NEGRI, Gino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NEGRI, Gino

Carla Cuomo

– Nacque a Perledo (Como) il 25 maggio 1919, da famiglia borghese colta e agiata.

Il padre, Antonio, aveva un’impresa di imballaggi farmaceutici; perduti gli altri quattro figli (tutti maschi), nel 1932-34 la abbandonò, acquistò una tenuta agricola a Montevecchia (Lecco) e si dedicò alla letteratura dialettale nella cosiddetta Famiglia Meneghina. La madre, Rosa Manini, era maestra elementare.

A Milano frequentò con ottimi esiti le scuole elementari e superiori (ginnasio e liceo classico nell’Istituto Zaccaria dei barnabiti). Studiò pianoforte in privato. Dopo la maturità s’iscrisse al conservatorio: per un anno studiò composizione con Giulio Cesare Paribeni; insofferente degli schematismi del maestro, si diplomò infine con Renzo Bossi (1941) e in pianoforte con Enzo Calace.

Nei primi anni Quaranta strinse una duratura e fruttuosa amicizia artistica con Roberto Lupi. Nel 1941-43 compose Cinque colori per soprano, flauto e viola, brevi brani (su versi di autori danesi, norvegesi e rumeni) che risentivano delle teorie di Lupi sull’‘armonia gravitazionale’. Nei Divertimenti di Palazzeschi (1942-43; dati solo nel 1948), due ‘episodi sceneggiati’ per voci e strumenti ispirati al celebre componimento E lasciatemi divertire del poeta fiorentino, si manifestò per la prima volta lo spirito dissacrante e beffardo che lo caratterizzò poi stabilmente.

Il 5 aprile 1945 sposò Gabriella Cima, nipote degli scrittori milanesi Camillo e Otto. Le dedicò Dai «Mottetti» di Eugenio Montale per coro misto (1944) ed Evasione borghese (1945), azione scenica per voci e orchestra. Nel 1949 nacque il primogenito, Antonello, nel 1950 la secondogenita, Chiara.

Tra i lavori giovanili spicca l’Antologia di Spoon River (1945) per soli, coro e orchestra, sui versi di Edgar Lee Masters, «opera singolare» (Mila, 1946) per le insolite caratteristiche costruttive.

La lunga epigrafe iniziale, col coro parlato sullo sfondo degli archi, ritorna tra i nove episodi affidati a una o due voci; queste, accompagnate da uno o due strumenti per volta, procedono incuranti dei movimenti ritmico-armonici dell’orchestra. Autonomi eppure interconnessi, l’epigrafe e gli episodi rivelarono al critico la capacità d’«impiantare non sopra la musica ma nella musica stessa uno spettacolo» (ibid.). In senso armonico fu questa l’opera più ‘gravitazionale’ di Negri; apprezzata anche da Bruno Maderna e Luigi Dallapiccola, fu eseguita a Torino, Copenaghen, Amsterdam e Firenze (1947-49).

Tra il 1945 e il 1948 s’intensificò il suo rapporto con Lupi nel sodalizio artistico della ‘Giovane scuola musicale di Milano’ (vi aderirono anche Fiorenzo Carpi, Ennio Gerelli e Carlo Dall’Argine) e contribuì alla stesura degli esempi musicali per il trattato di Lupi Armonia di gravitazione (Roma, 1946).

Per Negri si apriva l’inquieta ricerca d’una cifra stilistica propria fra la tonalità ‘allargata’ di Lupi e l’adozione di tecniche seriali. Nell’ambito del teatro musicale, frutto di tale travaglio fu Sei personaggi in cerca d’autore da Pirandello (1948, con dedica a Massimo Mila; mai rappresentata). Nello stesso periodo il fervore culturale dell’ambiente milanese impresse un forte impulso all’innata vitalità e versatilità del compositore, dal 1950 dedito anche alle musiche di scena e d’intrattenimento, alle colonne sonore, all’organizzazione culturale. Cominciò a frequentare il Piccolo Teatro, entrò in rapporti con Paolo Grassi e Giorgio Strehler e con attori e cantanti di nome, come Giancarlo Cobelli, Ornella Vanoni, Anna Nogara. La frequentazione del teatro e l’amicizia con Carpi, compositore di casa al Piccolo, stimolarono la vocazione teatrale. Il rapporto col Piccolo, durato fino al 1960, non si esaurì nella composizione di musiche di scena: «folletto operosissimo» (Leydi, 2001, p. 9), si produsse come pianista, operista, direttore d’orchestra, arrangiatore, organizzatore di conferenze e dibattiti. Nel contempo coltivava la musica strumentale.

Diario e dedica per pianoforte, brano dodecafonico che eseguì il 30 maggio 1952 in un concerto dedicato a compositori emergenti, fu recensito in termini lusinghieri da Luigi Pestalozza (1952, p. 4), col quale Negri strinse una robusta amicizia, come con Roberto Leydi, compagno di scorribande musicali, e con Goffredo Petrassi.

Negli anni 1954-59, in una fase di grande vitalità creativa, insegnò Storia della musica nella Scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro; nel 1954-55 promosse concerti monografici al Centro culturale Pirelli in collaborazione con Maderna; nel 1955 stipulò un contratto con l’editore Suvini Zerboni; dal 1957, per un decennio, organizzò spettacoli, concerti e conferenze per la Società umanitaria al teatro del Popolo di Milano.

Fra tante attività, una menzione particolare merita l’impegno profuso nell’allestimento dell’Opera da tre soldi di Bertolt Brecht e Kurt Weill, di cui procurò la versione ritmica e ridusse l’organico strumentale; con Carpi, adattò alle esigenze del Piccolo la strumentazione di alcuni brani. L’opera fu data nel febbraio-marzo 1956 con immenso successo, regìa di Strehler, direzione di Maderna, Milly nella parte principale; tra il 1958-60 e il 1973-74 fu ripresa a Milano, Parigi, Roma e di nuovo Milano.

Sul fronte del teatro musicale, trovò in questi anni la strada di una personale drammaturgia, concentrata in brevi opere da camera, su libretto proprio. Il 16 settembre 1956 nella villa Feltrinelli di Gargnano diede la ‘pantomima’ Finirò per svegliarmi per tenore e pianoforte. Il 29 novembre andò in scena al Piccolo l’atto unico Vieni qui, Carla per soprano, baritono e dieci strumenti, tratta da un episodio degli Indifferenti di Alberto Moravia. Nel solo 1958 seguì un’infilata di ben cinque opere: la ‘farsa in un atto’ Il tè delle tre, per soli, mimo e orchestra jazz (Como, villa Olmo, 12 settembre, con Cathy Berberian, regìa di Filippo Crivelli); le ‘confidenze in un atto’ Giorno di nozze, per voce femminile (Nogara), pianoforte, celesta, violino, chitarra e organo elettronico, e l’opera da camera in un atto Massimo, che inscena la storia di un malato mentale, per tenore, baritono, cinque mimi e complesso strumentale jazzistico (Milano, teatro Gerolamo, 12 aprile 1959, con Cobelli e la debuttante Ornella Vanoni); L’armonium è utile, opera in un atto per soli, mimi, danzatori, organo e orchestra (mai rappresentata); la ‘profanazione’ in un atto Il circo Max, per soprano o tenore leggero, baritono, attrice, dieci mimi e orchestra (Venezia, La Biennale, 1959, direttore Nino Sanzogno).

Questi sette lavori tracciarono un percorso a zigzag, eccentrico rispetto alla tradizione. «Franco tiratore della moderna melodrammaturgia» (Montale [1956] 1996, p. 1031), autore di «opere impossibili» (Mila, 1959, p. 189), Negri ‘profanava’ gli schemi del melodramma classico introducendovi forme, modi e toni propri della canzone, della pantomima, del cabaret, del teatro di prosa, del variété; dalle esitazioni del primo lavoro sino all’«opera tascabile» (Montale [1956] 1996, p. 1029), scarnificata nella forma, nella durata, nell’organico e nel melos, approdava a un genere musicale nuovo: il ‘teatro-canzone’.

La canzone fu un terreno di sperimentazione prediletto per Negri, che vi si dedicò intensamente dalla fine degli anni Cinquanta. Al seguito di Strehler, Carpi e Dario Fo contribuì a creare quel repertorio popolare d’invenzione che andò sotto il nome di Canzoni della mala, per un fortunato spettacolo dato al teatro Gerolamo con Ornella Vanoni protagonista (dicembre 1958). Nel contempo affrontò altre esperienze creative: nel 1958-59 scrisse le musiche per la commedia radiofonica Una ragazza arrivò di Dino Buzzati; nel 1959 compose Il testimone indesiderato, opera radiofonica in un atto su libretto proprio e di Giuseppe Brusa (la messa a punto elettronica fu curata da Maderna nello Studio di fonologia; l’opera vinse il Prix Italia 1960), e la sua prima colonna sonora (Le sorprese dell’amore di Luigi Comencini).

Contribuì anche al radicale rinnovamento della canzone d’autore, in senso sia politico – erano gli anni della canzone impegnata – sia linguistico e testuale, come nella collaborazione a Giro a vuoto, raccolta di canzoni d’autore voluta e interpretata da Laura Betti. Si dedicò anche a canzoni di assunto più leggero: presentata a Sanremo nel 1961, Una goccia di cielo ebbe però scarso esito. Anche nelle canzoni correva la vena ironica, parodistica, corrosiva di Negri.

Le sperimentazioni condotte sull’osmosi tra il registro colto, lo pseudocolto e il popolare sortirono uno spettacolo di nuovo genere, la ‘canzone-teatro’: Costretto dagli eventi (Milano, teatro Gerolamo, 18 settembre 1963) consisteva per intero di canzoni, nel solco degli chansonniers francesi, di Brecht-Weill e della canzonetta italiana, un mix di ironia, imitazioni grottesche, vis comica, con Negri al pianoforte impegnato anche nel canto e nella recitazione; ebbe enorme successo di pubblico e critica.

La vocazione teatrale e il penchant esibizionistico esplosero poi nel cabaret, di cui fu in quegli anni a Milano un caposcuola: nel 1963-67 era di casa in due celebri locali, il Cab 64 e la Cassina de’ pomm.Nel contempo s’impegnava nella divulgazione: dai primi anni Sessanta portò vari spettacoli, affiancati da discussioni e conferenze, in giro per cooperative e centri sociali di Milano città e provincia. Scrisse musiche di scena per lo Stabile di Genova (per drammi di Shakespeare, Sartre, Arthur Miller, regista Luigi Squarzina) e il Festival di Spoleto.

A fine anni Sessanta ritornò al teatro musicale ma, adattando il genere ai nuovi mezzi di comunicazione (radio e TV) ricorse a strategie comunicative moderne, desunte anche dalla sfera della pubblicità.

Nacquero così l’‘opera radiofonica’ Giovanni Sebastiano (1967), più tardi ripresa in teatro, zeppa di citazioni dotte goliardicamente storpiate; l’‘opera televisiva’ La fine del mondo (1969), una sorta di storia della musica occidentale dall’anno 1000, regia di Gianfranco Bettetini; e Pubblicità ninfa gentile, data con successo alla Piccola Scala (26 marzo 1970), storia triste di due sposini, Jingle e Slogan, ispirata dall’esperienza di Negri quale dirigente pubblicitario alla Motta (1968-71). Nel 1969 produsse anche le musiche per il film Un certo giorno, di Ermanno Olmi, storia d’un pubblicitario in carriera; negli anni seguenti curò le musiche di vari altri progetti cinematografici e condusse alcune trasmissioni televisive divulgative assai seguite, come Fortissimo e Spazio musicale (RAI TV, 1971-72) e Variazioni sul tema (1974).

Negli anni Settanta si verificò una nuova svolta. Senza abbandonare del tutto la composizione di nuove opere e musiche di scena (in particolare per spettacoli di Franco Parenti nel Salone Pier Lombardo di Milano, dove allestì spettacoli cabarettistici tra cui Ella m’insegna che…, 1975), si allontanò dal teatro, forse anche per le riserve dei critici che gli rimproveravano un certo qual monotono schematismo. L’ultima opera fu Diario dell’assassinata (1975), atto unico sulla vita di Carlo Gesualdo principe di Venosa, concepito per Milva, che la interpretò alla Piccola Scala nel 1978 (con scarso esito). Si concentrò allora sulla musica strumentale, con o senza voci. Nel solo 1977 compose il Concerto per contrabbasso ladro (per contrabbasso, percussioni, clavicembalo e archi), È l’abito che fa il flauto (per due flauti) e Sangue tuo nelle mie vene (per soli, coro e archi, su parole dell’amato Montale).

Tra la fine dei Settanta e i primi Ottanta svolse pure attività pubblicistica come critico musicale di Panorama (1976-84) e autore di lavori di buona divulgazione: La discoteca ideale (1978), Casa sonora (1981), L’opera italiana: storia, costume, repertorio (1985); fra gli inediti, Armonia del terzo millennio riprende le teorie ‘gravitazionali’ di Lupi (Moiraghi, 2011, p. 100). Sul versante del teatro musicale, nel 1981-82 sperimentò nel Salone Pier Lombardo due lavori che confermavano la sua acuta attenzione a temi sociali e politici di attualità: Storie d’Italia, ‘cabaret sinfonico-cameristico’, e Abbasso Carmelo Bene, una serie di melologhi con voce recitante (alla prima fu Negri medesimo) accompagnati da piccoli gruppi strumentali. Vennero poi nel 1984 La Scala si è rotta, un ‘thriller-cabaret’ sul racconto Paura alla Scala di Dino Buzzati, e il ritorno alla canzone con Craxi anno due, raccolta di circa 50 canzoni; e nel 1986 le musiche per il film L’ultima mazurka di Bettetini; inoltre elaborò vari progetti letterari e televisivi, teatrali e cabarettistici e spettacoli per ragazzi: fra questi, dopo l’ictus che lo colpì nel 1987, l’operina teatrale Il flauto tragico (1991).

Morì nella sua casa di Montevecchia il 19 luglio 1991.

Musicista «scandaloso» (Mila, 1956) per la programmatica commistione fra colto e popolare, Negri fu uomo di teatro e artista d’ambiente (Di Leva, 2001, p. 15). Sagace osservatore della società, ironico come Erik Satie, fecondo come Nino Rota, provocatorio come Palazzeschi, aforistico come Achille Campanile, va annoverato fra gli artisti che nel Novecento puntarono, mediante lo straniamento degli stereotipi percettivi, a ribaltare la lettura della realtà. L’abbondanza della produzione – molta musica è rimasta inedita – ricorda Haydn, la velocità di stesura Rossini. Nell’«ispirazione verbalistica» (Mila, 1960, p. 74), ossia nella capacità di creare lo spettacolo dalla parola che stravolge burlescamente il senso stesso della musica, dimostrò un senso sorgivo del teatro che si osserva anche nei brani strumentali, spesso centrati su spunti extramusicali di carattere descrittivo o istrionico o gestuale. Il teatro, a sua volta, rifugge dai modi della tradizione, attratto da una poetica e da un armamentario tecnico che per certi versi si rifà al postfuturismo e al surrealismo: pastiche, collage, citazionismo, rapsodia straniante. Questi aspetti si osservano soprattutto quando affronta temi legati alla cronaca ovvero socioantropologici, che lo indirizzano verso gli approdi originali del ‘teatro-canzone’ e della ‘canzone-teatro’. Per lui, la canzone è un «melodramma concentrato» (Gino Negri: finirò per svegliarmi, RSI, 2011, puntata n.7). Eccentrico ed esibizionista, dietro un sorriso ironico non immune da un pizzico di novecentesca «angoscia» (Pestalozza, 1952), può essere considerato un umorista controcorrente.

Manca tuttora un catalogo dell’abbondante e multiforme produzione di Negri, che comprende opere di teatro musicale, musiche di scena, musiche di genere ‘leggero’ per il cabaret, il variété, il balletto, musiche vocali e strumentali da camera, musiche per film, per la TV, per la pubblicità, versioni ritmiche (Il pipistrello di Strauss, Orfeo all’inferno di Offenbach, il musical Oklahoma), opere didattiche e divulgative, scritti vari. Un contributo notevole in direzione di un catalogo ha dato la monografia di Marco Moiraghi, 2011.

Fonti e Bibl.: M. Mila, Un nuovo compositore, in Il Mondo, 21 settembre 1946, p. 11; L. Pestalozza, Concerto di musica moderna, in Avanti!, 31 maggio 1952, p. 4; Id., Dal clarinetto al Wozzeck, ibid., 14 aprile 1953, p. 3; E. Montale, «Vieni qui, Carla» di G. N.(1956), in Il secondo mestiere. Arte, musica, società, a cura di G. Zampa, Milano 1996, pp. 1029-1031; M. Mila, A scandalous musician, in The Score and I.M.A. Magazine, 1956, n. 15, pp. 31-38; L. Pestalozza, I compositori milanesi, in La Rassegna musicale, XXVII (1957), pp. 27-43; M. Mila, Le opere impossibili di G. N., in Cronache musicali 1955-1959, Torino 1959, pp. 189-196; Id. Prefazione a Giorno di nozze, in Le sue ragionidi E. Pagliarani - A. Paccagnini e Giorno di nozze di G. N., due libretti per musica, Milano 1960, pp. 73-79; F. d’Amico, I casi della musica, Milano 1962, pp. 132-134, 267-269, 307 s.; R. Zanetti, La musica italiana nel Novecento, Busto Arsizio 1985, pp. 1276, 1314 s.; B. Donin-Janz, Zwischen Tradition und Neuerung. Das italienische Opernlibretto der Nachkriegsjahre, Frankfurt 1994, ad ind.; S. Miceli, La musica nel film e nel teatro di prosa, in Italia Millenovecentocinquanta, Milano 1999, pp. 26, 264, 299; R. Leydi, Il caro amico, folletto operosissimo, in Ricordo di G. N.: a dieci anni dalla scomparsa, a cura di G. Di Leva, Milano 2001, pp. 9-13; A.I. De Benedictis, Radiodramma e arte radiofonica. Storia e funzioni della musica per radio in Italia, Torino 2004, ad ind.; E. Comuzio, Musicisti per lo schermo. Dizionario ragionato dei compositori cinematografici, Roma 2004, pp. 633 s.; M. Moiraghi, La canzone e il teatro musicale di G. N. nella vita artistica milanese degli anni Cinquanta e Sessanta, in Milano, laboratorio musicale del Novecento. Scritti per Luciana Pestalozza, a cura di O. Bossini, Milano 2009, pp. 207-217; Id., Voglio un monumento in piazza della Scala. La Milano musicale di G. N., Roma 2011; G. N.: finirò per svegliarmi. Vita, morte e miracoli di un musicista e umorista controcorrente, trasmissione radiofonica in 8 puntate a cura di E. Sala et al., RSI - Radiotelevisione Svizzera Italiana, Reteduecinque, 21 gennaio - 11 marzo 2011 (http://retedue.rsi.ch/home/networks/ retedue/rete2-5/2011/01/21/gino-negri.html); L. Pestalozza, G. N., in Enciclopedia dello spettacolo, VII, col. 1067; R. Cognazzo, G. N., in Dizio-nario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le Biografie, V, p. 342.

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