MINERARI, GIACIMENTI

Enciclopedia Italiana (1934)

MINERARI, GIACIMENTI

Luigi Colomba

. I minerali ordinariamente o da soli o associati in vario modo costituiscono le rocce che formano i giacimenti generali di essi (v. minerogenesi; petrogenesi), ma si trovano spesso anche in giaciture speciali direttamente connesse alle loro condizioni di genesi il cui studio forma un capitolo della mineralogia detto minerogenesi. Questi accentramenti, o giaciture speciali, che talvolta derivano anche da sostanze di origine organica profondamente modificate, prendono il nome di giacimenti minerarî quando la loro potenza e la loro particolare natura dànno a essi una notevole importanza, oltre che dal lato teorico, anche da quello tecnico e applicativo.

Molte furono le classificazioni proposte per i giacimenti minerarî. Una delle prime, che ha ancor oggi un discreto valore, si fondava sulla natura dei materiali che da essi si ricavano in rapporto al modo di utilizzarli e li divideva in giacimenti metalliferi e in giacimenti minerarî propriamente detti a seconda che i prodotti che da essi si hanno servono per operazioni metallurgiche oppure possono servire per usi diretti, come ad esempio molti materiali da costruzione, o per speciali preparazioni di materiali non metallici, come ad esempio i calcari usati per la fabbricazione della calce e dei cementi.

La migliore classificazione di giacimenti è quella che si fonda sulla loro origine e sulle loro relazioni con i materiali ai quali sono associati in natura. I giacimenti minerarî vengono in tal modo ripartiti in due grandi divisioni: giacimenti singenetici od originarî e giacimenti epigenetici o secondarî. La prima comprende quelli che si sono formati contemporaneamente alle rocce che li contengono: la seconda quelli formatisi posteriormente. Queste due divisioni sono alla loro volta suscettibili di numerose suddivisioni. Ai giacimenti singenetici appartengono i giacimenti di segregazione magmatica e quelli sedimentarî (di origine, questi ultimi, chimico-organogena, meccanica e biologica), rispettivamente originatisi durante la consolidazione dei magma delle rocce eruttive che li contengono oppure formatisi in rocce sedimentarie contemporaneamente al loro deposito. I giacimenti epigenetici alla loro volta si dividono in giacimenti di contatto, filoniani, metasomatici e d'impregnazione a seconda che derivano da fenomeni di mineralizzazione manifestatisi lungo i confini di rocce differenti; da depositi entro fenditure della litosfera; da sostituzione di minerali nuovi ad altri preesistenti per opera soprattutto di acque mineralizzate; da depositi di sostanze derivanti da fenomeni idrotermali e pneumatolitici dovute ancora ad acque circolanti oppure a emanazioni gassose penetrate nell'interno delle rocce.

Giacimenti singenetici eruttivi di segregazione magmatica. - Si possono considerare nel quadro generale come formazioni singenetiche avvenute nella solidificazione dei magma. In essi i minerali utili sono o uniformemente disseminati nelle rocce eruttive oppure prevalentemente concentrati in alcuni loro punti sotto forma di nidi, lenti o ammassi talvolta anche di grandi dimensioni, avendosi quindi una serie di tipi differenti indicati, nel primo caso, col nome di giacimenti massicci e nel secondo con quelli di giacimenti di concentrazione, di segregazione e di estrazione magmatica a seconda che i minerali utili si trovano nelle parti interne delle rocce incassanti, nelle loro parti periferiche o al di fuori nella loro aureola di contatto. Questi diversi modi di presentarsi dipendono dal fatto che, mentre le sostanze costituenti un magma fluido sono d'ordinario completamente miscibili allo stato fuso, esse invece, in seguito al processo di consolidazione graduale del magma, tendono a dare origine a corpi non più miscibili che si separano progressivamente nei varî tempi di consolidazione in conseguenza della graduale diminuzione di temperatura e delle variazioni delle loro concentrazioni; essi poi, a seconda delle loro composizioni chimiche e delle condizioni in cui avviene la loro separazione, possono concentrarsi nell'interno delle rocce incassanti oppure venire respinti verso le loro parti periferiche o anche esserne parzialmente o totalmente espulsi.

Fra i principali giacimenti italiani di questo tipo sono da citare quello di magnetite di Cogne (Valle d'Aosta), contenuto in serpentine derivanti da rocce oliviniche, quelli di pirrotite nichelifera delle Valli della Sesia e del Toce contenuti in rocce dioritiche e quelli cupriferi della catena metallifera della Toscana, fra i quali ebbe massima importanza quello, ormai esaurito, di Montecatini, ricco di calcopirite e di altri minerali di rame contenuti in rocce basiche (fig. 1), anch'esse parzialmente serpentinizzate. A questo tipo di giacimenti sono anche da riferirsi i giacimenti in posto di platino nei Monti Urali, dove detto metallo appare disseminato in granuli e in noduli in rocce primarie peridotiche serpentinizzate; quelli di cromite dell'Isola di Rodi, dell'Asia Minore e di tante altre località, anche essi contenuti in rocce basiche serpentinizzate e in ultimo quelli di magnetite della Svezia settentrionale (Kiirunavaara e Gellivara; fig. 2), che invece sono compresi in rocce granitico-sienitiche. Vi appartengono anche, sebbene apparentemente abbiano caratteri notevolmente diversi, i giacimenti diamantiferi del Transvaal dove il diamante si trova incluso in una roccia, detta kimberlite (v. diamante).

Giacimenti singenetici sedimentarî. - In questi giacimenti il deposito del materiale utile è stato contemporaneo alla sedimentazione del materiale roccioso. Essi sono formati da masse spesso a costante livello geologico e hanno non di rado grande estensione in superficie e regolare giacitura tabulare o piatta. In tale caso, la massa di minerale è compresa fra due superficie press'a poco parallele, che si chiamano sponde del giacimento. Lo spessore della massa e cioè la distanza fra le sponde si chiama potenza del giacimento. Se molto estesi, giacimenti di piccola potenza possono dare un buon rendimento anche per molto tempo.

Per definire la posizione di un giacimento regolare piatto, lo si considera limitato - per brevi estensioni - da due piani paralleli che costituiscono le sponde o salbande; quella soprastante prende il nome di tetto o cadente, quella sottostante quello di muro, letto o riposo (fig. 3). La retta AB, intersezione di uno qualsiasi dei detti piani col piano orizzontale che passa per il punto P, si chiama linea di direzione; l'angolo a che detta linea forma con la linea meridiana (astronomica o magnetica) si chiama direzione. La perpendicolare PM alla linea di direzione AB che passa per il punto, e che giace nel piano delle sponde, si chiama linea di massima pendenza; l'angolo β che essa forma con l'orizzontale si chiama pendenza.

Dal punto di vista della loro posizione rispetto alla superficie del suolo, i giacimenti si dicono superficiali quando manca una delle sponde, perché non è mai esistita oppure perché è stata asportata (fig. 4). Si dicono semisuperficiali quando sono in parte ricoperti da terreni incassanti (materiale di copertura) di spessore non grande, che possono essere asportati con piccola spesa prima di procedere alla coltivazione del minerale (fig. 5). Sia nel primo sia nel secondo caso si hanno coltivazioni a giorno (v. cava). I giacimenti possono anche essere interposti totalmente fra le rocce incassanti, senza che vengano a intersecare la superficie del suolo o, come si dice, ad affiorare all'esterno (fig. 6); oppure interposti fra le rocce incassanti ma orientati in modo da intersecare la superficie; in tal caso si dice che presentano un affioramento a giorno (fig. 7). Nell'una e nell'altra delle due ultime condizioni di giacitura l'estrazione del minerale utile deve compiersi in sotterraneo e si hanno i lavori di miniera propriamente detti (v. miniera). Frequentemente uno stesso giacimento si trova contemporaneamente in tutte le condizioni su esposte; sicché le diverse sue porzioni vengono coltivate con metodi diversi.

a) Di origine chimico-organogena. - I minerali utili sono contenuti in rocce sedimentarie e provengono da fenomeni di precipitazione dovuti ad azioni chimico-fisiche fra sostanze inizialmente disciolte nelle acque. In essi il concetto della contemporaneità è quindi limitato poiché si nota spesso che i minerali formatisi in essi subirono, o durante la loro precipitazione o posteriormente, modificazioni più o meno grandi nelle loro composizioni chimiche in conseguenza di reazioni avvenute fra gli uni e gli altri oppure di variazioni nelle condizioni di ambiente. In molti di essi è però molto difficile separare l'azione chimica da quella organogena e si possono ritenere perciò di origine chimico-organogena per cui i due tipi vengono trattati insieme.

Fra i giacimenti per precipitazione più importanti si hanno quelli salini derivanti dalla completa evaporazione di sistemi lagunari con conseguente deposito delle sostanze disciolte nelle acque (v. minerogenesi), depositi che, per l'intervento di fenomeni molto complessi di carattere fisico-chimico e tettonico, possono subire in modo assai sensibile variazioni nella composizione e nei caratteri delle sostanze che si hanno in essi. Per semplice evaporazione del solvente hanno avuto origine i depositi di salgemma, gesso, anidrite; per eliminazione di un componente gassoso (CO2) oltre che di acqua i calcari concrezionati, travertini, stalattiti, stalagmiti, ecc. Molto importanti dal punto di vista tecnico e scientifico sono quelli di Mulhouse (Alsazia), di Wieliczka (Polonia), della Bucovina, della Romania, del Hannover, dove si trova il celebre giacimento di Stassfurt in cui J. H. Van't Hoff poté definire esattamente le condizioni di genesi delle specie minerali che vi appartengono e la loro successione in rapporto alle complesse azioni fisico-chimiche e geotermiche a cui fu soggetto (v. salgemma). Frequenti i giacimenti sedimentarî di origine chimico-organogena di minerali di ferro, di manganese e talora anche di rame. Vi appartengono in Italia quello della Nurra in Sardegna dove il minerale ferrifero è in masse lenticolari costituite da ooliti di limonite, siderite e magnetite, disseminate in una formazione schistosofilladica e quello dell'Ogliastra in cui si hanno lenti di siderite incluse in una formazione schistosa. Ne fanno parte pure i depositi di siderite della Val Seriana, della Val Trompia e della Valle di Scalve in Lombardia contenuti in strati regolari e concordanti con gli strati arenacei del Triassico inferiore. Fra quelli esteri sono da ricordare i depositi estesissimi di limonite oolitica della Valle di Ottange nella Lorena (fig. 8) e del Lussemburgo, mesozoici (precisamente del piano Toarciano) ricchi e vasti da occupare una zona lunga 100 km. e larga 20-30. In generale tutti questi giacimenti ferriferi sono dovuti a formazioni marine litoranee o a depositi in acque stagnanti. In Italia si hanno anche alcuni depositi di minerali di manganese rappresentati specialmente da pirolusite (MnO2) originatisi per via chimico-sedimentaria e dovuti a lenti depositi in mari profondi. Tali sono quelli della Sardegna meridionale, dell'Elba, del Monte Amiata e della Liguria. Fra quelli esteri sono importanti quelli di Nicopoli (Russia meridionale), del Värmland (Svezia), di Minas Geraes (Brasile), di Huelva (Spagna) e del Cile. Analoga sembra essere l'origine dei depositi di calcopirite e di altri minerali di rame delle Alpi Apuane, del Monte Pisano e della Montagnola Senese e all'estero, quelli di Mansfeld (Harz), di Perm (Russia) e di Corocoro (Bolivia). Anche la fissazione del carbonato di calcio dalle sue soluzioni è determinata spesso dall'azione di organismi come foraminiferi, molluschi, corallari, ecc. che si costruiscono conchiglie o impalcature di colonne portando così alla formazione di calcari marini, dolomie, ecc. Inoltre i banchi fosfatici della Tunisia e dell'Algeria inseriti tra rocce calcaree (fig. 9) sono dovuti a depositi sedimentarî litoranei o di mare poco profondo derivanti dall'accumularsi di organismi marini profondamente modificatisi in seguito.

b) Di origine meccanica. - Derivano dal disfacimento di rocce preesistenti e dal successivo accumularsi dei prodotti della loro degradazione meccanica nei depositi alluvionali e sedimentarî. Affinché un minerale si accumuli in questi giacimenti occorre di regola che sia molto resistente agli agenti chimici e fisici e che presenti un'elevata densità accompagnata da grande durezza oppure da grande malleabilità. Questi giacimenti pur mantenendo un carattere singenetico sono da considerarsi secondarî, poiché i minerali utili, pur depositandosi contemporaneamente a quelli componenti la roccia preesistente, già esistevano prima come componenti tali rocce. Di notevole importanza pratica è poi il fatto che i minerali più pesanti si raccolgono sul fondo del deposito presso la roccia al letto, e se questa presenta incavi o tasche si concentrano in esse con forte tenore in minerali utili. Così per esempio le tasche e i canali dei giacimenti auriferi secondarî.

Fra i più importanti giacimenti di questo tipo, detti anche detritici, sono da annoverarsi quelli auriferi e platiniferi provenienti dal disfacimento di rocce quarzose aurifere e serpentinose-peridotitiche platinifere. Citiamo fra i primi i giacimenti auriferi (fig. 10) della California, dell'Alasca, del Transvaal, degli Urali, della Siberia e dell'Australia dove formano i cosiddetti placers. In Italia si hanno tracce di oro nei depositi alluvionali di molti fiumi alpini e specialmente in quelli del Ticino, della Dora Baltea, della Sesia e dell'Orco. Meno frequenti sono i giacimenti di platino, essendo essi quasi limitati a quelli degli Urali, della Columbia, dell'Altai, di Borneo e del Brasile. Allo stesso tipo appartengono anche i giacimenti di cassiterite (SnO2) della Cornovaglia, dell'Erzgebirge (fig. 11), della penisola di Malacca e delle Isole Indiane, tutti provenienti da disfacimento di graniti stanniferi, e quelli diamantiferi dell'India, del Brasile e anche quelli di rubini di Ceylon, che derivano dalla scomparsa, per soluzione, di calcari in cui essi erano contenuti. Si hanno anche giacimenti detritici che contengono minerali utili meno resistenti alle azioni chimico-meccaniche. Fra questi sono da ricordare quello di magnetite lungo la spiaggia di Nettuno e di altri punti della costa tirrenica provenienti dal disfacimento delle rocce vulcaniche e dei tufi proprî di detta località e quelli di cinabro di Abbadia San Salvatore e di Saturnia (Monte Amiata) in diretto contatto con quelli d'impregnazione proprî di dette regioni. Fra gli esteri citiamo le sabbie monazitiche della Georgia, della Carolina e del Brasile, i giacimenti di solfuri di piombo e rame di Cap Garonne e del Varo, in Francia, di Santa Catalina nella Repubblica Argentina e quelli limonitici del Hannover, del Harz e del Brasile.

c) Giacimenti di origine biologica. - In appendice ai giacimenti sedimentarî diamo qui alcuni brevi cenni sui giacimenti minerarî che totalmente o in parte possono essere considerati come legati a cause biologiche. Per la massima parte si tratta di formazioni di schietta origine organogena che in seguito hanno subito modificazioni più o meno grandi per opera di agenti geochimici. A essi sono in primo luogo da riferire i carboni fossili derivanti dall'accumularsi di residui di vegetali che, a seconda delle condizioni in cui vennero a trovarsi, hanno subito modificazioni più o meno intense che hanno dato origine alle torbe, alle ligniti, al litantrace, all'antracite, e in alcuni casi, come in certe regioni delle Alpi occidentali, anche direttamente alla grafite. In tutti si ebbe essenzialmente un processo di riduzione e di disidratazione con successivo e graduale arricchimento in carbonio. Vi appartengono anche i calcari conchigliferi, le formazioni coralligene e madreporiche e quelle dovute, come il tripoli, all'accumularsi di organismi silicei rappresentati da Radiolarî e da Diatomee; come pure i depositi di guano che si formano in alcune regioni terrestri a clima molto secco o nell'interno di alcune grotte per deposito di deiezioni di uccelli o di chirotteri. Anche per i giacimenti di petrolio o di bitume si ricorre da molti autori a un'origine organica, ammettendo che essi derivino da un processo di distillazione, fuori del contatto dell'aria, delle grandi masse di sostanze organiche che si depositano sui fondi marini a spese delle spoglie degli organismi che vivono nei mari. Vi sono però certi casi, come ad es; per gli asfalti del Mar Morto, in cui è necessario ricorrere a un'origine endogena. Così pure si possono riferire a questo tipo di giacimenti alcuni fra i depositi di fosforite (v. fosfatiche, rocce), le brecce ossee e anche secondo taluni autori i giacimenti di nitrato sodico del Chile, che sarebbero derivati dall'azione di un bacterio nitrificante su grandi depositi di cloruro sodico dovuti a emanazioni vulcaniche. E anzi, a proposito di queste azioni biologiche dovute a microrganismi, è da ricordare che secondo taluni autori si sarebbe manifestato il loro intervento anche nella formazione dei carboni fossili.

Giacimenti epigenetici. - a) Di contatto. - Questi giacimenti sono dovuti ad azioni chimico-fisiche manifestantisi sulle rocce circostanti per opera di magmi fluidi che tendono a salire. Di tali azioni si tratta esaurientemente in metamorfismo (v.). Essi sono indubbiamente da considerarsi come epigenetici per quanto riguarda questi fenomeni di contatto; poiché anche nei detti magmi eruttivi si formano, durante la loro consolidazione e specialmente nelle loro zone periferiche, minerali nuovi tipici delle zone di contatto; essi possono anche assumere parzialmente i caratteri dei giacimenti di secrezione e di estrazione magmatica. Inoltre, essendo spesso accompagnati da manifestazioni idrotermali o pneumatolitiche che possono anche agire a grandi distanze, essi si approssimano anche ai giacimenti metasomatici e d'impregnazione e talvolta anche a quelli filoniani poiché spesso nei terreni preesistenti si manifestano fenditure che possono essere riempite da minerali formatisi durante i fenomeni di contatto.

In Italia si hanno numerosi giacimenti di contatto di minerali utili che corrispondono a tutti i predetti tipi. Uno che ha caratteri misti di segregazione magmatica e di contatto è quello di Gavorrano, presso Grosseto (fig. 12). Esso è formato da masse di pirite (FeS2) che si trovano nella zona periferica di una massa granitica intrusa in una formazione schistoso-calcarea fortemente mineralizzata e che parzialmente penetrano anche nell'interno di queste rocce sotto forma di vene. Tipici sono invece i giacimenti di Traversella (fig. 13) dove si ha una potente massa dioritica intrusiva e che si è fatta strada attraverso una formazione schistoso-cristallina, nella quale si trovano intercalati alcuni strati di calcare intensamente mineralizzati con formazione d'ingenti masse di magnetite associata a pirite e di masse di silicati ferro-magnesiaci. All'Isola d'Elba (fig. 14) si ha un giacimento di magnetite con ematite che per i suoi caratteri si approssima assai al precedente, avendosi anche in esso la formazione di masse potenti di magnetite e di ematite con silicati ferro-magnesiaci formatisi a spese di masse calcaree contenute in formazioni schistose. La mancanza, però, in esso, di un diretto contatto con rocce eruttive rende meno evidente il suo carattere di giacimento di contatto.

b) Filoniani. - Comprendono quei giacimenti che sono costituiti da masse di minerali che riempiono fenditure esistenti nella crosta terrestre. Queste fenditure, quando sono così ripiene di minerali, prendono il nome di filoni, che possono essere semplici e complessi (figg. 15 e 16). L'intersezione del filone con un piano orizzontale si dice direzione, l'altezza del filone, profondità e la distanza fra le pareti limitanti potenza. I filoni a seconda dell'altezza e della direzione si possono estendere per centinaia di metri, mentre la potenza è generalmente limitata a pochi metri e oscilla fortemente per uno stesso filone. Talvolta i filoni s'interrompono del tutto per ricominciare a piccola distanza. In essi di solito si distingue la parte superficiale, detta affioramento, cappello o brucione in cui si trovano minerali ossidati, idrati, carbonati, da quella profonda. Vengono invece indicate rispettivamente coi nomi di vene (fig. 18) e di dicchi le fenditure di dimensioni molto piccole e quelle occupate da rocce eruttive. Poiché sono frequenti le reazioni fra le sostanze che riempiono le fenditure e quelle che ne formano le pareti, molti giacimenti filoniani si avvicinano parzialmente a quelli di contatto. Così, ad esempio, a Campiglia Marittima, in Toscana, si hanno alcuni dicchi di porfido quarzifero che, attraversando una serie di calcari, hanno dato origine lungo il contatto a estese formazioni di silicati ferriferi contenenti minerali di rame, piombo e zinco. Generalmente i filoni si presentano riuniti in gruppi perché le energie endogene, a cui sono dovute le dislocazioni, e quindi le fratture terrestri, agiscono specialmente in determinate regioni e lungo determinate linee. Si hanno così i campi di frattura in cui si nota spesso un numero molto grande di filoni i quali, se sono dovuti a un'unica manifestazione, si presentano generalmente con andamento parallelo anche su tratti molto lunghi, mentre invece ciò non avviene se appartengono a tempi diversi di formazione. In questo caso si osserva che essi s'intersecano in vario modo (fig. 17), essendo i più antichi rotti e spostati da quelli più recenti. Il riempimento di un filone può avvenire per congenerazione, cioè per riempimento contemporaneo alla comparsa della fenditura oppure per riempimento posteriore. Questo riempimento poi può avvenire per iniezione di sostanze allo stato fluido, per sublimazione di sostanze gassose o per deposito da acque mineralizzate. In generale il riempimento per congenerazione è proprio dei dicchi e quindi ha poca importanza dal lato tecnico, essendo rari i casi in cui un magma fluido porti con sé grandi quantità di minerali utili. Vi sono però eccezioni; così alla Tolfa, presso Civitavecchia, si hanno alcuni dicchi di una trachite porfirica ricca di pirite. Nei filoni i minerali di riempimento sono separati dalle pareti da un rivestimento argilloso detto salbanda; in essi poi si hanno due parti distinte di cui una è formata dai minerali utili mentre l'altra detta ganga è in generale costituita da minerali litoidei, quarzo, fluorite, baritina, calcite, ecc., che solo in alcuni casi hanno una qualche importanza dal lato tecnico, mentre invece molto spesso, per la loro natura mineralogica possono dare indicazioni sicure sul modo di riempimento dei filoni secondo che essi siano tali da potersi ammettere formati per via umida o pneumatolitica (v. pneumatolisi). In un filone i minerali sono generalmente disposti simmetricamente rispetto al suo asse per il fatto che, avvenendo il suo riempimento in fasi successive, a ognuna di queste corrisponderà uno strato che verrà a depositarsi su quelli formatisi anteriormente e poiché a queste fasi successive possono corrispondere minerali differenti ne consegue che questi verranno a disporsi simmetricamente (fig. 21). Si hanno però filoni dissimmetrici dovuti al fatto che la fenditura si è nuovamente aperta e riempita di nuovi minerali. In alcuni casi i filoni dànno luogo a tipi particolari. Si hanno i filoni strati (fig. 19) quando essi, attraversando terreni scistosi o sedimentarî, s'insinuano lungo i piani di scistosità e di stratificazione, assumendo in tal modo l'aspetto di uno strato interposto. Accade anche che durante il riempimento di un filone, frammenti delle rocce delle pareti si stacchino e vengano a cadere nel vano rimanendo in tal modo impigliati nei materiali di riempimento, i quali quindi si depositeranno intorno ai frammenti, dando al filone un carattere speciale d'onde il nome di filone a coccarda o brecciforme (fig. 20). Il riempimento dei filoni avviene generalmente per via ipogea, cioè per mezzo di sostanze che dalle zone interne della crosta terrestre tendono a salire. Si hanno però anche dei filoni il cui riempimento deriva da sostanze provenienti dall'alto cioè di origine epigea, ma sono piuttosto rari. In alcuni casi si ha anche un riempimento per secrezione laterale, cioè derivante da sostanze provenienti dalle rocce che ne formano le pareti. Avviene spesso poi che nelle zone superficiali i minerali che occupano i filoni cambino parzialmente di natura per azioni chimico-fisiche particolari. Così, ad es., nei filoni cupriferi si osserva spesso alla superficie la presenza di malachite e di azzurrite. Il carattere essenzialmente metallifero dei minerali filoniani rende questo gruppo di giacimenti molto importante dal lato economico.

In Italia sono da ricordare per la loro estensione i distretti filoniani sardi dell'Iglesiente (Monteponi, Montevecchio), del Sarrabus e del Nuorese ricchi in minerali di piombo, argento e zinco (v. fig. 23). A Monteveechio si ha un fascio di filoni che si svolge in curva intorno al massiccio dell'Arborese per oltre 15 chilometri; quelli argentiferi del Sarrabus (fig. 22) si estendono per oltre 37 chilometri. Non sempre però questi giacimenti presentano un carattere nettamente filoniano; così, ad esempio, a Monteponi si hanno anche masse lenticolari calcareo-scistose. Fra le località estere in cui si hanno giacimenti filoniani molto importanti ed estesi sono da accennare i distretti filoniani di Freiberg in Sassonia, di Clausthal nel Harz e di Příbram in Boemia (fig. 24).

c) D'impregnazione e metasomatici. - Questi due ultimi tipi di giacimenti minerarî si possono difficilmente distinguere l'uno dall'altro perché molto spesso le loro differenze riguardano il modo di presentarsi dei depositi, essendo ambedue legati a fenomeni di trasporto di sostanze allo stato di soluzione o di emanazione. Essi poi si possono ulteriormente suddividere a seconda che derivino da semplici fenomeni di trasporto e di rideposito oppure da fenomeni più complessi dovuti a possibili reazioni fra le dette sostanze e quelle attraverso alle quali avviene il trasporto, con formazione di nuovi minerali. Al primo di questi sottogruppi appartengono quelli derivanti dal deposito di sostanze inizialmente disciolte nelle acque in seguito al loro affluire alla superficie del suolo o in cavità sotterranee. Così di origine idrotermale, poiché la temperatura elevata aumenta l'azione solvente dell'acqua, si possono ritenere i filoni e le minute impregnazioni di cinabro del M. Amiata, dovuti questi ultimi al depositarsi, sotto forma diffusa nell'interno delle formazioni calcareo-argillose di detta regione, del cinabro da soluzioni solforiche o da emanazioni vulcaniche. E ancora quelli di antimonite del Senese, di realgar per la solubilità di questi solfuri in soluzioni alcaline. Di deposito diretto di minerali provenienti da emanazioni vulcaniche sarebbero i giacimenti di sali potassici della Colonia Eritrea. Al secondo sottogruppo appartengono i veri giacimenti metasomatici, cioè quelli che sono accompagnati da reazioni con formazione di nuovi minerali.

Un esempio tipico di questi ultimi lo si ha nei giacimenti calaminari delle Prealpi bergamasche. Quivi al di sotto di una serie di rocce scistose si trovano calcari che contengono masse di calamina e di smithsonite (metasilicato basico e carbonato di zinco) aventi grossolanamente la forma di grandi coni disposti col vertice in basso e con la base in alto appoggiata contro la superficie di separazione fra le due formazioni rocciose. La loro origine deriva dal fatto che si hanno in località poco distanti giacimenti di blenda (solfuro di zinco). Quest'ultima per ossidazione diede luogo a formazione di solfato di zinco che scioltosi nelle acque circolanti venne a contatto con le predette rocce, dando così origine al carbonato e al silicato di zinco. La forma conica dei depositi è dovuta al fatto che l'azione chimica, massima lungo la superficie di separazione fra i due tipi di rocce, andò gradatamente diminuendo con l'aumentare della profondità. Sono da ricordare i giacimenti calaminari di Cave del Predil (Raibl, v. fig. 25). Analoga è l'origine dei depositi di allumite della Tolfa, dovuti all'azione di gas solforosi e solforici sulle trachiti di detta regione. Secondo alcuni autori vi si potrebbero riferire anche i giacimenti solfiferi della Sicilia supponendoli derivati dall'azione reciproca di vapori solforosi e sulfurei con produzione di zolfo, analogamente a quanto si ha nelle fumarole; ma dalla massima parte degli autori si ammette che essi, al pari di quelli della Romagna, si siano formati per riduzione dei gessi che sempre accompagnano il solfo.

Bibl.: A. D'Achiardi, I metalli e le loro miniere, Milano 1883; G. D'Achiardi, Guida al corso di mineralogia, Milano 1925; B. Lotti, I depositi dei minerali metalliferi, Genova 1928; A. Bergeat, Erzlagerstättenkunde, Lipsia 1904; Beyschlag, Krusch, Vogt, Die Lagerstätten der nutzbaren Mineralien, Stoccarda 1910; Dammer, Tietze, Die nutzbaren Mineralien, Stoccarda 1913; L. De Launay, Gîtes mineraux et metallifères, Parigi 1913.