SAVOLDO, Gian Girolamo

Enciclopedia Italiana (1936)

SAVOLDO, Gian Girolamo

Adolfo Venturi

Pittore, nato a Brescia circa il 1480, immatricolato pittore a Firenze nel 1508, nel 1521 finì a Treviso la pala di San Nicolò cominciata da Fra Marco Pensaben, nel 1527 datò la Natività di Hampton Court, nel 1533 la pala di S. Maria in Organo a Verona. Nel 1548 Pietro Aretino ne parla come d'uomo decrepito.

Sempre rimane viva nel S., pur attraverso l'educazione veneziana, l'impronta lombarda. All'accordo tonale dei giorgioneschi egli preferisce, infatti, sin dall'inizio, ricerche luministiche, facendo dei contrapposti d'ombra e luce strumento al risalto pittorico delle forme. Mentre i Veneziani si abbandonano all'inebriante canzone del colore, il S. semplifica il tono per darci la determinazione pittorica di una forma concisa, sbalzata da luce. Le superficie screziate delle stoffe si marezzano di riflessi iridescenti negli scialli d'argento lunare o d'oro fulvo delle sue famose Veneziane (National Gallery di Londra, raccolta Giovanelli di Venezia e Galleria di stato a Berlino); e mentre il Flautista della casa Agnew nasce e respira nell'ombra abbagliata di un ambiente oscuro con levità precorritrice di Rembrandt, il giuoco pittorico dei riflessi attraverso lo spazio costruito in profondità dalla posa di sghembo par conduca diritto il guerriero del Louvre al Caravaggio e ai grandi minori olandesi del Seicento; e la Visione di San Matteo nel Museo Metropolitano di New York, incandescente notturno, par quasi un preludio alla caravaggesca composizione di S. Matteo con l'angiolo dipinta per la chiesa di S. Luigi de' Francesi.

Restio alle morbidezze dei Veneziani è il colore del maestro bresciano, spesso di metallico timbro, come lontano dal fuoco tizianesco è il sentimento di grandezza muta, di serietà profonda, che pervade l'arte del S., pensoso ricercatore. Ma dai paesi animati e pittoreschi, dai rapporti di luce preziosi di una capigliatura bruna con un volto bianco e un'ala nivea, di un viso muliebre velato di ombre col serico fruscio di uno scialle, dal silenzio stesso che avvolge le scene, sgorga una vena d'intima, profonda poesia.

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