NANNI, Giancarlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

NANNI, Giancarlo

Annamaria Corea

– Nacque a Rodi il 27 maggio 1941, terzogenito di Carlo e Penelope Tusgioglu, nata in Turchia da genitori greci.

Il bisnonno paterno era stato un attore bolognese. Nel 1945 la famiglia si spostò in Italia, poi in Arabia Saudita, finché non si stabilì a Roma dove Carlo fu direttore dell’American Express fino al 1958.

Compiuti gli studi professionali e diplomatosi in tecnica aeronautica nel 1963, Nanni fu assunto dall’Alitalia come steward. Intanto, si avvicinò al free jazz, suonando la cornetta, e soprattutto si dedicò alla pittura, affiliandosi principalmente alla scuola di Mario Schifano e Cy Twombly.

Già amante dell’arte di Jackson Pollock, conosciuta a 17 anni, era molto influenzato dalle avanguardie storiche (futurismo, dada e surrealismo) e più tardi dalla Pop Art, il New Dada, dal happening e dall’action painting americani e dalle ricerche di Gianfranco Baruchello, Alberto Grifi e Alfredo Leonardi. La sua formazione fu anche molto legata all’incontro con John Cage a New York e alla frequentazione romana di intellettuali, musicisti e artisti come Aldo Braibanti, il Gruppo 63, Sylvano Bussotti, Steve Lacy, Gastone Novelli, Jannis Kounellis. Iniziò in questo periodo a esporre alla galleria Arco d’Alibert un tipo di pittura, colossale per dimensioni e ‘performativa’, che tendeva a sconfinare dalla tela allo spazio circostante investendo lo spettatore.

Ma l’incontro che segnò profondamente la sua vita artistica e sentimentale avvenne nel 1964 quando al Teatro Arlecchino di Roma vide Manuela Kustermann nei panni di Ofelia nell’Amleto di Carmelo Bene. Come spesso avrebbe poi detto, la passione per il teatro nacque per amore, per portare via l’attrice da Bene. Nel 1965 lasciò il lavoro all’Alitalia e partì con Kustermann per un viaggio che determinò non poco la loro futura attività teatrale, anche perché ad Avignone strinsero amicizia con i membri del Living Theatre. Di ritorno a Roma, organizzarono diversi happenings, alcuni più intimi, come Il bando per Virulentia nella casa-studio di Nanni in via Margutta; altri furono eventi straordinari in città: 24 ore no stop teatro alla libreria Feltrinelli e quello sul Tevere, girato per la televisione tedesca, con l’intervento di pittori, musicisti, attori, poeti.

Nel 1968 fondò con Valentino Orfeo il gruppo Space Re(v)action con l’idea di sperimentare un nuovo linguaggio teatrale e a tal fine affittò con Kustermann un vecchio magazzino in via Portuense 78, che diventò il Teatro La Fede. Qui si formarono Memé Perlini, Giuliano Vasilicò, Pippo Di Marca, alcuni fra i componenti della «Scuola romana», etichetta con cui Giuseppe Bartolucci definì «il modo di agire scenico dei gruppi […] che persegue una scrittura scenica non privilegiante il testo né l’interpretazione né la regia» (Bartolucci, 1974, p. 7), un teatro-immagine dove il codice visivo emergeva sugli altri e di cui Nanni fu pioniere.

Parallelamente alle sperimentazioni di Carmelo Bene e Mario Ricci, che a Roma aprirono le prime cantine teatrali, in questo nuovo spazio Nanni stravolse i modi di produzione dello spettacolo: fedele alla pratica interdisciplinare, creò un laboratorio permanente dove liberare la creatività espressiva individuale attraverso l’immaginazione e l’improvvisazione, non solo nel lavoro sulla voce e il gesto dell’attore, che non era condizionato da indicazioni interpretative prestabilite, ma anche nell’ideazione di oggetti scenici, costumi, partiture sonore e di luce.

Escurial prova la scuola dei buffoni di Michel de Ghelderode e 26 opinioni su Marcel Duchamp di John Cage aprirono nel 1968 la stagione al Teatro La Fede. Poi furono messi in scena L’imperatore della Cina, classico Dada di George Ribemont-Dessaignes (1969), A come Alice da Lewis Carroll e un inserto di François Rabelais (1970) al Teatro Stabile de L’Aquila, Il risveglio di primavera di Frank Wedekind (1971), di cui uscì un’edizione con testo e note di Nanni (Bologna 1972).

La formazione artistica influenzò enormemente il suo teatro. Dopo la lettura di un testo, creava dei disegni corredati di appunti, che discuteva con gli attori durante le prove; e ogni spettacolo era «come una grande superficie da riempire» (Nanni, 1970), un collage fatto di materiali diversi e poveri, vista la scarsità di mezzi: movimento, voce, suono, oggetti, luce, incastrati secondo il principio della libera associazione, in un gioco di frammentarietà e disordine che avvolgeva e invadeva lo spettatore. L’atteggiamento anticonvenzionale e antiaccademico, inevitabilmente condizionato dal clima sessantottino, si allineava all’ondata del nuovo teatro europeo e americano di quel periodo con cui condivideva il bisogno impellente di uscire dai teatri istituzionali, ricercare un rapporto autentico con il pubblico nel tentativo «di cambiare la loro visione centrale in visione periferica» (Nanni, 1974, p. 4) e rendere l’arte disponibile a tutti.

Desideroso di andare alla ricerca di spazi scenici nuovi, meno angusti, e di pubblici nuovi, non confinati ai soliti happy few (Nanni, 1972), nella stagione 1972-73 accettò la collaborazione con il teatro Stabile di Roma, diretto da Franco Enriquez, e nel 1973-74 con lo Stabile genovese, diretto da Ivo Chiesa, ma i rapporti si ruppero poco dopo per le forti divergenze di idee. Nel 1973 con Il diavolo bianco di John Webster al teatro Olimpico di Vicenza si concluse l’esperienza del circolo La Fede, e nel 1975 si inaugurò con Artificiale/Naturale da Henri Michaux al Teatro in Trastevere una nuova fase, che vide la nascita della cooperativa La Fabbrica dell’attore. Nei lavori successivi, che segnarono il passaggio dal lavoro di gruppo alla regia, Nanni si misurò con un tipo di drammaturgia diversa: Amleto di William Shakespeare (1975), I masnadieri di Friedrich Schiller (1976), Casa di bambola di Henrik Ibsen (1980), La regina Cristina di August Strindberg (1982), accanto al filone sperimentale, di cui Franziska di Frank Wedekind (1978) rappresentò l’esempio più riuscito.

Nel 1989 Nanni e Kustermann trasformarono il cinema romano Vascello in un teatro, nominato Teatro stabile d’innovazione dal Ministero per i beni e le attività culturali nel 1998, dove furono ospitati importanti registi stranieri (fra cui Tadeusz Kantor, Peter Brook, Bob Wilson, Judith Malina) e le cui attività erano volte non solo alla produzione di spettacoli propri ma anche alla promozione di nuove compagnie e alla formazione di giovani attori.

Tra le regie degli anni Novanta, accanto a Robert Musil, Ibsen, Shakespeare, Goldoni, Ludwig Tieck, Il gabbiano di Anton Čechov (1997) ebbe un particolare successo e nel 2000 fu portato a La Mama ETC di New York, dove già nel 1977 il regista era stato ospite. Estelle Parsons, allora direttore artistico dell’Actors Studio, visto lo spettacolo, chiamò Nanni a dirigere un acting workshop di 5 mesi (2001). Nel 2002 lo spettacolo arrivò in Giappone, dove l’anno dopo all’Università di Tokyo il regista tenne una masterclass con attori giapponesi. Negli ultimi anni collaborò, fra l’altro, con l’università La Sapienza, il Centro teatro ateneo, l’Accademia di belle arti di Roma e il DAMS di Roma III, dove condusse laboratori. Con Il giardino dei ciliegi di Čechov (2006) lasciò il suo testamento artistico e con Marx a Roma da Howard Zinn (2008) terminò la sua lunga e intensa carriera teatrale. Spesso autore delle scenografie e degli adattamenti dei suoi spettacoli, fu anche regista di opere liriche, per il cinema e la televisione.

Morì a Roma il 5 gennaio 2010, a causa di una grave malattia.

Fonti e Bibl.: Scritti di Nanni, materiali, interviste si trovano in: L’infanzia che diventa teatro, in Sipario, 296 (dicembre 1970); Tre domande all’avanguardia, ibid., 317 (ottobre 1972); Compagnia Teatro La Fede, in Teatroltre. Scuola romana, a cura di G. Bartolucci, Roma 1974, pp. 1-16; L’avanguardia teatrale in Italia(materiali 1960-1976), a cura di F. Quadri, I, Torino 1977, pp. 341-371; M. Moretti, Cinque domande a G. N., in Ridotto, gennaio-febbraio 1977; Autointervista, in Tra memoria e presente. Breve storia del teatro di ricerca in Italia nel racconto dei protagonisti. Teatrografia (1959-1997), a cura di P. Di Marca, Roma 1998, pp. 55-56. Cfr. inoltre: G. Bartolucci, Tra Duchamp e Ribemont-Dessaignes con un’«Alice» friabile e disponibile, in La scrittura scenica, 1971, n. 3, pp. 91-100; Id., Avvertenza sulla scuola romana, in Teatroltre..., cit., p. 7; Id., L’immagine confusa, in Mutations. L’esperienza del teatro immagine, Roma-New York 1975, pp. 20-22; D. Cappelletti, La sperimentazione teatrale in Italia tra norma e devianza, Torino 1981, pp. 167-175; S. Sinisi, Dalla parte dell’occhio. Esperienze teatrali in Italia 1972-1982, Roma 1983, pp. 13-20, 93-101; Ead., Neoavanguardia e postavanguardia in Italia, in Storia del teatro moderno e contemporaneo, diretta da R. Alonge - G. Davico Bonino, III, Torino 2001, pp. 703-736; La Repubblica, 5 gennaio 2010. Ci si è avvalsi inoltre della corrispondenza avuta dall’autrice con Manuela Kustermann, di un’intervista inedita a Nanni gentilmente concessa da Silvia Carandini, dell’intervista di Meddle Tv (www.vimeo.com), delle informazioni reperibili nel sito www.teatrovascello.it.