Ghiaccia

Enciclopedia Dantesca (1970)

ghiaccia

Bruno Basile

. Il termine ricorre quattro volte nell'Inferno, sempre connesso alla gelata palude di Cocito, per indicare sempre un " luogo ghiacciato ".

In XXXII 35 eran l'ombre dolenti ne la ghiaccia, / mettendo i denti in nota di cicogna, il poeta " describit in speciali poenam proditorum primae speciei, quae committitur contra consanguineitatem... dicit breviter quod isti stant intra glaciem cum corpore toto, tenentes solum caput extra, et frementes dentibus eo modo quo rana stat tota sub aqua tenens solum musum foris et garrulans... " (Benvenuto), pena terribile che D. pare avocare contro di sé nell'ironica battuta a frate Alberico: dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo, / al fondo de la ghiaccia ir mi convegna (XXXIII 117). Il gelido elemento è il regno di Lucifero, dato che lo 'mperador del doloroso regno / da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia (XXXIV 29); passo famoso, quest'ultimo, ove il poeta " describit qualiter ipse Lucifer, aliorum immundorum spirituum pater et princeps, manebat in ipso profundo; et dicit quod in glacie ipsius Cociti fluminis infernalis defixus erat " (Bambaglioli). Proprio la scomparsa della ghiaccia (v. 103) sancirà per il poeta la possibilità di riveder le stelle. La voce non è estranea, anche se con altre connotazioni, alla lingua due-trecentesca: v. ad es. Brunetto Latini Favolello 85 (in Monaci, Crestomazia 97 III): " l'augello... / quando vien la ghiaccia / ... da nnoi fugie ".