, rimaste manoscritte a causa della morte.

Dopo la pubblicazione dei Due Trattati, tra il maggio 1557 e i primi mesi del 1559, Peverone si trasferì a Milano, forse a causa della poco promettente situazione politica e culturale del Piemonte, e attratto dalla presenza a Milano di ‘uomini eruditi’ ai quali unirsi. Non è documentata la sua attività nella città lombarda, ma la strumentazione citata nel suo testamento lascia supporre che esercitasse anche qui la cartografia.

Morì a Milano il 7 agosto 1559, all’età di 50 anni, e fu sepolto nella chiesa di S. Vittore al Teatro presso porta Vercellina.

Ebbe per moglie una Anna di cui non è noto il cognome, dalla quale ebbe 3 figlie.

Nel suo testamento, rogato il 3 maggio 1557 (edito in Camilla, 1972, pp. 411-415), nominava erede universale la sorella Anna e la sua discendenza maschile. Ad Aloysio Corvo, priore di S. Ambrogio, lasciava 100 scudi, oltre ai disegni e ai dipinti che si trovavano in casa sua, gli strumenti musicali a Bartolomeo Pascale, i suoi libri latini a Onorato Lascaris di Ventimiglia, i libri in volgare, gli strumenti matematici, le armi e le medaglie all’abate olivetano Giovanni Antonio Codacio, suo nipote. Lasciava inoltre 1000 scudi alla Confraternita di S. Croce o Compagnia dei Disciplinati della croce maggiore, che amministrava fin dal Quattrocento l’antico ospedale cittadino, per la costituzione di un monte di pietà a beneficio dei poveri. Dopo una lunga trattativa tra i rettori della Confraternita e gli eredi di Peverone - i fratelli Antonio, Giovanni Antonio, Francesco e Massimiliano Corvo - il monte (un vero e proprio istituto di credito) venne istituito con autorizzazione del vescovo (1571), del papa e del duca di Savoia (1583).

Fonti e Bibl.: F.A. Della Chiesa, Catalogo di tutti li scrittori piemontesi, et altri de i stati dell'altezza sereniss. di Savoia, Torino 1614, p. 38; Id., Corona reale di Savoia o sia relatione delle provincie, e titoli ad essa appartenenti, I, Cuneo 1655, p. 190; A. Rossotto, Syllabus scriptorum Pedemontii, Mondovì 1667, p. 216; D. Promis, Monete e medaglie italiane, in Miscellanea di storia italiana, XIII (1873), pp.  712 ss.; O. Zanotti Bianco, Note biografiche intorno a G.F. P., in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, XVII (1881-2), pp. 320-323; A. Dutto, Le relazioni dell’assedio di Cuneo del 1557, in Miscellanea storica italiana, s. 3, X (1905), pp. 81-115: 114 s.; M.G. Kendall, Studies in the history of probability and statistics: II. The beginnings of a probability calculus, in Biometrika, 1956, vol. 43, nn.1-2, pp. 1-14: 7-8; P. Camilla, L’Archivio storico dell'ospedale civile di S. Croce in Cuneo: indici e regesto, Cuneo 1970, pp. 223 s., 273 s.; Id., L' ospedale di Cuneo nei secoli 14.-16.: contributo alla ricerca sul Movimento dei Disciplinati, Cuneo 1972, pp. 411-415; I. Hacking, The emergence of probability: a philosophical study of early ideas about probability, induction and statistical inference, Cambridge 1975, p. 50; D. Stroffolino, La città misurata: tecniche e strumenti di rilevamento nei trattati a stampa del Cinquecento, Roma 1999, pp. 25, 57; P. Sereno, "Se volesti descrivere il Piemonte". G.F. P. e la cartografia come arte liberale, in Rappresentare uno Stato: carte e cartografi degli stati sabaudi dal XVI al XVIII secolo, a cura di R. Comba - P. Sereno, I, Torino 2002, pp. 33-45 (con ampio esame critico della bibliografia precedente); Ead., [Schema di triangolazione], [Planisferio geometrico] , schede, ibid., II, Torino 2002, pp. 25-28; L. Aliprandi - G. Aliprandi, Storia della cartografia alpina, I, Ivrea 2005, pp. 337 s.; P. Sereno, Cartography in the Duchy of Savoy during the Renaissance, in The history of cartography. III. Cartography in the European Renaissance, a cura di D. Woodward, Chicago 2007, pp. 831-853: 840-842; F. Camerota, planisfero geometrico, in Furor mechanicus - Catalogo delle invenzioni strumentali e meccaniche dall'antichità al XVIII secolo (2010), http://redi.imss.fi.it/invenzioni/index.php/Planisfero geometrico (20 febb. 2017).

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