GERIONE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

GERIONE (Γηρυών, Γηρυονεύς, Γηρυόνης Geryo)

A. Rumpf

Gigante a tre corpi figlio di Chrysaor, nipote di Medusa, nominato per la prima volta in Esiodo (Theog., vv. 287-294). Esso è il custode delle mandrie nell'isola di Eriteia, ed Eracle lo uccide per rubargli il bestiame. La lotta nella quale vengono abbattuti il pastore Eurizione e il cane dalle molte teste Ortros, viene in seguito inserita come decima nella serie canonica delle dodici fatiche (v. eracle).

Questo tema costituisce motivo prediletto dell'arte arcaica, specialmente dall'inizio del sec. VI in avanti. È conosciuto soltanto un esemplare più antico, una pisside protocorinzia dipinta piuttosto rozzamente. Su di essa si vedono i tre corpi di G. molto vicini l'uno all'altro, ma senza un legame vero e proprio. Per l'arte arcaica il problema fu come superare artisticamente questo aspetto mostruoso. Esso venne risolto in vari modi. La maniera più semplice e più primitiva fu di rappresentare tre uomini l'uno accanto all'altro. Lo scudo copriva la vista del punto critico del corpo vicino all'osservatore, in cui sarebbe apparso chiaramente il legame fra i tre corpi. Tale, secondo la descrizione di Pausania (v, 19, 1), era G. sull'Arca di Cipselo in Olimpia. Ad esso si riferiscono le rappresentazioni dei vasi corinzî e degli scudi argivi giunti fino a noi. A questo tipo peloponnesiaco assomiglia moltissimo quello che vediamo sui vasi attici. Questi offrono gli esempi più numerosi: molto frequenti su vasi a figure nere, più rari su vasi a figure rosse. L'anfora del vasaio Exechias e la coppa di Euphronios sono gli esemplari più importanti. Di questa primitiva risoluzione del problema i maestri dei vasi calcidesi a figure nere non furono soddisfatti. Essi collocano il mostro soltanto su due gambe da cui si staccano le tre parti superiori del corpo, munite di possenti ali; anche qui lo scudo nasconde il punto di congiunzione dei corpi.

Nell'arte greca G. viene sempre rappresentato in lotta con Eracle. Nei fregi lunghi Eracle lancia frecce dall'arco contro il nemico; qui vengono generalmente rappresentate delle figure secondarie (specialmente Eurizione e Ortros). Quando la raffigurazione è concentrata in uno spazio quasi quadrangolare o su scudi o nei riquadri di anfore panciute ci si accontenta di rappresentare i due rivali e, tutt'al più, una figura secondaria. In questo caso deve essere usata come arma la spada o la clava. Ma poiché si suole riprodurre la fine della lotta rappresentando uno o due corpi di G. in atto di cadere morti al suolo, le frecce che si notano conficcate nei corpi colpiti denotano che la lotta si era già iniziata da lontano.

Nell'arte monumentale questa scena si trova anzitutto nelle metope del Tesoro degli Ateniesi e nel fregio del Tesoro dei Sifni, entrambi a Delfi. Qui, come anche nella metopa del tempio di Zeus a Olimpia, è mantenuto lo schema dell'arte arcaica, che si svolge su un solo piano. Nella metopa del tempio sul Kolonòs Agoràios ad Atene, G. non è più equipaggiato da oplita. Esso assume un aspetto giovanile in una eroica nudità, portante gli scudi: proprio così appare sul fregio proveniente dal teatro di Delfi.

Il fatto che l'arte greca si rifiutasse di riprodurre dei mostri in opere a tutto tondo è una prova della sua fine sensibilità. Le regioni periferiche abitate dai barbari ebbero in questo meno ritegno. Proveniente da Cipro esiste un gruppo, di pietra calcarea, privo della testa, ma per il resto ben conservato, che raffigura i tre corpi uno accanto all'altro in attitudine di marcia avvolti in una veste comune. Questa rappresentazione si trova ripetuta in statuette fittili della medesima provenienza.

L'arte occidentale è orientata in maniera indipendente. Nella Tomba François di Vulci (fine del sec. IV a. C.) il personaggio, che l'iscrizione definisce "Cerun", è rappresentato come oplita, con tre teste barbate; una statua di bronzo di Lione, piuttosto rozza, è simile ad esso.

Nell'arte romana la lotta con G. compare naturalmente sempre quando siano rappresentate le dodici fatiche. Mancano figure secondarie. In parte, si segue esattamente il più recente tipo greco; il gigante con tre corpi ha un aspetto giovanile ed è rappresentato nudo o armato, come ad esempio su rilievi di sarcofagi e nel fregio di stucco di una tomba dell'Isola Sacra. Generalmente, però, esso viene rappresentato come un uomo armato, con un corpo e tre teste, e appare piccolissimo accanto al suo trionfatore; così, ad esempio, in un gruppo statuario del Vaticano, su rilievi, sarcofagi, monete e mosaici.

Varianti con tre teste o tre volti, che compaiono isolate specialmente su monumenti gallici, hanno forse una relazione tipologica con G., ma non rappresentano questo personaggio.

Bibl.: G. Weickert, in Pauly-Wissowa, 1912, cc. 1286-96, s. v. Geryoneus; C. Robert, Griech. Heldensage, II, 2, p. 465; K. Johansen, Vases sicyoniens, Copenaghen 1923, Tav. 24, 2, p. 133; H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 130; M. P. Nilsson, The Mycenean Origin of Greck Mythology, Berkeley 1932, pp. 206 e 219; G. Schwab, Gods and Heroes, New York 1946, p. 173 ss.; E. Kunze, Olympische Forschungen, Berlino 1950, II, p. 106; J. D. Beazley, in Annual Brit. School Athens, XXXII, 1931-1932, p. 6, n. 31; C. V. A. Louvre, 3; III H c: Tav. 19-20 (1577); G. Q. Giglioli, Arte Etrusca, Milano 1935, Tav. 248, 3; W. Amelung, Vatican Katalog, II, p. 377, 208; S. Reinach, Rép. Stat., II, p. 26; IV, p. 18; J. D. Beazley, Red-fig., pp. 17, 14; 40, 67; Jahrbuch, XXXII, 1922, Taf. i; G. Calza, Necropoli nell'Isola Sacra, Roma 1940, p. 109, fig. 43.