GHERARDESCHI

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GHERARDESCHI (Gherardesca)

Rossella Pelagalli

Famiglia di musicisti pistoiesi del cui primo esponente noto, Atto Felice, si sa solo che, nato a Pistoia nel 1674, trascorse buona parte della sua esistenza in Albania, ove fu impegnato come maestro di cappella nella chiesa cattolica di Alessio, dedicandosi essenzialmente alla produzione di musica sacra.

Domenico, nipote del precedente, nacque a Pistoia nel 1733. Scarsi sono i dati biografici: dopo aver compiuto gli studi musicali a Firenze sotto la guida di N. Valenti, rientrò nella città natale, assumendo dal 1755 la carica di organista, e successivamente maestro di cappella del duomo. Il Rospigliosi lo definì "tanto felice nella trovata delle armonie, quanto profondo conoscitore delle regole per la condotta di quelle". Della sua produzione artistica si conservano in manoscritto, presso l'Archivio capitolare della cattedrale di Pistoia, un Ave Maria, un Magnificat a 8 voci, e varie messe a 4 voci.

Filippo Maria, fratello del precedente, nacque a Pistoia nel 1738. Compiuti i primi studi musicali nella città natale con un certo Bosamelli, maestro di cappella del duomo, si trasferì dal 1756 a Bologna per completare la propria formazione artistica sotto la guida di padre G.B. Martini. Ivi rimase sino al 1761, anno in cui, a dimostrazione della notevole stima ormai conquistata negli ambienti musicali bolognesi, fu nominato membro della prestigiosa Accademia filarmonica.

Lasciata la città emiliana, passò successivamente nella cattedrale di Livorno in veste di organista, quindi nel 1763 fu maestro di cappella nel duomo di Volterra, incarico che lasciò nel medesimo anno per assumere le funzioni di organista presso la cattedrale di Pisa.

In questo periodo esordì come autore di musica teatrale con L'amore artigiano, dramma giocoso in tre atti su libretto di C. Goldoni, rappresentato al teatro del Giglio di Lucca nel 1763. Da questo momento, nonostante fosse particolarmente impegnato in ambito ecclesiastico, si dedicò con assiduità a tale produzione; sue sono le seguenti opere, tutte rappresentate al teatro dei Costanti di Pisa: Il curioso indiscreto (1764); I visionari (libretto di G. Bertati, 1765); La contessina (Goldoni, 1766; poi replicata al teatro dei Risvegliati di Pistoia nel 1779).

In seguito, dopo aver svolto per breve tempo la mansione di maestro di cappella nel duomo di Pistoia, passò definitivamente a Pisa, dove ebbe dal 1766 il medesimo incarico nella chiesa conventuale dei cavalieri di S. Stefano.

Nel 1768, ormai musicista di notevole fama, entrò anche a far parte della corte del granduca di Toscana Pietro Leopoldo, assumendo la direzione dei concerti e provvedendo al tempo stesso all'istruzione musicale dei figli del granduca.

Frattanto i numerosi impegni non gli impedivano di far rappresentare al teatro S. Moisè di Venezia il dramma giocoso L'astuzia felice (Goldoni, 1767), cui fecero seguito nel 1769 la commedia I gobbi (teatro dei Costanti di Pisa; poi replicata al teatro Homodei di Pavia nel 1794 con il titolo I due gobbi), e ancora a Pisa il dramma giocoso La notte critica (Goldoni).

Filippo Maria rimase al servizio di Pietro Leopoldo sino al 1790, allorché quest'ultimo fu investito del titolo imperiale. Rimase quindi alla corte toscana, al servizio del granduca Ferdinando III e successivamente, nel 1801, di Ludovico I di Borbone, re d'Etruria, per la morte del quale realizzò nel 1803 una Messa da requiem, annoverata tra le sue opere più significative. Da questa data non si hanno notizie precise sulla sua attività; ritiratosi a Pisa, morì nel 1808.

Compositore versatile, Filippo Maria lasciò pregevoli testimonianze della sua arte in campo sia profano sia sacro. Appartenente all'illustre schiera di musicisti formatisi alla scuola di padre Martini, risentì degli influssi che gli derivavano da un approfondito studio del repertorio sacro rinascimentale, con il quale mostrò, almeno nelle intenzioni, notevole familiarità, come risulta da una sua lettera inviata da Volterra al celebre maestro bolognese (con il quale ebbe un intenso scambio epistolare) in cui lui stesso si dichiara continuatore della tradizione palestriniana (Brofsky).

Dall'esame dei manoscritti pervenutici possiamo arguire che nelle opere sacre, per molti aspetti sicuramente legate alla polifonia cinquecentesca, si venivano attuando tuttavia quelle trasformazioni tecniche ed espressive proprie dello stile galante.

A testimonianza di ciò il Brofsky cita un Confitebor a 4 voci concertato con strumenti e ripieni (Pisa 1773; ora presso il Civico Museo bibliografico musicale di Bologna), dove la tendenza ad accogliere con assoluta libertà i principî contrappuntistici si traduce in un trattamento prevalentemente omofonico e lineare delle parti.

Della sua produzione di musica sacra ci sono pervenute inoltre, ancora inedite, le seguenti composizioni: Laudate Dominum a 4 voci concertato con violini; Gloria in excelsis a 4 voci con strumenti; Dixit a 4 voci con strumenti; Laudate pueri a 4 voci con strumenti; Domini ad adiuvandum a 4 voci; Nunc dimittis a 4 voci (datato 9 marzo 1758); Sanctus Deus a 4 voci con violini (tutte conservate presso il Civico Museo bibliografico musicale di Bologna); tre responsori, cinque assoluzioni, e la messa a 4 voci con vari strumenti obbligati (ora presso la Biblioteca del Conservatorio di Napoli); una messa a 4 voci con orchestra (conservata nella Biblioteca del Conservatorio di Firenze); sette salmi o mottetti a 4 voci con strumenti, Te Deum, Pange lingua, Missa pro defunctis con organo, e svariati inni (ora presso l'Archivio capitolare della Cattedrale di Pistoia, nella Biblioteca del Conservatorio di Firenze e presso la Nationalbibliothek di Vienna).

Dei suoi lavori strumentali, oltre a un Concerto grosso, particolarmente stimate furono le sue sonate per clavicembalo, tre delle quali incluse nella raccolta Tre sonate per cembalo o forte-piano edita a Firenze da Ranieri del Vivo senza indicazioni di data (ora presso le già citate biblioteche di Vienna, Firenze e Pistoia).

Significativo a riguardo l'impulso da lui dato all'evoluzione dello stile a tastiera, come si rileva dal trattato Elementi per il cembalo, mentre la sua attività in ambito didattico è testimoniata dal manoscritto autografo Lezioni di contrappunto, cioè nota contro nota, contrappunti semplici e doppi, fughe, antifone pel canto fermo e canoni dalle due sino alle otto voci (delle due opere, conservate nel Civico Museo bibliografico musicale di Bologna, la seconda risulta iniziata l'8 nov. 1756 e non ancora conclusa nel maggio 1758).

Più noto presso i contemporanei come autore di musica teatrale, si inserì felicemente nel filone buffo, utilizzando libretti di notevole pregio, alcuni dei quali dello stesso Goldoni. Dalla sua produzione in questo campo sono pervenuti a noi soltanto i libretti e i manoscritti di alcune arie, oltre all'ouverture de L'amor artigiano, ora presso la Staatsbibliothek di Berlino.

Giuseppe, figlio di Domenico, nacque a Pistoia il 4 nov. 1759. Dopo aver appreso in ambito familiare le prime nozioni musicali, fu inviato a Napoli per perfezionarsi sotto la guida di N. Sala.

Rientrato nella città natale successe al padre nelle mansioni di maestro di cappella della cattedrale, incarico che ricoprì dal 1800 e che gli consentì di dedicarsi con assiduità alla produzione musicale sacra.

Mancano ulteriori notizie sulla sua vita; per quanto concerne la data di morte, avvenuta a Pistoia, si notano tra i biografi alcune discordanze: sulla base delle indicazioni forniteci dal Capponi, il Brofsky la fa risalire al 1824, mentre secondo lo Schmidl sarebbe avvenuta nel 1815. La seconda ipotesi appare la più plausibile, poiché in tale data il figlio Luigi subentrò al padre nelle mansioni di maestro di cappella, e tale successione non sarebbe certo avvenuta, salvo altre indicazioni, se Giuseppe fosse stato ancora in vita.

La fama di Giuseppe è legata soprattutto al suo ampio repertorio di musica sacra, campo nel quale, a detta del Capponi, può essere considerato "uno dei principali restauratori" poiché seppe prendere le distanze sia "dalle reminiscenze profane come dalle forme accademiche".

Della sua copiosa produzione religiosa si ricordano: trenta messe, tra cui due Requiem, tre mattutini, trentasette lamentazioni, un Miserere della settimana santa, una Via Crucis, cinque Te Deum, ventuno inni del vespro, ventuno salmi e cantici, tre litanie, otto cori per il venerdì santo, nove mottetti e due Stabat Mater, quest'ultimi, sempre a detta del Capponi, all'altezza degli omonimi lavori di Pergolesi e Rossini.

Nonostante si fosse dedicato essenzialmente alla musica sacra, di Giuseppe ci rimangono numerose testimonianze anche in campo profano.

Per quanto riguarda la produzione teatrale, fece rappresentare nel 1782 al teatro Granducale di Mantova il dramma giocoso L'apparenza inganna (in collaborazione con C. Spuntoni, cui si deve la realizzazione del secondo atto) poi replicato, nella stagione di carnevale del 1784, al teatro dei Risvegliati di Pistoia e al teatro di via del Cocomero di Firenze. Compose inoltre: Daliso e Delmita (1782), l'oratorio Il sacrificio di Jefte (1803) e i cori per Sisara (1802).

Fu autore inoltre delle seguenti cantate: Angelica e Medoro (1783), L'ombra di Catilina (1789), L'impazienza (1798), L'asilo della pace (1804), La speranza coronata (1809), quest'ultima dedicata alla granduchessa di Toscana Elisa Bonaparte in occasione della sua venuta a Pistoia.

Prolifica la sua produzione di musica strumentale; per orchestra realizzò cinque sinfonie (1781, 1783, 1787, 1790, s.d.), tre sinfonie in un solo movimento e un Concertone (1789), mentre tra i lavori da camera si ricordano un Concertone per clarinetto, 2 corni, 2 violini, viola, violoncello, contrabbasso (1784), sei Sonate notturne a 8 strumenti (1787), Per benedizione per 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, 2 violini e organo (1815); tre quintetti per 2 clarinetti, 2 corni e fagotto; Concertone per l'elevazione per 5 fiati (1786); tre sonate concertate (1789); quattro sonate per vari fiati (1794); tre divertimenti per flauto, violoncello e pianoforte (1783); 6 trii per 2 violini e violoncello (1784), dieci sonate per 3 clarinetti (1792); sei duetti per 2 clarinetti (1804); duetti per fagotto, oltre a varia musica per organo.

Meritano inoltre particolare attenzione le sue opere didattiche, le quali lasciano supporre che egli dovette ricoprire un ruolo di primaria importanza anche nell'ambito dell'insegnamento. A tale proposito si ricordano: 8 solfeggi a 2 (1782); Raccolta di artificiose composizioni (1789); Regole fondamentali per apprendere la musica (1801); Solfeggi in chiave di tenore (1809).

Dalla varia produzione sia sacra sia profana di Giuseppe furono edite ai suoi tempi soltanto Sei sonate per cembalo o piano-forte con l'accompagnamento d'un violino obbligato (Firenze, ora conservate presso le biblioteche del conservatorio di Firenze e privata "Antonio Venturi" di Montecatini), composizioni in cui mostra la sua dimestichezza con gli strumenti a tastiera, dei quali fu considerato ottimo virtuoso.

Luigi, figlio di Giuseppe, nacque a Pistoia il 3 luglio 1791. Intrapresi gli studi musicali sotto la guida del padre, si perfezionò presso la Regia Accademia di belle arti a Firenze ove ebbe come maestro D. Ugolini. Terminato il periodo di formazione, rientrò nella città natale ove dal 1815 assunse l'incarico di maestro di cappella della cattedrale, posto che ricoprì sino al 1866.

Morì a Pistoia il 21 marzo 1871.

Dedicatosi principalmente alla produzione di musica sacra, Luigi viene considerato degno continuatore di quello stile che distinse l'opera dei suoi antenati.

Fu particolarmente apprezzato per una limpida e chiara vena melodica e, a detta del Rospigliosi, "sebbene ei fosse fedele alle regole del contrappunto, non respinse né gli avanzamenti né gli acquisti dell'arte, specialmente per quello che attiene alla varietà e ricchezza degli accompagnamenti … e gli applicò convenientemente a migliorare il suo stile, non sì ch'esso perdesse la sua fisionomia originale, la sua qualità più spiccata del bel canto".

Di lui ci rimangono, conservati nell'Archivio capitolare della cattedrale di Pistoia, numerosi lavori, tra i quali le Lamentazioni a una e due voci con cori (considerata la sua opera più originale) oltre a svariati inni, salmi e sette messe solenni in stile concertato con orchestra.

Il figlio di Luigi, Gherardo, del quale si ignora il luogo di nascita (avvenuta nel 1835), fu anch'egli compositore e autore di musica sacra, legata prevalentemente alla sua attività di maestro di cappella presso il duomo di Pistoia.

Allievo a Firenze di T. Mabellini, ricoprì tale incarico dal 1866, anno in cui successe al padre, sino alla morte, avvenuta a Pistoia il 19 febbr. 1905.

Fonti e Bibl.: G. Bertini, Diz. storico-critico degli scrittori di musica, I, Palermo 1814, p. 175; V. Capponi, Biografia pistoiese o Notizie della vita e delle opere di pistoiesi illustri, Pistoia 1878, pp. 214 ss.; G.C. Rospigliosi, Notizie dei maestri ed artisti di musica pistoiesi, Pistoia 1878, pp. 17-22; G. Gaspari, Catal. della Biblioteca del Liceo musicale "G.B. Martini" di Bologna, Bologna 1890-1905, I, p. 151; II, p. 231; III, p. 5; C. Dassori, Opere e operisti, Genova 1903, p. 194; A. Chiappelli, Storia del teatro in Pistoia dalle origini alla fine del secolo XVIII, Pistoia 1913, pp. 149, 152; U. Sesini, Catal. della Biblioteca del Liceo musicale "G.B. Martini" di Bologna, Bologna 1943, p. 217; U. Manferrari, Diz. musicale delle opere melodrammatiche, II, Firenze 1955, p. 52; H. Brofsky, G., Filippo Maria, in The New Grove Dict. of music and musicians, VII, London 1980, p. 337; F.J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, III, p. 473; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 222; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 616 s. e Suppl., p. 344; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, V, coll. 57 ss.; Répertoire international des sources musicales. Einzeldrucke vor 1800, III, p. 227; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 182; The New Grove Dict. of opera, II, p. 400 (per Filippo Maria).

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