Giambológna

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Scultore (Douai 1529 - Firenze 1608). Ad Anversa (1540) apprese la scultura da J. du Broeucq. Recatosi a Roma insieme a F. e C. Floris, avvicinò Michelangelo. Si recò nel 1562 a Firenze, ove fu protetto da Francesco de' Medici, che aveva acquistato una sua Venere, ed eseguì il gruppo, ora perduto, di Sansone che atterra il filisteo. Al 1563-67 risale la fontana con il Nettuno sulla piazza omonima di Bologna, concepita e animata in modo da ricordare l'Ammannati, grandiosa nell'idea del colosso che placa i flutti, concettosa ed elegante nelle maschere, nelle cartelle, nei putti e, nell'insieme, tipica espressione della teatralità manieristica. La fontana dell'Oceano in Boboli a Firenze mostra invece l'influsso del Tribolo. Si accentua qui la ricerca, già propria di altre importanti opere del G. conservate nella stessa città (il Mercurio in bronzo, ora al Bargello, eseguito nel 1572 per la villa Medici a Roma; Venere, a Boboli; Ratto delle Sabine, del 1580-83, nella loggia dei Lanzi), del movimento in masse contrapposte e serpentinate, secondo un acuto spirito manieristico. Il Mercurio, elegante capolavoro, in cui, contraddicendo le norme del classicismo, la figura sorge dal basso in alto priva di peso, presuppone la visione di opere di B. Cellini; e come contrapposto al Perseo di Cellini era stato concepito il gruppo della loggia dei Lanzi, dapprima destinato a raffigurare Andromeda rapita da Fineo, poi, per suggerimento di R. Borghini (cui si deve una celebre esegesi del gruppo, alta testimonianza della critica d'arte del manierismo), trasformato nel soggetto di storia romana (Ratto delle Sabine), e dotato di un bassorilievo raffinatissimo in cui si amplia con gusto narrativo la storia delle Sabine. Altre opere, conservate a Firenze, rivelano la sua tecnica corretta, il gusto decorativo e l'eleganza del movimento: l'Ercole che uccide il Centauro (loggia dei Priori); i due monumenti equestri di Cosimo I (1594, piazza della Signoria) e di Ferdinando I de' Medici (piazza della Ss. Annunziata); i colossi dell'Appennino e di Giove Pluvio nella villa di Pratolino. Opere sue si trovano anche a Lucca e a Pisa. Di suprema raffinatezza i bronzetti eseguiti dal G., alcuni dei quali furono donati da Cosimo I al re d'Inghilterra.

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