PICCOLOMINI, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)

PICCOLOMINI, Giacomo

Federico Ruozzi

PICCOLOMINI (Amadori Piccolomini), Giacomo. – Nacque il 31 luglio 1795 a Siena, da Giulio Cesare Amadori Piccolomini e Giovanna Jackson. Fu il secondogenito di sei figli, appartenente alla famiglia della nobiltà senese che portò sul soglio di Pietro due pontefici, Pio II (Enea Silvio Piccolomini) e Pio III (Francesco Todeschini Piccolomini), e vari cardinali, tra cui Giovanni Piccolomini e Celio Piccolomini, entrambi arcivescovi di Siena (per i quali v. le voci in questo Dizionario).

Le uniche notizie sulla sua formazione, in particolare quella giuridica che di fatto avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera ecclesiastica, sono relative agli anni 1816-18; in quel biennio studiò infatti presso l’Accademia dei nobili ecclesiastici, l’istituzione fondata a Roma nel 1701 dall’abate Pietro Garagni.

L’Accademia era stata riaperta tredici anni prima (1803) per volere di Papa Pio VII, dopo la chiusura per cinque anni dovuta all’istituzione della Repubblica romana nel biennio 1798-99. Alla sua riapertura venne trasformata in un istituto che offriva agli studenti corsi di teologia e di diritto.

Dopo aver ottenuto il titolo di primicerio del capitolo della cattedrale di Siena, nel 1819 entrò a far parte della prelatura romana, nominato nel Collegio dei referendari del tribunale della segnatura (prestò giuramento il 1° aprile 1819). Da quell’anno, la carriera di Piccolomini subì un indubbio slancio, che lo portò alla nomina cardinalizia nel 1844: venne nominato relatore della congregazione del Buon governo dal 1819 al 1822 e dal 1821 decano dei relatori.

La congregazione del Buon governo, fondata da Clemente VIII con la costituzione Pro commissa Nobis a Domino del 15 agosto 1592 e soppressa poi da Pio IX nel 1847, era nata con l’idea di rispondere in modo efficace alle continue difficoltà riscontrate nel regolare la vita economica dei comuni dello Stato pontificio: oltre alla revisione dei bilanci comunali, disciplinando tutte le questioni economiche, il dicastero fungeva anche da tribunale per dirimere le controversie che potevano insorgere nei comuni.

Dal 1823 Piccolomini fu relatore presso la congregazione della Consulta, il dicastero che «aveva natura di organo interpretativo per lo scioglimento di dubbi e controversie, e di organo giudiziario per la trattazione di ogni causa civile, criminale e mista relativa ai ricorsi contro i feudatari e i governatori, o riguardante l’elezione di consigli e di magistrati, la sanità pubblica, questioni araldiche e di precedenza» (De Re, 19984, p. 350). Proprio l’anno dopo, nel 1824, Leone XII stabilì con il motu proprio Dopo le orribili calamità la competenza della Consulta anche sulle cause criminali dello Stato pontificio. Vi rimase fino al 1834, diventandone decano nel 1832; dal 1833 al 1845 fu nominato nel Collegio dei prelati abbreviatori del parco maggiore (soprannumerario) della Cancelleria apostolica, con il compito di preparare le minute dei documenti (mansione poi passata ai protonotari apostolici, con la soppressione degli abbreviatori nella riforma della curia di Pio X) e nel 1834 giudice del tribunale della Signatura iustitiae.

Tra i pontificati di Innocenzo VIII e Alessandro VI si era celebrata di fatto la separazione dei due organismi – sulla base delle competenze – che componevano la Segnatura Apostolica, la Segnatura di grazia da una parte e la Segnatura di giustizia dall’altra.

Nell’aprile del 1835 venne nominato chierico della Camera apostolica (decano dal gennaio 1843) e successivamente nella congregazione di Revisione dei conti. Se storicamente la Camera apostolica fu uno dei dicasteri più antichi della curia romana, fondata con il compito di amministrare i beni della Chiesa, Piccolomini vi giunse in realtà in un secolo in cui cominciava a essere ben evidente il declino di questo organismo. Pio VII dai primi dell’Ottocento aveva infatti avviato un processo di riordinamento delle strutture amministrative, limitandone molto i compiti, come fecero poi gli stessi Leone XII, Gregorio XVI e Pio IX. Già nel 1834 papa Gregorio XVI aveva ridotto alle sole questioni di materia fiscale le attribuzioni della Camera.

Dal 1837 fu presidente della prefettura generale delle Acque e delle strade, l’organismo responsabile delle strade, ponti e acquedotti dello Stato pontificio, voluto da papa Sisto V, e dal giugno 1838 fu a capo delle Armi, con sede nel palazzo della Pilotta. Fu inoltre prelato domestico di Sua Santità.

Dopo una vita dedicata al diritto, venne elevato al rango cardinalizio da papa Gregorio XVI nel concistoro del 22 luglio 1844, all’età di quarantanove anni; creato cardinale in pectore, la sua nomina fu pubblicata nel concistoro del 24 novembre 1845; rivecette la berretta cardinalizia tre giorni dopo, il 27 novembre, e il titolo di cardinale di Santa Balbina, poi cambiato il 4 ottobre 1947, optando per quello più prestigioso di cardinale prete di San Marco.

Da cardinale fu nominato in varie congregazioni: quella del Concilio, dell’Immunità ecclesiastica, delle Indulgenze e SS. Reliquie, del Buon governo e della Fabbrica di S. Pietro. Fu anche direttore perpetuo dell’Arciconfraternita della Via Crucis, detta degli Amanti di Gesù e Maria al Colosseo. Fu tra i cinquanta cardinali che parteciparono al conclave del giugno 1846 che elesse papa il cardinale di Imola Giovanni Maria Mastai Ferretti, con il nome di Pio IX.

Da diversi anni già gravemente malato, tornò a Siena «nella sua patria, per trarne sollievo e ristoro nelle affezioni di sua nobilissima famiglia e nel respirar l’aria nativa» (L’Osservatore Romano, 21 agosto 1861, anno I, p. 175), dove morì il 17 agosto 1861, cinque mesi dopo la proclamazione di Vittorio Emanuele II come re d’Italia dal primo Parlamento italiano. La salma venne esposta nella chiesa senese di S. Giovanni, dove vennero celebrati i funerali, e fu sepolto temporaneamente nella cattedrale metropolitana.

Fonti e Bibl.: Notizie per l’anno MDCCCXXXVI, Roma 1836, pp. 200, 204 s., 213; Il Mercurio di Roma. Ossia grande raccolta d’indirizzi e notizie de’ pubblici e privati stabilimenti; dei professori di scienze, lettere, ed arti; de’ commercianti; degli artisti, Roma 1843, p. 86; G. Boschi, In occasione dell’innalzamento alla S. Porpora di monsignor Giacomo Amadori Piccolomini, sienese, decano de’ chierici di camera e presidente delle armi, Roma 1846; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, LI, Venezia 1851, p. 210; Pio nono e i suoi popoli nel 1857, ossia memorie intorno al viaggio della Santità di N. S. Papa Pio IX per l’Italia centrale, t. 1, Roma 1860, p. 642; Annuario pontificio, Roma 1865, p. 107; L’Osservatore Romano, 21 agosto 1861, p. 175; La Gerarchia Cattolica e la Famiglia Pontificia per l’anno 1869, Roma 1869, p. 108; A. Lisini, A. Liberati, Genealogia dei Piccolomini di Siena, Siena 1900; C. Weber, Die ältesten päpstlichen Staatshandbücher. Elenchus Congregationum, Tribunalium et Collegiorum Urbis 1629-1714, Rome-Freiburg-Wien 1991; N. De Re, La curia romana. Lineamenti storico-giuridici, Città del Vaticano 19984; C. Weber - M. Becker, Genealogien zur Papstgeschichte, IV, Stuttgart 2001, p. 777; J. LeBlanc, Dictionnaire biographique des cardinaux du XIXe siècle: contribution à l’histoire du Sacré Collège sous les potificats de Pie VII, Léon XII, Pie VIII, Grégoire XVI, Pie IX et Léon XIII, 1800-1903, Montréal 2007, p. 747.

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