GIORNALE e GIORNALISMO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

GIORNALE e GIORNALISMO (XVII, p. 184; App. I, p. 675)

Vittorio ZINCONE

Il giornalismo italiano. - Dal 1926 al 1943 la stampa italiana fu sottoposta a un sistema di controllo ispirato al concetto che "in un regime totalitario, come deve essere necessariamente un regime sorto da una rivoluzione trionfante, la stampa è un elemento di questo regime, una forza al servizio di questo regime. In un regime unitario la stampa non può essere estranea a questa unità" (B. Mussolini, dal discorso pronunziato il 10 ottobre 1928, presenti i direttori di tutti i giornali). "Il giornalismo italiano - disse egli in quella stessa occasione - è libero perché serve soltanto una causa e un regime; è libero perché, nell'ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica e di propulsione".

Questa particolare visione della libertà fu applicata, in un primo tempo, con la eliminazione dagli albi dei giornalisti di "coloro che abbiano svolto attività in contraddizione con gli interessi della Nazione", che si ritenevano impersonati dal governo e dal partito fascista (decr. 26 febbraio 1928, n. 384, art. 5). L'appartenenza agli albi era, ed è tuttora, condizione necessaria per ogni incarico di carattere stabile redazionale in un giornale quotidiano. La legge sulla stampa (31 dicembre 1925, n. 2307) che, applicata restrittivamente, aveva già portato alla scomparsa di quasi tutti i quotidiani contrarî al regime, fu in tal modo integrata, così che non soltanto si potessero colpire con la soppressione i giornali non graditi, ma si potesse giungere anche alla esclusione di ogni oppositore del governo dalla professione giornalistica.

Consolidatosi il regime fascista, all'indirizzo di pura e semplice repressione degli oppositori ne seguì un altro tendente ad intonare la stampa quotidiana alle disposizioni emanate giorno per giorno dagli organi del governo, su tutte le questioni ritenute di pubblico interesse. Strumento di questa nuova politica fu il Ministero della cultura popolare, sorto dalla trasformazione dell'Ufficio stampa del capo del governo in Sottosegretariato per la stampa e la propaganda (settembre 1933) e successivamente dalla elevazione di questo a ministero, con la nuova e definitiva denominazione (decr. 25 luglio 1935). Dal ministero dipendevano tutte le attività propagandistiche ed anche settori, come quelli del cinema e del teatro, dove il regime intendeva esercitare il suo mecenatismo per fini diversi dalla propaganda diretta. Al controllo sui giornali quotidiani e sulla stampa in genere era preposta una Direzione generale della stampa; ma le direttive quotidiane erano impartite personalmente dai ministri (nell'ordine di successione: Galeazzo Ciano, Dino Alfieri, Alessandro Pavolini, Gaetano Polverelli) quando non erano dettate dallo stesso "capo del governo e duce del fascismo".

Gli ordini alla stampa erano stati dati inizialmente mediante convocazioni dei direttori o con segnalazioni ai giornali più importanti. Con la istituzione del ministero fu adottato il sistema delle disposizioni quotidiane impartite con lettera circolare riservata a tutti i direttori responsabili (le direttive erano scritte su un foglio di carta velina non intestato e non firmato: da ciò il neologismo "veline"). Nelle veline del ministero si indicavano schematicamente gli argomenti da mettere in rilievo e quelli da trascurare e si tracciava l'impostazione da dare ai commenti; in breve esse giunsero a prescrivere anche i criterî da seguire nella impaginazione delle notizie, così che i giornali vennero ridotti anche esteriormente a una grande uniformità. In modo particolare erano seguiti dal ministero gli avvenimenti di politica estera e tutto ciò che riguardava la persona del dittatore.

Nell'uniformità della impostazione politica, la stampa di questo periodo ebbe tuttavia eccezioni e specializzazioni. A Genova visse fino al 1940 un giornale di intonazione socialista (Il Lavoro, direttore G. Canepa e dal 1935 L. Calda) che, sia pure cautamente, manifestò dissensi ed opposizioni alla politica governativa; nell'aprile 1940 il giornale fu acquistato dalla Confederazione fascista dei lavoratori dell'industria. Anche la stampa cattolica (L'Italia di Milano, L'Avvenire d'Italia, con edizioni a Bologna e a Roma, ed altri minori, oltre all'organo vaticano L'Osservatore romano) si segnalò spesso per manifestazioni di non conformismo politico, nel campo di suo particolare interesse. Nei quotidiani direttamente controllati e pur nell'osservanza delle direttive ministeriali, esistevano sfumature di tendenza, meno forti di quelle della stampa periodica dove non mancarono mai pubblicazioni eterodosse e scrittori coraggiosi, ma tuttavia abbastanza evidenti. Alcuni giornali traevano la loro spregiudicatezza dall'appoggio di potenti uomini politici, ai quali in particolari momenti poteva interessare l'espressione di opinioni diverse da quelle ufficiali. Così Il Regime fascista, diretto da Roberto Farinacci ed espressione del fascismo più intollerante ed estremista; il Corriere padano (dir. N. Quilici), pubblicato a Ferrara sotto il patrocinio di Italo Balbo; Il Telegrafo di Livorno (dir. G. Ansaldo), moderato e liberaleggiante secondo le intenzioni del suo ispiratore Galeazzo Ciano; lo stesso Popolo d'Italia di Milano (fondato da Mussolini e diretto da suo fratello Arnaldo fino alla morte di questo, cui successe il primogenito Vito) fu spesso utilizzato dal capo del fascismo per sondare l'opinione pubblica in forma non ufficiale, con anticipazioni su indirizzi politici diversi da quelli seguiti fino a un certo momento. Una particolare posizione politica assunse la stampa delle organizzazioni sindacali fasciste (Il Lavoro fascista di Roma, dir. G. Casini, poi L. Fontanelli; dal 1940 anche Il Lavoro di Genova), fautrice di riforme economiche e sociali di tipo socialistico, in contraddittorio con la stampa controllata dalle organizzazioni padronali fasciste (Il Popolo di Roma, per l'organizzazione degli industriali; La Tribuna, di Roma, per quella degli agricoltori, ed altri). Altri giornali si specializzarono su problemi particolari, come Il Giornale d'Italia, che sotto la direzione di V. Gayda fu portavoce ufficioso della politica estera; il Tevere, di Roma (dir. T. Interlandi), fu sostenitore di intolleranza antisemita.

Se la stampa di opinione, durante il regime fascita, ridusse le sue differenze a semplici sfumature nell'ambito della stessa impostazione politica, grande importanza e diffusione ebbe invece la stampa di informazione o per meglio dire, data l'uniformità delle fonti e dei criterî informativi, la stampa priva di sue particolari tendenze politiche. Tre antichi e già diffusi giornali dell'Italia settentrionale (il Corriere della sera a Milano, la Gazzetta del Popolo e La Stampa a Torino), per la ricchezza dei servizî, il numero dei redattori viaggianti, la qualità dei collaboratori letterarî, la cura tecnica dell'edizione, consolidarono e rafforzarono in quel periodo di tempo la loro posizione già eccellente prima del fascismo. Soprattutto la Gazzetta del Popolo, sotto la direzione di E. Amicucci, si distinse introducendo in Italia un tipo di giornale "a settori", con intere pagine dedicate a un solo argomento (spettacoli, letteratura, umorismo, sport, e simili) e con l'innovazione della stampa a più colori, mai prima usata per i quotidiani. Attraverso le innovazioni tecniche e l'arricchimento della parte non politica, la stampa italiana cercava di reagire alla uniformità di impostazione che non avrebbe altrimenti consentito differenze e concorrenza.

Il crollo del fascismo portò, il 25 luglio 1943, ad una serie di mutamenti nei posti direttivi e nelle redazioni politiche dei quotidiani: pochissimi giomali (tra i quali Il Popolo d'Italia, Il Regime fascista e Il Tevere) cessarono le pubblicazioni; altri dovettero modificare la testata (come Il Lavoro fascista, trasformato in Lavoro italiano); ma i più conservarono le vecchie testate, anche perché il governo Badoglio, oltre ad introdurre la censura preventiva, aveva vietato l'uscita di nuovi giornali. Particolare espressione dell'opinione pubblica, nel brevissimo periodo fra la caduta del fascismo e l'armistizio dell'8 settembre 1943, furono nella capitale Il Popolo di Roma, la cui direzione era stata assunta da Corrado Alvaro, e Il Giornale d'Italia, che aveva visto ritornare alla sua testa Alberto Bergamini; e a Milano il Corriere della sera (dir. F. Sacchi).

L'armistizio e la divisione dell'Italia in due parti occupate da differenti eserciti procurò, nell'Italia settentrionale e centrale, il ritorno alla direzione dei giornali di elementi adatti a riscuotere la fiducia delle forze di occupazione tedesche e del governo repubblicano fascista, da esse insediato. Le disposizioni del Ministero della cultura popolare (ministro F. Mezzasoma) si accompagnarono ai rapporti presso l'ambasciata o i comandi militari tedeschi. Non tutti i giornali fascisti che avevano cessato le pubblicazioni dopo il 25 luglio riapparvero; se ne pubblicarono alcuni nuovi, fra i quali Repubblica fascista, diretto da C. Borsani, in sostituzione del non più pubblicato Popolo d'Italia. Mussolini, cui i Tedeschi avevano sottratto parte delle attività di governo, si dedicò nuovamente al giornalismo, collaborando al Corriere della sera, la cui direzione era stata assunta da E. Amicucci.

La lotta clandestina degli Italiani contro i Tedeschi e il governo da essi insediato ebbe vivace e caratteristica espressione nel pullulare dei fogli clandestini, di periodicità naturalmente incerta, ma largamente diffusi tra la popolazione. Soltanto a Roma, nei nove mesi dell'occupazione tedesca, se ne pubblicarono trentatré. Fra questi ricordiamo l'Italia nuova e L'Indice (monarchici); Risorgimento liberale (del Partito liberale); La Voce repubblicana e L'Alba repubblicana (del Partito repubblicano); Democrazia del lavoro (del Partito democratico del lavoro); Il Popolo, La Punta e Il Segno (della Democrazia cristiana); L'Italia libera (del Partito d'azione); l'Avanti! (socialista); La voce operaia (del gruppo dei cattolici comunisti); Il Partigiano (organo del Comando superiore partigiano); L'Unità (comunista); Bandiera rossa (comunista dissidente). La fioritura dei fogli clandestini fu meno ricca nelle altre città d'Italia, dove però essi ebbero più frequente pubblicazione e maggiore diffusione. Numerosissime furono soprattutto le edizioni locali dell'Unità, dell'Avanti!, del Popolo, dell'Italia libera e del Risorgimento liberale, che in tutti i maggiori centri del Nord alimentarono le speranze e il valore della resistenza contro le forze tedesche di occupazione e i loro seguaci. Molte brigate e divisioni partigiane ebbero i loro fogli di reparto, che continuarono la tradizione del giornalismo italiano di guerra.

Dagli eserciti anglo-americani sbarcati a Salerno gl'Italiani si attendevano anche la piena restaurazione della libertà di stampa, che il governo militare alleato intendeva invece subordinare alle sue esigenze di condotta di guerra. Con i comandi militari propriamente detti, gli Anglo-americani introdussero in Italia il loro Ufficio della guerra psicologica (Psychological Warfare Branch, da cui la sigla P. W. B.), che esercitò il monopolio assoluto sulla stampa dell'Italia meridionale e anche dopo la liberazione di Roma conservò il diritto di autorizzazione e veto su ogni nuova pubblicazione quotidiana o periodica. A Roma, tuttavia, accanto al giornale ufficiale delle forze di occupazione alleate (Corriere di Roma, dir. A. Jacchia), fu autorizzata la pubblicazione degli organi ufficiali dei sei partiti dei Comitati di liberazione nazionale, e di un giornale indipendente dai partiti (Il Tempo, direttori R. Angiolillo e L. Rèpaci). Altri giornali riuscirono in breve tempo ad ottenere l'autorizzazione, specie dopo il trapasso dei poteri dal governo militare alleato al governo legittimo italiano; così che a Roma si giunse a pubblicare contemporaneamente fino a ventisei quotidiani. A mano a mano che l'avanzata anglo-americana si estendeva verso il Nord, si ripeteva l'applicazione dei già detti criterî: pubblicazione nelle principali città di un organo del P. W. B. e autorizzazione concessa ai soli organi dei partiti riconosciuti; spesso questi ultimi furono autorizzati a pubblicare un solo giornale in comune. L'estendersi successivo della giurisdizione del governo italiano produsse poi, come a Roma, una maggiore larghezza di autorizzazioni e la scomparsa degli organi di stampa gestiti direttamente dal P. W. B.

La caratteristica iniziale della stampa italiana dopo la liberazione e l'abolizione del controllo militare anglo-americano, fu un netto predominio degli organi ufficiali di partito sui giornali di informazione non legati direttamente a una precisa dipendenza politica. Il P. W. B. non si era limitato a concedere, come si è detto, quasi esclusivamente le sue autorizzazioni agli organi dei partiti del Comitato di liberazione, ma aveva posto un veto generale contro la resurrezione di testate utilizzate dal fascismo, anche se d'origine prefascista. Si era incominciato a Napoli con Il Mattino, fondato nel 1891; e lo stesso criterio fu applicato altrove, col pieno favore dei maggiori partiti italiani, che con il divieto delle vecchie testate vedevano rafforzarsi la posizione quasi-monopolistica dei loro organi di stampa. Le vecchie aziende tipografiche (specie quelle per le quali il giornale rappresentava una sicura attività economica) non si rassegnarono tuttavia a questa situazione, e - vigendo ancora il regime dell'autorizzazione governativa per le nuove pubblicazioni - riuscirono a superare il divieto ripigliando la pubblicazione dei loro giornali con nomi nuovi. Così al Mattino di Napoli succedette Il Risorgimento (diretto, in ordine di tempo, da F. Del Secolo, C. Alvaro e A. Consiglio); a Roma Il Messaggero poté ripubblicarsi col nome di Giornale del mattino e poi con quello di Il Messaggero di Roma (dir. A. Jacchia e poi M. Missiroli), e Il Giornale d'Italia col titolo di Il Nuovo Giornale d'Italia (dir. S. Savarino); il Corriere della sera si trasformò in Corriere d'informazione (dir. M. Borsa) e poi lasciò questo nome all'edizione serale per chiamarsi, in quella del mattino, Il Nuovo Corriere della sera (dir. M. Borsa, poi G. Emmanuel); La Stampa di Torino divenne La Nuova Stampa (dir. F. Burzio, poi G. De Benedetti); la Gazzetta del Popolo (dir. M. Caputo) riuscì a riprendere le pubblicazioni come Gazzetta d'Italia e solo più tardi tornò alla vecchia testata.

A qualche anno di distanza dal crollo del fascismo e dalla liberazione, la stampa indipendente tende a riprendere una posizione preminente di fronte agli organi di partito: questi sono posti in svantaggio, di fronte al pubblico, dal loro carattere troppo apertamente propagandistico e pedagogico, tanto che i partiti maggiori preferiscono affiancare ai loro organi ufficiali, quotidiani formalmente indipendenii e meno legati a una stretta ortodossia.

Fra i giornali di partito fioriti subito dopo la liberazione e in gran parte scomparsi, vi sono tuttavia alcune eccezioni. La prima è costituita da L'Unità, organo del Partito comunista italiano, con edizioni a Roma, Genova, Milano e Torino, che ha costituito, con altri organi del partito comunista o simpatizzanti, una solida ed efficiente catena editoriale. Una seconda "catena" di organi di partito è stata formata dalla Democrazia cristiana con Il Popolo (ed. di Roma e di Milano), il Popolo nuovo (Torino), il Domani d'Italia (Napoli) e altri minori. Grande diffusione ebbe, inizialmente, l'Avanti! (ed. di Roma e di Milano), specie quando l'edizione romana fu diretta da P. Nenni. Vanno poi ricordati La Voce repubblicana, di Roma, organo del partito omonimo, e L'Umanità, di Milano, organo del Partito socialista dei lavoratori italiani. Durante il referendum istituzionale l'Italia nuova, di Roma (dir. E. Selvaggi), fu centro di raccolta dei fautori della monarchia. Altro organo di partito che ebbe notevole rilievo dalla liberazione al 1948, fu il Risorgimento liberale, pubblicato a Roma (direttori, in ordine di tempo, M. Pannunzio, P. Gentile, di nuovo M. Pannunzio, M. Lupinacci e V. Zincone). Il Risorgimento liberale si distinse soprattutto per la qualità della collaborazione politica e letteraria (fra i principali articolisti, oltre ai direttori, L. Einaudi, B. Croce, M. Ferrara, S. De Feo, V. Gorresio, A. Guerriero, P. Monelli, G. B. Angioletti, A. Bocelli, E. Flaiano, G. Vigolo), e per avere introdotto nel giornalismo italiano il genere della "varietà politica" (articoli di informazione sul costume della classe politica) e rubriche quotidiane (lettere scarlatte", "archivio", "scandali romani", ecc.). Un tipo intermedio fra la stampa di partito e quella d'informazione è stato felicemente realizzato da L'Italia socialista, di Roma (dir. A. Garosci, articolisti principali E. Rossi, G. Noventa, P. Vittorelli, e altri), sorta dalla trasformazione dell'Italia libera come giornale a tendenza socialista.

Nella stampa estranea ai partiti, accanto ai giornali che continuano le antiche tradizioni editoriali, si è affermato a Roma un nuovo quotidiano di larga diffusione, Il Tempo (sempre diretto da R. Angiolillo; redattori e collaboratori principali: A. Labriola, E. Corbino, A. Airoldi, C. Belli, U. D'Andrea, S. D'Amico, V. Guzzi, E. Falqui, G. Prezzolini, G. Granzotto ed altri). Il diverso andamento della lotta di liberazione non ha favorito le nuove iniziative giornalistiche nell'Italia settentrionale. Fanno tuttavia eccezione il Corriere lombardo, di Milano (direttori, in ordine di tempo, E. Sogno, A. Magliano, F. Sacchi), impostato sull'attualità non politica, con fortissima e originale intitolazione; e il Tempo di Milano (dir. R. Segàla), che ha dedicato particolare interesse ai problemi economici. Nelle altre città ricordiamo: Il Messaggero veneto, di Udine (dir. C. Tigoli); il Mattino del Popolo, di Venezia (indipendente di sinistra, dir. T. De Stefano); il Lavoro nuovo, di Genova (socialista, nato dalla trasformazione del Lavoro, dir. S. Pertini). Fra i quotidiani non politici vanno ricordati Il Corriere dello Sport, di Roma; Il Gl0b0, quotidiano economico di Roma (dir. L. Barzini junior in unione a C. Vaccaro; poi G. Spaventa e O.. Mosca); 24 Ore, quotidiano economico di Milano (dir. P. Colombi).

A Trieste, divenuta un campo assai sensibile per l'attività del giornalismo italiano, particolare espressione del sentimento di italianità dei triestini è La voce libera (dir. V. Furlani). Quotidiano di informazioni è il Corriere di Trieste; l'organo del partito comunista, Il Lavoratore, fu per l'annessione alla Iugoslavia e dal 1948 esce in edizione bilingue.

L'agenzia di informazioni Stefani ha cessato la sua attività; il suo posto è stato preso dalla Ansa (Agenzia nazionale stampa associata), che, pur essendo attualmente la più autorevole fra le agenzie italiane, non possiede lo stesso carattere di ufficiosità dell'altra, non avendo legami con organi di governo.

Quanto alle colonie italiane, i quotidiani che ora vi si pubblicano sono tutti organi dell'amministrazione militare britannica. All'Asmara esce bisettimanalmente l'Eritrea nuova (dir. M. Fanano), assertore dei diritti italiani.

Ll giornalismo estero.

Non è possibile dar conto in breve spazio di tutte le novità accadute nei diversi stati del mondo. Ci limiteremo ad aggiornare la situazione solo di alcuni paesi europei ed extraeuropei.

Inghilterra. - Le limitazioni del consumo della carta hanno fatto sì che durante e dopo la guerra non fosse pubblicato alcun nuovo quotidiano. Il Daily Sketch si è trasformato in Daily Graphic. Il Financial News si è fuso col Financial Times. Il quotidiano inglese di maggior tiratura è oggi il Daily Express, che si aggira intorno ai quattro milioni di copie, seguito dal Daily Mirror con circa 3 milioni e 600.000 copie. Il quotidiano inglese più autorevole rimane tuttavia il Times, che però ha soltanto una tiratura di 300.000 copie.

Francia. - La stampa quotidiana ha visto sparire gran parte delle più vecchie testate, per le leggi severe emanate contro i giornali comunque utilizzati dai Tedeschi per la loro propaganda. I giornali parigini continuano ad occupare una posizione di preminenza; fra essi, il posto prima occupato dal Temps è stato preso da Le Monde (dir. H. Beuve-Méry), che del suo predecessore ha conservato la specializzazione nei problemi di politica internazionale e il tono ufficioso. Delle vecchie testate autorizzate a ricomparire perché soppresse o perseguitate dai Tedeschi, ricordiamo: L'Aube (dir. J. Letourneau), organo del Movimento repubblicano popolare fondato nel 1932; Ce Soir, giornale di informazioni di tendenza comunista (dir. L. Aragon); La Croix, cattolico (dir. R. Berteaux); L'Èpoque, giornale di informazione con tendenza di destra (dir. J. L. Vigier); Le Figaro (dir. P. Brisson), rimasto uno dei più autorevoli giornali francesi, anche per la collaborazione di François Mauriac; L'Humanité, organo del Partito comunista, diretto da M. Cachin; tra i collaboratori, in primo piano Pierre Hervé; L'Ordre (dir. J. Sarrus); Le Populaire, organo del Partito socialista (dir. Dedecker) dove collabora Léon Blum. Degni di nota, nel gruppo dei nuovi quotidiani: L'Aurore, radicale socialista (dir. P. Chatelain); Ce Matin, di destra (dir. J. Destrée e G. de Vericourt), nato dalla fusione dei clandestini Résistence e Paris-Matin; Combat, giornale della resistenza clandestina diretto ora da C. Bourdet; France-Libre, anch'esso nato clandestino (dir. R. Peigné); France-Soir, di tendenza socialista e d'origine pure clandestina, è oggi il più diffuso giornale di Parigi, superando le 600.000 copie (dir. A. Blank); assai diffuso è anche Franc-Tireur, di estrema sinistra, già clandestino (direttori Vallois e Peju, collaboratore eminente Marcel Fourrier); Libération, pure di sinistra (dir. D'Astier De la Vigerie); Le Parisien libéré, giornale d'informazioni (dir. C. Bellanger), sorto dalla fusione di molte pubblicazioni clandestine della resistenza; Paris-Presse, giornale di informazioni apparso nel 1944, ha larga diffusione (dir. Ph. Barrés, oltre 500.000 copie). I giornali di provincia continuano a valere assai meno di quelli della capitale; sono rimasti gli stessi di prima della guerra, con pochi cambiamenti di testate, per la applicazione delle disposizioni contro i collaboratori dei Tedeschi. Fra le agenzie di stampa, è scomparsa l'agenzia Havas ed il suo posto è stato preso dalla A.F.P. (Agence France-Presse).

Belgio. - I mutamenti sono stati minori; nel momento dell'occupazione tedesca tutti i quotidiani furono sospesi e ripresero le pubblicazioni con altro personale. Tornato il governo nazionale, le vecchie redazioni presero di nuovo possesso dei loro giornali. Tra i vecchi quotidiani, ha molto aumentato la sua importanza e diffusione il cattolico La Métropole di Anversa, mentre L'Indépendence Belge ha cessato le pubblicazioni. Fra i nuovi quotidiani, va ricordato Le Drapeau Rouge, di Bruxelles, comunista. L'Agenzia ufficiosa di informazioni ha mutato il suo nome, da Agence Télégraphique Belge in Agence Belge.

Spagna. - La stampa politica è stata assoggettata a controllo da parte del governo, attraverso la Direzione generale per la stampa, dipendente dal Ministero per l'educazione nazionale, cui è devoluta anche la nomina dei direttori. È ammessa, tuttavia, una certa diversità di tendenza. Fra i giornali pubblicati dalle sinistre durante la guerra civile, ebbe larga diffusione il Mundo obrero, di Madrid, che aveva preso il posto del cattolico Ya. Con questo, che ha ripreso le pubblicazioni, i principali quotidiani della capitale sono l'A. B. C., che conserva la sua tendenza monarchica, il nuovo quotidiano di informazioni La Tarde (fondato nel 1948), le Informaciones e il nuovo giornale falangista Arriba, fondato nel 1939. A Barcellona, oltre ai vecchi La Vanguardia Española e Diario di Barcelona, ha iniziato le pubblicazioni, dal 1941, il quotidiano falangista La Prensa. L'antica agenzia di stampa Fabra è stata sostituita dalla ufficiosa Efe. L'agenzia cattolica Lagos dirama solo notiziarî nazionali.

Germania. - Nelle quattro zone di occupazione (americana, inglese, francese, russa) la stampa è tuttora controllata rigidamente, in vario modo, dalle autorità militari. Sparite, naturalmente, le testate del partito nazionalsocialista, si pubblicano attualmente in Germania 172 quotidiani; alcune testate anteriori al nazismo sono risorte o continuano con redazioni completamente rinnovate. Fra i giornali più autorevoli e diffusi vanno citati: a Eerlino, Berliner Zeitung, Der Kurier, Der Freie Bauer, Der Morgen (organo del partito liberaldemocratico), Neues Deutschland (organo del partito unificato), Telegraf, Tribune, Vorwärts (anche esso del partito socialista unificato), tutti con tirature superiori alle duecentomila copie; ad Amburgo, Die Welt; a Colonia, Koelnische Rundschau; a Monaco di Baviera, la Suddeutsche Zeitung.

Olanda. - La guerra e l'epurazione di coloro che collaborarono con i Tedeschi hanno portato alla scomparsa di molti giornali, fra i quali i diffusi De Telegraaf e De Courant. Il giornale più autorevole del paese è rimasto l'Algemeen Handelsblad. Dei giornali sorti dalla lotta clandestina va citato il cattolico Volkskrant, di Amsterdam come i precedenti. Het Vrije Volk, socialdemocratico, è molto diffuso attraverso numerose edizioni di provincia. L'Olanda ha oggi 350 quotidiani con oltre tre milioni di copie.

Norvegia. - Durante l'occupazione tedesca il più importante giornale fu il Fritt Folk, di Oslo, organo di Quisling; numerosissimi i giornali clandestini, fra i quali primeggiò Halv Hotte, così denominato dalle "sette e mezzo", ora di trasmissione della radio alleata. Oggi il più diffuso giornale norvegese è di gran lunga l'Aftenposten, stampato a Oslo: ha tendenza politica di destra (tiratura circa 250 mila copie).

Cecoslovacchia. - Anche qui i Tedeschi imposero la stampa dei loro collaboratori. Dopo la liberazione e le ulteriori vicende politiche, si è giunti alla legge del 26 ottobre 1945, che vieta ai privati il diritto di stampare giornali, riservandolo alle associazioni politiche riconosciute. Il giornale più diffuso è attualmente il comunista Rudé Pravo, con circa un milione di copie.

Austria. - Con l'annessione alla Germania cessarono le vecchie pubblicazioni, tranne il Neues Wiener Tageblatt, trasformato in giornale nazista. Dopo la caduta della Germania gli occupanti permisero la pubblicazione dei giornali dei soli partiti autorizzati (assai diffusi la Arbeiterzeitung del partito socialdemocratico e la Wiener Tageszeitung del partito popolare austriaco), e stamparono loro organi uffificiosi di propaganda. Tra la stampa indipendente, sorta successivamente, va segnalata Die Presse, giornale di vasta diffusione, pubblicato come gli altri a Vienna.

Grecia. - Durante l'occupazione la Grecia ebbe un numero eccezionale (circa un migliaio) di giornali clandestini. Ora i più importanti quotidiani ateniesi sono: Kathimerini, conservatore; Vradhini, populista; Vima, liberale; Ethnos, indipendente di centro. Fra i giornali di nuova pubblicazione ricordiamo: Eleftheria, sorto clandestinamente nel 1942 ed ora uno dei principali giornali di Atene; Kairoi, organo del partito populista sorto nel 1948; e Ethnikos Kiryx, iniziato nel 1945. Fra la stampa di provincia ricordiamo Makedonia e Fos, di Salonicco; Neologos di Patrasso.

Iugoslavia. - Dei vecchi giornali d'anteguerra è sopravvissuto solo Politika, di Belgrado. Il più importante e autorevole quotidiano della capitale è oggi Borba ("Lotta"), organo del Partito comunista e del governo (red. resp. Ivo Sarajčič); pubblica una edizione in caratteri cirillici e una in caratteri latini. In ogni repubblica federata o regione autonoma si pubblica (nella lingua presalente, o bilingue) un organo ufficiale del partito comunista oppure del fronte popolare. I sindacati hanno il loro organo nel Rad ("Lavoro"), bilingue, di Belgrado. Non è consentita stampa di opposizione al governo. Per le minoranze linguistiche italiane si pubblica a Fiume La Voce del Popolo, sempre di intonazione comunista. A Zagabria, oltre all'organo ufficiale Vjesnik ("Corriere"), si stampa un importante giornale indipendente, il Narodni List ("Giornale popolare"). Unica agenzia di informazioni per la stampa è la ufficiosa Tanjug (Telegrafska Agencija Nova Jugoslavija).

URSS. - Non sono avvenuti grandi mutamenti da prima della guerra. I quotidiani sono ora circa 7000 con una tiratura complessiva di oltre 29 milioni di copie: più di 5000 sono stampati in lingua russa; gli altri, nelle lingue delle diverse nazionalità. Nella stampa politica non esiste la figura del direttore responsabile ed i giornali sono firmati impersonalmente da un collegio di redazione. Fra i giornalisti sovietici che, durante e dopo la guerra, hanno acquistato particolare notorietà, anche all'estero, sono Ilija Ehrenburg e David Zaslavskij, entrambi vivaci e aggressivi polemisti specializzati in questioni di politica estera.

Stati Uniti. - Non si notano cambiamenti molto importanti, se non per l'affermarsi di alcuni giornali già noti e il declinare di altri. Tutti i giornali americani, in genere, hanno aumentato le loro tirature. I numeri domenicali, ricchi come sempre di pagine, rubriche e supplementi d'ogni genere, continuano ad essere venduti molto più di quelli dei giorni feriali. Il giornale più diffuso degli Stati Uniti è ancora il Daily News di New York (nel 1948, due milioni e 400.000 copie nei giorni feriali, circa il doppio la domenica). Lo seguono il Dailv Mirror di New York (un milione di copie nei giorni feriali, due milioni e 200.000 la domenica) e la Tribune di Chicago (un milione di copie nei giorni feriali, uno e mezzo la domenica). Vengono poi il New York Journal and American, del gruppo Hearst, nato dalla fusione del N. Y. Journal con il N. Y. American; lo Herald American di Chicago; il New York Times, il Chicago Daily News. Tutti questi giornali superano il mezzo milione di copie nei giorni feriali e si avvicinano al milione la domenica. Il più diffuso giornale degli stati occidentali è l'Examiner (Los Angeles, 400.000 copie feriali, 880.000 domenicali). Fra i nuovi quotidiani, ha già raggiunto diffusione notevole, benché assai inferiore a quelle citate, la New York Star, di tendenza progressista, cominciatasi a pubblicare nell'estate del 1948. Alle antiche agenzie di stampa si è aggiunta - con suo particolare carattere - la U.S.I.S. (United States Information Service), la quale, fra l'altro, diffonde gratuitamente notizie ufficiose a giornali esteri.

Altri paesi americani. - Nel Messico i giornali più importanti rimangono quelli della capitale: Excelsior, El Universal e Novedades, conservatori, El Popular, di sinistra, El Nacional, organo del partito rivoluzionario attualmente al governo, e La Prensa, quotidiano di cronaca e di attualità. Tra la stampa del Chile emergono attualmente, per importanza e diffusione, El Mercurio, La Nación, El Diario Ilustrado, El Imparcial, tutti di Santiago. Il quotidiano più importante del Perù rimane El Comercio, di Lima, che negli ultimi tempi ha notevolmente aumentato la sua tiratura; segue La Prensa, pure di Lima. Entrambi sono conservatori indipendenti. Nell'Uruguay i giornali più importanti (tutti di Montevideo) sono nell'ordine: El Día, ufficioso del partito colorado, El Debate, del partito blanco di Herrera, El País ed El Plata del partito blanco indipendente. È sorto recentemente con buon successo La Ación, organo personale del presidente Louis Battlle. Accanto a questi giornali politici ha molto successo La Tribuna popular, quotidiano di informazioni, che dedica gran parte delle sue pagine allo sport. Nel Brasile, accanto ai vecchi giornali, si sono molto diffusi a Rio de Janeiro O Globo e O Jornal do Comercio, entrambi di recente fondazione. Nel Venezuela si pubblicano, a Caracas e in provincia, molti grossi giornali (16 pagine, in media), impaginati con gusto moderno. I più importanti sono El Nacional, di sinistra, l'Universal di centro, la Esfera e El País, organo del partito d'azione democratica. Pure in Argentina si stampano giornali molto voluminosi (anche 32 e più pagine). Conservano notevole autorità, malgrado l'opposizione all'attuale governo, i conservatori La Prensa e La Nación, mentre si sono schierati col presidente Perón La Razón, El Mundo e Crítica. Enorme diffusione hanno attualmente Democracia e La Època, entrambi governativi, con tirature superiori ai due miloni di copie, e Noticias gráficas.