DELLA PORTA, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)

DELLA PORTA, Giacomo

Anna Bedon

Figlio di un Bartolomeo scultore, fratello di Tommaso il Vecchio, nacque a Porlezza (Como) nel 1532 (Schwager, 1975, p. 116). Secondo il Baglione (1642, p. 80), fece un apprendistato come stuccatore ed è infatti documentato che preparava da sé i modelli di creta per alcune fontane (Pecchiai, 1944); sarebbe anche stato apprendista presso il Vignola; ma probabilmente questo fu dedotto dal fatto che il D. alla morte di costui ne assunse gli incarichi.

Non sappiamo in quali anni arrivasse in Roma, dove risulta dal 1559 (Schwager, 1975, p. 129, n. 106). Nei documenti di questi anni viene definito sempre "scultore"; si occupò anche di compravendita d'oggetti di scavo (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitotini, C. Saccotius, b. 1518, c. 27r del 17 apr. 1560; cit. da Schwager, 1975, p. 126 n. 97, con cartolazione errata; doc. del 29 sett. 1563 in Schiavo, 1953, pp. 296 s.).

La prima opera che gli viene attribuita - e il Bellori (nota al Baglione, 1642, p. 4) affermerà che il cognome Della Porta deriva da questa - è il portale della vigna Grimani sul Quirinale, costruito nel 1560-61. Degli stessi anni sono i disegni (Uffizi A. 3001, A. 3002, Orti. 1785) per la facciata esterna di porta del Popolo, costruita da Nanni di Baccio Bigio, disegni che sembrano essere i suoi primi documenti d'architettura (Schwager, 1975, pp. 133 s.).

È probabile che il D. abbia fatto il proprio tirocinio nella bottega di G. Guidetti, con il quale fu interpellato nel 1561 per la costruzione dell'oratorio del Crocefisso di S. Marcello.

La costruzione dell'oratorio del Crocefisso iniziò nel marzo 1562. Unico architetto della fabbrica fu il D., che si era offerto di lavorare gratuitamente (von Hermeberg, 1974).Anche se il committente fu il card. Ranuccio Farnese, le decisioni inerenti all'opera furono lasciate ai membri della confraternita, membri del Consiglio capitolino, tra cui Torrimaso de' Cavalieri e Prospero Boccapaduli. Nell'aprile 1563l'oratorio era agibile e nel settembre 1564il D. preparò il disegno della facciata; i lavori furono completati nel 1567-68sotto l'impulso del card. Alessandro Farnese.

La von Henneberg (1974, pp. 33 ss.) suppone che dopo la morte del Guidetti, col quale collaborò anche nelle fabbriche capitoline, il D. abbia portato a termine la cappella Cesi in S. Maria Maggiore e la chiesa di S. Caterina dei Funari, ma non è finora emersa nessuna prova documentaria (E. De Simone, Arch. della Confraternita del SSmo Crocefisso, tesi di laurea, Roma, univ. degli studi "La Sapienza", a. a. 1964-65).

Nell'ottobre 1562 lavorava in S. Maria Maggiore per la costruzione del nuovo coro e per le trasformazioni che in quegli anni il card. Guido Ascanio Sforza stava apportando per adeguare la basilica ai dettami del concilio tridentino.

I lavori al transetto sono documentati fino al 1573 (Schwager, 1983, pp. 285-288, nn. 223, 225 s.). Nei documenti riguardanti questi lavori si fa esplicito riferimento ai coevi lavori alla cappella Cesi. Alla luce di quanto è ora noto sui lavori che in quegli anni il D. eseguiva nella basilica per il, card. Sforza, è certa la sua opera nella cappella Sforza progettatà da Michelangelo. È nota una sua stima del 1577per il Campidoglio, dove confrontò prezzi e qualità dei materiali della cappella ancora in costruzione (Pecchiai, 1950, p. 253).Al D. si può ascrivere tutta la decorazione interna, le finestre della volta e la facciata esterna sulla navata.

Non sorprende trovare il D. "misuratore" dei lavori di riparazione del palazzo senatorio in Campidoglio nel febbraio 1563, quando deputato alla Fabbrica è Tommaso de' Cavalieri (Pecchiai, 1950, pp. 87 s.): se Michelangelo fu l'"architetto del Popolo Romano" (cioè della Municipalità), l'architetto presente sul cantiere ad eseguire i suoi disegni fu sempre il Guidetti, che nel giugno 1563 iniziò il muro di fondazione del primo pilastro del nuovo portico del palazzo dei Conservatori. Guidetti e Michelangelo morirono nel 1564; nell'ottobre 1564 il D. fu nominato "architetto del Popolo Romano".

In tale data risultava costruita solo la prima campata del portico dei Conservatori, fino al cornicione del primo ordine: ancora non si era messo mano all'ordine gigante, certamente previsto, dato che se ne costruì il basamento sulla cantonata.

Diviene così problematica la paternità del progetto complessivo del Campidoglio, assegnato da tutta la critica a Michelangelo, con l'eccezione di D'Onofrio (Renovatio..., 1973) che, provocatoriamente, sottrae al Buonarroti l'intero progetto.

A Michelangelo si possono ascrivere sicuramente solo lo scalone del palazzo senatorio e il basamento del cavallo della statua di Marco Aurelio, in asse col nuovo accesso al palazzo senatorio e con quello del vecchio palazzo dei Conservatori. Anonimi esecutori sistemarono il muro di terrapieno verso l'Aracoeli, la facciata del palazzo senatorio e le scalinate laterali. Nei conti dell'Archivio storico capitolino il nome di Michelangelo appare solo in relazione al Guidetti, quando nel 1563 si cominciò a costruire il palazzo dei Conservatori; in ogni caso, non era nella sua prassi disegnare progetti compiuti. Nessun disegno di Michelangelo è sicuramente riferibile al Campidoglio, mentre è noto che il Guidetti stese tutti i disegni esecutivi di quella fase.

Sotto la guida del D. vennero ristrutturati il palazzo dei Conservatori, il palazzo senatorio (esclusa la torre di M. Longhi il Vecchio), la fontana di Marforio che sostituiva il palazzo Nuovo, la grande scalinata e la decorazione della balaustra del terrazzamento.

Tutte queste costruzioni vennero erette tra il 1564 e il 1602, anni nei quali il D. fu architetto capitolino.

Un'incisione di Etienne Du Pérac (1568), tuttavia, raffigura il presunto progetto michelangiolesco per la piazza che il Vasari nell'edizione del 1568 della Vita di Michelangelo si limiterà a descrivere. Prassi del Du Pérac fu di annotare con grande accuratezza tutti i disegni di Michelangelo, recarsi sul cantiere per rilevare direttamente il costruito, e assemblare il tutto in modo da dedurne le intenzioni (R. Wittkower, La cupola di S. Pietro di Michelangelo,Firenze 1964, pp. 101-107). Il D. contraddirà l'incisione del 1568, enfatizzando l'asse trasversale della piazza con il finestrone centrale del palazzo dei Conservatori e con la monumentalizzazione del nicchione con la fontana di Marforio in asse col palazzo e il Marc'Aurelio. D'altra parte, già nell'aprile 1564, appena morto Michelangelo, si parlava di un nuovo disegno in possesso di Tommaso de' Cavalieri, che la von Henneberg (1974, p. 44) suppone del Della Porta. Se ne può concludere che l'incisione del Du Pérac e l'attuale Campidoglio siano il risultato di indirizzi di massima, stabiliti non solo dagli architetti, ma anche dai deputati alla Fabbrica: prima il responsabile per Paolo III, L. G. Manetti, più tardi il Cavalieri.Come "architetto del Popolo Romano" il D. non ebbe solo l'incombenza delle fabbriche del Campidoglio: gli vennero affidate tutte le costruzioni la cui giurisdizione spettava all'amministrazione. Dal 1563 fu anche architetto per l'ordinaria amministrazione della confraternita capitolina dell'ospedale della Consolazione di cui era già membro. Su suo disegno venne ricostruita, nel 1581, la tribuna della chiesa (Brentano, 1967). Nel 1563 curò il restauro della mostra della fontana di Trevi e contemporaneamente, o poco dopo, costruì una nuova fonte a S. Giorgio in Velabro (D'Onofrio, 1959, p. 12). Nel 1563 cominciò i restauri e le trasformazioni della chiesa di S. Maria in Aracoeli, considerata diretta pertinenza del Campidoglio.

Nel 1563 ricostrui l'altare maggiore e nel 1564 aggiunse il nuovo coro per i monaci (Casimiro, 1736).

Nel 1572 disegnò e costruì la seconda e la terza cappella a sinistra, Armentieri e Paluzzi-Albertoni (Heidemann, 1982). Quest'ultimo lavoro si inserì in un ampio rimaneggiamento della chiesa: le mura della navata maggiore vennero rialzate, venne costruito il nuovo soffitto, si rifece l'arcone del transetto e si rialzò il tetto (Archivio di Stato di Roma, Archivio dei 30notai capitolini,Uff. 4, Not. Pirrotus,alla data 21 maggio 1578). I lavori proseguirono fino al 1584 (Pecchiai, 1948, pp. 513 s.) . Sempre su incarico dei Conservatori, il D. disegnò nel 1595 l'epitaffio del duca Alessandro Farnese, posto sulla porta della sacrestia (Bertolotti, 1881, pp. 310 s.) e nel 1602 le due targhe commemorative per il generale Giovan Francesco e per il cardinale Pietro Aldobrandini (Casimiro, 1736, pp. 405). G. B. Mola (Roma, l'anno1663, Berlin 1966, p. 161) attribuì al D. anche "il bel ornamentino fatto addosso la colonna dove è la Madonna" (cfr. anche Casimiro, 1736, pp. 239 s.).

Tra la fine del 1600 e il primo trimestre del 1601 il D. curò la nuova copertura in piombo del Pantheon, su cui aveva diritti il "Popolo Romano" (Tomei, 1938). Nel frattempo lavorò per privati: tra il 1565 e il 1571 costruì per Faustina Rusticelli la prima cappella sinistra in S. Giovanni in Laterano (Schwager, 1975, p. 120 n. 78; Tiberia, 1974, p. 107). Nel 1565 circa iniziò il palazzo di Carlo Muti (poi Berardi) su via del Gesù, sicuramente terminato entro il 1582 (Arch. di St. di Roma, Collegio dei notai capitolini, C. Saccotius, b. 1557, cc. 351r ss.).

L'"architetto del Popolo Romano" si occupò inoltre della costruzione e manutenzione delle infrastrutture urbane e di polizia edilizia. Una cronologia di questa attività è data dai Libri congregationum della congregazione cardinalizia super viis, pontibus fontibus (Arch. di Stato di Roma), che raccolgono i decreti esecutivi dal 1567, quando Pio V creò questa congregazione.

Oltre alla normale amministrazione il D. costruì con Giacinto Barozzi un ponte sulla via Portuense (Liber, I,c. 37r, 4 luglio 1569). Nel 1585 mise a giorno l'obelisco vaticano e scelse il luogo dove erigerlo in piazza S. Pietro. Nel 1587 curò l'erezione dell'obelisco a S. Maria Maggiore (D'Onofrio, 1967) e nel 1588 rifece la strada dal Tabularium alla Consolazione (Lanciani, 1912, p. 136). Curò le ricognizioni periodiche delle strade, la costruzione delle fpgnature d'acque bianche e i lavori di piccola bonifica. Nel 1595, su disegno proprio e di F. Ponzio, curò la sistemazione di Campo Vaccino (Pecchiai, 1944, p. 44).

Il 18 sett. 1568 fu chiamato a sostituire Nanni di Baccio Bigio, come tecnico della congregazione cardinalizia super Aqua Salonis,cui Pio V aveva affidato il recupero dell'Acqua Vergine. Gli atti si trovano in due fondi distinti: le relazioni della congregazione super viis,e quelli della congregazione cardinalizia super Aqua Salonis (Archivio storico capitolino, Cred. VI, t. 50). Esse avevano lo stesso presidente, il card. Giovanni Ricci di Montepulciano, e gli stessi deputati. Se per la congregazione super viis il D. rappresentava la Municipalità, per l'aqua Salonis fuil tecnico cui venne affidato il lavoro; in tale modo pose mano a tutte le infrastrutture della città. Per i rapporti instaurati col Ricci, sostituì Nanni di Baccio anche nel cantiere di palazzo Ricci (Hewett, 1911).

I lavori per la conduzione dell'acqua iniziarono subito e si possono ritenere conclusi nell'agosto 1570, quando l'acqua raggiunse il bacino della fontana di Trevi (Pecchiai, 1944, pp. 15-18). I lavori comportarono anche la bonifica della zona pinciana e sub pinciana. Nel novembre 1570 la congregazione bandì un concorso per costruire la rete di condutture in città. In realtà, si volle sottrarre alla Municipalità la distribuzione dell'acqua, scegliendo il progetto del piombatore apostolico Guglielmo Della Porta, ma questo progetto fu subito abbandonato (1571), e si dette la responsabilità del lavoro al D. al quale, d'altra parte, Guglielmo attribuì la cattiva esecuzione del suo progetto e l'esito infausto della sua invenzione (W. Gramberg, Die Düsseldorfer Skizzenbücher des Guglielmo della Porta,Berlin 1964, I, p. 111).

L'incarico della conduttura comportava anche la costruzione delle fonti pubbliche: il D. seguì la costruzione delle fontane dei papati di Gregorio XIII, Sisto V e Clemente VIII. Tuttavia è ragionevole pensare che, specie negli anni di maggiore impegno professionale, siano stati usati disegni di altri; la bottega del D. assolse autonomamente quella che era ormai una pratica di routine. Le fontane venivano preparate prima che ne fosse decisa la localizzazione: il D. forniva il modello, e solo a lavori avanzati i pezzi scolpiti venivano portati sul luogo prescelto dalla congregazione. Data l'uniformità di tutte le fontane, il problema dell'autografia sembra irrilevante: come architetto fontaniere il D. ripropose dignitosi oggetti d'arredo urbano.

Diamo qui un elenco delle fontane, sicuramente autografe, elenco che comprende anche mostre che nel frattempo sono state trasformate o spostate: di piazza Navona (iniziata nel 1574), di piazza Colonna (iniziata nel 1575), del Pantheon (iniziata nel 1575), di piazza di Ponte [Sant'Angelo] (iniziata nel 1578), di piazza S. Marco (iniziata nel 1588), la fonte di Campo Vaccino (iniziata nel 1592; cfr. D'Onofrio, 1959); le due fontane dei leoni egizi sotto le scale del Campidoglio sono idea del D. solo come inserimento nell'ordine generale della fabbrica capitolina, mentre il disegno è di B. Rusconi. Di bottega, probabilmente, sono la fontana di piazza del Popolo (1572), di piazza Montanara (1588-91), della Madonna dei Monti (1589), di piazza dell'Aracoeli (1589-90), di piazza Campitelli (1589), di piazza Giudia (1591-93), la terrina di Campo de' Fiori (1592-93).

La fontana delle Tartarughe in piazza Mattei è di Taddeo Landini (C. Benocci, T. Landini e la fontana delle Tartarughe in piazza Mattei a Roma, in Storia dell'arte, 1984, n. 52, pp. 187-203), scultore e architetto della bottega del D. (Bertolotti, 1885, p. 19).

Nel 1569 il D. fu tra i cittadini romani "che avevano luogo in Consiglio" per il rione Campitelli, cioè tra i gentiluomini aventi diritto alla presenza in Consiglio comunale. Nel 1569 e nel 1584 venne elencato tra i Consiliarii (Schwager, 1975, p. 130 n. 110).

Durante il papato di Pio V il D. ebbe anche commissioni di tipo ecclesiastico. Nel novembre 1568 iniziò un dormitorio per le monache del convento di S. Ambrogio della Massima (Gurisatti-Picchi, 1982); le domenicane di S. Sisto, per le quali aveva già lavorato come perito di parte in una lite dell'ottobre 1564 (D'Onofrio, Scalinate...,1973, p. 260), trasferite a Magnanapoli, gli chiesere il ripristino del convento, che era già abitabile nel 1575. Della nuova chiesa dei Ss. Domenico e Sisto costruì solo la "chiesa di dentro" (claustrale) e "alcuni fondamenti et pilastri che stavano di fuori", oltre al campanile (Ontini, 1952, pp. 107 s.).

Pio V inviò il D. ad ispezionare le fortificazioni di Ancona e Camerino nel settembre 1570 (Arch. di Stato di Roma, Cam. I, Conti della Depositeria Generale, b. 1805, c. 81v). Tra il novembre 1571 e l'inizio del 1572 venne inviato a Bosco Marengo (Alessandria) per controllare i conti della costruzione della chiesa e dei convento domenicano di S. Croce commissionati da Pio V (Pio V e S. Croce,1985).

Il card. A. Farnese chiese anche al D. un disegno per la facciata della chiesa del Gesù. Nel giugno 1571 questo disegno venne scelto e il Vignola fu congedato dalla fabbrica (Pecchiai, 1952, p. 65). Il D. non assunse il ruolo di architetto della fabbrica, che sarà dei gesuiti G. Tristano, G. de Rosis e G. Valeriano (cui sono da attribuire quasi totalmente le scelte decorative), ma venne interpellato per i disegni e le perizie: la regia della costruzione fu saldamente nelle mani del Farnese (Bösel, 1985, pp. 160-179).

Oltre alla facciata, il D. costruì il transetto della chiesa, ultimato nel 1584, e nel 1582 l'altare maggiore nella tribuna, della quale il card. Farnese desiderava fare il proprio monumento funebre (Masheck, 1970). La grande cappella sinistra della crociera avrebbe dovuto accogliere il sepolcro del card. Giacomo Savelli, cugino del Farnese, che commissionò al D. la decorazione: iniziata, non venne conclusa per la morte del committente nel 1587. Disegni coevi dell'edicola sono nella.coll. Albertina a Vienna (Ackerman, 1965).

Morto il Vignola (1573), il D. divenne l'architetto di casa Farnese, prendendo il posto del Barozzi anche nella Fabbrica di S. Pietro.

Si ha l'impressione, dalla corrispondenza di quei giorni, che l'ambiente intellettuale "antiquario" che ruotava attorno al potente segretario del cardinale, Fulvio Orsini, premesse perché fosse scelto un architetto che ne rappresentasse l'ideale estetico, quale era stato l'archeologismo vignoliano. Erano gli ultimi epigoni dell'élite intellettuale ecclesiastica della prima metà del '500, raffinata ed erudita, che obbligava a una continua ricerca di verifica con i monumenti antichi. Si cercò di proporre il poco dotato Pirro Ligorio, relegato alla corte estense (Ronchini-Poggi, 1880, pp. 54 s.) come "antiquario", el'Orsini continuò a sostenere il progetto vignolesco per la facciata del Gesù anche dopo la morte del Vignola, sottolineando la distanza stilistica tra i due progetti. Sembra di capire che questa cerchia di "intendenti" avrebbe voluto in Roma linee artistiche ben più intellettualizzate e d'élite di quanto non rappresentasse il Della Porta. Tutta la composizione e la decorazione dellaportiana può essere letta come l'abbandono del "vignolismo archeologizzànte". A probabilmente da questa cerchia che proverranno, negli anni della maggior fortuna professionale del D., le critiche alla qualità delle sue creazioni (Orbaan, 1920; Rossi, 1935).

In palazzo Farnese il D. portò a compimento l'ala sul giardino (1574-1589), completando il progetto michelangiolesco; per la facciata posteriore subì l'imposizione da parte del committente dello stesso partimento delle facciate sul cortile, con una conseguente difficoltà di raccordo con le testate laterali sangallesche, risolta in modo goffo (Lotz, 1981, pp. 233 ss.). Fu presente anche nel cantiere di Caprarola (Partridge, 1970).

Alla morte del Vignola, di S. Pietro mancavano l'intero braccio ovest, la cupola, la volta dell'emiciclo est, la cappella Clementina; la cappella Gregoriana era priva di cupola.

Il primo pagamento del D. come architetto di S. Pietro fu del 13 luglio 1574 (Pollak, 19,5, p. 84): il primo intervento fu la conclusione e la decorazione della cappella Gregoriana (1575-1580), anche se i lavori di decorazione si trascinarono fino al 1584 (Tiberia, 1974, pp. 115 s.; Siebenhúner, 1962, p. 268). Nel 1578 si gettarono le fondamenta della cappella Clementina che fu completata nel 1601 (Chappel-Kirwin, 1974). Nel 1585 venne abbattuto il coro bramantesco, sostituito dal braccio ovest sul modello michelangiolesco dei bracci settentrionale e meridionale: i lavori furono ultimati nel 1588. Nel luglio 1585 il D. riprese quelli per il tamburo della cupola, ultimati nel maggio 1590 (Siebenhüner, 1962, pp. 284 s.). La copertura in piombo e la lanterna lo occuparono fino al 1593. Un riassunto del dibattito critico circa le differenze tra la cupola a tutto sesto di Michelangelo e la cupola a sesto rialzato del D. è in Ackerman (1968, pp. 240-246). L'ermetismo delle forme michelangiolesche viene volgarizzato nel paradossale slancio della cupola di S. Pietro, priva di "misura" nell'occupare lo spazio visivo di Roma con il suo sesto rialzato. La sostituzione degli abbaini michelangioleschi con altri di "leziosa" leggiadria, non a caso di grande fortuna, è un'altra traduzione dell'ermetismo michelangiolesco nell'esplicito dellaportiano. Il pubblico era infatti cambiato. Il D. fu l'uomo di una stagione che con una forma sempre più immediata e "volgare" cercò di indurre una forte devozione in strati sempre più ampi di popolazione.

Chiusa la cupola, si costruì la nuova confessione; sul pavimento rialzato fu eretto il nuovo altare maggiore, consacrato il 26 giugno 1594 (Pastor, 1934). Il D. si avviò al completamento della decorazione interna di S. Pietro con la costruzione dei sei altari a tabernacolo e l'incrostazione delle "navi piccole" nel 1599. Nel 1600 iniziò la decorazione delle due grandi cappelle del braccio ovest (Chappel-Kirwin, 1974).

Come architetto di S. Pietro e con la protezione del card. Farnese, il D. monopolizzò l'ambiente romano all'epoca del papato di Gregorio XIII. Nel maggio 1574 dette un disegno per il palazzo dei Priori di Velletri, eseguito solo in parte. Nel 1575 progettò di condurvi l'acqua trovata alla Ferola; tra il marzo 1576 e il settembre 1577 disegnò la porta Romana di Velletri (Bonadonna Russo, 1984). Verso il 1574 costruì per Fabrizio Massimo la chiesa parrocchiale di Arsoli e ne restaurò la rocca (Berti, 1882, pp. 206-215; Schwager, 1975, p. 132 n. 123).

In seguito alla nuova costituzione edilizia emanata da Gregorio XIII (1573) che permetteva l'esproprio a chi costruiva grandi palazzi, si ebbe un forte incremento nella costruzione di lussuosi palazzi d'affitto.

Il D. progettò palazzo Fani (oggi PecciBlunt) in piazza dell'Aracoeli, già costruito nel 1575 (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, C. Saccotius,b. 1543, C. 315; disegno autografo dell'Accademia di S. Luca Schwager, 1968, p. 263 n. 69);palazzo Crescenzi in via del Seminario, i cui espropri iniziarono nel 1575 (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, C. Saccotius,b. 1544, c. 306v), era ancora in costruzione nel 1592 (Lanciani, 1907, p. 124); palazzo Maffei iniziato nel 1577 (Arch. di Stato di Roma, Congregazione super viis..., Liber I, f. 102V) come ristrutturazione del vecchio palazzo - museo del tempo di Sisto IV (Festa Milone, 1979; Schwager, 1968, p. 263): la costruzione si interruppe nel 1583 su via dei Cestari al quarto asse di finestre, mentre era completo su via della Pigna. Per palazzo Altemps a S. Apollinare, nel 1578 venne usato da M. Longhi il Vecchio un disegno del D. per il consolidamento statico e per la facciata (Festa Milone, 1979). Per quanto riguarda palazzo Serlupi, solo verso il 1579 iniziarono lavori impegnativi alla parte del palazzo che dà su piazza Lovatelli (Heidemann, 1982, p. 34 n. 118).

Su disegno del D. vennero ristrutturate dall'aprile 1580 alcune case sull'attuale isola della galleria Colonna, il palazzetto Giustini venne ultimato nel 1588 e ingrandito nel 1594 sempre su disegno del D. (Tesoroni, 1894). Il Baglione (p. 82) attribuisce al D. anche palazzo Capizucchi su piazza Campitelli; esso è già visibile nella pianta di Roma di A. Tempesta del 1593 e nel 1594-95 è definito in un atto pubblico "Casa nova di Capizucchi" (Tomei, 1939).

D. R. Coffin (The villa in the life of Renaissance Rome,Princeton 1979, p. 237) avanza l'ipotesi che il D. nel 1576-77 abbia costruito il casino della villa Del Nero sul Pincio, rimaneggiato nel '600 e divenuto casino dell'Aurora Ludovisi.

Oltre a S. Pietro, dal settembre 1577, fu affidata al D., non in qualità di "architetto del Popolo Romano" ma in quanto architetto papale, anche la Fabbrica della Sapienza, completamente finanziata dalla Municipalità: era la congregazione cardinalizia dello Studio. l'organismo ecclesiastico preposto al controllo della politica culturale di Roma che decideva anche in merito alla fabbrica.

I lavori alla Sapienza erano stati sospesi nel 1566. Gregorio XIII aveva scelto poi come architetto O. Mascherino, di cui è documentato un progetto (Arch. Segr. Vat., Misc. arm. XI,t. 93 A, fascicolo non numerato, c. 5r);ma dal 1577 subentrò il D. che costruì a fundamentis l'ala sinistra su via degli Staderari; risale agli anni 1579-83. la soluzione trabeata delle campate estreme del loggiato. Nel 1581 è documentata l'esistenza di un modello ligneo del D., conservato durante la fabbrica del cortile (Thelen, 1961, p. 302, Wasserman, 1964, p. 502 n. 10). Va rilevata l'affinità delle soluzioni angolari con il cortile del palazzo del, Quirinale, opera del Mascherino, il cui disegno per la Sapienza (purtroppo non ritrovato) può aver offerto la soluzione all'impasse progettuale in cui era caduta la fabbrica con la costruzione delle sole campate centrali dell'ala destra, da parte di P. Ligorio.

La parte muraria dell'ala sull'attuale corso Rinascimento venne costruita sotto Gregorio XIII e dal 1585 si lavorò alla parte decorativa. Del 1587 è il campanile, al quale non si pensava di darne uno simmetrico (Tomei, 1941, p. 281). Entro il 1595 le logge, del cortile furono completate, come pure il primo ordine dell'esedra (Cirielli-Marino, 1981-82, pp. 108, 112, 131, 182). Il secondo ordine venne costruito tra il 1595 e il 1602. Un disegno alla Biblioteca Estense di Modena (Coll. Campori, Y.I.I.50, f. 14), datato 1597, documenta come nel programma generale fosse prevista una chiesa a pianta centrale, con facciata a esedra.

Nel novembre 1578 il rappresentante del Reggimento, di Bologna presso il papa, C. Bolognini, mostrò al D. il secondo disegno del Palladio per la facciata di S. Petronio, per avere un parere autorevole da comunicare alla Municipalità bolognese. Il D. lodò il progetto palladiano, pur consigliando alcune modifiche accolte dal Palladio nel suo terzo progetto (Zorzi, 1976). Un anno dopo (14 ott. 1579) è documentato come esecutore testamentario di Marcello Venusti (Bertolotti, 1881, I, p. 112).

Nel giugno 1590 il D. cominciò la costruzione della chiesa della Madonna dei Monti a Roma, finanziata da Gregorio XIII. Nel 1587 curò la decorazione plastica dell'interno e nel 1588 si pose il lanternino della cupola (Tiberia, 1974, p. 111 doc. 6). Del D. è anche il disegno della seconda cappella sinistra, i cui lavori iniziarono nel luglio 1581 (Lanciani, 1912, pp. 66 s.).

Nel novembre 1580 il papa gli chiese un progetto per S. Atanasio, chiesa annessa al collegio dei Greci. Il progetto prevedeva una chiesa a sala con un unico altare con iconostasi, secondo il rito greco; l'anno dopo venne chiesto, e fu adottato, un secondo progetto che permettesse il rito latino: transetto tricoro e due cappelle laterali sulla navata. La nuova chiesa fu inaugurata il 2 maggio 1583 (Bedon, 1983).

Il 30 ag. 1580 Gregorio XIII nominò il D. e i figli Alessandro e Paolo soprastanti alle fabbriche capitoline senza possibilità di rimozione da parte della Municipalità (Tiberia, 1974, p. 34). Nel 1581 il D. curò la manutenzione delle mura di Roma (Donati, 1942). Gregorio XIII chiese la collaborazione del D. in tutte le maggiori imprese del suo papato: per il Collegio Romano, la cui prima pietra fu posta l'11 genn. 1582, il D. dette un disegno nell'autunno 1581 (una "schola"). Nel luglio 1582 venne compensato per il continuo lavoro di consulenza prestato per il Collegio, costruzione curata dal gesuita G. Valeriano, probabilmente su disegni dell'Ammannati (Bösel, 1985, pp. 180-211).

Gli impegni con la famiglia Farnese non si esaurirono con i lavori del Gesù e dei palazzi di Roma e di Caprarola.

Il 4 apr. 1582 fu posta la prima pietra della cappella di S. Maria Scala Coeli nell'abbazia commendataria delle Tre Fontane di cui era titolare il card. Farnese. Completata nel 1584, tutte le fonti sono concordi nell'assegnarla al D. (Schwager, 1982), che seguì gli affari artistici del cardinale per i quali rilasciava pareri e stime (Ronchini-Poggi, 1880, pp. 58-60). Nell'agosto 1581 dette il disegno del monumento commemorativo del cardinal Ranuccio da porre in S. Giovanni in Laterano, nell'ultimo pilastro della prima navata destra (ibid., pp. 38 n. 3, 62 s.).

Infine Margherita d'Austria, moglie di Ottavio Farnese duca di Parma, chiese in prestito ad Alessandro il suo architetto per ottenere un disegno e curare i lavori del palazzo che intendeva costruire ad Ortona. I lavori iniziarono nel marzo 1584 e il D. inviò nel 1585 un suo aiuto, Gregorio Caronica, a seguire i lavori. Margherita morì il 3 genn. 1586 e la fabbrica rimase interrotta (Lefevre, 1975).

Su disegno del D. nel novembre 1580 iniziarono i lavori, finanziati dalle monache stesse, per una nuova ala del monastero di S. Cecilia in Trastevere, a destra del cortile di fronte alla chiesa (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, C. Saccotius,b. 1554, cc. 310r ss.). Una perizia finale è del 5 genn. 1582 (Ibid., Miscellanea Famiglie,b. 180, I/32).

Nel 1580 il D. costruì per i Cesarini, che possedevano la tenuta di Caposelva, una torre d'avvistamento a Vajanica, sulla spiaggia romana (Guglielmotti, 1887). A suo il disegno della facciata della chiesa di S. Luigi dei Francesi, e il D. risulta seguire il cantiere dal 3 ott. 1581 fino al completamento dei lavori il 5 apr. 1586 (Archives des Pieux Etablissements de France à Rome, L. 39, fasc. II, alla data; L. 40, fasc. I, alla data).

Il 28 marzo 1583 venne contattato dalla "nazione fiorentina" per completare la chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini che era ancora nello stato in cui l'aveva lasciata Antonio da Sangallo il Giovane. Iniziando i lavori nello stesso anno, il D. aggiunse le otto cappelle laterali decorate tra gli anni 1580 e 1590, e voltò le tre navate (Nava, 1936; Hibbard, 1971, pp. 142 ss.). Il transetto non venne costruito, ma un disegno dell'album di Vincenzo di Casale nella Biblioteca nazionale di Madrid mostra il probabile progetto. Lo stato cui arrivarono i lavori del D. è visibile nella pianta di Roma di A. Tempesta del 1593.

Hess (1963, ma 1967, p. 356 n. 5) attribuisce al D. la decisione di trasformare la chiesa oratoriana di S. Maria in Vallicella da chiesa a una navata.con otto cappelle laterali (iniziata da M. Bartolini) in una chiesa a tre navate con cappelle secondo il tipo di S. Giovanni dei Fiorentini.

Eletto "architetto di casa" degli oratoriani il 21 marzo 1585, sotto la sua direzione furono fondati (19 febbr. 1588) alcuni pilastri (Hess, 1963, ma 1967, p. 357 n. 1). Il 23 luglio 1586 furono acquistate proprietà dietro la Vallicella per la tribuna e il transetto (Arch. di Stato di Roma, Miscellanea Famiglie, b. 180/13/13-17). Un disegno dell'archivio della Congregazione dell'oratorio, secondo Hess (1963, ma 1967, p. 357, tav. 249 fig. 3), mostra tale fase di passaggio. In seguito la fabbrica verrà completata da M. Longhi il Vecchio. Abbiamo un giudizio dell'oratoriano Talpa del 4 dic. 1593, quando il D. partecipava al concorso per la facciata della chiesa: "il Jacopino so che è valentuomo che tiene il primato di Roma ... ma in materia di facciate [per] quello che ho visto del suo non ha mostrato ne eccellenza ne apprezzo" (in Schwager, 1975, p. 111 n. 2); già erano state costruite le facciate del Gesù e di S. Luigi dei Francesi. In queste facciate l'ordine superiore esageratamente allungato incombe sgradevolmente sull'osservatore, come il loggiato sul cortile di palazzo Farnese: forse un espediente ottico secondo E. Battisti (Disegni cinquecenteschi per S. Giovanni dei Fiorentini, in Saggi di storia dell'architettura in onore di V. Fasolo [Quaderni dell'Ist. di storia dell'architettura, serie 6-8, 1961, nn. 31-48], p. 189), non felice tuttavia, anche se efficace nella sua paradossalità.

Durante il pontificato di Sisto V si verificò il prevalere di D. Fontana sul D. che, pur mantenendo l'incarico della Fabbrica di S. Pietro, passò evidentemente in secondo piano. Fu tra i partecipanti al concorso indetto il 24 ag. 1585 per il trasporto dell'obelisco vaticano, dove Sisto V impose il Fontana. Il ritmo dei suoi impegni con i privati rimase invece costante. Il Baglione (1642, p. 82) gli attribuisce la prima redazione di palazzo Muti (ora Muti-Bussi) in piazza dell'Aracoeli che aveva già forma monumentale nel 1587 (Hibbard, Dialcune licenze...,1967, p. 102 n. 12). Tutte le fonti antiche attribuiscono al D. anche palazzo Ruggeri sull'attuale corso Vittorio Emanuele, iniziato nel 1588 (ibid.,p.107 n. 76) ma non ancora completato nel 1594; l'intervento fu probabilmente limitato alla sola facciata.

Il 20 dic. 1588 il D. chiese di poter ristrutturare le proprie case in piazza dell'Aracoeli per farne un palazzetto (ibid., p. 104 n. 21).

Vi abitò almeno dal 1559, come si ricava dal suo contratto di matrimonio (Schwager, 1975, p. 129 n. 106), e grazie alla nuova costituzione edilizia continuò ad acquistare le case vicine, fin dal 1575 (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, C. Saccotius, b. 1543, f. 315rv e b. 1552, c. 972; Schwager, 1975, p. 130 n. 109, che cita male il secondo doc.). Si tratta del primo nucleo di quello che sarà palazzo Massimo all'Aracoeli, ma solo la facciata sulla piazza doveva avere già un aspetto monumentale (Schwager, 1975, p. 130 nn. 108 s.; Arch. di Stato di Roma, Presidenza delle Strade, Taxae viarum,b. 445 bis, c. 507v). Il D. distrasse l'acqua pubblica che sgorgava dai leoni ai piedi della scalinata capitolina per usarla nelle sue case (D'Onofrio, Renovatio...,1973, pp. 215 s. n. 8). D'altra parte la posizione economica e sociale raggiunta dal D. è dimostrata anche dal censimento dei cocchi fatto nel 1594, che lo vide possessore di una carrozza (W. Lotz, Gli 883cocchi del 1594,in Miscell. della Soc. romana di storia patria,XXIII[1973], p. 261).

Architetto del cardinale Alfonso Gesualdo, il D. affiancò il teatino F. Grimaldi nella preparazione di un progetto molto vicino a quello del Gesù per la costruzione di S. Andrea della Valle (Hibbard, 1961).

Si pose la prima pietra il 12 febbr. 1591, ma il D. fu presente in cantiere solo fino al 1593: evidentemente non voleva ripetere l'esperienza del Gesù, stretto tra un committente-regista e un Ordine che imponeva un proprio architetto esecutore: si fece sostituire da Francesco Capriani da Volterra, che aveva mostrato di stimare molto (Hibbard, 1967), ma che morì l'anno seguente, lasciando interrotta la fabbrica. Quando per il giubileo del 1600 Gesualdo decise la costruzione della facciata, si rivolse ancora al D., ma il disegno (pubbl. in N. Caflisch, C. Maderno, München 1934, p. 49, fig. 25, e in Schwager, 1975, p. 122 fig. 3) non fu eseguito.

Gesualdo aveva affidato al D. anche la ristrutturazione del palazzo che aveva acquistato in piazza Rondanini, iniziata nel giugno 1591, di cui esistono nel Fondo Mascherino dell'Accademia di S. Luca, due piante coeve non autografe del D. (nn. 2381-82, pubbl. da Wasserman, 1966; cfr. anche Schwager, 1968, pp. 262 s.); ma i lavori non furono mai condotti a termine per la partenza di Gesualdo nel 1596.

Clemente VIII reintrodusse il D. in tutte le fabbriche papali: ebbe così l'incarico del restauro del transetto di S. Giovanni in Laterano, dove coordinò un lavoro d'équipe (Corbo, 1975, pp. 110 ss.; Abromson, 1981, pp. 336-340). Anche qui prevale la decorazione a incrostazioni marmoree multicolori, che dal tempo della cappella Gregoriana in S. Pietro veniva richiesta ogni qual volta si desiderava una fabbrica opulenta: così sarà la cappella Clementina in S. Pietro. La stessa cappella Aldobrandini in S. Maria sopra Minerva trionfa di incrostazioni fino alla volgarità. Iniziata dal D. nel dicembre 1600, alla sua morte, nel 1602, era completata solo l'incrostazione, ma l'attenta partizione di questa poneva tali limiti da presupporre una architettura tombale precisa, tanto che Hibbard (1971, p. 135) attribuisce senz'altro al D. il disegno delle tombe (Corbo, 1975), mentre è documentata la paternità del sepolcro del cardinale A. M. Bonelli, coevo alla cappella, posto nel coro della stessa chiesa per volontà del papa (S. Pressouyre, Nicolas Cordier,Roma 1984, II, pp. 245 n. 4, 248, 375).

La riabilitazione del D. coincise anche con le errate scelte tecniche di Domenico Fontana nella costruzione del ponte Fehce al Borghetto presso Orte. Nel 1594 il D. venne inviato con quattro periti a controllare il ponte perché fosse portato a termine almeno per l'anno santo. I capitoli stesi per iniziare i lavori vennero concordati nel 1596 (Bertolotti, 1881, 1, pp. 96,98).

I lavori lasciati sospesi nel palazzo Vaticano dal Fontana, continuati dal Landini, collaboratore del D., furono assunti direttamente da questo nel 1596, alla morte del Landini, fino al 1600 (Wasserman, 1962).

I suoi ultimi anni furono febbrili: il 19 febbr. 1597 si inaugurò il sepolcro del comandante della flotta pontificia Emilio Pucci a S. Maria sopra Minerva, commissionato dal papa (Pastor, 1934, p. 668). Su suo disegno venne eretta, nel 1598, la tomba del card. Francisco de Toledo in S. Maria Maggiore (Ostrow, 1983). Nello stesso anno presentò al granduca un progetto per la cappella Medici in S. Lorenzo a Firenze; nel 1601 inviò a Firenze il modello ligneo che però non fu eseguito; fu invece utilizzato per il ciborio della nuova cattedrale di Livorno (von Henneberg, 1977 e 1983). Il Baglione (1642) attribuisce al D. l'altare maggiore di S. Maria dell'Orto (1578) a Roma, attribuzione attendibile perché nel 1588-89 lavorava alla decorazione della tribuna (Barroero, 1976), In occasione del giubileo del 1600 e del rinnovato culto dei primi martiri cristiani, nel febbraio 1599 il card. Pietro Aldobrandini, abate commendatario dell'abbazia delle Tre Fontane, affidò al D. la ricostruzione dalle fondamenta della cappella di S. Paolo all'abbazia, un martyrium moderno sul luogo dove secondo la tradizione era stato decapitato s. Paolo: fu distrutta l'antichissima struttura precedente della quale si mantenne la curiosa posizione in pendio nella nuova cappella a croce (Schwager, 1982).

Gli stessi scopi portarono il card. P. E. Sfondrato a trasformare il recinto presbiteriale della chiesa di S. Cecilia in Trastevere per mettere in evidenza la tomba di s. Cecilia, di cui si era fatta una clamorosa ricognizione. La sontuosa decorazione in pietre dure, curata dal D., fu completata entro il 1600, con la soppressione dell'arredo cosmatesco e il restauro del tetto a capriate (Nava Cellini, 1969; Arch. di Stato di Roma, Corp. Rel. Benedettine di S. Cecilia, b. 4092, fasc. I).

La stessa scadenza del giubileo del 1600 e la volontà di dare impulso al culto delle reliquie indussero, nell'aprile 1599, il card. Pietro Aldobrandini ad affidare al D. la costruzione della facciata di S. Nicola, in Carcere con la sua piazza e una cappella (Rossi, 1935, n. I, p. 40; Abromson, 1981, p. 89 n. 134; Schwager, 1982).

Il D. diede una interpretazione "brutalista" dell'antico tempio nascosto dalle nuove strutture della chiesa. Le rappresentazioni antiche (Vasi, 1756, I, VI, t. V, tav. 89) mostrano una facciata a edicola, a tre campate su quattro colonne giganti di peperino non intonacato, senza traccia del campanile che ora tronca di netto l'ala destra della facciata. La continuità dell'ordine è sottolineata dalla forte trabeazione, attualmente scomparsa, che insiste sulle ali laterali. La rozzezza delle colonne, l'aria arcaica, il contrasto coloristico, il forte aggetto della trabeazione ne fanno la migliore facciata del D. anche se destinata a rimanere un unicum, oggi peraltro non più godibile (gli sventramenti e restauri del XX secolo hanno stravolto le intenzioni dell'architetto).In seguito alla disastrosa alluvione del 24 dic. 1598 il D. venne inviato più volte a Rieti con cinque periti (febbraio-marzo 1599), per controllare il lago Velino (lago di Piediluco) e il suo canale artificiale, considerati causa della piena del Tevere (Lanciani, 1903, p. 27) e lasciò una memoria (Roma, Bibl. Corsiniana, Cors. 218, c. 90rv: Modo e parere che ha fatto Giacomo Della Porta sopra la riparatione dell'inondatione del Tevere;altra copia alla Bibl. ap. Vat., Chig. H.IL 43, cc. 163r-165v). Dopo l'alluvione curò il ripristino del convento di S. Maria in Campomarzio e della chiesa di S. Angelo in Pescheria (Borsi, 1984; Bibl. ap. Vat., S. Angelo in Pescheria, II, 4, cc. 68 ss.).

Secondo il Baglione (1642, p. 82) Si deve al D. l'inizio dei lavori (1601) di trasformazione del collegio Clementino, già palazzo Pepoli, in piazza Nicosia (il collegio fu distrutto nel 1936; cfr. L. Zambarelli, IlCollegio Clementino...,Roma 1936, pp. 11 ss.).

L'ultimo impegno del D. fu la costruzione dell'ex casino Contugi-Capranica a Frascati per Pietro Aldobrandini. Già la prima fase dei lavori, iniziata nel maggio 1601 e terminata nell'estate 1602, portò a quasi totale compimento il corpo della villa (Schwager, 1961-62, p. 296; D'Onofrio, 1963, pp. 52-56), che fu completato dal Maderno, sicuramente su disegno del D. (v. anche Schwager, 1961-62, pp. 355 ss.; Hibbard, 1971, p. 132). Il D., infatti, morì sulla strada di ritorno da una gita a Frascati con il card. Aldobrandini, che aveva deciso l'inizio della seconda fase di lavori; il 2 sett. 1602 venne colto da una congestione intestinale e il giorno seguente, il 3 settembre, si spense a porta S. Giovanni, nella casa del custode della porta (Baglione, 1642). Venne tumulato nella chiesa di S. Maria in Aracoeli. Eredi dei beni restarono i figli Bartolomeo, Alessandro e Angelo.

Tra i fondatori dell'Accademia di S. Luca (1593), non tenne mai la conferenza che F. Zuccari gli chiese, nel gennaio e nel febbraio 1594, sulla "Definizione di architettura". Dalla cronaca delle sedute, dove erano presenti tutti gli architetti attivi in quegli anni, è evidente la preminenza del D., ma anche il suo disinteresse per l'indirizzo "teorico-filosofico" che lo Zuccari voleva dare all'Accademia (Alberti, 1604). Il D. avvertiva che entro i limiti imposti dalle istituzioni la ricerca formale non aveva più bisogno di sostegni teorici, ma era sufficiente rispettare una tradizione consolidata, vagliando criticamente l'impatto delle forme proposte con il pubblico.

Il 5 giugno 1559 il D. aveva sposato a Roma Costanza de Regaziis (Schwager, 1975, p. 129 n. 106). Il 25 maggio 1574 venne battezzato il figlio legittimo Giovanni (Schiavo, 1957, p. 41). Il figlio Bartolomeo, procuratore del D. il 29 marzo 1577 (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, C. Saccotius,b. 1547, c.300v), fu nominato l'11 ag. 1601 canonico di S. Maria Maggiore: morì il 21 ag. 1608 e fu sepolto in S. Maria in Aracoeli (Orbaan, 1920, p. 47 n. 122); nella stessa chiesa furono sepolti numerosi altri membri della famiglia (Tiberia, 1971, p. 182; Schwager, 1975, pp. 114 n. 29, 125 n. 92).

Il 13 marzo i 590 morì il figlio legittimo Ottavio; nel 1592 venne posto nella cappella Della Valle un epitaffio, scomparso, dove il D. piangeva la morte di questo figlio e della moglie Costanza, probabilmente scomparsa in quell'anno (V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma,I, Roma 1869, p. 203 n. 774): Anche la seconda moglie, Criptiade Juventis, morta il 10 febbr. 1602, lo aveva preceduto nella tomba della chiesa dell'Aracoeli (Tiberia, 1971, p. 182).

Molte attribuzioni al D., proposte in passato, sono risultate senza fondamento alla luce di verifiche documentarie, o di una più attenta lettura delle fonti, o ancora di un più approfondito esame critico-stilistico: pertanto non se ne fornisce qui l'elenco che sarebbe troppo lungo; il catalogo delle opere certe è costituito da quelle via via illustrate nel corso della presente biografia.

Fonti e Bibl.: Oltre alle fonti cit. all'interno della voce si veda: per le fonti antiche già note, U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, pp.278-280 (sub voce Porta, Giacomo della); e inoltre: R. Alberti, Origine, et progresso dell'Accademia del Disegno de pittori, scultori, e architetti di Roma,Pavia 1604, pp. 26-34; G. Baglione, Le vite de' pittori, scultori, architetti... [1642], facsimile dell'esemplare con note manoscritte di G. P. Bellori, conservato a Roma, Bibl. dell'Ace. dei Lincei, coll. 31.3.15, a cura di V. Mariani, Roma 1935, pp. 4, 80 s s.; Casimiro da Roma, Mem. istor. della chiesa di S. Maria in Aracoeli,Roma 1736, pp. 239 s., 405; G. Vasi, Le magnificenze di Roma antica,Roma 1756, passim;A.Ronchini, I, La chiesa del Gesù in Roma; II, G. D.; III, Gregorio Caronica,in Atti e mem. delle RR. Deput. di storia patria per le provv. modenesi e parmensi, VII (1873), 1, pp. 19-35; A. Ronchini-V. Poggi, Fulvio Orsini e sue lettere ai Farnesi,in Atti e mem. delle RR. Deputaz. di storia patria per le provv. dell'Emilia, IV(1880), 2, pp. 38 n. 3, 54 s., 5 8 ss., 62 s.; A.Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secc. XV-XVIXVII, Milano 1881, I, pp. 96, 98, 112; II, pp. 310 s.; Id., Giunte agli artisti lombardi in Roma, in Arch. stor. lomb.,X(1883), 1, p. 102; T. Berti, Diz. dei comuni della prov. di Roma, I, Circondario...,Roma 1882, pp. 197 ss., 206-215; A.Bertolotti, Artisti in relazione coi Gonzaga,in Atti e mem. delle RR. Deput. di storia patria per le provv. modenesi e parmensi, III (1885), pp. 17 ss.; A. Guglielmotti, Storia delle fortificazioni nella spiaggia romana risarcite e accresciute dal 1560 al 1570,Roma 1887, p. 459; D. Tesoroni, Ilpal. Piombino di piazza Colonna,Roma 1894 (estratto de Il Buonarroti, (S. 4, 1 [1894] restato inedito perché la rivista si arrestò alla terza serie); R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma, II,Roma 1903, p. 27; III, ibid. 1907, pp. 27, 124; IV, ibid. 1912, pp. 66 s., 136; E. A. 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