GIAPPONE

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

GIAPPONE (XVII, p. 1; I, p. 668; App. II, 1, p. 1049)

Silvio PICCARDI
Giovanni MAGNIFICO
Gio. Bor.

L'Impero nipponico comprende attualmente le quattro isole di Hokkaido, Honshu, Shikoku e Kyushu con le isole minori circostanti e le Amami Gunto (v. tabella).

Le perdite territoriali sancite dal trattato di San Francisco. - La pace di San Francisco (v. oltre § Storia) dovette forzatamente tenere conto delle occupazioni militari seguite all'armistizio. Il G. perdeva definitivamente quei territorî fuori dell'Arcipelago il cui destino era già stato fissato da precedenti accordi tra gli Alleati durante il conflitto, e che da sei anni si trovavano in mano cinese e sovietica, oltre che americana. Alla Cina ritornava l'isola di Formosa (che restò sotto il governo nazionalista cinese che ne aveva già il possesso reale) e la Manciuria. La Corea avrebbe dovuto costituirsi in uno Stato indipendente. All'URSS erano restituiti i diritti perduti in Manciuria nel 1905, e veniva riconosciuto il possesso della parte meridionale dell'isola di Sachalin e dell'Arcipelago delle Curili. Sotto l'amministrazione degli S. U. A. restavano le Ryu-Kyū, Bonin, Volcano, Paracel e Marcus. Delle Ryu-Kyū il gruppo settentrionale delle Amami Gunto è stato successivamente restituito alla sovranità giapponese (24 dicembre 1953). In conseguenza delle perdite territoriali sancite dal trattato l'Impero nipponico, che alla vigilia della guerra si estendeva su circa 679.000 km2, era ridotto nel 1951 a 368.844 km2. La perdita del protettorato sulla Manciuria e della sovranità sulla Corea toglieva al G. le fonti di materie prime minerali che avevano alimentato fino alla fine del conflitto molte sue industrie e specialmente la siderurgia. La perdita di Formosa implicava la rinuncia alla disponibilità di preziosi prodotti agricoli tropicali, che - in parte - erano oggetto di proficua esportazione. Inoltre tutti questi territorî erano importanti mercati di sbocco dell'industria nipponica. Complessivamente prima della guerra circa tre quinti delle esportazioni giapponesi e tre settimi delle importazioni interessavano Manciuria, Corea e Formosa. In queste condizioni la ricostruzione economica del G. presentava problemi molto difficili, che sono stati risolti solo grazie agli aiuti degli S. U. A.

Il problema demografico. - Il sovrapopolamento di gran parte del territorio giapponese che è - non da oggi - il problema fondamentale del paese, e che costituì la base naturale su cui si sviluppò l'imperialismo nipponico, si è accentuato dopo la fine del conflitto. Contribuirono a ciò, oltre al rimpatrio di ben 6.241.548 persone dai territorî d'oltremare (solo parzialmente compensato dalla partenza di 1.192.157 stranieri), gli effetti, in sé benefici, della politica sanitaria svolta dagli occupanti americani, che provocò una forte riduzione dell'indice di mortalità. Quello di natalità, che nel primo dopoguerra accennò ad aumentare, raggiungendo nel 1947 il 34,3‰, dopo diminuì, ma la differenza fra i due indici resta tuttora maggiore di prima della guerra, tanto che si registra ogni anno un incremento naturale di un milione di individui. Nel 1945 la popolazione era di 72,5 milioni. Nel 1953 in conseguenza dei rimpatrî e dell'incremento naturale era salita a 87 milioni. Nel censimento dell'ottobre 1955 risultò di 89.275.529. Una valutazione di due anni dopo (ottobre 1957) dava 91.100.000 abitanti (densità 246,3 ab. per km2).

Nell'immediato dopoguerra le autorità governative, dopo avere sollecitato inutilmente sbocchi per la mano d'opera esuberante (si indicava, come regione adatta ad accogliere immigranti giapponesi, la Nuova Guinea) decisero di favorire la propaganda per l'uso degli antifecondativi e promossero la legalizzazione dell'aborto con una legge del settembre 1948. Si deve probabilmente a questo orientamento politico favorevole al controllo delle nascite se l'incremento della popolazione si è attualmente stabilizzato in circa un milione di individui l'anno.

All'aumento della popolazione complessiva si è accompagnato lo sviluppo dell'urbanesimo. Mentre nel 1931 soltanto venti città superavano i centomila abitanti, oggi ve ne sono 99 che sorpassano tale limite. Sei raggiungono o superano un milione di abitanti. Tra queste specialmente Tokyo si trova in fase di rapida espansione. Secondo una valutazione del dicembre 1957, la sua popolazione, compresa quella suburbana, era salita a 8.573.879 abitanti, con un aumento in due anni di circa mezzo milione di abitanti.

Agricoltura e allevamento. - Il 45% della popolazione attiva è tuttora occupato nell'agricoltura. Al frazionamento fondiario, accentuato dalla riforma agraria postbellica, che ha fatto della maggior parte dei contadini giapponesi dei piccoli coltivatori diretti (oggi l'82% dei contadini è proprietario della terra su cui lavora), si accompagna generalmente la diffusione dell'azienda di tipo familiare, in cui sono impegnati tutti i membri validi di ciascuna famiglia. Queste aziende dispongono normalmente di meno di un ha di terreno e ogni famiglia è composta in media di 4-5 persone; ne consegue che il lavoro materiale dell'uomo ha una importanza straordinaria nel processo produttivo.

Benché si tratti dunque di una forma di agricoltura ancora arretrata con scarsissima remunerazione per gli addetti, la resa delle colture è ottima in sé, ed è tale da assicurare almeno l'alimentazione dei coltivatori. Nei terreni migliori e dotati di un clima adatto (specialmente nelle parti meridionali dell'Arcipelago) nel corso dello stesso anno si avvicenda la coltura del riso con quella dell'orzo e del grano, e si cerca così di ottenere - con largo uso di fertilizzanti e di mano d'opera - due raccolti cerealicoli annui. Nonostante queste tecniche che hanno per scopo le massime produzioni possibili, indipendentemente dai costi necessarî, il G. ha tuttora un deficit alimentare del 20% che viene coperto con importazioni (si importano, per es., 25-30 milioni di cereali all'anno).

Su una superficie coltivata di 5.048.000 ha, 3.232.000 ha (il 64%) sono utilizzati dalla risicoltura (143.280.000 q nel 1957). Le altre colture cerealicole principali sono l'orzo (1957: 928.000 ha e 21.600.000 q) e il frumento (1957: 615.000 ha e 13.300.000 q). Tra le altre piante alimentari prevalgono gli agrumi (1957: 7.650.000 q), la soia (1957: 4.590.000 q), la barbabietola da zucchero (1957: 950.000 q di zucchero), la canna da zucchero (1957: 190.000 q di zucchero), le patate. Altre importanti colture sono il tabacco (1957: 73.000 ha e 1.450.000 q) e il tè (1957: 45.000 ha e 724.000 q).

La bachicoltura, date le attuali difficoltà di esportazione della seta, dovute al prevalere delle fibre artificiali sui mercati mondiali, non ha l'importanza di un tempo. Nel 1957 il G. risultava, comunque, lo stato maggior produttore con 1.167.240 q di bozzoli (su 2.695.400 q prodotti nel mondo), ma la produzione di anteguerra si aggirava su 3,5-4 milioni di q. Importante è anche l'allevamento delle ostriche perlifere (a Toba). invece scarso sviluppo continua ad avere l'allevamento del bestiame, salvo quello degli ovini (che sono più che decuplicati in venti anni). Nel 1957 esistevano 3.177.000 bovini, 1.546.000 suini, 945.000 ovini, 818.000 equini, 669.000 caprini.

Foreste. - Le foreste ricoprono ancora ben 22.545.000 ha (oltre 4 volte la superficie coltivata), nonostante i danni subìti negli ultimi 25 anni, per i tagli eccessivi e irrazionali. Esse, oltre a fornire legnami da costruzione, contribuiscono ad alimentare l'industria della carta e di alcune fibre artificiali (1957: polpa di legno meccanica 772.000 t, chimica 1.663.000 t).

Pesca. - Il Giappone ha ancora il primato della pesca nel mondo: 53.990.000 q nel 1957, 400.000 natanti. Gli addetti sono 600.000 e inoltre 1.400.000 persone esercitano la pesca come attività solo complementare.

I pescatori giapponesi sono stati molto danneggiati dalla perdita delle Curili e della Corea, le cui piattaforme continentali sono particolarmente pescose. Il prodotto, costituito da sardine (12 milioni di q all'anno), tonni, salmoni, merluzzi, aringhe e gamberi, è in parte inscatolato ed esportato. I Giapponesi partecipano anche alla caccia della balena nell'Antartide con 54 baleniere e 5 navi fattoria. Nel 1957 furono uccisi 14.614 capi.

Industrie. - Con la ripresa del processo di industrializzazione seguita alla parentesi bellica e postbellica la ben nota povertà di risorse naturali si è fatta sentire specialmente nel settore delle fonti di energia. Una certa produzione di carbone esiste, ma il minerale è di qualità scadente. I giacimenti locali di carbone (nelle isole Kyushu ed Hokkaido) hanno dato nel 1958 49.668.000 t di combustibile. La produzione interna è integrata dall'importazione di carboni più pregiati provenienti da Stati Uniti, Australia, Vietnam settentrionale, Unione Sovietica, Cina (complessivamente 4.645.806 t nel 1958).

Il petrolio è molto scarso. I giacimenti attualmente sfruttati si trovano in Hokkaido presso Sapporo e nella regione costiera nord-occidentale di Honshu, dove esiste il distretto petrolifero più produttivo, a Jabase (Akita). La produzione nel 1958 fu di 367.200 t. Le raffinerie, che dopo l'armistizio erario state chiuse per ordine degli occupanti, furono autorizzate a riprendere la loro attività nel 1950. Sei sono nella regione petrolifera di Honshu e dieci sulle coste del Pacifico. Del greggio raffinato solo il 2,4% è di origine nazionale, il resto viene tutto importato (nel 1958: 14.139.218 t provenienti da Arabia Saudita, Kuwait, ‛Irāq, Indonesia, Persia). Esiste anche una piccola importazione di prodotti raffinati (per il 97% olio combustibile), che è parzialmente compensata dalla esportazione di prodotti analoghi (specialmente olio combustibile e benzina).

Sta prendendo sviluppo anche lo sfruttamento del gas naturale (1957: 243.636.000 m3; 1958: 367.883.000 m3), che per circa il 40% è usato come combustibile, mentre il rimanente è impiegato come materia prima dalle industrie chimiche.

L'aumento della domanda di fonti di energia negli ultimi anni ha spinto l'industria elettrica nipponica a realizzare nuove captazioni delle risorse idrauliche, già così intensamente sfruttate (10.236.000 kW installati alla fine del 1957, integrati da 6.610.000 kW di impianti termici). Fra i nuovi impianti idraulici sono notevoli quelli sui fiumi Tadami, Kiso e Jintsugawa. La produzione del 1956 fu di 56.721 milioni di kWh di origine idraulica e di 23.559 milioni termici (produzione complessiva, 1956: 81.303 milioni di kWh; 1957: 77.712; 1958: 80.280; 1959: 95.273)

È stato già notato come la perdita delle disponibilità delle materie prime minerali provenienti dalla Manciuria e dalla Corea abbia messo in condizioni precarie l'industria siderurgica giapponese. Infatti l'attuale territorio nipponico, non solo scarseggia di risorse carbonifere, ma è poverissimo di minerali di ferro. Oggi la siderurgia giapponese deve importare da paesi lontani gran parte dei minerali di ferro e dei rottami necessarî. I minerali provengono da India, Malesia, Filippine, Canada, S. U. A. e Perù (complessivamente 7.613.774 t nel 1958). I rottami vengono specialmente dagli Stati Uniti ed anche da India, Hong-Kong e Australia (in tutto 1.353.522 t nel 1958). I giacimenti di minerali di ferro attualmente sfruttati nell'Arcipelago Giapponese si trovano presso Kamaishi nella Honshu settentrionale e in Hokkaido (produzione nel 1958: 1.102.000 t di contenuto metallico). Sono noti giacimenti minori in varie località di Honshu e presso Niihama nell'isola Shikoku. Gli stabilimenti siderurgici sono distribuiti in tutte e tre le maggiori isole: a Muroran, presso i giacimenti carboniferi e ferriferi della isola Hokkaido; a Hachinohe, a Kamaishi, a Tokyo, a Kawasaki (alla periferia di Tokyo stessa), a Chiba, a Shimizu e a Hiroshima, nell'isola Honshu, a Yawata (sono i maggiori) e a Kokura, presso i giacimenti carboniferi dell'isola Kyushu. Nel 1958 la produzione è stata di 7.692.000 t di ghisa e ferro-leghe e di 12.120.000 t di acciaio.

Continua lo sfruttamento dei giacimenti cupriferi, che sono la principale risorsa giapponese nel settore dei minerali metalliferi (a Kosaka, Ashio e Hitachi, nell'isola Honshu, e a Besshi, nell'isola Shikoku; produzione in contenuto metallico nel 1957: 81.700 t). Le raffinerie del minerale si trovano a Kosaka, Nikko, Annaka, Osaka, Takehara, Niihama, Saganoseki (1957: 108.900 t di rame; 1958: 103.200 t).

Nell'isola Honshu si sfruttano ancora giacimenti di piombo e di zinco (stabilimenti di raffinazione a Kameoka e Hosokura; nel 1957, piombo 56.800 t; zinco 136.000 t). Oro si estrae in Honshu e Kyushu; argento in queste stesse isole e anche in Hokkaido. Le produzioni nel 1959 furono rispettivamente di 10.208 kg e di 294.800 kg.

Tra i minerali non metalliferi, oltre agli idrocarburi, è sfruttato lo zolfo (a Matsuo, Azuma e Ogushi), di cui esistono ancora giacimenti cospicui. Produzione nel 1957: 258.000 t (la maggiore del mondo dopo quella degli Stati Uniti).

Nonostante l'assenza di bauxite nel sottosuolo, esiste in Giappone una notevole produzione di alluminio basata sull'importazione del minerale. Nel 1958 furono prodotte 84.600 t di metallo.

L'industria meccanica ha ormai raggiunto o superato le posizioni di anteguerra. L'industria cantieristica, con circa 70.000 addetti (Niigata, Tokyo, Yokohama, Nagoya, Osaka, Kobe, Hiroshima, Fukuoka e Nagasaki), ha prodotto negli anni 1956, 1957 e 1958 oltre due milioni di t di naviglio all'anno. Nel 1956 le navi costruite per conto di committenti esteri costituirono la voce più importante del commercio di esportazione nipponico. L'industria automobilistica, con circa 100.000 addetti (Tokyo, Yokohama e Nagoya) ha fabbricato circa 190.000 veicoli nel 1959. Importanti sono pure le industrie del materiale ferroviario (Tokyo, Yokohama, Osaka, Kobe) e delle biciclette (Tokyo, Osaka, Nagoya). Soffrono invece della perdita degli antichi mercati di esportazione l'industria delle macchine tessili e quella delle macchine da cucire.

Fiorentissime sono le industrie degli apparecchi ottici (oltre mezzo milione di macchine fotografiche all'anno), della meccanica di precisione (cinque milioni di orologi), del materiale elettrico, degli apparati elettronici, degli apparecchi radioriceventi a transistor.

Il settore tessile ha tuttora un posto di primo piano nell'economia giapponese. Anche se il tradizionale setificio è decaduto, altre industrie tessili sono fiorenti. La decadenza del setificio si rileva dalla ridotta produzione dei bozzoli (v. sopra) e dalla diminuzione del numero delle bacinelle (46.756 nel 1956 contro 535.000 nel 1936). Nel 1956 furono fabbricati circa 175 milioni di m2 di tessuti di seta. Il principale mercato di esportazione è costituito dagli Stati Uniti, che acquistano anche seta greggia.

Una grande ripresa hanno avuto nel dopoguerra le industrie delle fibre artificiali. Nel 1958 furono prodotte 84.840 t di raion a fibra lunga e 241.680 t di fiocco (Hiroshima, Yamaguchi, Shiga, Ehime, Miyazaki, Tokushima, Kumamoto, ecc.; produzione complessiva nel 1933: 44.420 t).

Si sono sviluppate anche le nuove industrie del nailon e di altre fibre sintetiche (a Nagoya, Kurashiki, Okayama, Amagasaki, Sakoshi, Yodogawa, Ogaki, Iwakuni, Nobeoka e Inagawa).

Il cotonificio giapponese, duramente colpito dalle perdite territoriali del paese, che lo hanno privato della disponibilità di una parte della materia prima e di importanti mercati di sbocco, si è lentamente ripreso trovando altre vie per i suoi traffici (produzione di tessuti nel 1956: 2.900 milioni di m2). La materia prima è importata quasi tutta dagli S.U.A. (che del resto già prima della guerra erano tra i principali fornitori). Le esportazioni si rivolgono invece verso nuovi mercati, nell'Asia meridionale e sud-orientale e in Africa. Le importazioni di cotone greggio e le esportazioni dei prodotti del cotonificio sono tra le voci più importanti del commercio internazionale nipponico (il cotone greggio rappresentò nel 1951 il 23,7% delle importazioni, mentre i tessuti ed i filati di cotone formavano rispettivamente il 23,3 e il 2,5% delle esportazioni in valore).

Il lanificio conta oggi 2.152.000 fusi e 26.923 telai contro 300.000 fusi e 2.000 telai del 1936. La produzione del 1956 fu di circa 105.000 t di manufatti. La materia prima è in massima parte importata.

Tra le industrie chimiche hanno ripreso la loro posizione preminente quelle che producono fertilizzanti, indispensabili per assicurare le ottime rese delle colture alimentari. Si fabbricano soprattutto concimi azotati e fosfatici. I fosfati minerali occorrenti sono in massima parte importati da S.U.A., Oceania, Egitto e Marocco (1.507.396 t nel 1958).

Centri principali di queste industrie sono: Shimonoseki, Hakodate, Omuta, Nagoya, Sunakawa, Yokohama, Kawasaki, Niihama, Beppu, Hachinohe, Osaka, Toyama, Yokkaichi, Minamata. Ecco le produzioni del 1958: solfato di ammonio 2.610.000 t, urea 480.000 t (metà della produzione mondiale), nitrato di ammonio 23.000 t, cloruro di ammonio 134.000 t, calciocianamide 440.000 t (un terzo della produzione mondiale), superfosfati 1.300.000 t, fosfato di magnesio liquido 400.000 t, fosfato di ammonio 238.000 t, altri fertilizzanti composti 1.750.000 t circa. Una parte dei concimi chimici prodotti è esportata nella Corea del Sud e in altri paesi dell'Asia sud-orientale, nell'America Latina e in Africa (per un valore complessivo nel 1958 di circa 20 miliardi di yen).

La produzione di acido solforico è tra le maggiori del mondo, grazie all'abbondanza di piriti esistenti nel sottosuolo (3.378.000 t estratte nel 1957). I maggiori stabilimenti per la produzione di acido solforico si trovano a Hitachi, Saganoseki, Osaka, Besshi, Shimonoseki, Omuta, Wakayama. La produzione nel 1958 fu di 3.904.000 t.

Anche la produzione di soda caustica è divenuta oggi tra le maggiori del mondo, nonostante la carenza di cloruro di sodio, a cui si rimedia con forti importazioni di sale greggio da Cina, Indonesia, Egitto, S. U. A., Aden (complessive 1.699.346 t nel 1958). I maggiori stabilimenti sono a Makiyama, Tokuyama, Yokkaichi, Ube, Oji, Toyama, Nagaoka, Amagasaki, Yokohama, Nobeoka, Okayama, Kokura. Questa industria dopo la crisi bellica ha avuto una lenta ripresa che l'ha riportata nel 1954 al livello di anteguerra. Successivamente la produzione è ulteriormente e notevolmente aumentata fino a raggiungere le 677.000 t nel 1958. In quell'anno circa 23.000 t furono esportate (specialmente in Brasile, Corea, Pakistan, Indonesia, Filippine e Tailandia).

In rapido sviluppo sono anche la nuova industria del cloruro di polivinile (isolamenti elettrici, tubazioni - anche di acquedotto -, semilavorati, per complessive 107.000 t nel 1958, di cui circa 17.000 esportate) e quella dei materiali fotosensibili (nel 1958: 10 milioni di m2 di pellicola e 16 milioni di m2 di carta sensibile, con esportazioni in quasi tutta l'Asia e nell'America Latina). Un grande progresso ha fatto negli ultimi anni l'industria farmaceutica che esporta il 60% della produzione sui mercati asiatici. Qualche esportazione di prodotti farmaceutici è diretta anche agli S.U.A. e al Brasile.

Dimensioni di grande industria ha la lavorazione della gomma (produzione di pneumatici e di calzature) con 67.000 addetti. Il caucciù naturale è importato da Malesia, Ceylon, Indonesia, Borneo britannico, Singapore (138.537 t importate complessivamente nel 1958). La gomma sintetica proviene da S. U. A., Canada, Germania Occ. (complessivamente 17.280 t nel 1958). I principali stabilimenti si trovano a Tokyo, Kobe, Osaka, Kurume, Sendai e Otaru. La produzione annuale si aggira sulle 100.000 t di manufatti.

L'industria cartaria, danneggiata dalla perdita della disponibilità del legname di Sachalin, importa una parte della materia prima dalla Corea, dal Canada e dall'URSS. Le principali cartiere si trovano a Tomakomai (in Hokkaido), Tokyo e Osaka (nel 1958 furono prodotte, fra l'altro, 571.000 t di carta da giornali).

L'industria cementizia, che nel 1939 aveva raggiunto una produzione di 6.199.724 t, nel primo anno del dopoguerra (1946) produsse appena 900.000 t. L'anno successivo cominciò la ripresa, tanto che nel 1951 fu raggiunto il livello produttivo di anteguerra. Nel 1956 furono fabbricati 13 milioni di t di cemento; nel 1957 e 1958 la produzione si mantenne intorno ai 15 milioni di t annue. I cementifici sono molto diffusi perché (come accade di solito) si sono localizzati in vicinanza delle cave della materia prima, abbastanza comune nel paese. Le esportazioni sono notevoli ma risultano sensibilissime alle congiunture economiche internazionali (1954: 900.000 t; 1955: 1.450.000 t; 1956: 2.350.000 t; 1957: circa 2.000.000 di t; 1958: soltanto 1.480.000 t, per effetto della recessione economica di quell'anno). Gli abituali importatori sono: Vietnam meridionale, Cambogia, Laos, Filippine, Indonesia, Hong-Kong, Singapore, Malesia, Tailandia e Birmania. Nel 1956 vi furono anche forti acquisti da parte della Cina comunista e di paesi del Golfo Persico.

Commercio con l'estero. - Le importazioni interessano due settori merceologici caratteristici: prodotti alimentari e materie prime industriali. Nel 1956 le merci importate furono le seguenti (in dollari U.S.A.): cotone greggio 510 milioni, petrolio greggio 350, lana 250, rottami di ferro 240, grano 160, minerale di ferro 160, zucchero 120, carbone fossile 100, altre merci (con valori inferiori ai 100 milioni di dollari) 1.339 milioni di dollari.

Le esportazioni in massima parte riguardano manufatti industriali, ma non mancano anche prodotti greggi (come la seta) e semilavorati, che il Giappone, nonostante il suo elevato grado di industrializzazione, trova conveniente esportare per fruire di un miglior trattamento doganale nei paesi acquirenti. Le merci esportate nello stesso anno 1956 (sempre in dollari U.S.A.) furono: navi 310 milioni, manufatti di cotone 260, manufatti di ferro e acciaio (escluse le navi) 210, manufatti di rayon 130, confezioni 120, pesce 110, altre merci (con valori inferiori ai 100 milioni di dollari) 1360 milioni di dollari.

Nello stesso anno 1956 i paesi che fornirono le maggiori importazioni furono: S.U.A. col 35% del totale, Australia (8,1%), Canada (4,3), Arabia Saudita (3,9), Messico (3,5), Filippine (3,3), Malesia (3,2), India (2,6), Indonesia (2,4), Gran Bretagna (2,2). Si noti che la Cina, oggi assente tra i grandi fornitori del Giappone, nel periodo 1934-36 inviava il 14% delle merci importate.

I paesi verso cui si diressero le maggiori esportazioni furono (1956): Stati Uniti col 21,2% del totale, Liberia (10%: si tratta di navi acquistate da proprietarî non liberiani, ma destinate a battere la bandiera liberiana), Hong-Kong (4,9), India (4,5), Formosa (3,2), Malesia (3), Tailandia (2,9), Indonesia (2,8), Cina comunista (2,8), Ghana (2,7). Sempre a proposito dei cambiamenti intervenuti nel commercio tra i paesi dell'Estremo Oriente dopo la seconda guerra mondiale, si noti che nel citato periodo 1934-36 la Cina assorbì il 32,8% delle esportazioni giapponesi.

Ecco i valori del commercio con l'estero nel quinquennio 1954-1958 (in milioni di yen): Anno 1954: importazioni 863.785,4, esportazioni 586.562; 1955: 889.715 e 723.816; 1956: 1.162.705,9 e 900.229; 1957: 1.542.090,1 e 1.028.886,6; 1958: 1.091.510 e 1.035.455; 1959: 1.295.280 e 1.244.520.

Istruzione. - L'istruzione pubblica, obbligatoria e gratuita dai 6 ai 15 anni, era impartita nel 1956 in 44.957 istituti (6.013 scuole materne, 22.381 scuole elementari, 12.736 scuole secondarie inferiori, 3.331 scuole secondarie superiori, 228 università, 268 collegi universitarî) a 22.555.613 allievi (di cui 547.253 nelle università). Inoltre nel paese esistevano 740 biblioteche pubbliche con 16 milioni 697.000 volumi, 185 musei, 19 acquarî e 14 giardini botanici.

Comunicazioni. - La rete ferroviaria si è notevolmente estesa rispetto a prima della guerra (20.000 km nell'anteguerra, circa 30.000 km nel 1959, di cui 10.000 a trazione elettrica). Le rotabili hanno raggiunto la lunghezza di 145.941 km; gli autoveicoli circolanti su di esse nel 1959 erano 1.498.200 (dei quali 295.800 autovetture).

La storia della flotta mercantile ha rispecchiato fedelmente le vicende politiche ed economiche del paese. Da 6.300.000 t nel 1941 si era ridotta nel 1945, a causa delle perdite subite durante il conflitto, a 750.000 t. Ma nel 1953 esistevano già 2.250.000 t di naviglio. Alla fine del 1958 la flotta comprendeva 2.413 navi per 5.465.442 t (fra cui undici superpetroliere costituenti il 23% del tonnellaggio totale).

Le comunicazioni aeree sono in via di rapido sviluppo. Nel 1954 si ebbe un totale di 52.316.000 passeggeri-km; nel 1955 di 329.112.000; nel 1958 di 686.312.000. Linee regolari gestite dalla Japan Air Lines collegano Tokyo con gli S. U. A., con Hong-Kong, Bangkok e Singapore.

Economia e finanze. - Dalle notizie sopra date sulle attività agricole e industriali giapponesi si deduce facilmente che il ritmo di espansione dell'economia giapponese dal 1949 al 1958 è stato molto rapido. Fra il 1950 e il 1951, la produzione industriale e agricola, nonché il reddito nazionale reale hanno raggiunto i rispettivi livelli d'anteguerra (1934-1936 = 100); tra il 1953 e il 1954, anche il reddito e il consumo reale pro capite sono tornati ai livelli prebellici. Né il ritmo di espansione è rallentato notevolmente dopo il ritorno alla normalità; infatti, la capacità produttiva, che in più riprese ha rappresentato il fattore-limite di maggior momento nel processo espansionistico, è risultata continuamente incrementata dai massicci programmi di investimento effettuati sia nel settore pubblico sia in quello privato. D'altra parte le tensioni verificatesi nella bilancia dei pagamenti sono state superate, anche quando gli aiuti esteri sono venuti a cessare, grazie al cospicuo incremento delle esportazioni, le quali peraltro non hanno ancora raggiunto nel totale mondiale la stessa importanza relativa dell'anteguerra (esse sono soggette a trattamento discriminatorio in molti paesi).

Detta espansione non è stata regolare, bensì è stata accompagnata da fluttuazioni cicliche della produzione e da crisi monetarie e finanziarie. Il generale disordine monetario e finanziario prevalso nell'immediato dopoguerra venne a cessare a seguito dell'applicazione del "Programma di stabilizzazione Dodge". Con esso, fu fissato per la prima volta il tasso di cambio di 360 yen per dollaro U.S.A., tasso che è rimasto invariato finora; fu ripristinato il principio del bilancio in pareggio, la cui sistematica inosservanza nei primi anni del dopoguerra aveva causato una forte inflazione; furono ridotti, coerentemente, i sussidî all'esportazione, all'importazione e alla produzione, che negli anni precedenti avevano largamente contribuito al disavanzo del bilancio statale; infine, fu impartita alle banche l'istruzione di restringere severamente i crediti. A seguito di tali drastici provvedimenti, il ritmo dell'attività economica rallentò; in compenso, fu raggiunto un migliore equilibrio fra domanda e offerta e l'effetto netto delle finanze statali da inflazionistico divenne deflazionistico.

Il processo di stabilizzazione fu interrotto dallo scoppio del conflitto in Corea, nel giugno 1950. La domanda estera di prodotti giapponesi raddoppiò fra l'aprile 1950 e lo stesso mese del 1951 provocando una rapida espansione degli investimenti e i prezzi registrarono un forte aumento, dato che l'offerta non aveva potuto adeguarsi alla domanda. La fase espansionistica determinata dal conflitto coreano fu seguita da un rallentamento della congiuntura, per porre termine al quale furono adottati vari provvedimenti: riduzione delle imposte, aumento degli investimenti pubblici, potenziamento dell'assistenza finanziaria al settore privato. La conseguente espansione della domanda fece ricomparire notevoli pressioni inflazionistiche nel 1952 e nel 1953; l'andamento degli scambî con l'estero divenne di nuovo sfavorevole nel 1953 e le riserve diminuirono sensibilmente, nonostante gli incassi straordinarî di dollari U.S.A. Si dovette, perciò, ritornare a una politica restrittiva, realizzata mediante la manovra monetaria e creditizia, dato che il bilancio statale esercitava un effetto netto inflazionistico. Favorevoli influenze esterne contribuirono al successo dei provvedimenti presi per riequilibrare gli scambî con l'estero. Inoltre, nel 1955, per la prima volta in questo dopoguerra, il miglioramento della bilancia dei pagamenti ebbe luogo in un clima di generale stabilità, a differenza che nel 1950 (l'incremento delle esportazioni fu allora seguito dall'inflazione all'interno) e nel 1954 (il miglioramento dei conti con l'estero fu ottenuto a costo di una deflazione all'interno). Incominciata nel settore delle industrie d'esportazione, la espansione si allargò rapidamente a tutti gli altri settori e si protrasse fino all'inizio del 1957. La politica di riduzione degli investimenti e di limitazione del credito, adottata nel maggio 1957, per contenere le pressioni inflazionistiche manifestatesi a partire dalla seconda metà del 1956, coincise con l'inizio della recessione mondiale. Quest'ultima, per quanto riguarda l'economia giapponese, si è concretata in un marcato rallentamento del saggio di sviluppo della produzione industriale, che si è protratto sin verso la fine del 1958.

L'esperienza di quest'ultima recessione indica che fondamentali mutamenti sono intervenuti recentemente nell'economia giapponese: 1) il limite all'espansione economica è rappresentato ora non tanto dalla capacità produttiva disponibile quanto dal livello della domanda globale; 2) l'inserimento della produzione giapponese nella corrente dei traffici internazionali rende il Giappone più vulnerabile alle fluttuazioni cicliche dell'economia mondiale. Nel secondare lo sforzo di ricostruzione e di espansione della capacità produttiva, le finanze pubbliche sono state in passato causa di fluttuazioni cicliche dell'attività economica; a seguito delle esperienze, l'accento è stato posto, invece, sulla loro funzione anticiclica, rispetto a fluttuazioni indotte dall'esterno. Peraltro, il compito di promuovere l'attività di investimento, intesa a migliorare i servizî pubblici e le generali condizioni di vita, permane l'obiettivo a lungo termine della politica economica.

La Banca del Giappone (Nippon Ginko) svolge le funzioni di banca centrale e amministra il controllo dei cambî. Su iniziativa delle autorità di occupazione l'intero sistema bancario e finanziario è stato riorganizzato in questo dopoguerra. In particolare, la Yokohama Specie Bank, che in passato aveva goduto di una posizione quasi monopolistica nel settore delle transazioni valutarie, fu ridimensionata nel 1947 e nel 1954 assunse la nuova denominazione di Bank of Tokyo. Inoltre, sono sorti parecchi nuovi istituti di credito e finanziarî, alcuni dei quali a partecipazione statale. Nel 1947 fu creata la Banca giapponese per il finanziamento della ricostruzione; quando fu sciolta (1951) il suo posto fu preso dalla più modesta Banca giapponese di sviluppo. Tra il 1951 e il 1952 fu creata anche l'Export-Import Bank of Japan, per agevolare il finanziamento del commercio con l'estero. All'ottobre 1957, il sistema bancario giapponese era costituito da 90 banche con complessive 5.713 filiali; 14 banche estere avevano proprie filiali in Giappone. L'unità monetaria è lo yen (diviso in 100 sen). Nel 1953 è stata dichiarata la parità aurea (0,00246853 grammi di fino per 1 yen) ed è stato confermato il tasso di cambio di 360 yen per 1 dollaro U. S. A.

Storia. - A partire dal dicembre 1948, da quando cioè il profilarsi della vittoria dei comunisti nella guerra civile in Cina impose agli S.U.A. di fare dell'Impero nipponico un pilastro del nuovo equilibrio estremo-orientale, l'obbiettivo della politica di occupazione in G., che era stato fin'allora la distruzione delle preesistenti strutture militariste ed imperialiste e la rieducazione democratica, divenne il risanamento economico ed il rafforzamento politico e militare del paese.

Nel settembre 1950, onde ottenere un'attiva collaborazione giapponese alla nuova politica, il governo americano riprese i contatti per la stipulazione del trattato di pace già avviati nel luglio 1947, con gli altri stati membri della CEO (Commissione Estremo-Oriente). I sovietici sostenevano che l'elaborazione del trattato spettasse al Consiglio dei Ministri degli Esteri, ma gli americani riuscirono a fare accettare dalla maggioranza degli stati interessati che le condizioni della pace fossero discusse attraverso le normali vie diplomatiche tra i membri della CEO ed alcuni altri stati asiatici sulla base di un memorandum americano.

Il trattato fu firmato l'8 settembre 1951 a San Francisco da 49 Stati. Unione Sovietica, Cecoslovacchia e Polonia, pur avendo partecipato alla conferenza, non firmarono il trattato. India e Birmania, non presenti a San Francisco, benchè invitate, firmarono trattati separati col G., rispettivamente il 9 giugno 1952 ed il 5 novembre 1954. Un trattato separato fu pure firmato dal G. con la Repubblica di Cina (nazionalista) il 27 aprile 1952. Italia e G. posero fine allo stato di guerra con uno scambio di note in data 27 settembre 1951.

Il trattato di San Francisco, composto di un preambolo e 27 articoli, disponeva, nelle sue clausole territoriali: il riconoscimento da parte del G. dell'indipendenza della Corea, la rinuncia ad ogni diritto, titolo o pretesa su Formosa, le Pescadores, le Curili, Sakhalin meridionale, le Spratly e le Paracel, e sulle isole del Pacifico già sotto mandato; il riconoscimento anticipato dell'amministrazione fiduciaria degli S. U. A. sulle Ryu Kyū (il gruppo settentrionale delle Amami Gunto è stato restituito alla sovranità giapponese nel dicembre 1953) e sulle Bonin, sulle isole Volcano e Marcus ed altre isolette minori. Altre clausole prevedevano: la rinuncia del G. ad ogni diritto o interesse particolare in Cina, il riconoscimento al G. del diritto all'autodifesa individuale (riarmo) e collettiva (alleanze) e il suo inserimento nel sistema internazionale di sicurezza. Quanto alle riparazioni, era affermato il principio che il G. non avrebbe potuto sopportare il pagamento di risarcimenti adeguati e si stabiliva che avrebbe stipulato accordi bilaterali con i paesi danneggiati "mettendo a disposizione le capacità tecniche ed industriali del popolo giapponese".

Lo stesso giorno, sempre a San Francisco, S. U. A. e G. firmarono un "Patto di sicurezza reciproca", con il quale gli S. U. A. si impegnavano a difendere il G. e questo, in cambio, riconosceva agli S. U. A. il diritto di mantenere forze armate sul suo territorio e si impegnava a non concedere basi militari ad altre potenze.

La firma dei due documenti segna l'inizio di una fase accentuatamente filo-americana della politica giapponese. Fu impostato un cauto e limitato riarmo sotto la spinta americana, nel quadro di un "Accordo per la difesa del G." - firmato con gli Stati Uniti il 28 febbario 1952 a complemento dell'alleanza di San Francisco, e successivamente modificato in talune clausole riguardanti la giurisdizione penale sulle truppe americane in G. - e di varî accordi stipulati nell'ambito del M.S.A., per cui gli S. U. A. si impegnavano a fornire materiale militare per 150 milioni di dollari e a cedere in prestito talune unità navali. Questa politica, di cui fu esponente il primo ministro liberale Yoshida incontrò opposizione oltreché nei due partiti socialisti di tendenze neutraliste, e nei comunisti, filosovietici, anche in alcuni gruppi della maggioranza conservatrice che, per spirito nazionalistico, mal tolleravano l'eccessiva arrendevolezza verso gli S. U. A., ed auspicavano essi pure un riavvicinamento con l'URSS che consentisse un maggior margine di autonomia alla politica giapponese e preparasse il terreno ad una normalizzazione dei rapporti con la Repubblica popolare cinese, che avrebbero portato alla riapertura quel mercato al commercio nipponico.

Yoshida fu rovesciato nel dicembre 1954 da queste forze a lui avverse. Sotto il suo successore Hatoyama, democratico, fu raggiunto il 19 ottobre 1956 un accordo con l'URSS, nella forma di una dichiarazione con cui si poneva fine allo stato di guerra, si rinunciava da parte sovietica alla richiesta di riparazioni, ci si impegnava ad appoggiare l'ingresso del G. nelle N.U., e si stabiliva il rimpatrio dei prigionieri nipponici tuttora nell'URSS e la ripresa delle relazioni diplomatiche e commerciali tra i due paesi. La definizione delle questioni territoriali era rinviata ad un futuro trattato di pace ma all'URSS continuavano a rimanere assegnate la parte meridionale dell'isola di Sakhalin, le Curili, nonché le venivano riconosciuti i diritti perduti in Manciuria nel 1905. L'URSS prometteva tuttavia la restituzione delle isole Habomai e Shikotan.

Con le dimissioni del secondo governo Hatoyama nel dicembre 1956, si inizia una terza fase della politica post-bellica del Giappone. Sotto i governi di Ishibashi (dicembre 1956), Kishi (febbraio 1957) e Ikeda (luglio 1960), (come quelli di Yoshida e Hatoyama espressioni delle forze liberal-conservatrici) fu perseguita una politica di espansione commerciale ed economica verso i paesi dell'Asia di sud-est, dell'Africa, dell'America latina, e si ebbe una ripresa, sia pure parziale, dei traffiffici, con la Repubblica popolare cinese. Il pieno rinserimento del G. nella società internazionale fu sanzionato dalla sua entrata alle N.U. il 18 dicembre 1956.

Sul piano interno, la politica giapponese è dominata in questi anni dalla lotta tra i partiti conservatori (in cui hanno ritrovato posizioni di rilievo esponenti della classe dirigente pre-bellica come i primi ministri N. Kishi e Ishibashi, i ministri degli Esteri Shigemitzu e Fujiyama e molti altri) e i socialisti, eredi delle forze democratiche che soccombettero in G. al militarismo dopo il 1930. Sul piano parlamentare le forze conservatrici risultarono costantemente in prevalenza, dapprima divise in un partito liberale e in un partito democratico, poi tra liberali, democratici e liberal-nazionali, e finalmente, dopo il 1955 fuse in un unico partito liberal-democratico che nelle elezioni del 1955 ottenne una maggioranza assoluta di 298 seggi, scesi nel 1958 a 287. Anche i socialisti giapponesi sono agitati da profondi contrasti. Divisi in due gruppi di destra e di sinistra (in leggera prevalenza questi ultimi) fino al 1955, poi anch'essi fusi in un unico partito che ottenne 158 seggi alla Dieta nel 1955 e 166 nel 1958, si divisero nuovamente alla fine del 1959 in un partito socialista e in un partito social-democratico. Furono soprattutto i socialisti (i comunisti hanno in Giappone un solo rappresentante in Parlamento e scarso seguito nelle masse) ad alimentare i moti del giugno 1960 che, se non riuscirono ad impedire, com'era nelle intenzioni, la ratifica del rinnovato trattato di sicurezza nippo-americano, firmato a Washington il 19 gennaio ed entrato in vigore il 19 giugno 1960, costrinsero tuttavia il presidente Eisenhower a rinunciare a un progettato viaggio a Tokyo nel giugno e provocarono un mese dopo le dimissioni di N. Kishi. Il 14 luglio è stato eletto presidente, dalla Convenzione del partito liberale democratico, Hayato Ikeda, che ha cercato di ricondurre il paese alla normalità. L'assassinio, il 12 ottobre 1960, del leader socialista Inejiro Asanuma da parte di un estremista di destra è stato però un pesante preludio della consultazione elettorale che il 20 novembre ha confermato il predominio dei liberaldemocratici: questi hanno conquistato 296 seggi; 145 sono andati ai socialisti, 17 ai socialdemocratici, 3 ai comunisti e 6 agli indipendenti. Di conseguenza il 7 dicembre Hayato Ikeda, ha costituito il suo nuovo ministero, forte di così vasti consensi. Vedi tav. f. t.

Bibl.: T. A. Bisson, Prospects for democracy in Japan, New York 1950; N. Ito, New Japan: six years of democratisation, Tokyo 1951; J. B. Cohen, Economic problems of free Japan, Princeton 1952; E. Colbert, The left wing in japanese politics, New York 1952; R. L. Swearingen, e P. F. Langer, The red flag in Japan, Cambridge, Mass., 1952; E. A. Ackerman, J.s natural resources and their relation to J.'s economic future, Chicago 1953; R. L. Swearingen, Japanese communism, New York 1953; J. P. Napier, Survey of the japanese communist party, Tokyo 1953; G. Okubo, The problem of the emperor system in postwar Japan, Tokyo 1953; W. Costello, Democracy versus feudalism in postwar Japan, Tokyo 1954; J. Moloney, Understanding the japanese mind, New York 1954; Y. Oka, Pattern of power in japanese democracy, Tokyo 1954; M. Bronfenbrenner, Prospects of japanese democracy, Toronto 1955; C. Uyehara, S. Royama, Comparative platforms of Japan's major parties, Medford 1955; A. B. Cole, Japanese society and politics, Boston 1956; H. Quigley e P. Turner, The new Japan, government and politics, Minneapolis 1956; C. Yanaga, Japanese people and politics, New York 1956; Japan since recovery of independence, in Annals of the American Academy of Political and Social Science, novembre 1956; N. Ike, Japanese politics, New York 1957; S. C. Leng, Japan and communist China, New York 1957; Japan between East and West, a cura del Council on Foreign Relations, New York 1957; E. Reischaver, The United States and Japan, Cambridge, Mass., 1957; J. Stoetzel, Without the crisanthemum and the sword, New York 1957; B. Cohen, The political process and foreign policy, Princeton 1957; A. B. Cole, Political tendencies of Japanese in small enterprises, New York 1958; Japan and the United Nations, New York 1958; L. B. Cohen, Japan's postwar economy, Bloomington 1958; Ministry of Foreign Affairs Japan, The Japan of today, Kyoto 1959; Policy Board of the Bank of Japan, Annual Reports.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Council on foreign relations

Industria automobilistica

Barbabietola da zucchero

Piattaforme continentali

Seconda guerra mondiale