PITOËFF, Georges

Enciclopedia Italiana (1935)

PITOËFF, Georges


Regista e attore franco-russo, nato a Tiflis (Caucaso) nel 1888, da un padre ricco, mecenate e amante del teatro; studiò matematiche in Russia; dopo avere recitato, in Russia e in Siberia, nel "teatro ambulante" di Gaidoburov, si addottorò in giurisprudenza a Parigi; tornato in Russia, si fece regista fondando un piccolo teatro d'avanguardia (il Nostro Teatro) a Pietroburgo. Lo scoppio della guerra mondiale lo sorprese ancora a Parigi; non potendo rientrare in patria, si stabilì a Ginevra (1915) adottando definitivamente, nell'arte sua, la lingua francese. Aveva sposato un'attrice di Tiflis, Ludmilla, nata nel 1895 a Novorossijsk sul Mar Nero, e che aveva studiato anch'essa in lingua francese recitazione a Parigi, ma era stata rifiutata agli esami del Conservatorio. Fu Jacques Copeau che, recandosi a Ginevra durante la guerra e udendo la giovane donna leggere Il Gabbiano di Čechov, scoprì in lei un singolare talento; ella divenne la principale attrattiva della "Compagnie Pitoëff", che il marito diresse, prima in Svizzera e poi (dal 1921) a Parigi (Théâtre des arts, Comédie des Champs-Elysées, Théâtre des Mathurins, Vieux-Colombier), donde mosse anche per frequenti e fortunati giri nella provincia francese e all'estero.

Attore particolarmente notato in alcuni ruoli, il P. è soprattutto pregiato per la genialità e modernità della sua regìa. Entrato a fare parte del cosiddetto "cartel" degli avanguardisti parigini (con Dullin, Baty e Jouvet), egli ha rappresentato opere dei più audaci autori contemporanei di tutti i paesi, come Shaw, Pirandello (di cui tra l'altro rivelò a Parigi i Sei personaggi e l'Enrico IV), Andreev, Chersterton, Synge, Romains, Cocteau, Bruckner, Fleg, Bernard, Vildrac, Lenormand, Molnar, Dunsany, Crommelynck, Mackenzie, ecc., e ha messo in scena con nuova e saporita essenzialità di toni autori classici d'ogni tempo, da Seneca a Shakespeare, Goldoni, Gogol′, Ostrovskij, Ibsen, Wilde, Maeterlinck, Čechov. In sua moglie Ludmilla si ammira un'arte purissima, fatta di una semplicità casta, che non di rado attinge note religiose. Gli accenti sensuali e crudeli della sua Cleopatra adolescente (Shaw) appaiono, in lei, un'eccezione; il suo spirito è parso piuttosto rivelarsi nel dramma piccoloborghese, cui ella conferisce virtù intimamente tragica, di Mademoiselle Bourrat (Anet), nella desolata sconfitta dell'innocente Edvige dell'Anitra selvatica (Ibsen), nel candore ingenuo della vecchia seria del Miracolo di Sant'Antonio (Maeterlinck), nella religiosa sete di olocausto ond'ella avviva i vecchi schemi della Signora delle camelie (Dumas figlio), infine nell'incanto propriamente mistico di cui avvolge arcanamente la figura e il dramma di Santa Giovanna (Shaw).

Bibl.: S. d'Amico, Tramonto del grande attore, Milano 1930.